NEVE
DI SAN VALENTINO
L'aria
pungente di
quel febbraio sembrava non porsi alcun scrupolo a trapassare
quell'infreddolito
corpo, solito, in realtà, a temperature più miti.
Si era stretto maggiormente
nel lungo cappotto, strofinando assieme le mani per ricercare un
più tenue calore,
affondandole nuovamente nelle tasche dello stesso indumento. Era
leggermente
arrossito, abbozzando un sorriso e mordendosi le labbra, quando le dita
intirizzite dal freddo avevano incontrato, dentro l'ampia tasca, quel
piccolo
pacchettino che con fretta aveva afferrato prima d'uscire dalla casa
che lui e
il fratello avevano, tra le altre, nell'elegante capitale piemontese,
la città
che per prima fu loro cuore pulsante e nevralgico centro. L'elegante
Torino,
dalle strade ampie e ordinate, dall'antico sapore ottocentesco,
dall'insolita
calma frenetica, li aveva accolti il giorno innanzi, poiché,
quell'anno, San
Valentino coincideva esattamente con il punto centrale del periodo
carnevalizio
e unendo così l'utile al dilettevole, avevano voluto
iniziare quel tour di
Carnevale proprio dall'elegante regione piemontese.
Erano
infatti reduci
dal pazzo Carnevale di Ivrea che, il giorno prima, aveva fatto
letteralmente
"sbellicare" dalle risate Feliciano perché, se c'era una
caratteristica tipica del carattere del suo fratellone, era la
caparbietà! Era
un "testone testardo" come affettuosamente Feliciano a volte lo
chiamava e guai a sfidarlo! Peccato che gli altri spettatori non
fossero a
corrente di tal fatto e, nella confusione del momento, qualche arancia
era
volata anche contro il meridionale.
E
probabilmente il malcapitato si era ben pentito di quell'incauto gesto,
visto
che Lovino si era ben impegnato a far, letteralmente, una "strage"
con le arance! Per non parlare quando qualcuno, vedendo Feliciano
ridacchiare e
praticamente "inerme", troppo intento a guardare il suo fratellone,
lo aveva preso di mira con un paio di frutti! Non lo avesse mai fatto!
Lovino
aveva lasciato perdere la vittima e si era lanciato contro colui che
aveva solamente
osato sfiorare il suo prezioso fratellino! Feliciano piangeva a forza
di
ridere, non nascondendo anche un soddisfatto piacere per sentirsi
difeso anche
in una futile occasione come quella presente. Ovviamente ne era uscito
vittorioso. Non poteva essere altrimenti, d'altronde, visto che Lovino
nel suo
dizionario certamente non contemplava la parola "sconfitta"! E poi
…
beh … era ovvio che era stato ulteriormente "incoraggiato"
dalle lodi
del suo fratellino che lo aveva lodato e rilodato e lo aveva
"stuzzicato" dicendogli che lo avrebbe successivamente trattato con
tutti gli onori che un vincitore giustamente si merita! E la sera,
avvinghiati
nella vasca da bagno, nel profumo d'arance che riempiva la stanza, tali
"particolari"
e minuziosi onori gli furono tributati, con assoluta dovizia, mentre
ancora
ridevano di quello che era successo, mentre, una volta ancora,
diventavano una
cosa sola, nel corpo e nell'anima. Avevano poi atteso la mezzanotte,
ancora
umidicci e avvolti da una grande e calda coperta, davanti al camino
dell'elegante stanza ottocentesca della loro casa torinese. Avevano
atteso lo
scoccare del nuovo giorno perché attendevano sempre la
mezzanotte il giorno di
San Valentino. A volte Lovino, in verità, alla proposta
allegra di Feliciano di
aspettare fino allo scoccare del giorno in questione, rispondeva
sbuffando,
perché intano "non è che ti amo di più
domani … perché
… non è possibile … ecco
… ",
specificava poi arrossendo, facendo letteralmente sciogliere dalla
dolcezza il
suo fratellino. Poi, però, era lo stesso fratello
"brontolone" ad
affrettarsi a svegliare il suo piccolo fratellino quando questi, caso
mai dopo
un bel film, dopo qualche coccola e una cioccolata calda, tendeva ad
appisolarsi tra le braccia fraterne. Con tanti piccoli e delicati baci
sulle
labbra dischiuse che ancora sapevano di cioccolata, con tutto l'affetto
di cui
era capace, lo riportava nel concludere quel fermo proposito che era
diventato
tradizione e, all'esatto scoccare della mezzanotte (Lovino non lo
diceva
apertamente, ma al pomeriggio ricontrollava sempre gli orologi in
casa), era
spesso proprio lui ad afferrare, con dolcezza, il mento della sua
metà ed
avvicinare quelle labbra che conosceva a memoria alle proprie e,
sussurrandogli
"ti amo", coinvolgerle in un bacio che, comunque sia, era sempre
tanto nuovo quanto unico, mentre Feliciano, il cui cuore sentiva
scoppiare
d'amore a tali tenere attenzioni, avvolgeva le braccia attorno al suo
collo e
affondava le dita nei suoi capelli e lo stringeva a sé
finché ad entrambi non
mancava letteralmente il respiro.
