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Katherine era infastidita quella sera. Era
seduta sola ad una tavolo di un locale di una cittadina, della quale
non
ricordava nemmeno il nome. Giocherellava distrattamente con il bordo
del
bicchiere vuoto, indecisa se ordinare dell’altro whiskey al
barista carino
dietro al bancone. Avrebbe potuto divertirsi un po’ con lui,
soggiogandolo. Si
rese conto, poi, di non averne voglia, o meglio, non abbastanza.
Era
troppo presa a colpevolizzare se stessa per
rallegrarsi.
Come
aveva potuto mandare all’aria il piano per
uccidere Klaus? Per cosa poi? Per salvare la vita a Damon e
l’umanità a Stefan?
Si malidi per essere stata così stupida.
Era
stata Katerina. Lei e la sua dannata
umanità.
Katherine
non riusciva a trovare l’origine per
il riaffiorare di quei sentimenti...umani.
Era
stato Stefan? L’amore dolce e cordiale che
ricordava tuttora, era questo? Voleva preservare la sua
umanità? Forse.
Probabile. Possibile.
E
Damon? Impensabile. Improbabile. Impossibile.
Lei
che rinunciava alla sua libertà per il fratello
che l’aveva amata troppo.
Eppure
quando Klaus, quella sera, le sottolineò
vittorioso che se loro avessero cercato di ucciderlo, Damon sarebbe
morto con
lui, lei si… preoccupò?
Katherine
ricordò di aver provato una strana
sensazione d’inquietudine, che la portò al
pensionato dei Salvatore,
fugacemente, cercando di convincere il Stefan perduto a non perdere il
fratello.
Basta,
si rimproverò, sbattendo il bicchiere sulla superficie di
legno.
Stranamente
non si ruppe.
Katherine
si domandò se quello fosse stato un
caso fortuito o se lei stessa fosse stata così cauta. Che
diamine le stava
passando per la testa?
Senza
indugiare su altri pensieri o tornare a
colpevolizzarsi, decise che fosse arrivato il momento di andarsene da
quel
locale di seconda mano e perché no? Tornare a Mystic Falls.
Era da molto tempo
che non aveva notizie dei fratelli Salvatore e di Klaus stesso.
Non
poteva negare di essere tremendamente
curiosa.
Chissà
se Stefan avesse ritrovato la sua
umanità grazie alla cara e dolce Elena?
O
se Damon fosse riuscito a portare nuovamente
via la ragazza a suo fratello, dopo i suoi vani tentativi?
Sorrise,
non vedendo l’ora di trovare le
risposte alle sue domande.
A
tutte le sue domande.
Il
Grill era sempre il solito posto: né troppo
affollato, né troppo desolato. Tutto sommato doveva
ammettere che le piaceva.
Era quasi mezzanotte e Katherine in
cuor suo sperava di trovarci qualcuno che potesse aggiornarla. La
vampira
bionda e svampita sarebbe andata bene o anche il caccia vampiri della
zona,
nonché marito di Isobel. Katherine fu sorpresa, invece,
quando intravide Damon,
solo, al bancone. Non si aspettava di trovarlo lì. Pensava
fosse in giro a fare
l’eroe, cercando di salvare Elena, o comunque alla ricerca di
qualche guaio, come
era nella sua indole.
“Offrirai
un drink a una vecchia conoscenza?”
gli chiese, avvicinandosi a lui e sedendosi accanto.
“Non
ci conterei se fossi in te…Katherine”
Damon
marcò il suo nome, quasi a vantarsi di
averla riconosciuta prima ancora di averla vista.
“Avanti,
dopo tutto questo tempo non mi offri
neanche uno scotch? Non è galante da parte tua” lo
rimproverò, assottigliando
la vista.
“Che
ci fai da queste parti?”
“Curiosità…nostalgia…”
“Certe
persone non cambiano mai…come certe risposte”
“Così
come certe domande” ribatté Katherine, scrollando
la testa.
“Allora
cosa succede da queste parti? Sei riuscito a conquistare finalmente la
patetica
Elena?” continuò lei, a caccia di notizie.
