24 ore
24 ore
"Davanti a me non vedo
altro che un bugiardo" proruppe Eric minaccioso e incacchiatissimo;
"Ho delle valide scusanti", tentò di replicare Ryan,
cercando di non fasi intimidire dai modi aggressivi del collega;
"Non mi importa e non le voglio sentire! Esci immediatamente da qui" fu
la risposta. Ryan se ne andò, mortificato, il capo chino,
l'andatura faticosa.
"Certo che sei un bello stronzo, quando ti ci metti" esordì
Calleigh non appena Wolfe se ne era uscito dalla stanza "che bisogno
avevi di aggredirlo a quel modo? Magari aveva davvero degli ottimi
motivi! Se uno vuole incasinare le indagini e basta, nasconde,
sì la prova principale; ma poi non la fa trovare
più. Lui invece ce l'ha riportata; se ci pensi bene
è strano.....ci sarà pure una spiegazione"
"Sì, te la do' io, la spiegazione! Di sicuro ha ripreso a
giocare e ha fatto dei debiti con qualcuno e quel qualcuno lo tiene in
pugno e gli fa fare quello che vuole lui! E questa è una
cosa che mi fa incazzare a bestia! Perché lui è
bravo, porca miseria, bravo per davvero! Il migliore con cui io abbia
mai lavorato! E mi dispiace tantissimo vedere tanto talento, tanta
capacità, tanta intelligenza sprecati a questo modo,
dannazione! Potrebbe arrivare in alto. Si vede! Lo vedo! Ma se va
avanti così finirà col trovarsi nei casini, prima
o poi, e non so se sarà possibile tirarcelo fuori!" e,
così dicendo, Eric sbatté il pugno sul tavolo del
laboratorio.
Poco dopo era tutto finito, quei bastardi cospiratori e mafiosi erano
finiti dentro e la prova fatta rinvenire da Ryan in ritardo aveva avuto
la sua importanza nel metterli all'angolo.
Calleigh sentiva il bisogno di charirsi con il collega; voleva bene a
Ryan come ad un fratello e non avrebba voluto finire la
giornata in collera con lui. Già; ma Ryan dov'era?
Calleigh guardò fuori dalla finestra e lo vide allontanarsi
verso il parcheggio; lo chiamò, non ebbe risposta, lo
chiamò nuovamente: lo vide fermarsi per un secondo e
poi riprendere lentamente il suo cammino. Allora decise che
gli sarebbe corsa dietro.
Nonostante i tacchi alti, ma grazie al fatto di essere abbastanza
allenata ad inseguire i delinquenti e al fatto che lui camminava molto
molto lentamente, lo raggiunse appena prima che egli giungesse alla
propria autovettura.
"Ryan!" lo chiamò ancora da vicino "fermati!"
"Cosa vuoi?" fu la risposta "ne ho avuto abbastanza di
prediche. Lasciami andare!"
"No, Ryan, fermati! Ascoltami!" e così dicendo Calleigh lo
afferrò per il braccio destro, con sua somma sorpresa
l'uomo, dapprima sussultò, poi fece una smorfia e poi
gemette dal dolore; "Cosa c'è?" chiese lei spaventata
"Cos'hai?"
"Niente, niente" cercò di minimizzare lui;
"Non lo direi, l'impressione che ho avuto è di averti fatto
molto ma molto male. Ma non ti ho afferrato tanto forte da romperti un
braccio!"
"No....è solo che......ho battuto contro la porta, giorni
fa, ed ho un livido grosso così. Tu mi hai stretto proprio
sul livido e ho sentito male. Tutto qui!"
"Sì, certo: potrebbe anche essere. Solo che due scusanti in
un giorno sono un po' troppe. Prima il dente mancante risulta essere
una capsula che si è smossa, poi il dolore al braccio
è a causa di un livido.....però la storia della
capsula non quadra col fatto che hai il labbro gonfio e
spaccato e quanto al braccio, come me lo spieghi ill fatto che hai la
giacca macchiata di sangue?" e Calleigh indicò un piccola
macchia proprio in fondo alla manica.