Non
era andata tanto
diversamente la precedente serata e a Lovino bastava davvero ricordare
il
calore di quelle tenere labbra sulle proprie per riscaldarsi nella
gelida aria
torinese. Feliciano poi, ancora stanco dalla "battaglia" combattuta
nel pomeriggio, si era addormentato tra le braccia accoglienti del suo
Lovino
e, proprio quest'ultimo, si era perso, per una buona mezz'ora, nel
guardare
quel viso beato, quasi infantile, a tratti rischiarato dalla
zampillante fiamma
del camino marmoreo. Poi, nell'assistere al lento assopirsi del fuoco,
lo aveva
delicatamente sollevato e, stringendolo al proprio petto, lo aveva
portato sul
letto. Si era addormentato con il suo Feliciano tra le braccia, col suo
viso
appoggiato sul cuore. Si era poi addormentato pensando che nessuna
felicità
avrebbe potuto superare quella che lui stava provando, e che ogni volta
provava
nell'avere il proprio fratellino accanto. Amore. Tanto amore. E
devozione.
Devozione assoluta.
Feliciano
si era
svegliato prima del solito quel quattordici febbraio. Il profumo di
arance che
ancora esalavano i capelli del suo fratellone, gli aveva fatto alzare
lo
sguardo e, trovandosi completamente avvinghiato al suo corpo, era
arrossito
anche un poco, comprendendo, in pochi secondi, quale fosse stata la
dinamica
dei fatti della nottata appena trascorsa. Si era alzato, ben attento a
non fare
alcun rumore, e si era recato, ancor scalzo, in cucina dove, in breve
tempo,
aveva composto una deliziosa colazione comprendente due cappuccini
bollenti e
schiumosi, diversi pasticcini a forma di cuore, coperti da una glassa
tricolore
(preparati e nascosti, in realtà, il giorno innanzi) e,
soprattutto, appoggiate
al centro del vassoio d'acciaio, due margherite coi gambi intrecciati
e, sugli
stessi, un piccolo rametto di corbezzolo. E un piccolo bigliettino,
semplice,
tanto ingenuo da riportare all'interno solo un "ti amo Lovi
… " con
un piccolo cuoricino finale. Guardando con una certa soddisfazione la
composizione, aveva afferrato il vassoio e con attenzione si era
nuovamente
recato nella camera da letto, sorridendo nell'osservare come il suo
Lovino si
fosse leggermente mosso, nel frattempo, e avesse portato la parte
superiore del
suo corpo a rimanere scoperta, facendo sensualmente contrastare la sua
pelle
abbronzata con il candido bianco delle lenzuola. Il settentrionale si
era morso
le labbra, tentando di non rimanerne troppo imbambolato e, appoggiato
il
vassoio sul comodino accanto al letto, era gattonato sullo stesso,
mettendosi a
cavalcioni su quella delizia della natura, chinandosi, con una
risatina, a
baciarlo sulle labbra.
-
Ho un fratellone
che sta diventando più pigro di me … -
Lovino,
mugolando
poco convinto, aveva aperto lentamente un occhio, abbozzando un sorriso
nel
vedere il viso del fratello a pochi centimetri dal proprio, e
constatando, con
un poco di malizia, che quel corpo perfetto era vestito solo, oltre che
da un
intimo curiosamente tricolore, dalla propria camicia lasciata aperta
sul petto.
