He says
he’s not good with word but I’m worse
By Niamh
(N.b. "Tutti i
personaggi di questa storia sono maggiorenni e non mi appartengono, gli eventi
non sono accaduti realmente e questa storia non è scritta a scopo di lucro")
-Uhm, vediamo… lettera ‘B’- disse Pete grattandosi la testa e girandosi
sulla schiena.
Joe riemerse qualche secondo dal suo stato di massima concentrazione
per rispondere all’amico. –Uhm… Vediamo… Boston?!-
-Barcellona- disse Andy alzando gli occhi dal suo fumetto –Pete, invece
tu che dici?-
Pete ci pensò su e poi sorrise. –Bulgaria!-
Andy lo guardò sconcertato per qualche secondo. –Ma guarda che la Bulgaria è uno stato e
non una città, coglione!-
-Non è vero! Il conte Dracula era nato a Bulgaria e anche quel tizio
stupido del quarto libro di Harry Potter che ci provava con Hermione era di
quella zona!- esclamò sicuro di quello che diceva.
Joe smise di giocare nuovamente. –Ha ragione Andy, Pete sei eliminato
dal gioco- dichiarò prima di tornare nel mondo San Andreas.
Pete prese un cuscino e glielo lanciò, e poi tornò a sdraiarsi
comodamente sul letto. –Come vuoi, non ha importanza. E non mi interessa!-
esclamò annuendo con il capo. Poi si mise a sedere e voltò la testa. –Trick, tu
che cosa dici?-
–Passo- disse Patrick. Non sembrava stesse dando grande attenzione ai
suoi amici.
Pete scese dal letto. –No, dai… abbiamo ancora tre ore di viaggio prima
di arrivare nell’hotel di Portland, da solo quei due mi stracciano ma insieme
abbiamo qualche possibilità!- disse convinto.
-No, davvero. Giocate senza di me, ho delle cose da fare-
Lui lo raggiunse e osservò il chitarrista mentre, seduto davanti al
tavolino di plastica, scriveva qualcosa su un foglio.
-Che scrivi?- domandò cercando di rubare il foglio dalle sue mani. –E’ una
canzone? Se me la fai vedere posso cercare di trovare la parole, così almeno
passiamo il tempo!-
Ma Patrick fu più veloce di lui, afferrò i suoi fogli e se li strinse
al petto.
-Smettila, Pete, non voglio che tu li legga! Dio, sei davvero un
bambino! Anzi me ne vado di là così magari riesco a lavorare in pace!- disse
dirigendosi verso il lato più lontano del tour bus e sbattendo la porta.
-Ma perché ti incazzi?! Che cosa ho fatto?!- gli urlò, ma dalla porta
chiusa non si udì nessuna risposta. –Che cosa ho fatto?!- ripeté verso Andy e
Joe che alzarono le spalle e continuarono a fare quello che stavano
facendo.
*-*-*
-Trick, dai, aprimi!- urlò Pete bussando sulla porta chiusa –Dai,
Patrick, lo so che ci sei-
Patrick aprì la porta sospirando. –Ma si può sapere perché urli?-
Pete sorrise cercando di sembrare il più tenero possibile e di
suscitare almeno un pochino di pietà nei confronti dell’amico. –Andy voleva
andare a dormire e Joe ha detto che doveva fare una cosa noiosissima. Quindi
visto che sono solo mi chiedevo se potevo entrare-
Patrick sospirò nuovamente e poi con un sorriso annuì.
-Perché non sei sceso con noi stasera?- domandò il bassista sedendosi
sul letto.
L’amico alzò le spalle. –E’ che avevo delle cose da finire…-
-Le stesse cose che facevi oggi pomeriggio sul tourbus?-
Patrick non rispose e si limitò a fissare il pavimento. Questa volta fu
il turno di Pete di sospirare.
-Senti, mi dispiace di avere…- si grattò la testa. In effetti non aveva
ancora capito perché l’amico si fosse incazzato. –Bhe, qualsiasi cosa fosse, mi
dispiace di averla fatta se ti ha dato fastidio e ti prometto che non la farò
più… Però non voglio che tu ti arrabbi ancora con me-
Patrick scosse la testa –Non ha importanza. E’ che ho esagerato, è un
periodo un po’ così…-
-Bhe, di qualsiasi cosa fosse, se vuoi parlarmene io sono qui-
Patrick annuì e su di loro calò il silenzio.
-Che ne dici, ordino una pizza?- chiese dopo qualche secondo per
cercare spezzarlo e di mandare via l’imbarazzo.
