Dedicata A: Elwy, la mia gemella nell’anima, Federica, la mia
cuginetta che adoro, Ale, il ragazzo che mi ha fatto conoscere
l’amore e a tutte coloro che semplicemente amano Lucius e i
Serpeverde, In particolare Ida, Caty e Silphie.
Che ore saranno? Dovrebbero essere più o meno le 3. Osservo
il soffitto di ebano finemente decorato ascoltando il respiro regolare
di Lucius addormentato al mio fianco. Stringo forte il lenzuolo di seta
che copre il mio corpo nudo e ancora una volta mi chiedo cosa ci faccio
qui.
“Narcissa e Draco passeranno la notte fuori. Ti aspetto a
casa mia a mezzanotte”. Questo era stato il suo invito. Come
se fosse un incontro di lavoro. Mi disgusta l’idea di essere
trattata con sufficienza ma non posso, non riesco a fare a meno di
obbedire. E adesso eccomi qui. E anche dopo aver fatto
l’amore con lui più volte mi sento schifata da
tutto. Dai disegni di quel soffitto che ormai conosco a memoria,
all’odore di gelsomino che invade la stanza, a questo
delicato lenzuolo di seta che di solito avvolge il corpo di un'altra.
Ma forse la verità è solo che mi sento schifata
di me stessa. Poggio il corpo su un fianco e osservo le magnifiche
curve della sua schiena. Accenno un avvicinarsi della mia mano che
vorrebbe accarezzarlo ma ritiro subito il mio gesto, intimorita dalla
sua reazione. Vorrei svegliarlo e stringermi a lui ma mi sforzo
disperatamente di controllarmi. So di non essere per lui ciò
che lui è per me.
Mi giro nervosamente nel letto, vorrei solo addormentarmi e non pensare
più a niente. A che serve avere un’anima mi
chiedo. A farti amare disperatamente qualcuno per cui tu sarai sempre
poco più di niente? Ora mi alzo. La vestaglia di sua
moglie… Mentre la indosso il profumo di lei che tanto
conosco e altrettanto odio riempie i miei sensi. Esco sul balcone e
l’aria fresca della notte mi fa sentire subito meglio.
Osservo il bellissimo giardino che circonda il castello dei Malfoy
illuminato dalla luce argentata della luna.
La luna piena… mi ero dimenticata quanto fosse bella. Anche
quella sera di sei mesi fa. Eravamo stati invitati qui io e i miei
genitori. Lucius voleva discutere di alcune questioni riguardanti il
Ministero della Magia dove anche mio padre lavora e aveva chiesto ai
colleghi di portarsi dietro le famiglie per una serata in grande stile
che, l’avevo capito dopo, potesse ostentare la sua ricchezza
e il suo potere. Mio padre per l’occasione mi aveva
addirittura comprato un vestito nuovo. “Tiene molto alle
apparenze” aveva detto e quando mi aveva presentato al
padrone di casa avevo capito dal suo sguardo che avevo speso bene tutto
quel tempo davanti allo specchio. Non so dire se fu un vero colpo di
fulmine, so solo che quando ci aveva presentato sua moglie e suo figlio
mi ero sentita morire e quando avevo sorriso a lei stringendole la mano
mi era sembrato di sorridere alla morte. La cena mi era parsa
lunghissima e ogni sua parola sulla sua famiglia mi stringeva lo
stomaco sempre di più tanto che a metà ero
scivolata fuori silenziosamente non riuscendo più a
controllare le lacrime. Avevo vagato tra le tetre armature che ornavano
i freddi e bui corridoi del castello senza chiedermi né
preoccuparmi di dove fossi finché una voce risuonando mi
aveva fatto sobbalzare. “Che cosa ci fai qui?”.
Voltandomi avevo visto lui che si avvicinava e mi ero sentita mancare
il pavimento sotto i piedi. Cosa potevo mai rispondergli? Non sapevo
neanch’io cosa ci facessi lì.
“Volevo… volevo stare un po’da
sola!” avevo risposto.