Lo faceva impazzire quando Feliciano indossava qualcosa di suo. Si era
mosso
leggermente, carezzando le cosce del suo fratellino e risalendo con le
dita a
solleticargli i fianchi, rimirando come quella camicia stesse
assolutamente
meglio sopra di lui che sopra se stesso.
-
mmmn … beh … se il
mio fratellino continua a farmi fare "straordinari" la sera
… -
Il
settentrionale
aveva spalancato gli occhi sorpreso, trattenendo una sonora risata e
rivolgendogli, piuttosto, un malizioso sorriso, accorgendosi di come
quella
camicia aveva fatto definitivamente colpo.
-
AH! … Se è così …
beh vorrà dire che dovrò mettere il mio
fratellone un poco in ferie allora …
certo è un peccato … ma d'altronde … -
Lo
sguardo malizioso
del più piccolo aveva fatto centro nel cuore del meridionale
che, ridestandosi
improvvisamente, aveva, con un movimento veloce, rovesciato le loro
posizioni,
sovrastando completamente il suo fratellino e abbassandosi poi a
strofinare le
proprie labbra sulle sue.
-
Non ci provare
neanche … Feli … -
Il
bacio che aveva
corredato quell'imperioso comando aveva di buon grado esplicato al
più giovane
che la propria metà aveva ben gradito quell'improvviso
risveglio. Le mani
d'artista di Feliciano tessevano con dolcezza i morbidi capelli castani
del
meridionale, che ricadendo scomposti sul proprio viso, gli
solleticavano le
guance. Lovino staccandosi per qualche momento dalle labbra arrossate
di baci,
aveva biascicato un poco chiaro "buongiorno amore …
comunque" non
facendo nemmeno rispondere, allo stesso modo, il fratellino
perché nuovamente
era tornato a baciare e gustare la sua sensuale bocca.
-
E-ehi … Lovi … -
Feliciano aveva tentato, con una risatina, di farsi ascoltare da quella
meraviglia che lo stava, una volta ancora, dominando - ho preparato la
colazione … -
Lovino
gli sorrise,
guardandolo, carezzandogli la guancia e scendendo nuovamente a
baciargli le
labbra.
-
Ho già tutto
quello che voglio proprio qui, sotto di me … -
Feliciano
non poteva
che esserne lusingato da tali attestazioni d'amore, d'affetto e
desiderio, ma,
facendo quasi "violenza" a se stesso, fece una risatina, muovendo
leggermente la testa di lato e sfiorandogli con le dita le belle labbra
carnose.
-
Ma ho fatto i
pasticcini a forma di cuore … pensando a te … -
Un
altro bacio e
Lovino, sinceramente curioso di cosa quel piccolo artista avesse questa
volta
inventato, si era voltato a guardare il vassoio. Uno spontaneo ed
intenerito
sorriso gli nacque sul volto nel vedere la bella ed elegante
composizione che
figurava sul vassoio d'argento. I piccoli cuori tricolori contornavano
le belle
margherite che fungevano da letto al ramettino di corbezzolo e al
piccolo
bigliettino che ne riprendeva i patriottici colori. Tutto studiato e,
al
contempo, tutto tanto semplice che solo il suo fratellino poteva,
difatti, aver
progettato tale splendore. Lovino si morse il labbro inferiore per
tentare di
trattenere l'emozione che quei piccoli dettagli avevano causato al suo
animo.
-
Hai pensato
proprio a tutto … -
-
Per il mio
fratellone questo e altro … !!! Soprattutto a San Valentino!
-
Il
malizioso
occhiolino che aveva corredato quell'esplosiva e sincera uscita, aveva
fatto,
ancor più, sciogliere il cuore del meridionale che,
nuovamente, si era
avventato su quelle belle labbra chiacchierine, baciandole con tutta la
passione che solo il suo fratellino era in grado di provocare.
-
Sei la cosa più
bella del mondo … lo sai vero? -
Forse
molti
avrebbero voluto vedere, in tale dolcezza di voce e parole, una forzata
stonatura con quel carattere così apparentemente burbero.
Una stonatura fin
troppo stridente con quella personalità ribelle. Eppure
Lovino, con il suo
Feliciano, era esattamente così. E non temeva di lasciarsi
andare a tutta
quella dolcezza, quella bontà, quella passione di cui il suo
cuore era pieno.