Pete sorrise. –Sarebbe perfetto!-
-Ok, allora vado di là a chiamare-
Pete annuì e aspettò che Patrick uscì dalla stanza per guardarsi in
torno. Notò che la camera di Patrick era leggermente più grande della sua, e la
cosa non gli piacque affatto.
Poi la sua attenzione si spostò sul tavolino di mogano. Appoggiati
sopra di esso c’erano dei fogli banchi scarabocchiati.
La sua mente gli diceva di lasciarli dov’erano, visto che ormai aveva
capito che quelli erano i fogli che Trick non voleva fargli leggere. Ma c’era
qualcosa che gli impediva di farlo, e non era semplicemente curiosità. Era lo
sguardo che Patrick aveva mentre fissava il pavimento. Sembrava che fosse
qualcosa di davvero importante. Si stava preoccupando.
Cominciò a leggere la prima frase che vide.
‘When the darkness come
I’m here just so you know
there’s something I need to say but not now.
You always are my everything
I just want you near me.
I always try to be good enough to you,
even if I try I don’t know what to do.
You’re something I’ve always dream,
but now I fear that everything disappear…’
Si grattò la testa e continuo a leggere. Un piccolo particolare colpì
la sua attenzione.
In fondo alla pagina Patrick aveva disegnato un cuore spezzato. E, in
mezzo, c’era il suo nome. Peter Wentz.
E così era tutto dedicato a lui.
Non sapeva che cosa pensare.
-La pizza dovrebbe esser- Patrick si bloccò quando vide quello che Pete
stava leggendo. –Che cazzo stai facendo?- gli chiese strappandogli il foglio
dalle mani.
-Io…-
-Ti avevo detto che non dovevi leggerle! Io… tu mi avevi detto che non
l’avresti fatto! Io mi fidavo…- disse stringendo forte quello che aveva scritto
al petto. Pete notò i suoi occhi erano più liquidi del solito.
-Patrick, io non so cosa…-
Una lacrima scese dagli occhi del cantante.
-Credo che dovresti andartene- sussurrò non guardandolo in faccia.
-No, io voglio parlarti. Noi dobbiamo parlare-
Patrick scosse la testa, un’altra lacrima bagnò il suo viso. –No, ti
prego. Vai via-
Pete sospirò e fece quello che Patrick gli aveva detto.
*-*-*
Andy bevve un sorso del suo latte zuccherato e guardò Pete. Aveva gli
occhi fissi sul tavolino di legno e non prestava attenzione a quello che
succedeva intorno a se.
-Ehi, quello lo mangi?- chiese Joe indicando con un dito il muffin
davanti a se. Il bassista si limitò a scuotere la testa.
-Ma che hai?- gli chiese Andy fissandolo. Joe rispose al posto suo, o
meglio gli dette una non-risposta, visto che neanche lui sapeva che cosa gli
passasse per la mente.
-E’ tutta la mattina che fa così- disse riferendosi a Pete come se non
fosse in quella stanza con loro, e un certo senso aveva ragione. –Bhe, non so
voi, ma prima del soundcheck vorrei dare un’occhiata al posto in cui suoneremo.
Ci vediamo dopo- concluse trovando il clima che si era venuto a creare troppo
pesante per i suoi gusti.
Andy lo salutò mentre sembrava che Pete non lo avesse neanche sentito.
Dopo qualche secondo però la voce dell’amico lo tirò fuori dal suo
stato catatonico-riflessivo.
-Ehi, Patty, io sto andando allo stadio. Ci vediamo dopo, ok?-
Pete alzò la testa e lo vide. Era davanti al loro tavolino e stava
sorridendo.
Vide il sorriso di Patrick ma fu solo un’attimo.
Appena i loro sguardi si incrociarono lui abbassò gli occhi di nuovo e
poi andò a sedersi nel tavolino più lontano che trovò.
-Ma che cosa avete tutti sta mattina? Il gene della scemenza?- esclamò
Andy esasperato.
Pete stava ancora guardando lo spazio vuoto davanti a se, dove prima
c’era la figura di Patrick. Poi si girò e lo guardò per qualche secondo che
però sembrò non finire mai.
–Io devo andare…- disse distrattamente.
Andy alzò un sopracciglio. –E dove? Sono solo le nove?-
Pete non sapeva cosa rispondere. –I-in camera…. Voglio tornare a
dormire un po’-
L’amico alzò le spalle. –Come vuoi… -
Pete si alzò dal tavolino e, invece che dirigersi subito agli
ascensori, andò alla reception dell’hotel.