“Ti stai annoiando vero?”
“Si…NO!!” Non mi ero mai sentita
così in vita mia. Ero così agitata che mi
tramavano le mani. Lui ovviamente l’aveva notato e aveva
saputo approfittarsi abilmente della situazione.
“Vuoi visitare il castello?” mi aveva chiesto con
una specie di gelido sorriso. Non avevo risposto. Lo desideravo con
tutta me stessa ma sapevo che non dovevo.
“Se preferisci restare sola me ne vado!” aveva
continuato lui allontanandosi.
“NO!!” avevo gridato io impulsivamente in un tono
implorante. In quel momento lui aveva probabilmente capito di
avermi in pugno.
Si era messo a camminare davanti a me senza dire una parola. E io
l’avevo seguito.
Aveva aperto una porta che dava su una stanza buia e mi aveva fatto
entrare. Poi era entrato lui e l’aveva richiusa dietro di
sé. E prima che i miei occhi si potessero abituare al buio
mi aveva afferrato il collo con una fermezza tale che mi aveva fatto
paura.
“Attenta” mi aveva detto “uomini come me
sono abituati a prendere ciò che vogliono”
“E cosa vuoi da me?” gli avevo chiesto in un
sussurro spaventato guardandolo in quei suoi occhi di ghiaccio.
“Tutto” aveva risposto trascinandomi con forza
verso di lui, premendo le sue labbra sulle mie e invitandole a
dischiudersi per rendere il bacio più intimo. Forse sarebbe
stato meglio scappare e dimenticare tutto. Io invece ero rimasta e
avevo stretto il suo corpo al mio come per paura che potesse svanire
come un sogno spezzato dal primo raggio di sole. Ed ero stata io a
cominciare a sciogliere i suoi bottoni da quelle asole
d’argento a forma di serpente mentre le sue mani esploravano
il mio corpo liberandolo dal vestito ormai superfluo. Poi mi aveva
preso in braccio e fatto stendere sul letto sul quale, ancora non lo
sapevo, avremmo condiviso tanti momenti d’amore clandestino,
e aveva esplorato con le labbra ogni centimetro del mio corpo facendomi
gemere di piacere. Mentre slacciavo i suoi eleganti pantaloni neri
avevo sentito che condivideva la mia stessa eccitazione e mi ero
lasciata trasportare nel mondo più magico che avessi mai
conosciuto affondando le dita nei suoi capelli biondissimi e guardando
il suo viso illuminato dalla luce della luna che ci spiava dalla
finestre. Le mie dita erano scivolate sul suo corpo perfetto lasciando
che il suo profumo mi invadesse i sensi e ascoltando i suoi respiri
mescolarsi ai miei mentre i nostri corpi si univano con crescente
passione fino a raggiungere insieme l’apice del piacere.
E poi era stato nuovamente lui a ributtarmi nella realtà con
la stessa violenza con cui mi ci aveva portato via.
“Aspetta a scendere non voglio che ci vedano tornare
insieme” mi aveva detto finendo riabbottonarsi la giacca e
sparendo dietro la porta.
Rimasta sola mi ero ricordata dov’ero e avevo compreso che
quel momento di felicità suprema se n’era andato
forse per non tornare mai più. Cercando di ingoiare le
lacrime mi ero alzata ed ero uscita su questo balcone ammirando il
giardino immobile e silenzioso di quella bellissima notte di febbraio
pensando e ripensando a ciò che era successo
finché il freddo pungente non mi aveva riportata in quella
stanza maledetta in cui avevo vissuto il più bel sogno della
mia vita.
Tornando nel salone ero riuscita a sopportare per poco il fatto che lui
sembrava aver già dimenticato tutto e,
silenziosamente quanto prima, avevo lasciato quel castello, camminando
per miglia fino al mio e perdendo ad ogni passo la speranza che ancora
aleggiava nel mio cuore di vederlo davanti a me e sentirlo pregarmi di
restare con lui.
Com’era possibile che quei pochi minuti con lui costassero
alla mia anima così tanto?
