In tanti anni di
militanza in questo sito e fandom non mi è mai capitato di
riuscire a concludere ff tematiche collegate a particolari ricorrenze.
Quest'anno
m'è uscita sta cosa di una tristezza infinita, che in realtà avevo
già abbozzato da
qualche mese, dopo aver visto la scena tagliata da La maledizione del
forziere
fantasma di cui io ho tradotto i dialoghi e che potete vedere qui http://www.youtube.com/watch?v=MMIhLXuuw3c
a partire dal minuto 1:00.
Ringrazio
già da ora chi vorrà leggerla o lasciarmi un suo
breve parere.
Astenersi chi non
vuole gli vadano i cioccolatini di traverso...
Siate spietati!
(Io
torno da Jackie ^^)
Married to the ship
“Ciò
che un uomo è disposto o meno a rischiare: questa
è una misura della sua anima.”
“Io
scommetto dieci anni di schiavitù.”
Lanciamo
dei volgari dadi su questo lercio banchetto, ma non è una
semplice partita quella che stiamo giocando. È un contratto
irreversibile: la posta in palio è la dannazione eterna.
Ho
solcato migliaia di leghe, interrogato innumerevoli volti sfigurati dal
terrore, udito le peggiori bestemmie, ignorato le più
patetiche preghiere; torturato ed ucciso con la più
arbitraria crudeltà.
Ed
ho imparato che gli uomini sono profondamente egoisti, al pari di
quanto sono avidamente attaccati a questo triste e folle mondo, al
punto che per non abbandonarlo salverebbero perfino gli infimi granelli
di loro stessi.
In
molti hanno accettato di rinnegare e corrompere le sembianze che ha
dato loro il Creatore, tramutandosi in mostri, non meno orribili delle
sordide anime che sperano di continuare a nascondere al suo implacabile
giudizio.
Non
possono tuttavia sottrarsi al mio, quanti, per temerarietà o
incoscienza, osano sfidare il mare.
Su di esso io
detengo lo scettro supremo della vita o della morte.
…
O meglio del fittizio riscatto o della condanna perpetua.
“In
cambio della tua libertà?”
“In
cambio della libertà di mio padre.”
Ho
creduto di aver soppresso per sempre l’inutile battito del mio
defunto cuore spezzato dall’odio, e che nulla potesse
più scalfirne i laidi brandelli.
Incancrenite
si sono le mie pupille di grezzo sale, appestato è il mio
sangue della torrenziale disperazione che alberga in chi invoca il mio
vincolante aiuto.
È
talmente raro, per non dire impossibile, incappare in qualcuno
così nobile e spassionato da essere disposto a barattare se
stesso per salvare un altro relitto umano.
Ma
il mozzo non batte ciglio.
Lo
osservo con scrupolo, fiutando un inganno. In fin dei conti lo ha
mandato quel vigliacco bugiardo di Jack Sparrow.
“Tu
sei un uomo disperato. Qual è la causa? ...”
Ad
un tratto mi sovvengono le sue sfuggenti parole, presumibilmente vere.
“È
innamorato.”
Oh
sì.
“Può
essere soltanto una donna.”
Anche
se non ha accennato in alcun modo a lei, riesco a cogliere la vivida e
funesta scintilla che lo avvampa, con la stessa facilità con
cui potrei squarciargli il petto. Fa palpitare i suoi occhi limpidi e
dona una calda sfumatura alla sua voce ferma e sicura.
“Una
donna non deve per forza portarti alla disperazione. Se scegli la donna
giusta.”
È
straziante imbattersi in qualcuno che nutre ancora una radicata e
genuina fede nel più orrido e distruttivo dei sentimenti.
Trovo quasi
insensato infliggergli altri tormenti.
Questo
sciocco ragazzo è già condannato. Non lo sa il
suo animo candido, ignaro, fidente, che penzola sull’orlo di
un baratro senza fondo, gelido e atro.
Sarebbe
un atto di misericordia risparmiargli l’amara sorpresa di
scoprirlo da solo.
“È
promesso”.
Non
si dovrebbe promettere neppure una pagliuzza a chi è nato
per trascinarti con sé in un’arida voragine
infestata di rovi velenosi che ti attanaglieranno la carne, rendendola
macera putredine, ripudiata da tutti.
Non
si dovrebbe mai riporre la speranza di un benevolo sorriso in una
creatura degli inferi che esiste solo per infonderti tormento infinito.
Ed
è inutile ancorarsi a qualcuno. Le scelte decisive si
compiono da soli, e soli si muore, alla fine.
Io
stesso ho commesso tutti questi osceni errori …
E
intuisco chiaramente la prevedibile parabola che rende la sua sorte
tanto simile alla mia.
Questo
povero illuso galleggia in una nauseabonda ubriacatura che lo induce a
credere di poter affrontare a testa alta le più cocenti
sconfitte.