"Io....eeeeh.....devo andare: si è fatto tardi"
"Ryan, smettila per favore di prendermi in giro. Mi sono benissimo
accorta che c'è qualcosa che non funziona. E' tutto il
giorno che sei strano, hai fatto un errore banale il che non
è da te, hai imbrogliato le prove e di nuovo non
è cosa da te; ti hanno sentito urlare oggi in laboratorio
mentre eri al telefono e mi hanno detto che sei quasi scivolato a
terra. Cosa ti succede? Dimmelo una buona volta per tutte!"
Lui la guardò ed ella si rese conto che il suo sguardo era
molto triste, è
tutto il giorno che ha questo sguardo ebbe modo di
pensare ecco
perchè lo vedo strano;
"Ryan" continuò con dolcezza "io ti voglio bene, sei un caro
amico, mi dispiacerebbe molto se tu fossi nei guai, però
potrei aiutarti ad uscirne fuori. Vuoi fidarti di me e dirmi
che cosa ti è successo? Perché qualcosa ti
è successo, non puoi negarlo."
Lui sospirò, la guardò ancora con quei grandi
occhi tristi (Non so se
riesco a reggerlo questo sguardo, ebbe ancora modo di pensare
Calleigh), poi le disse "Okay. Ti dirò tutto, ma
non qui.....questo non è il luogo adatto"
"Va bene" rispose la ragazza "andiamo a casa mia"
"E Delko?"
"E' a cena dai suoi genitori, stasera. Fanno una rimpatriata familiare
lui, i suoi vecchi e la sorella con il marito e le figlie. Ho via
libera; vieni, andiamo" e Calleigh condusse il collega a casa propria.
Non appena arrivati a casa Calleigh cercò di farlo
accomodare nel soggiorno ma lui si diresse deciso verso la
cucina.
"Qui è meglio; non voglio rovinarti il divano in
pelle bianca" spiegò. Poi sedette sulla sedia, si tolse la
giacca, nel farlo gemette di nuovo dal dolore, e
rivelò un camicia sporca di sangue. La giovane agente
soffocò un grido portandosi le mani alla bocca mentre il
collega si toglieva lentamente la camicia.
"Mio Dio, cosa ti è successo? Chi ti ha fatto questo?";
Ryan aveva dei lividi sul torace e sul ventre, non piccoli
lividi che ci si possono procurare con una banale caduta, ma grossi
lividi scuri, profondi; un paio recavano l'impronta di una scarpa. E
aveva dei segni di tagli e di sevizie da coltello sul petto e sul
braccio destro (proprio
dove l'ho stretto, pensò Calleigh) coperti
alla bella e meglio da grossi cerotti e che avevano ripreso a
sanguinare.
"Merda!" disse lui "sanguinano di nuovo! Mi daresti una mano a
medicarmi, per favore?"
Lei annuì, si recò nel bagno per ritornare poco
dopo con la valigetta per le medicazioni, "Vieni" disse "faccio io. Me
la cavo bene con queste cose!"
Lo medicò bene, delicatamente, cercando di non fargli altro
male (Hai già
sofferto abbastanza, povero caro!) poi gli
accarezzò i capelli, lo abbracciò, e
gli disse, cercando di farlo alzare "Ora ci mettiamo comodi sul divano
e mi dici che cosa ti è successo"
Seduto sul divano, mentre Calleigh lo teneva per mano, lui le
raccontò tutto: di come fosse stato rapito, tenuto
prigioniero, seviziato e malmenato per ore; di come gli avessero
strappato via un dente con la pinza da falegname, di come lo
avessero picchiato brutalmente e tormentato con la lama e la
punta del coltello, di quanto avessero cercato di spaventarlo per
ottenere la sua collaborazione e, dato che lui resisteva e avrebbe
resistito fino alla morte, di come lo avessero ricattato minacciando di
seviziare ed uccidere un bambino, il figlio di un suo amico che lui
considerava quasi come un figlioccio. E, alla fine, di come lo
avessero scaricato, tutto pesto e sanguinante e senza tanti complimenti
davanti alla porta di casa.
