Disclaimer: I personaggi non appartengono a me, ma a
Masashi Kishimoto. Questa fanfiction non è stata scritta a scopi di lucro ma
per puro divertimento.
In questa storia i personaggi hanno circa 24/25 anni, sono quindi
maggiorenni e non realmente esistenti.
Ciao a tutti! Era da secoli che non scrivevo una fanfic
su Naruto (per l’esattezza sei mesi), e questa mi è venuta in un lampo di
ispirazione, dopo aver trascorso un pomeriggio a cercare fanart su questa
coppia alla quale ho sempre voluto dedicare qualcosa di più ‘impegnativo’
rispetto a “A new promise”. L’ho scritta di getto in un momento in cui mi
sentivo particolarmente triste, ascoltando Sadness and Sorrow, Grief and
Sorrow, Serenata (Immediate Music) e altri brani strappalacrime dello stesso
genere. Temo che i personaggi siano OOC (più che normale, visto quello che è
successo loro in questa storia), ma forse dipende dal fatto che è da tempo che
non leggo il manga o guardo l’anime. Una storia del genere “sdolcinatezza
strappalacrime” che spero possa piacere ai fan della coppia LeexSakura o anche
solo di Lee (io lo adoro!). So che probabilmente questa coppia non si avvererà
mai e che Sakura è nata per stare insieme a Sasuke o Naruto, ma che ci posso
fare, nella mia mente quei due farebbero proprio una bella coppia, e in ogni
caso, che mondo sarebbe se non si potesse sognare? I commenti sono bene
accetti! Detto questo, vi lascio alla lettura della fic.
Don’t
leave me alone
Una giovane donna
continuava a rigirarsi nel letto, i capelli di un tenue color rosa sparsi sul
cuscino, le dita strette convulsamente alle lenzuola, il volto madido di
sudore.
“N-no… no… N-naruto…”
Fredde gocce di pioggia
s’infrangevano con forza sul vetro della finestra.
Sembrava che non volesse
smettere di piovere, e numerosi lampi e tuoni squarciavano con violenza il buio
della notte, mentre Sakura era in preda all’ennesimo, terribile incubo senza
riuscire a svegliarsi.
“No… Sasuke… anche tu…”
Ancora una volta, stava
rivivendo la notte più orribile della sua vita, la notte in cui lei si era resa
conto una volta per tutte di essere inutile… di non essere in grado di
proteggere le persone che amava di più al mondo… i suoi due compagni di
squadra, Naruto e Sasuke.
La guerra di cinque anni
prima si era portata via numerose vite, sradicandole con violenza dal mondo
terreno senza alcuna pietà.
Ninja valorosi erano
periti miseramente nella lotta contro l’Alba, volti amici che erano scomparsi
per sempre e che nessuno avrebbe mai potuto sostituire.
Gente come Neji Hyuuga,
che aveva sacrificato la sua vita per la cugina Hinata com’era dovere della
casata cadetta, proteggendo lei e il figlio che portava in grembo; come Choji
Akimichi, che aveva sfruttato tutte le sue forze per aiutare i suoi compagni di
squadra a fronteggiare il nemico; come Gai, che aveva aperto tutte le porte per
proteggere Rock Lee; come Iruka, il maestro Kakashi, Tsunade, Sai…
La guerra si era portata
via anche i suoi due compagni di squadra.
Naruto e Sasuke
erano caduti in battaglia, morti sotto i suoi stessi occhi, senza che lei
potesse fare nulla per impedirlo.
Lei aveva cercato di strapparli alla morte, ma non c’era riuscita.
Lei, il ninja medico più
dotato dell’intero villaggio dopo Tsunade-sama.
Erano morti per
proteggerla, e Sakura non riusciva a tollerarlo.
A cosa era servito
sacrificarsi per lei, se adesso la sua vita non aveva più alcun senso, privata
com’era della loro presenza, delle persone che più amava al mondo?
L’immagine del volto di
Naruto coperto di sangue e del corpo di Sasuke riverso in una strana posizione
tormentava ancora i suoi sogni, i suoi pensieri, senza lasciarle un attimo di
tregua.
Era tutta colpa sua se
erano morti. Sua e di nessun altro.
Lei non era stata in
grado di fare nulla.
Lei era inutile.
Inutile.
Inutile.
“Tu sei inutile, Sakura” disse Naruto, guardandola con
odio, il volto irriconoscibile per via delle ferite, guardandola dall’alto in
basso.
