Prologo
Attenzione:
essendo il prologo è l'unico capitolo ad essere scritto al
passato!
Atennzione 2: il fatto
che sia corto non influirà assolutamente sui prossimi
capitoli che, al contrario, saranno molto più consistenti!
questa è solo l'input per il primo vero capitolo :)
Avrei dovuto capire, nel momento esatto in cui avevo varcato la soglia
di casa, che quel giorno non sarebbe stato un buon giorno.
L’odore caldo e soave dei muffin al cioccolato appena usciti
dal forno mi aveva investito con così tanta forza da avermi
fatta rimanere impalata sulla soglia di casa come una perfetta idiota,
intenta ad annusare l’aria che mi circondava come un cane che
cerca una pista, anzi, la pista.
Pur non essendo una casa piccola ,anzi, uno spazioso quadrilocale, il
profumo delizioso di quel pasto aveva impregnato tutto
l’appartamento senza lasciar libero nemmeno un angolino.
Mia madre che cucinava? Per giunta i muffin? L’unico dolce in
grado di preparare senza bruciare quella povera casa al centro esatto
di Phoenix?
Entrando in cucina li avevo trovati impalati a guardarsi negli occhi,
come due perfetti innamorati, intenti a mangiarsi con lo sguardo,
seduti comodamente attorno alla tavola pur sapendo benissimo, grazie ai
loro super sensi, (probabilmente appannati dall’eccitazione
sessuale creatasi in quel momento) che avevano una spettatrice a pochi
metri.
Due perfetti diciassettenni, si sarebbe detto, se non fosse che erano
immortali e che portavano quei diciassette anni davvero bene paragonati
alla loro vera età.
Ma le persone se la bevevano (per fortuna) la storia che ero rimasta
orfana da pochi mesi e che la mia cara sorellina aveva deciso di
accogliermi nella sua famiglia, appena formata col ragazzo di una vita.
Anche se odiavo cambiare città ogni tre anni, anche se
odiavo cambiare identità, anche se odiavo crescere mentre
loro rimanevano belli e perfetti per sempre.
In quel momento eravamo dei perfetti coetanei, ma gli anni a seguire?
Come avremmo mascherato le nostre vere identità? Dicendo che
ero io la loro tutrice? Rabbrividivo al pensiero ogni volta che ci
pensavo. Loro che dovevano essere i miei genitori non sarebbero mai
invecchiati mentre per me il futuro era più scuro di una
strada sterrata al centro esatto di un bosco in piena notte.
Mi ero schiarita per bene la voce e, da quel momento, avevano
cercato di corrompermi facendo i loro sorrisetti di intesa,
accompagnati dai muffin caldi caldi, cominciando la loro lunga
chiacchierata sui soliti argomenti di cui, ovviamente, io non avevo
intenzione di discute.
Odiavo usare quei termini, tutto ciò che riguardava il loro
mondo mi disgustava. Non perché erano loro a farmi ribrezzo,
ma perché sapevo di essere io stessa uno scherzo della
natura. Un essere che non sarebbe dovuto nascere. Eppure non riuscivo a
sentirmi come loro.
Non avevo ali, né cicatrici, provavo sentimenti e non
riuscivo a fare tutte le acrobazie di cui erano capaci loro. Si, se mi
arrabbiavo o mi impegnavo risultavo molto più forte della
media, molto più agile, veloce, anche intelligente (ma
questo, probabilmente, era dovuto dal fatto che non sia io quella a cui
funzionano i neuroni ma gli altri a non utilizzarli proprio) e un paio
di volte ero riuscita a persuadere qualcuno facendogli vedere
ciò che io volevo che vedessero. Ma non mi sentivo come
loro. Non un essere soprannaturale. Più qualcosa che non
avrebbe dovuto esistere. La figlia di unaa Nephilim e un angelo caduto.
Da dove ero uscita fuori nemmeno loro lo sapevano.
Ed avevano cominciato con il lungo e noiosissimo monologo che sentivo
ormai da anni ma questa volta con più convinzione e
determinazione. Finchè, ovviamente, io non ero scoppiata
come un palloncino troppo vicino ad un cactus.
Una parola tirava l’altra, un urlo chiamava il successivo, un
piatto a terra attraeva il consecutivo, una lunga serie di insulti
seguiva gli altri e, in poco più che dieci minuti, mi ero
ritrovata seduta su una dannata sedia con polsi e caviglie legate fra
di loro in modo che non potessi muovere un muscolo. Costretta, anzi,
obbligata ad ascoltare la loro tiritera sul fatto che avrei dovuto
accettare quella dannata situazione.
‘’Sta per arrivare un nostro
amico’’ aveva cominciato papà con voce
bassa, cercando di apparire severo (gran peccato per il sorrisetto che
l’aveva tradito attraversandogli il volto)
‘’appena varcherà quella soglia ti
spiegheremo il modo in cui stiamo tentando di
proteggerti’’
‘’Sappi solo che è per il tuo
bene’’ aveva sussurrato mamma con un tono di voce
gentile, addentando un muffin, poggiata sullo stipite della porta.
‘’Alla faccia dei genitori con metodi di educazione
alternativi, e che diamine!’’ avevo urlato
infuriata chiudendo gli occhi per evitare di doverli guardare.
Anche a casa Cipriano si respirava la stessa aria delle famiglie umane
in continuo conflitto con i figli scapestrati. Peccato che ad essere
strani fossero i genitori.
Poteva esserci situazione peggiore di quella? Si, direi di si. Dovevo
solamente attendere pochi minuti per capire in quale situazione mi
avevano appena cacciata.
**Spazio autrice***
Ma buonasera! come state?
Ok, non pensavo davvero
di pubblicate adesso il prologo della nuova storia maaaaa..è
andata così ahahaha
spero vi abbia
incuriosite!:D e so che non è una categoria molto visitata
(anche se io la amo *-*) ma comunque spero di ricevere qualche opinione
:)
al prossimo capitolo :D
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