Dietro il bancone c’era una ragazza con i capelli a corti castani e
degli occhiali da vista calati sugli occhi. Lui si mise a posto i capelli e
pregò la sua buona, buonissima stella che lo proteggeva, di mostrargli ancora
una volta il suo amore.
Si diresse verso il bancone della hall e attese che la ragazza alzasse
lo sguardo su di lui.
Quando lo fece, arrossì e Pete mormorò un -Grazie- alzando gli occhi al
soffitto.
-Ciao- sorrise cercando di essere il più sexy possibile. Infondo se era
adorato da così tante quindicenni con gli ormoni in fermento ci doveva essere
una ragione. –Mi stavo chiedendo se tutte le impiegate fossero carine come te;
potrei fare tour molto più lunghi da queste parti. Io sono Peter, comunque-
-C-ciao… Io sono Cassidy. Sei della band, vero? Tutto l’hotel parla di
voi-
-Già…- disse grattandosi la testa imbarazzato. –Senti, Cassie, mi
chiedevo se potevi aiutarmi-
-C-certo, se mi è possibile mi farebbe piacere-
Pete si avvicinò sempre di più, fino a trovarsi a pochi centimetri
dalla guancia della ragazza. –L’hotel ha le copie delle chiavi di ogni camera,
non è vero?-
Lei annuì. –Sì, ma non possiamo darle agli altri clienti-
Pete sorrise e le prese le mani. –Sì, ma vedi, Cassie, io ho bisogno di
quelle della stanza di Patrick Stump. E’ anche lui nella band. E’ che ho
dimenticato in camera sua il mio cellulare, ed ora lui è uscito e io ne ho
davvero bisogno…-
Lei scosse immediatamente la testa sempre più imbarazzata. –No, non
posso.-
-Ma dai, io conosco Patrick da una vita. E’ il mio migliore amico- gli
accarezzò la guancia e lei sospirò.
-Se questa cosa si viene a sapere io sono rovinata…- mormorò.
-Tranquilla, nessuno lo saprà.-
-Che numero ha la stanza del tuo amico?- chiese aprendo un cassetto
sotto il bancone.
Pete sorrise. Ringraziò la sua stella celeste e il suo sex appael,
perché era anche merito di quello se aveva compiuto la missione.
-532-
Lei sospirò ed esitante gli porse la chiave. –Per favore, vedi di non
farmi licenziare-
-Non preoccuparti- disse rassicurandola. Ma se Cassidy avesse
conosciuto un minimo Pete Wentz, avrebbe saputo che invece avrebbe dovuto fare
molto di più che preoccuparsi.
Passò davanti alla sala da pranzo, assicurandosi che Patrick stesse
ancora facendo colazione e poi prese l’ascensore.
Aprì la porta e la chiuse dietro di se. Accese la luce e si rese conto
che le cose erano rimaste come le aveva lasciate la sera prima.
Prese in mano il foglio e lo rilesse. Una, due, tre volte.
E mentre il suo sguardo si posava ancora su quelle righe, si rese conto
che era infinitamente arrabbiato con Patrick.
Lo odiava, e nonostante sapeva che quel sentimento non sarebbe durato
per molto, ora sentiva i brividi di rabbia correre lungo la schiena.
Lo odiava perché non si era fidato a dirglielo di persona, perché ora
lo stava evitando, e perché l’unica cosa che aveva fatto era preoccuparsi per
lui, e a quanto pare a ragione.
Lo odiava perché gli aveva promesso che non si sarebbe mai più
arrabbiato con lui.
Lo odiava per aver avuto paura e essere stato zitto. Se solo avesse
saputo qualcosa, anche solo dei piccoli segnali di quale fosse la verità Pete
avrebbe reagito di conseguenza. Gli avrebbe preso il viso tra le mani, baciato
lentamente e fatto capire che le cose potevano solo migliorare. Pete avrebbe
potuto fare la sua mossa senza avere paura di rovinare tutto.
Afferrò i fogli e uscì dalla stanza.
*-*-*
-Grazie Portland, siete stati un pubblico fantastico!- disse Patrick
nel microfono, cominciando a allontanarsi. Pete in quel momento si diresse
velocemente verso la postazione occupata dall’amico fino a poco tempo prima.
–Non così in fretta ragazzi, rimane un’ultima canzone.-
Patrick si girò verso Andy e Joe, che, a sua sorpresa, sembravano
sapere esattamente di cosa Pete stesse parlando. Allora guardò il bassista che
ricambiò lo sguardo con un leggero sorriso.