Nei giorni successivi avevo cercato in ogni modo di evitare anche solo
di sentir pronunciare il suo nome mentre i miei genitori non facevano
che chiedermi il motivo della mia fuga dal ricevimento.
E io ripetendomi di non pensare a lui ci pensavo di continuo e lo
ritrovavo nella mia mente ogni giorno e nei miei sogni ogni notte, al
tempo stesso glaciale e passionale come l’avevo conosciuto,
cercando di convincere me stessa che questo avrebbe dovuto bastarmi
perché non avrei dovuto mai più rivederlo.
Ciò nonostante quando poche settimane dopo mi aveva scritto
“Voglio vederti. Vieni da me stasera” non avevo
esitato a mettere il mio vestito più bello e a correre da
lui di nascosto. Entrambi sapevamo come sarebbe finita la serata,
tuttavia solo quando mi ero ritrovata ansimante tra le sue braccia
sul tappeto mi ero sentita rinascere dal nulla. Non avevamo
parlato per tutta la cena, che io avevo passato a lanciargli sguardi
furtivi e ad abbassare gli occhi prima che lui potesse notarli. E ad
ognuno di quegli sguardi rubati sentivo la passione pulsare sempre
più forte sotto la mia pelle e il desiderio di possederlo
all’infinito che cresceva in me. Poi lui finalmente aveva
posto fine a questo tormento. Si era avvicinato a me, ancora una volta
senza dire una parola. Mi aveva preso una mano e fatto alzare dal
tavolo. Poi con un cenno aveva spento tutte le torce intorno a noi
lasciando acceso solo il camino dall’altra parte della
stanza, creando una semioscurità che lo rendeva ancora
più diabolicamente affascinate. È questo che mi
ha sempre fatto impazzire di lui. La forza e il potere che ha dentro.
Anche la casa sembrava piegarsi al suo volere e niente agiva se non
sotto il suo controllo. E con quella stessa determinazione mi aveva
passato impetuosamente la mano tra i capelli afferrandomi la nuca e
baciandomi con passione. Un istante dopo io mi ero liberata dalla sua
presa e l’avevo spinto via con la sua stessa violenza. Il suo
sguardo leggermente interrogativo carico di disappunto mi aveva fatto
capire che avevo ottenuto quello che volevo. Per un solo istante
l’avevo stupito e gli avevo fatto sfuggire la situazione di
mano. Per un solo istante ero stata io quella che dominava. Ma il
desiderio pulsava troppo nelle mie vene per far durare
quell’emozione un secondo di più. Con un gesto
veloce mi ero slacciata il vestito rimanendo in intimo nero e dal suo
sguardo e dal suo sorriso compiaciuto avevo capito che aveva gradito
ciò che avevo fatto. Ricominciando a baciarmi con desiderio
le labbra, il collo, il seno mi aveva liberata dagli ultimi rimasugli
di vestiti, mentre le mie mani scoprivano fin troppo lentamente il suo
corpo perfetto, che tanto avevo sognato in quei giorni, dagli eleganti
abiti neri. Mi aveva messa a sedere sul tavolo, aveva infilato due dita
in un bicchiere di cristallo e me le aveva passate sulle labbra
facendomi gustare il sapore dell’assenzio impregnato su di
esse. Io avevo fatto lo stesso facendo scorrere le dita sul mio corpo e
ansimando di piacere mentre la sua lingua lo assaggiava dalla mia
pelle. Forse stavo osando troppo. Ma allora non me ne importava. Fino a
qualche ora prima avrei dato l’anima per qualche altro
istante di passione con lui e in quel momento avrei assecondato ogni
sua fantasia. Poi mi aveva fatta stendere sul tappeto e riportata in
quel mondo che tanto avevo agognato di provare di nuovo e mentre i
nostri respiri si facevano sempre più ansimanti avevo
sentito la sua saliva mescolarsi con la mia, i suoi muscoli tesi sotto
le mie dita e il suo corpo nudo a contatto con il mio seno. E anche
quella volta mi era sembrato che la magia che ci legava in quegli
attimi di perfetta intesa non sarebbe svanita mai. Ma ogni sogno
è destinato a finire e questo non faceva eccezione.