“Non
che questi siano affari tuoi…ma con Elena è una
storia chiusa. Almeno per il
momento”
Damon
bevve l’ultimo sorso di scotch.
“Oh,
quanto mi dispiace. Non fate altro che bisticciare eh?!”
Katherine
gli rivolse un sorriso beffardo.
“Allora?
Mi vuoi dire che succede da queste parti?”
“Ho
trasformato la mamma della strega in vampiro”
“Haha..ecco
perché sei qui a cruciarti. Temi che a Elena non sia
piaciuto, non è vero?”
Rise,
nuovamente. Sorpresa di quanto non fosse cambiato nulla.
“Ha
Stefan che può consolarla”
“Perché?
Niente più Stefan “Lo Squartatore”?
“Non
più. Vuole riprendere la caccia agli scoiattoli a quanto
pare”
Damon
alzò le sopracciglia, poco convinto. Non era cambiato nulla,
davvero.
“Ci
avrei scommesso” esclamò lei, orgogliosa delle sue
teorie.
“Strano”
commentò d’un tratto Damon, osservandola dubbioso.
“Perché
non sei arrabbiata con lui?” continuò.
“Dovrei
esserlo?”
“Ha
mandato all’aria il piano per uccidere Klaus, soltanto per
salvarmi la vita”
Katherine
emise un sorriso beffardo. Damon non era a conoscenza di tutta la
verità.
“Lo
sarei, se non fossi stata io a convincerlo di salvarti la
vita”
Damon
corrugò la fronte, poco convinto di quelle sue parole.
“Andiamo,
inventati qualcosa di meglio, sei poco credibile, mia cara”
lui fece cenno di
alzarsi, esausto di menzogne, quando Katherine lo pregò di
fermarsi.
“Non
sto scherzando, Damon. Ti ho salvato la vita, quindi sii più
cortese”
“Piantala,
sono stanco delle tue bugie”
“Non
riesci proprio a credermi, eh?”
“Onestamente?
No, Katherine, non ti credo né ora né
mai”
Damon
la sorpassò, ignorandola, completamente stanco di lei e
delle sue inesorabili
bugie.
Una
volta arrivato all’uscita del locale, però,
rallentò il passo, fino a fermarsi
sull’uscio per poi rivolgersi di nuovo a lei.
“Perché?”
le chiese, tornando sui suoi passi.
“Perché
cosa?” Katherine era incerta sull’origine di quella
domanda.
“Perché
mi avresti salvato la vita, rinunciando alla morte di Klaus, dopo esser
scappata per più di quattrocento anni da lui.
Perché?” Damon le si avvicinò. Troppo. I suoi occhi
glaciali indagatori sui
suoi tratti.
“Perché
non ti volevo morto, Damon” mormorò, sperando che
quelle parole bastassero a
convincere il bel vampiro.
“Avanti,
Kath, mi hai ritenuto sacrificabile per molto meno! Cosa
c’è sotto?”
Katherine
sbuffò. Damon non riusciva mai ad accontentarsi, proprio mai.
“Ti
ho salvato la vita, non ti basta?”
“No,
ora voglio sapere cosa stai tramando”
Era
dannatamente cocciuto, forse più di lei.
“Damon…forse
ci tengo a te” disse quelle parole piano, tanto che lei
stessa si domandò se le
avesse pronunciate davvero.
Comprese
di averlo fatto, soltanto dopo la risata sommessa di Damon.
“Questa
si che era bella!” esclamò lui, trattenendosi.
“Non
sei divertente”
Katherine
liquidò Damon, imbronciata per la poca
credibilità datele, e si diresse
velocemente fuori dal Grill, lontana da quel vampiro, diverso anni luce
dall’uomo che centoquarantacinque anni prima si proclamava
innamorato di lei.
“Katherine,
aspetta” la richiamò Damon, uscito
anch’egli dal locale.
“Vuoi
deridermi ancora?” gli chiese con tono insolente.
“Voglio
soltanto capirti, almeno una volta”
“Perché?”
continuò lui, desideroso di risposte.
“La
verità è che non lo so, Damon! Sei contento
adesso?”
“Sei
sincera” constatò lui sorpreso.