"Capisci, ora perché ho detto di avere dei validi motivi,
oggi?" Ryan finì il proprio racconto "avevo o non avevo le
mie motivazioni, per avere agito in qual modo? Se non li
assecondavo avrebbero ucciso una povera innocente creatura, come potevo
fare altrimenti?" gli occhi dell'uomo erano pieni di lacrime.
Calleigh sentì come un tuffo al cuore e un nodo alla gola
"Avevi sì, i tuoi buoni motivi, povero caro! " gli
accarezzò il viso "povero, povero caro".
La ragazza si accorse che il suo amico aveva incominciato a piangere,
gli asciugò le lacrime con la punta delle dita, ma
lui scosse la testa cercando di allontanare quelle mani dal proprio
volto.
Ryan cercò disperatamente di darsi un contegno di non
piangere davanti a lei, di mostrasi "uomo" e cioè
duro e impassibile, ma, guardandola, vide che anche ella aveva gli
occhi pieni di lacrime e che stava soffrendo per lui, insieme
a lui.
E allora si lasciò andare. Pianse, a lungo, circondato dalla
braccia di lei che se lo teneva stretto al seno, lo coccolava e lo
cullava piano come si fa con un bambino piccolo quando sta male o ha
avuto un brutto sogno "Shhh" gli diceva, proprio come si dice a un
bambino "E' finita! E' finita ssshhh, ci sono io, ci sono io con te,
caro. Tranquillo, sei al sicuro! Tranquillo, Ryan, è finita,
ci sono io, c'è la tua Calleigh con te. Va tutto
bene, va tutto bene. ssshhh"
Ma anche lei piangeva, parlava e la sua voce si ruppe mille volte nel
pianto fino a che non ci furono altro che i singhiozzi di lei e di lui
a risuonare nella casa.
Continuarono, così, a piangere insieme condividendo
le proprie emozioni fino a quando, esausti, crollarono addormentati,
lì sul grande divano; il capo di lui sul seno di lei, le
braccia di lei abbrancate al corpo di lui, fino a che il sole
del mattino non li avesse svegliati.
Strana cosa è la vita, una notte la passi a letto a fare
l'amore con tuo ragazzo e quella dopo la passi sul divano a cercare di
confortare un caro amico malato; una notte la passi legato alla
seggiola nelle mani di un pazzo psicopatico che non vuole altro che
farti del male e la notte seguente la passi fra le calde braccia
amorevoli della tua più cara amica.
Un solo giorno, 24 ore, ma possono cambiare tutto. Così
è la vita.
Ok, lo so è un
argomento che ho già trattato, forse anche in modo migliore.
So pure che, nell'insieme, assomiglia ad un'altra storia che ho
già postato (Un altro giorno da vivere insieme - CSI Las
Vegas). Però ieri sera ho rivisto l'episodio e secondo me
è chiarissimo che Calleigh aveva immaginato
che qualcosa in Ryan non andava. Inoltre volevo scrivere una
CarWash (anche se è una CarWash un po' strana), e
praticamente la storia me la sono sognata questa notte e l'ho scritta
quasi di getto e......e insomma alla fine l'ho pubblicata:
chissà mai che, alla fine, non piaccia qualcuno?
Se vi è piaciuta, recensite, prego
Alla prossima
Ah, il dialogo iniziale
è più o meno quello del telefilm. Solo che non
l'ho proprio riportato alla lettera ma, a grandi linee, per
quello che ricordavo; non ho una grande memoria, ahimè!
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