Alle tre di notte
I can fly higher than an eagle,
You are the wind beneath my wings
Sepolto a petto nudo sotto le
coperte, Scott sospirò
pesantemente.
Le
tre di notte.
Erano
le tre di notte e lui continuava a fissare il cuscino vuoto
accanto al proprio. Erano le tre di notte e Harvey non era ancora
venuto a letto.
Scott
capiva il nervosismo del compagno: le elezioni erano alle porte e
si trascinavano dietro il solito miscuglio di ansia e speranza, senza
contare che sembrava ci fosse sempre qualcosa da fare.
Però,
diavolo, candidato o meno, era sempre un essere
umano… Doveva pur dormire!
Con
uno sbuffo, prese una decisione: gettò le coperte di
lato e si alzò dal letto. Sistemandosi i pantaloni con la
mano destra, attraversò la stanza adiacente a piedi nudi,
sbucando in cucina.
E
lì, naturalmente, lo accolse la visione di Harvey, seduto
al tavolo con una tazza di caffè accanto.
Scott
scosse la testa e gli si avvicinò, abbracciandolo da
dietro.
L’altro
ebbe un piccolo sussulto, poi si sciolse in un
sorriso e gli scoccò un bacio sull’avambraccio.
«Credevo
stessi dormendo» commentò.
«Credevi
male» replicò Scott, tenendolo
stretto. Rimase un istante in silenzio, guardando gli appunti buttati
giù dal compagno, poi aggiunse: «Vuoi sapere cosa
credo io?»
Harvey
girò appena la testa verso di lui.
«Cosa?»
Scott
accennò col mento ai fogli sparsi sul piano del
tavolo. «Che dovresti lasciar perdere queste scartoffie e
venire a letto».
Harvey
prese un respiro. «Mi dispiace, tesoro,
ma…»
Scott
lo interruppe: «Se credi che sia venuto a San Francisco
con te per passare la notte in compagnia di un materasso, ti sbagli».
«Mi
dispiace».
Scott
lo lasciò andare, e Harvey poté girarsi per
guardarlo in faccia, con un’espressione a metà
strada tra il rammarico e il senso di colpa.
«Cosa
devo fare per farti riposare?»
sospirò Scott. «Puntarti una pistola alla
tempia?»
Di
fronte a quella domanda, Harvey non riuscì a trattenere
un sorriso. «Oh, sono sicuro che conosci altri metodi di
persuasione…»
Scott
gli posò un bacio veloce sulla punta del naso.
«Smettila con queste stronzate e vieni a letto».
«Davvero
non sai fare di meglio?» chiese Harvey,
fingendosi deluso.
«Okay,
senti questa: o vieni a letto immediatamente, o
stanotte dormi sul pavimento».
«Oh».
Harvey aggrottò la fronte. Si era
aspettato un ricatto diverso. «Ecco, questo…
questo è un ottimo argomento».
Le
labbra di Scott si rilassarono in un sorriso.
«Vero».
«Hai
dovuto pensarci molto?» lo stuzzicò
il compagno.
«No,
mi è venuto spontaneo»
replicò lui, per poi tendergli la mano. «Su,
andiamo».
Gli
occhi di Harvey saettarono verso i fogli.
«Io…»
«Cazzo,
Harvey, nessuno ti porta via il lavoro. So che sei
preoccupato, ma un candidato che non si regge in piedi
perché non ha dormito non ha una grande utilità.
Finirai domani».
«Devo
fare una lista per Jim, gli avevo detto
che…»
«Harvey,
puoi finirla questa mattina e dargliela di
pomeriggio» lo interruppe Scott. «Se ti vedesse
ora, sarebbe d’accordo con me: devi dormire».
«Ma…»
Scott
non voleva ascoltare ragioni. «È un ordine.
Finisci. Domani».
Harvey
sbatté le palpebre. Gettò una lunga
occhiata ai fogli, poi si voltò verso Scott.
«Va
bene» cedette, e l’altro
approvò con un cenno del capo.
Mentre
attraversavano il corridoio, Scott gli passò un
braccio attorno alle spalle, stringendolo a sé.
Ad
Harvey venne da sorridere. Aveva diciott’anni in
più del suo giovane amante, ma spesso era Scott a prendere
in mano la situazione, a prendersi cura di lui.
Per
lui, Scott era un appoggio prezioso. Era Scott che lo aveva spinto
a smettere di nascondere la propria omosessualità, era Scott
il primo a cui aveva esposto il proprio progetto di tentare di
candidarsi, e senza di lui… Harvey non credeva che sarebbe
arrivato sino a quel punto, tanto con le elezioni quanto con la vita.
Probabilmente,
se non ci fosse stato Scott, lui avrebbe continuato a
nascondersi e basta.
Mentre
si infilavano a letto, il più giovane
mormorò: «Che cosa faresti senza di me?»
Ad
Harvey venne da sorridere, perché sembrava quasi che gli
avesse letto nel pensiero. «Oh, suppongo dormirei di
giorno».
«Spiritoso»
borbottò l’altro,
muovendosi sotto le lenzuola.
Sempre
col sorriso sulle labbra, Harvey lo osservò nella
semioscurità.
«Scottie?»
lo chiamò.
Come
risposta, gli arrivò un «Mmm?»
piuttosto assonnato.
«Credevo
che, per farmi venire a letto, avresti proposto
un’altra cosa».
Non
riusciva a vederlo in faccia, ma lo sentì sorridere.
Poi,
dopo un momento, Scott prese un lembo delle lenzuola e lo
strofinò contro la faccia di Harvey.
«Cosa
ti salta in mente?» gli domandò,
mentre l’altro si ritraeva. «Devo farti dormire,
non sperimentare piaceri».
Ad
Harvey venne da ridere. «Peccato,
però» sospirò, cercando di usare un
tono pieno di rimpianto.
«Non
preoccuparti» replicò Scott, un
po’ confusamente. «Rimedieremo».
Harvey
sorrise tra sé e sé. Dopo qualche istante,
un leggero russare lo informò che Scott si era addormentato.
Anche
senza vederlo, Harvey sapeva bene che espressione doveva avere il
compagno in quel momento: quando dormiva sembrava sempre un ragazzino,
inconsapevole di tutto. Ed era quasi ironico, considerato
quant’era forte e maturo nella realtà.
Stando
ben attento a non far rumore, Harvey si allungò un
avanti, e depositò un bacio a fior di labbra sulla fronte
liscia di Scott.
Note:
Oggi è l’anniversario della morte di Scott Smith.
Se vogliamo, questo testo è il mio piccolo tributo
– insignificante, lo so, ma non è che io abbia
molto da offrire – alla sua memoria.
Le righe in corsivo lì in alto sono un pezzo della canzone
“Wind beneath my wings” di RyanDan.
E che la differenza d’età tra Harvey e Scott fosse
di diciott’anni è vero – se non sbaglio,
anche tra Sean Penn e James Franco passa la stessa differenza.
Sia come sia, spero di non aver combinato pasticci, e che questa
one-shot sia piaciuta a qualcuno.
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