I nostri incontri erano poi diventati regolari tanto che a volte
passavo ore intere a scrutare il cielo dalla finestra della mia stanza
in trepidante attesa di un suo messaggio che sarebbe stato il mio
lasciapassare per il nostro universo segreto. Fare l’amore
con lui era ogni volta un’esperienza nuova e entusiasmante
che ripetevamo più volte nelle poche ore che avevamo. Forse
perché non avevamo nient’altro da dividere. Lui
voleva conoscere il mio corpo non la mia luce, che tanto desideravo
mostrargli. Ma sembrava che niente riuscisse a sciogliere quegli occhi
di ghiaccio che riuscivano a penetrare gli angoli più remoti
della mia anima. Perfino ogni suo sorriso più bello assumeva
tutte le fattezze del male fino quasi a spaventarmi.
E così sono passati i mesi.
Tra di noi continua, rubando tempo al tempo. Mai una parola dolce o un
gesto tenero, niente che possa lasciarmi sperare in un futuro per noi
due come lo vedo nei miei sogni in cui lui mi appare come da piccola
ero solita sognare l’amore della mia vita. Solo fredda,
glaciale indifferenza. Eppure questo suo agire mi fa accanire ancora di
più.
Ho imparato a vivere per quei pochi attimi che condividiamo di nascosto
chiedendomi come riesco ad amare così tanto il male che vedo
nei suoi occhi. Ogni volta che faccio l’amore con lui lo
aiuto a strapparmi pezzi di anima e brandelli di sogni, provando un
immenso piacere nel farlo e mordendomi le labbra fino a farle
sanguinare per non gridargli quanto l’amo. Quella volta, la
prima e unica, in cui avevo pronunciato la parola Amore lui mi ha
riposto “L’amore è solo
un’illusione tesoro, così come la vita”.
E dopo tutto questo tempo devo dire che comincio a dargli ragione.
Ma oggi doveva essere una giornata diversa. Oggi avevo deciso che sarei
venuta qui e gli avrei detto addio per sempre. Ma ho imparato a non
prendermela con me stessa. Anche l’ultima volta che
c’eravamo visti mi ero ripromessa che non ce ne sarebbero
state altre. E anche la volta prima. Ma appena lo vedo solo
l’idea di fare a meno di lui, del suo corpo, di quei minuti
di perfetta sintonia che abbiamo mi è inaccettabile. Ma so
che lui questo non lo capirà mai, o forse fingerà
di non capirlo. L’unica certezza che ho è che
questa storia finirà così
com’è iniziata. Sono la sua amante a scadenza e
nient’altro. Quando si sarà stancato di me mi
scaricherà senza rimpianti. E io mi ritroverò
completamente svuotata di tutto ciò che già
adesso mi sta già scivolando via tra le dita.
Ma non piango. Sono mesi che non piango più. Ho imparato che
è inutile. Me l’ha insegnato lui.
“Che cosa ci fai qui Sylvia?”. La sua voce mi
risveglia da questo lungo sogno. E mi volto quasi spaventata che abbia
sentito i mie pensieri.
“Stavo pensando… non riesco a dormire”
rispondo. Ammiro estasiata il suo corpo perfetto colorato della luce
argentea della luna e sento in me il desiderio crescere ancora una
volta.
Come può sconvolgermi tanto?
Mi avvicino lentamente a lui cercando di non far trasparire nessuna
emozione sul mio viso e mi lascio stringere nella dolce prigione delle
sue braccia. Le sue labbra mi riempiono di brividi viaggiando sul mio
collo. Le sue mani mi liberano dalla vestaglia che scivola via
delicatamente dal mio corpo poi mi sollevano e mi spingono con fermezza
contro il muro.