Un nobile animo, delicatamente riservato, che si era rivelato esser
ancor più
di rara preziosa bellezza perché, difatti, non a tutti era
visibile, ma
piuttosto ne aveva fatto dono solo all'unica persona che quel cuore
tanto forte
quanto fragile era sempre stato in grado di amare, conoscere,
rispettare.
Feliciano ogni volta ne moriva nel sentirsi così amato e
desiderato e fortunato
e tentava di ricambiare donandosi totalmente lui, tutto, corpo certo,
ma anima
soprattutto, anima, cuore, tutto, tutto eppure, sempre, non gli
sembrava mai
abbastanza, mai, nulla era mai abbastanza per il suo Lovino. Nulla era
mai
abbastanza per il suo cielo.
Forse
trascorsero
secondi, forse minuti, forse pure il tempo si era fermato, ma non
importava,
non sarebbe mai importato finché aprendo gli occhi, Lovino,
potesse specchiarsi
ancora nelle castane iridi del suo Feliciano. Gli carezzò la
guancia, poi facendo
pressione sugli avambracci, si sollevò dal corpo del
fratello minore e si mise
a sedere sul letto, sistemando un poco i cuscini dietro la schiena.
Feliciano,
soddisfatto, con un sorriso, posava sulle gambe del fratello il bel
vassoio,
sedendogli poi accanto. Un po' impacciato, in verità, il
meridionale aveva
preso il bigliettino, e spiegandolo, era anche leggermente arrossito
nel
leggerne le dolci parole. Si era poi voltato verso il suo Feliciano
che,
sorridendo, non si perdeva nemmeno un secondo di quella tenera
reazione, e,
afferrandone il mento con due dita, aveva nuovamente stampato un altro
dolce
bacio sulle sue labbra.
-
Sai sempre come
rendere ogni risveglio … ed ogni giornata …
meravigliosa … - e afferrando poi
una delle margherite, in un gesto che era loro così usuale,
l'aveva posata tra
i capelli del suo Feliciano.
-
… b-beh … tu mi
rendi meravigliosa la vita … c-credo sia … un
buono scambio … - e per
stemperare, almeno in parte, l'emozione del suo sensibile cuore, il
settentrionale aveva specularmente fatto lo stesso con l'altra
margherita,
ricambiando il bacio che il suo fratellone, intenerito da quelle
parole, gli
aveva voluto donare. Aveva poi afferrato uno dei pasticcini tricolori e
lo
aveva portato verso quelle labbra appena baciate - spero ti piaccia
… -
Lovino
ne aveva
morso un pezzo, annuendo convinto.
-
… tutto quello che
fai mi piace … -
Feliciano
era
arrossito perché, anche se doveva esserne abituato, la
dolcezza che gli
riservava il fratello, gli causava ogni volta imbarazzanti rossori. Per
tentare
di "riprendersi", tra baci che sapevano di cappuccino e biscotti, il
più piccolo aveva iniziato ad illustrare al suo Lovino i
piani della giornata.
Feliciano,
infatti,
aveva già predisposto tutto per un pranzo dai toni
decisamente epici, a cui
avrebbe fatto seguito una romantica passeggiata per i luoghi
più
caratteristici, ma anche più nascosti della loro prima
capitale, e si sarebbe
conclusa con una romantica cena in un bel ristorantino appartato,
appena fuori
Torino. Anche Lovino aveva una piccola sorpresa in verità.
Non ne aveva fatto
ancora menzione perché doveva essere, per l'appunto, una
sorpresa (e a volte il
suo adorabile fratellino, nella sua dolce spontaneità, si
dimenticava di questi
"piccoli" particolari). La piccola sorpresa era racchiusa proprio in
quel pacchettino che, prima di essere infilato velocemente nella tasca
della
propria giacca, era stato con dovizia nascosto sotto la pila dei
vestiti della
sua valigia. Anzi, meglio dire che era una scatolina. Di quelle nere,
lucide,
che si aprivano con movimento del pollice. C'era anche un bigliettino
allegato
che, in realtà, che aveva causato ancor più
rossori che la scelta del regalo
contenuto nella scatolina. Un piccolo bigliettino, scritto
rigorosamente a
mano, che riportava semplicemente un "ti ho amato da sempre. Lo
farò per
sempre. Grazie di essermi accanto ogni giorno". Semplice, diretta.