“Non sei degna di essere la nostra compagna di squadra… sei
un’incapace!” gli fece eco Sasuke, con un sorriso inquietante, gli occhi
fiammeggianti che sembravano trapassarle il corpo come due lame affilate.
“No… Naruto… Sasuke… io non… perdonatemi!”
Sakura implorò loro di non andarsene, li implorò con
tutte le sue forze… prima di precipitare nel buio.
Sakura si sollevò di
scatto nel letto, respirando affannosamente.
“Un altro incubo…”
pensò, il cuore che le batteva forte e le guance rigate di lacrime.
Si rese conto del fatto
di non essere più sola, nell’oscurità della sua stanza.
Una bambina di circa
cinque anni la stava fissando con due enormi occhi azzurri in preda
all’angoscia, i lunghi capelli biondi arruffati, le mani strette convulsamente
intorno a un peluche.
“Mammina… ho paura… posso
dormire con te?” disse la bimba con voce incerta, un po’ spaventata dallo
sguardo sconvolto della madre.
Sakura non le rispose.
La fissò per un attimo,
senza riuscire a impedirsi di voltare la testa dall’altra parte.
Somigliava così tanto a
Naruto.
“Mammina… che cos’hai?”
Sakura non riuscì a
trattenere un singhiozzo.
La bambina rimase
inchiodata lì, in piedi accanto al letto della madre, sentendosi confusa e
smarrita.
La mamma era sempre
triste, era vero, ma lei non l’aveva mai vista piangere. Non sapeva come
comportarsi.
Di solito era lei che piangeva, ed era la mamma a
consolarla. Non era mai successo il contrario.
“Mamma, perchè piangi?”
Sakura si accorse delle
lacrime della bambina.
La strinse a sè con
forza, cercando di rassicurarla.
“Niente… non è niente,
tesoro… resta pure con me” mormorò tra le lacrime, e la piccola si sentì
rincuorata.
La mamma era tornata
quella di sempre.
Era tornata a guardarla
con quegli occhi tristi, ma non piangeva più.
Andava tutto bene. Di nuovo.
Sakura si chiese se la
vista di Kushina non fosse una sofferenza che avrebbe potuto evitarsi, e se non
avesse fatto meglio ad abortire, quando aveva scoperto di essere rimasta
incinta cinque anni prima.
Quella bambina era tutto
ciò che le rimaneva di Naruto.
Avrebbe dovuto essere
felice di averla data alla luce, e invece…
Cercava di non farle
capire che non era lei il motivo del suo perenne stato di malinconia, eppure
Sakura sapeva che non riusciva bene a mascherare alla bambina il suo stato
d’animo.
Lo capiva da come
Kushina la guardava spesso da lontano, con occhi smarriti e tristi.
Sakura si chiese se non
avesse fatto meglio ad affidarla a qualcun altro. Magari a Ino.
Sempre così solare,
sempre così perfetta nonostante la sofferenza per aver perduto Sai e un
compagno di squadra a sua volta...
Lei sì che sarebbe stata
in grado di dare una vita felice alla bambina.
Sakura non era mai
riuscita a dirle cos’era successo a suo padre, nè avrebbe mai avuto la forza di
farlo.
Kushina non lo aveva mai
visto, eppure ammirava tantissimo il suo volto di sesto hokage scolpito nella
roccia accanto a quello del settimo, Konohamaru, chiedendole con insistenza
quando Naruto sarebbe tornato dal suo ‘lungo viaggio’.
E ogni volta, lei non sapeva cosa risponderle.
Sakura si odiava per il
fatto di non riuscire a vivere guardando avanti a testa alta con serenità.
Da quando Naruto e
Sasuke erano morti, lei aveva rinunciato a essere una ninja.
Era stata un fallimento,
sia come ninja, sia come medico, sia come donna.
Non poteva far altro che
trascorrere le sue giornate immersa nei ricordi del passato, con la sensazione
che non fosse passato più di un giorno da quando Sasuke e Naruto avevano unito
le loro forze contro l’Alba ed erano tornati a essere una squadra… e da quando
lei aveva scoperto che ciò che la legava a Naruto era ben più di una semplice
amicizia.
Odiava il suo essere
debole.
Odiava la sua debolezza…
Però…
Avrebbe dovuto rendersi
conto del fatto che erano Naruto e Sasuke la sua forza, e che quando loro se ne
sarebbero andati, lei non sarebbe stata che un’inutile, debole kunoichi incapace di crescere la sua bambina… e di dirsi di
essere fiera di com’erano andate le cose.