Ma i ricordi stanno ancora scorrendo nella mia mente. Ricordi degli
ultimi rimasugli della ragazza che ero stata prima di conoscere lui,
non ancora contaminata nell’anima, dove ancora il dolore non
esisteva. Ricordi che prendono la forma di lacrime calde che mi
accarezzano il viso come lame taglienti mentre tra le sue braccia
abbandono la realtà due, tre, quattro volte, cogliendo un
piacere inesorabile e continuo, denso e fragile allo stesso tempo, e
sentendomi viva solo quando ancora una volta lo aiuto ad annullare me
stessa.
Lo stringo sempre più forte assaporando questi brevi momenti
in cui lui è mio e mio soltanto, in cui mi sembra di avere
tutto qui con me, e li sento scivolare via più velocemente
di quanto vorrei, convincendomi sempre di più che non mi
basteranno mai.
Non voglio che lui veda le mie lacrime, non voglio che la mia anima gli
riveli quanto lo amo e lo odio per quello che mi sta facendo. Fargli
comprendere il mio dolore sarebbe esprimergli quei sentimenti che lui
non vuole conoscere. Ma non ne posso fare a meno. E piuttosto di
incontrare il suo sguardo in questo momento preferisco afferrare i miei
vestiti e fuggire.
Ho vagato tutta la notte senza sapere dove andare, senza guidare i miei
passi. Mi sentivo come se un dissennatore mi stesse camminando vicino e
tenendo la mano. Ho pensato e ripensato alla mia situazione, non
trovando nessun altro da incolpare se non me stessa e ho dovuto lottare
aspramente contro la mia volontà di riportare i miei passi
verso il suo castello.
È passata una settimana da quella notte. Ora sono qui e lo
sto aspettando. Gli ho mandato un gufo e gli ho scritto che volevo
vederlo. Avrei tanto voluto mandargli un messaggio senza emozioni
né profondità come i suoi, ma per una volta, dopo
tanto tempo ho deciso di essere me stessa.
È già più di un’ora che
l’aspetto. Devo dirgli addio. Non ho altra scelta. Troppo a
lungo ho accettato i suoi patti a testa china e mi sono illusa che, se
non voleva amare me, avrebbe amato la passione che ho dentro tanto da
non poterne più fare a meno. E che questo prima o poi
l’avrebbe fatto completamente mio.
Vorrei andarmene ma sento che se fuggo adesso non avrei più
la forza di lasciarlo. Mi sento morire solo al pensiero ma ormai sono
arrivata a un punto in cui devo scegliere tra lui o me stessa. Non
riesco più a stare né bene né male, la
cosa inquietante è che “non sto”. Mi
sento ormai in perenne conflitto con me stessa. Mi amo e punisco allo
stesso tempo. Mai amore e odio sono stati così complici in
me.
Potessi tornare indietro e ricominciare una nuova vita…
vorrei non averlo mai visto né conosciuto, vorrei tornare a
scuola in cui lui per me era solo un nome importante del Ministero
della Magia, o almeno vorrei poter tornare a far affidamento sulla
vivace e spensierata Sylvia su cui ho sempre contato. Sono sempre stata
la migliore amica di me stessa e ho sempre pensato che mai avrei potuto
tradirmi o abbandonarmi. Ma la sua indifferenza a poco a poco mi sta
uccidendo e lo sta facendo in modo così impercettibile e
così sensuale da sembrare persino piacevole.
Ho solo vent’anni, così pochi per morire.. il
tempo dicono che guarisce tutto. Forse un giorno lo
dimenticherò, forse mi innamorerò di nuovo. Di
nuovo felice e spensierata. O forse no, forse non riuscirò
mai a dimenticarlo. Questi pochi momenti che abbiamo condiviso sono
troppo da cancellare anche per la vita più lunga. Forse in
fondo è uno come lui che ho sempre sognato. E non ho il
coraggio di ammetterlo a me stessa. È un uomo che non
inciampa nella vita, ha sempre ottenuto tutto quello che voleva, io ne
sono la prova. Sarebbe stato in grado di asciugare tutte le mie lacrime
per sempre, sarebbe riuscito a scacciare tutte le paure dalla mia
anima.