Com'era
nello stile di Lovino, che sapeva essere il più romantico
degli uomini con il
suo Feliciano e sapeva esserne, insieme, il più fraterno, in
un cozzare assurdo
e complicato di contrastanti sentimenti. Poi c'era, appunto, il
contenuto della
scatolina lucida. La vera sorpresa. Ed era un anello. Nulla di
chissà cosa
elaborato. Semplice ed elegante com'era colui a cui era dedicato. Una
fascetto
d'oro bianco con incastonati un piccolo smeraldo, un piccolo diamante
ed un
piccolo rubino. Dentro c'erano i loro nomi scritti: "Lovino &
Feliciano". Dalla parte opposta una data: "17/03/1861". Tutto
qua. Per l'anima riservata di Lovino era alla fine null'altro che un
piccolo
pensiero. Che voleva però sottintendere tutto l'amore e la
dedizione di cui il
suo sentimento era pregno. In effetti nemmeno si capacitava
perché, nonostante
fossero passati così tanti anni, e tanti, tanti regali,
ancora,tra gli stessi,
non ci fosse stato un anello che cingesse l'anulare del suo compagno e
fratello.
Ora
l'unico problema
rimasto era decidere quando dargli questo piccolo pensiero. E su questo
si
stava "scervellando" anche nell'esatto momento in cui ora stava
percorrendo il piccolo marciapiede che lo avrebbe ricondotto a casa
poiché il
suo fratellino, dopo l'epico, in tutti i sensi, pranzo che gli aveva
preparato,
con tanto di un dolce molto … molto … molto
intimo e personalizzato che ancora
faceva arrossire lo stesso Lovino, lo aveva con poca delicatezza
mandato nel
supermercato sotto casa per comprare il mascarpone per fare il
tiramisù di cui
aveva avuto improvvisa voglia. Aveva pensato di darglielo per
colazione, ma
dopo colazione … diciamo che si erano intrattenuti
scambiandosi nuovamente
tutto l'amore mentale e fisico che provavano l'uno per l'altro. Poi
c'era stato
il pranzo, ma anche lì … beh si sapeva com'era
andato. Aveva allora deciso di
ripiegare sulla cena. D'altronde quel ristorantino, da come lo
descriveva
Feliciano, sembrava davvero un posticino romantico … ! Sulle
montagne biellesi,
non molto grande, ma intimo ed elegante, ed anche piuttosto "famoso"
visto che Feliciano, a quanto gli aveva detto, aveva dovuto prenotare
con un
mese d'anticipo per avere il posto più appartato! Si
imbarazzava al solo
pensiero della faccia che il fratellino avrebbe fatto nel vedere
quell'anello.
Si imbarazzava e, allo stesso tempo, non vedeva l'ora di arrivare a
quel
momento. E di vedere quell'ulteriore simbolo di amore e possessione
nelle dita
della sua metà del cielo. Mancavano poche ore e …
poteva scommettere che
Feliciano, in casa, si stava già iniziando a preparare e,
per una volta,
sarebbe stato ancor più rapido di lui nel vestirsi!
Già sorrideva
nell'immaginarsi la scena.
Le
sue previsioni
non andarono affatto lontano dalla realtà, ulteriore segno
di come davvero ben
conoscesse il suo fratellino. Feliciano era infatti quasi
già pronto e aveva,
addirittura, già posato sul letto il vestito che, a suo
avviso, meglio si abbinava
con quello scelto dello stesso settentrionale. Che aveva indubbiamente
buon
gusto e Lovino, infatti, apprezzò la scelta compiuta dal suo
fratellino,
iniziando ad imitarlo e a vestirsi velocemente sotto gli occhi
maliziosi del
suo fratellino. Che aveva assolutamente inteso come il suo fratellone
apprezzasse il completo gessato che gli fasciava perfettamente quel
corpo che
Lovino, nella sua testa, stava esplicitamente definendo "sublime" . E
perché tanto si divertiva nel provocarlo, non aveva mancato
di muoversi come
meglio sapeva piacere al suo fratellone. Tanto che, ad un certo punto,
la
povera vittima in questione, alzandosi dal letto una volta che aveva
finito di
allacciarsi le scarpe, aveva abbracciato il suo fratellino che gli dava
le
spalle, facendo scorrere poi le mani lungo i suoi fianchi.