Neanche
l’ombra dell’ineludibile male che lo circonda
sembra intaccarlo.
Tenace,
devoto, umile, fervente.
Il
suo audace parlare rievoca atroci ricordi ...
Quanto
tragicamente somiglia all’uomo che fui.
Tanto
scellerato da asservire la mia libertà allo stolto sogno di
confinarla per pochi minuti di ardore tra le mie braccia,
così da sentirmi padrone e non schiavo di quello sporco
inganno con cui aveva destato il mio smorto spirito.
Invece
pallidi raggi freddi furono le sue languide carezze, falsa la luce,
falso il calore che dispensavano.
Il
nostro incontro non è stato che un’eclissi: ci
siamo toccati, abbiamo creduto di esserci fusi in un’unica
realtà, ma poi ognuno di noi, astri orbitanti in un
firmamento troppo vasto e perturbato, ha ripreso a percorrere il
proprio cammino.
Ci
siamo persi.
Molti
decenni sono decorsi e non uno di essi ho sfruttato per tornare da lei,
che non ha voluto aspettarmi un misero, fatidico giorno.
E,
relegato su questa nave, non è spirato un singolo minuto che
non maledicessi quelle preziose ore lasciate consumare dalla marea che
m’ha tenuto lontano da quell’immutabile richiamo.
Sappi,
però, che non hai vinto su di me: mi hai estirpato solo uno
stupido muscolo malandato, io ti ho estorto tutto ciò che
eri, mia
Calypso.
Sono
diventato te. In fondo tu non sei più nulla.
Cristallizzata
in una scialba e umana apparenza, forse ti sarai divertita nel sedurre
qualche derelitto che ha perso la rotta, smarrendosi nel tuo lussurioso
fascino di sirena, della cui vera forma solo io serbo memoria.
Chissà
quali affascinanti sembianze possiede l’incantatrice che ha
abbindolato con sì cieco furore questo sventurato, tanto da
spingerlo ad affrontarmi con cotale gran faccia tosta.
Chissà
se con lei ha già provato l’intossicante
ottenebramento della carne, o se, trepidante e casto, sta preservandosi
quella traviante consunzione al dì delle infauste sospirate
nozze.
Se
così fosse, sarebbe una delicata primizia da custodire
gelosamente in quest’immondo vascello di peccatori senza
semenza.
“Adesso
ricordo. Tu sei quello che spera di sposarsi … Ma il tuo
fato è di essere sposato a questa nave.”
È
una perla rara che potrei pretendere di tenere con me per saggiare il
gusto ignoto di salvare per davvero qualcuno, obbedendo al compito che
spontaneamente intrapresi tanto tempo fa.
Sono
io a scegliere il mio fato.
Se
così fosse non lo si definirebbe fato.
Non
posso arrendermi all’idea che sia tutto affidato ad un
casuale lancio di dadi.
A
menzogne travestite di speranza e scaltrezza.
C’è
di più in questo mondo.
Sarò
pur stato ingannato da quell’imbroglione senza scrupoli di
Jack Sparrow, ma voglio credere che abbia scorto in me quella
possibilità e quella motivazione di cui lui si sentiva
privo.
E
non si sbagliava. In questo momento io ho voluto
sfidare Davy Jones, il demonio che fa tremare i polsi a chiunque ne
avverta il solo nome.
Un
demonio dilaniato da un antico sentimento tradito, che sorride solo
calpestando le disgrazie altrui, si sazia della loro miseria per
dimenticare la propria.
Sotto
quell’immorale e viscida scorza deve per forza esserci ancora
un residuo dell’uomo che, come ogni altro, ha tribolato di
fronte ad una donna, che è naufragato in
un’inspiegabile abbagliante emozione.
Amare
dovrebbe far sentire vivi, capaci di qualsiasi azione, anche la
più disperata e avventata.
Fors’anche
di uccidere, lenendo il rimorso di aver macchiato il proprio onore; o
di morire, alleviando il rimpianto di non aver toccato quella dolce
soglia che tutti gli amanti bramano raggiungere per suggellare la loro
unione.
Parla
di rischiare, ma in verità la vita non ha più
alcun valore per lui.
Come
può averlo dimenticato e travisato?
Ogni
suo freddo sguardo fremente di collera sembra suggerirmelo.
È
davvero così terribile perdere la fede nella persona amata?
No.
Se vuole spaventarmi si illude.
Io
non potrei mai diventare come lui.
Andrò
sempre avanti.
Un’altra
partita.
Ha
graziato quel pezzente traditore di suo padre, e, anziché
accontentarsi dell’indecente fortuna, persiste nel voler
affondare nel pericolo più torbido, provocandomi ancora come
mai nessuno ha osato in tanti onorati lustri di comando trascorsi su
questo veliero.
Non
puoi battere il diavolo due volte, figliolo.