-E’ una sorta di inedito. Vedete, questa volta abbiamo deciso di
provare a fare qualcosa di nuovo. La musica l’ha scritta Joe questo
pomeriggio…- mentre la folla gridava fece un gesto con il braccio verso il
chitarrista, che piegò la schiena in un inchino –Quindi perdonatelo se fa un
po’ schifo- Joe ridacchiò e gli fece vedere il dito medio. –Mentre le parole
sono niente di meno che di Patrick!- dalla folla si levò un altro boato.
Patrick lo stava fissando, non riusciva a fare altro. Ma di che diavolo
stava parlando?
-Non ha ancora un vero e proprio titolo, e probabilmente non la
pubblicheremo in nessun album, ma mi sembrava adatta alla serata, almeno per
come mi sento. Parla dell’amore che una persona prova per un’altra, ma che non
può rivelare per paura che tutto quello che hanno costruito finisca. Certe volte
l’amicizia è un arma a doppio taglio…. Comunque, stavo dicendo dei cambiamenti…
Ecco, in questa canzone canterò io. Lo so che Trick è molto più bravo di me in
questo, ma non potevo coinvolgerlo. Dovevo fare una sorpresa a una persona, e
se volevo che riuscisse lui non poteva essere coinvolto. So che quella persona
è in questa locale, e così vorrei solamente dire che se mi avesse lasciato
parlare quella sera, gli avrei detto che lo amo anch’io…- concluse più piano,
chiudendo gli occhi, ma il microfono era acceso, e ognuno il sala sentì.
Patrick spalancò gli occhi. Magari aveva sentito male.
Lo guardò e Pete gli sorrise. –Ok, basta cazzeggiare, cominciamo!-
Patrick rimase immobile nella sua posizione quando Joe cominciò a
suonare, sembrava che il battito del suo stesso cuore stesse per assordarlo e
che il suo corpo si fosse dimenticato come si respira.
Quelle erano le parole che aveva scritto sul foglio, mentre stava
pensando a lui.
Pete l’aveva rubato e ora gli stava cantando davanti a tutti. Stava facendo
sentire a tutti quegli estranei quello che aveva dentro il suo cuore.
Avrebbe dovuto essere incazzato, ma se guardava dentro di se, sentiva
ogni cosa sciogliersi, ogni traccia di rabbia svanire.
Si portò le mani al viso per cancellare le possibili lacrime che
stavano scendendo dai suoi occhi. Aveva la vaga sensazione di stare piangendo,
ma non ne era sicuro. Era troppo attento a Pete per preoccuparsene.
E, quando si accorse che la canzone stava per finire, si rese conto che
Pete si stava avvicinando.
Non capì bene quello che stava succedendo finché non sentì le sue
labbra poggiarsi sulle proprie.
La bocca di Pete era calda e morbida, e Patrick piegò la testa di lato,
perdendosi completamente nel bacio.
Sentì un enorme boato più forte degli altri venire dal pubblico e
sorrise.
Quando tutto finì aveva il fiato corto e le labbra arrossate.
Pete gli mise un braccio intorno alle spalle, lo condusse vicino al
microfono e disse –Adesso è davvero finito!-
Il pubblico era entusiasta.
Mentre si allontanavano Patrick gli sussurrò nelle orecchie. –E’ stato
fantastico, tu, la canzone… tutto. Sei straordinario, mi dispiace che sia
finita così presto…-
Pete sorrise e gli diede un altro bacio sulle labbra. –La canzone è
appena cominciata-
The End.
[NdA: Eccomi qui!
Lo so che non avrei dovuto affatto scrivere questa storia, ne ho troppe
in sospeso =/
Ma ieri notte, colpa dell’insonnia probabilmente, mi è venuta voglia di
scrivere questa cosa.
Naturalmente, come avrete capito, i protagonisti sono i Fall Out Boy.
L’ho detto che prima o poi tocca a tutti finire in una mia storia slash xDD
Il fatto è che amo Pete e Patrick, soprattutto insieme, e non ho
resistito a scrivere qualcosa di amoroso e tenero su di loro <3
Non c’è bisogno di dire che la canzone fa schifo, probabilmente è anche
sbagliata… e’ che già non sono brava a scrivere in rima, figuriamoci in inglese
=/ Scusate ^^”
Un enorme grazie e un abbraccio a chi leggerà, e un bacio a chi
deciderà di lasciare un commento, anche solo piccolo, su questa storia =)]
Kisses
Niamh