Questi pensieri mi stanno distruggendo… sento che se una
piccola parte di me desidera ancora che lui mi accompagni avanti nel
brivido dell’amore clandestino che abbiamo condiviso fin ora
non riuscirò mai a dirgli addio.
Si materializza di fianco a me. Balzo in piedi e gli do le spalle. Non
voglio guardarlo… non ce la farei mai.
“Sono venuto solo perché mi hai supplicato. Che
c’è?”
Mi ero imposta di non piangere ancora per questi pochi minuti ma non
riesco a controllarmi. Questo è tutto quello che riesce a
dirmi. Dopo che per mesi la mia anima ha sanguinato accarezzata dalle
sue mani, so che non mi ascolterà neanche.
“Lucius… io…” dico in un
sussurro spezzato. Con quali parole posso rinunciare spontaneamente a
ciò che più desidero?
Lo sento avvicinarsi a me. Mi afferra le spalle e mi volta verso di lui
con la sua solita fermezza e decisione. Ma questa volta
c’è qualcosa di diverso. Tra le lacrime riesco a
vedere nei suoi occhi una luce nuova che non ho mai visto prima. Lo
stringo forte e sento le sue braccia avvolgersi intorno al mio corpo,
ma così delicatamente che sembra quasi che abbia paura di
farmi male. Mi accarezza la testa dolcemente mentre io piango e
comincio a tremare.
Perché mi fa questo? Perché deve rendere un
incubo così bello anche il mio addio? Mi solleva
piano il viso, affonda le mani nei miei capelli e mi bacia.
Ecco. Sto morendo ancora una volta.
Ma questa volta riesce a farmi sentire felice di morire tra le sue
braccia. Mi stringe e mi accarezza come ha sempre fatto nei miei sogni
più belli. E nelle sue labbra sento un fuoco talmente
intenso che potrebbe far ardere la mia anima per tutta la vita.
Ma chissà perché sento che non può
durare. Le nostre bocche si disgiungono ma le sue braccia continuano a
stringermi. E il suo viso è ancora a pochi centimetri dal
mio. Mi bacia sulla guancia, un bacio che mi gela il sangue.
Poi mi sussurra: “Addio” e si allontana.
Se mi avesse piantato un coltello nel cuore mi avrebbe fatto meno male
di quell’unica parola che io ho cercato di dirgli per mesi e
che lui mi ha detto in un istante senza guardarmi negli occhi.
Ma non riesco ad odiarlo. Perché ora ho finalmente capito
tutto. Non ha mai provato alcun piacere nel vedermi soffrire. Non ha
del tutto perso la sua anima anni fa per un po’ del potere
del Signore Oscuro. Ha insegnato a me che l’amore
è un’illusione ma adesso è lui a non
crederci più. Sono sempre stata una ragazza forte, bastava
fargli conoscere questo mio lato e sarebbe stato mio per sempre. Adesso
gli ho fatto capire che conosco solo il dolore, che sono disposta a
perdere me stessa per lui. E questo gli è inaccettabile.
Dirmi addio senza spiegarmi il perché è il suo
modo per farsi odiare. È il suo modo per smettere
di uccidermi. Rinuncia a me perché mi ama. E in un modo
incredibile. L’unica cosa che avrei dovuto fare sin
dall’inizio era essere me stessa, dimenticare
l’autocommiserazione e dirgli che lo amo perdutamente. Adesso
capisco che l’unica cosa che voleva veramente insegnarmi
è che non serve a niente piangere per sé stessi.
L’ha imparato anche lui anni fa nel sangue delle persone che
ha ucciso. Ma adesso l’ho capito. E lui non potrà
più farmi male. Adesso l’unica cosa che serve sono
due semplici parole. E trovo finalmente il coraggio di pronunciarle. Ma
forse è troppo tardi.
“Ti amo Lucius!” gli dico in un sussurro.
“Ti amo anch’io Sylvia” mi risponde piano
senza voltarsi “ma non mi è così facile
piangere per te”.
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