Allora
perché te ne stai andando?
La sua
strenua caparbietà infonde un tiepido soffio di vigore alle mie
vene secche ed indurite dal rancore. Un formicolio fastidioso,
spiazzante ed inconcepibile si fa spazio dentro di me.
È
qui per strapparmi il timone dell’Olandese Volante.
Delle
svariate anime dannate che ho raccolto, la sua è
l’unica che potrebbe reclamare il mio posto.
Se
può donarsi con tale dedizione ad una donna,
potrà avere cura della mia fedele compagna di battaglia, di
colei che fu muta spettatrice della mia sciagura e che è
parte inseparabile di me.
La
posta?
La
mia anima. Un’eternità di schiavitù.
La
tentazione di inebriarmi della sua lenta agonia è
irresistibile ...
L’ho
battuto il diavolo.
In
una maniera assolutamente discordante da quella che mi ero prefissato,
offuscato com’ero da un roseo ottimismo.
Ripenso
con tenerezza e nostalgia ai timori che m’affliggevano, alle
piccole e grandi verità non dette per cui ho sofferto, alle
impensabili prove del destino che ho superato.
Sì:
ho sconfitto il diavolo.
Ma
niente è andato come avevo vagheggiato.
Ho
perso il timone della mia vita.
I
mari oltre i confini della mappa sono così silenziosi e monotoni da
ammattire perfino il marinaio più consumato.
Conosco
questa nave a palmo a palmo, ogni venatura, ogni scricchiolio, mentre
sto dimenticando il suono della sua voce, la soavità del suo
sorriso, il riflesso dei suoi occhi, il sapore della sua bocca.
Sono
sposato a questa nave molto più di quanto non lo sia alla
mia indomita e leggiadra Elizabeth.
Mi
sforzo di aggrapparmi a quei pochi palpiti in cui è stata
mia, ma ogni anno che passa le onde li erodono. E non so se potranno
essercene altri nella vuota eternità che inesorabile mi
attende.
L’ho
desiderata come la terra, evanescente e distante.
Non
ho nulla di lei in questa landa oscura e desolata.
Soltanto
frammenti di attimi che brulicano la mia mente, stanca di tanto buio.
La
battaglia infuriava, all’improvviso ci stringevamo ed era
come se tutto si fosse dissolto. C’eravamo solo noi, e
sentivamo che nulla avrebbe potuto separarci.
Fu lento, poi sempre più intenso.
Le sue labbra erano rosse, i suoi occhi scuri brillavano, i capelli
ormai asciutti erano tornati color del grano, la pelle, da tempo non
più pallida come la luna, aveva la tinta del cielo al calar
del sole.
Era
splendida e non avevo la capacità di baciarla
perché avrebbe significato privarmi della sua espressione
commossa, rapita, malinconica.
E in quell’ultimo
bacio cercai di catturare ogni suo sospiro, nell’ormai
fendente consapevolezza che non avrei potuto portarla con me.
Quando
la voglia di mollare tutto divampava, è stata il faro che
m’ha impedito di smarrire la rotta.
L’Olandese
è rinata, ha di nuovo uno scopo.
Spero
che nel frattempo lo abbia trovato anche lei. Lo desidero davvero. Non desidero altro.
Non
ho mai preteso di legarla. Era ancora così giovane, avrebbe
potuto considerarmi un ricordo.
Manca
un solo tramonto, e tornare non mi sembra più una buona
idea.
Piuttosto
una trasgressione.
Tradirei
entrambe le mie spose.
Perché
se quella mortale fosse bellissima, come appare spesso nei miei sogni,
rinnegherei il mio compito, non dipartendomi più dai suoi
lidi, lasciandomi consumare dalla passione.
Se
dovessi scorgere in lei quella stessa insostenibile malinconia che
aveva consunto i dolci lineamenti di mia madre, anche lei vedova bianca
per un crudele scherzo del destino, non oserei più
tormentarla con fugaci visite pregne di addio.
Attenderei
di scorgere il suo viso, pallido e smarrito, tra le ombre vaganti su
queste barche, e l’accompagnerei per l’ultimo
viaggio.
So che, prima o
poi, avverrà. La mia paura più grande
è inevitabile.
Vorrei
fosse già accaduto così da non dover
più contare gli anni …
Cosa
sono diventato?
Immortale,
meschino, egoista.
Il contrario di
ciò che ero.
La
verità è che comprendo che quelle schegge di
amore che potrei ancora darle, non basteranno a colmare
un’interminabile esistenza di solitudine a nessuno dei due.
Eppure
adesso dirigo la prua verso l’orizzonte oltre il limite.
Un
solo giorno, per respirare di nuovo l’odore della
libertà e della vita.
Un’altra
goccia di luce che resterà per sempre incastonata nel mio
cuore, errante in un pelago di tenebre senza fine.
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