Perchè Naruto e Sasuke
erano morti con onore, per proteggere il villaggio della Foglia… per proteggere
lei.
Era proprio questo
particolare a procurarle tanto dolore e risentimento.
Quella morsa al petto
sembrava non abbandonarla mai, nemmeno quando Kushina le sorrideva – aveva lo
stesso sorriso di Naruto.
Così come sembravano non
abbandonarla mai quegli orribili incubi…
“Basta. Basta!”
Sakura capì che c’era
una sola cosa da fare, a cui aveva pensato a lungo e che tante volte si era
presentata come la soluzione più efficace alla sua sofferenza.
Si alzò lentamente dal
letto, attenta a non svegliare la piccola addormentata.
Come un fantasma, uscì
di casa incurante della pioggia, camminando lentamente, con in mente soltanto i
volti dei suoi adorati compagni di squadra, muovendo i piedi nudi verso una
destinazione ben precisa.
Tra poco sarebbe sorto
il sole, eppure a lei non importava.
Non sarebbe rimasta a
guardarlo inondare ancora una volta i tetti del villaggio di luce.
Non le importava più di
niente.
C’era una cosa che le
premeva fare più di ogni altra, in quel momento, e lei sapeva che non se ne
sarebbe pentita.
Era tutto chiaro e
perfettamente razionale nella sua mente stravolta dal dolore e dalla perdita di
Naruto e Sasuke, e in breve tempo, Sakura si ritrovò in piedi davanti alla
lapide sulla quale erano stati incisi i loro nomi, così terribilmente nitidi
sotto la pioggia scrosciante che le scorreva sul volto come impietose lacrime.
La ragazza stette a
guardarli per un tempo che le sembrò interminabile.
Stringeva il kunai con
così tanta forza che le faceva male la mano.
Si concentrò sui battiti
del suo cuore – gli ultimi, pensando ancora una volta a Naruto e Sasuke e a
quanto poco fosse il tempo che mancava per rivederli, a Kushina e a come la sua
vita sarebbe stata felice una volta che lei sarebbe morta…
Appoggiò la lama
tagliente sul polso sinistro, sicura che il dolore che avrebbe sentito sarebbe
stato insignificante in confronto a quello che aveva dovuto sopportare il suo
cuore fino a quel momento.
“Sakura!” gridò una voce
che lei non riconobbe, guardando il sangue scorrerle dal taglio sul polso e mescolarsi
alla pioggia, scivolare e scomparire tra l’erba sul terreno davanti alla
lapide, incurante del mondo che la circondava.
“Sakura, svegliati! Che
stai facendo?”
Era una voce disperata,
una voce che Sakura sentì questa volta stranamente vicina e che riconobbe
all’istante.
Era Rock Lee che le
stava strappando il kunai di mano e guardava con orrore la ferita al polso.
Era Rock Lee che le
stava stringendo le spalle con forza, incredulo e turbato.
“Sakura… che cosa stavi
cercando di fare?”
La ragazza si riscosse,
puntando gli occhi colmi di lacrime di un verde sbiadito dritto nei suoi.
Era vestita solo di una
leggera camicia da notte.
I capelli le ricadevano
scomposti sulle spalle, fradici di pioggia.
Sul volto aveva
un’espressione distrutta.
“Sakura, non dirmi che
stavi pensando di...”
“Io… io volevo solo… raggiungere
N-naruto e Sasuke…” fu tutto quello che riuscì a mormorare, prima che il mondo
si oscurasse…
…e prima di accasciarsi
priva di sensi tra le braccia di uno sconvolto Rock Lee.
Bianco.
Un bianco distante,
accecante.
Dove si trovava?
Sakura aprì lentamente
gli occhi, abbagliata dalla luce del sole che entrava dalla finestra.
Avvertì un profumo
delicato, quello delle lenzuola del letto sul quale era distesa… un bianco
letto di ospedale.
Tutto era troppo bianco,
per i suoi gusti, così candido che era impossibile, per lei, pensare che quella
notte si era trovata davvero sulla tomba di Naruto e Sasuke, pronta a mettere
fine alla sua misera esistenza…
Era successo davvero?
Sollevò leggermente la
testa per notare come il taglio che si era procurata con il kunai fosse ormai
ridotto a una bianca cicatrice.
“Devo trovarmi qui da molto tempo” pensò Sakura.