Katherine
tenne lo sguardo fisso su di lui e fu colpita nel ritrovarne la
medesima luce
di un secolo prima.
Gli
occhi di Damon erano fermi, passionali e glaciali. Erano il segno di un
amore
travolgente che non ha tardato a portare sofferenza e delusione.
Fu
allora che percepì un netto senso di colpa divorargli
l’anima, nel caso ancora
ne possedesse una.
Fu
in quell’istante, dinnanzi a quello sguardo, che la sua
umanità riaffiorò.
Katherine
desiderò di potergli raccontare tutto.
Voleva
dirgli che non l’aveva mai abbandonato.
Voleva
descrivergli quanto l’ammirò a Bourbon Street,
quando lui fu in grado di
lasciare andare Stefan.
Voleva
esporgli quanto fu lusingata dalla sua infinita ricerca nel riportarla
da lui.
Voleva
fargli capire la gelosia che le bruciava dentro, ogni volta che lui
prestava
attenzione ad Elena.
Desiderava
ammettere di essere sempre stata innamorata di lui.
Ma
quelle parole le si spezzarono fra i denti, codarde, impaurite.
Come
lei.
“Shhh”
mormorò Damon, posandogli un dito sulle labbra, capace di
ascoltare quei
pensieri silenziosi.
Le
si avvicinò e prima che potesse baciarla, Katherine
indietreggiò.
“Damon,
no” lo fermò. Lo pregò.
L’avrebbe
fatto soffrire ancora, presto o tardi, ma sarebbe riaccaduto.
“Kath..”
sussurrò Damon, aggiustandole un leggero boccolo.
“Non
ti merito e dopo tutti questi anni non posso fare l’egoista
con te”
Quelle
parole si posarono su di loro, echeggiarono nel loro petto, e Damon per
la
prima volta si sentì amato.
Katerina
non era egoista, non con lui.
Katherine,
era vero, non meritava il suo amore, non più, non dopo tutte
quelle bugie.
Ma
quella fragile ragazza spontanea, umana, cacciata dalla propria
famiglia,
quella si, Katerina lo meritava.
E
in quel momento Damon vide soltanto una vulnerabile ragazza dinnanzi a
sé,
rimasta orfana, toltele il figlio dal grembo, e
l’abbracciò.
Katherine
percepì il dolce calore della sua stretta.
Non
c’era paura, non doveva scappare dalle braccia di Damon.
Si
sentì a casa, amata, umana.
Perché,
per quanto potesse negarlo, Damon era la sua umanità.
L’amore
vero, senza maschere e timori.
Lo
stesso amore che lei respinse e dal quale si allontanò con
inganni e bugie.
Menzogne
che li avevano condotti a quell’abbraccio spezzato, fragile,
specchio delle
loro anime.
“Mi
dispiace-” ammise con voce roca, per la prima volta sicura di
aver detto la
cosa giusta.
Damon
rise.
“Ti
diverte tutto ciò?” gli domandò
sbigottita ed irritata, allontanandolo.
“Abbastanza-”
affermò Damon.
“Sai,-
continuò compiaciuto- se permetti, da certe soddisfazioni
sentirti dire frasi
del genere”
Katherine
lo mandò al diavolo.
“Siamo
al solito, tu con il broncio-”
“E
tu che fai lo stronzo” concluse lei, fiera di quella
assonanza.
Damon
mostrò quel lieve sorriso sghembo che lei avrebbe
riconosciuto fra mille.
E
fu allora che Katherine riuscì a trovare quelle tanto
desiderate risposte,
incapace di credere di non averle risolte prima.
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Ok, questa
è la mia prima fanfiction su TVD, amo dannatamente i
datherine e spero di essere stata abbastanza fedele ai loro personaggi.
L'ambientazione
è chiaramente nella terza serie, in seguito all'episodio
3x09... avrei sperato in un loro incontro futuro, che aimé
deve tuttora arrivare!
(Rivoglio
la Petrova!)
Ringrazio
chi ha dedicato parte del suo tempo a leggere questa fanfic e mi
farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate, grazie e alla prossima!
:)
-A
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