-
Ma il ristorantino
… accetta per caso ritardi … sulla prenotazione
… ? -
Il
caldo respiro del
meridionale, che aveva accompagnato quell'interessante domanda, aveva
provocato
un lungo brivido lungo tutta la spina dorsale del fratellino minore
che,
voltando il viso nella sua direzione, gli aveva baciato teneramente le
labbra.
-
… direi proprio di
no! Te l'ho detto che è un posto elegante e super richiesto!
E perciò … - si
era lentamente voltato, carezzandogli la guancia - non ci provare
nemmeno a
tentarmi … -
Lovino
spalancò gli
occhi sorpreso da tanta maliziosa dolcezza, non trattenendo una
risatina.
-
Ma senti da che
pulpito … -aveva poggiato la fronte a quella del diavoletto
con le ali
d'angelo, come talvolta si divertiva a chiamarlo, stringendolo
maggiormente a
sé - il mio angioletto tentatore … ! Lo sai
l'effetto che mi fai, no? -
Feliciano
ridacchiò,
giocherellando con i capelli del suo fratello maggiore.
-
Io so solo che ti
amo … e che siamo già in ritardo … ! -
lo baciò nuovamente, lasciandolo poi
andare e porgendogli la giacca - perciò … andiamo
mio bellissimo principe! -
Lovino,
pur
staccandosi da quell'abbraccio malvolentieri, si rinfrancò
l'animo nel
lasciarsi aggiustare la giacca dal suo compagno. Era uno dei tanti
piccoli,
quotidiani gesti che Feliciano amava compiere per lui, un gesto che si
poneva
esattamente a metà strada tra l'affetto fraterno e quello
ben più intimo da
amanti quali erano. Per quel motivo, a quel gesto, il meridionale
rispose con
un dolce bacio sulla fronte, spostandogli leggermente i ciuffi ramati
più
ribelli, che era quel semplice apprezzamento che gli riservava quando
assumeva
piuttosto che il ruolo d'amante, quello naturale di fratello maggiore.
Feliciano, che ben conosceva queste abitudini, abbassò per
qualche istanti gli
occhi. Poi, però, nuovamente gli sorrise e, afferrandogli la
mano, lo trascinò
verso la porta. Lovino non mancò, però, prima di
uscire, nel momento in cui
Feliciano stava afferrando la propria giacca, di far scivolare dentro
le tasche
quella piccola scatolina. Fece un profondo sospiro, sentendo il proprio
cuore
battere ad un ritmo più veloce del solito, e
seguì il suo fratellino
all'esterno.
Nonostante
tra i due
fosse Feliciano a conoscere il luogo deputato alla cena, Lovino non
accettò
scuse e volle lui stesso guidare la piccola bianca 500 lungo la strada
che da
Torino portava verso le montagne biellesi. Feliciano rideva, sapendo
che quello
era da interpretare come un ulteriore gesto della volontà di
dimostrarsi il più
perfetto dei cavalieri (come se poi ce ne fosse bisogno) da parte del
suo
fratellone. Rideva perché ad un certo punto avevano anche
incontrato un bel
banco di nebbia che aveva fatto elencare al suo adorato una serie di
insulti
vari a quella poverella della nebbiolina che ora gli faceva tanto pena.
L'arrivo
al piccolo
paese non molto distante dal capoluogo biellese, era comunque avvenuto
anche
prima del previsto. Probabilmente a causa della bassa temperatura, il
traffico
era piuttosto irrisorio. Nonostante questo, i pochi posti che metteva a
disposizione
il ristorantino in questione si erano già esauriti e la loro
piccola 500 aveva,
dunque, essere posteggiata nel parcheggio centrale del piccolo paese.
Il
cielo era ancora
rossiccio dalla recente morte del sole quando i fratelli chiusero
l'auto ed,
abbracciati, si incamminarono verso il luogo prescelto, eppure, nel
punto più
lontano del cielo, era già avvisabile qualche stella che
presto sarebbe stata padrona
del cielo. L'aria pungente del pomeriggio si era fatta decisamente
più fredda e
nonostante fosse il giorno degli innamorati, non molte coppiette
stavano
sfidando le basse temperature di quel paesino ai piedi del monte.
Feliciano
stringeva il suo Lovino, sorridendogli e sussurrandogli che era davvero
tenero
così infreddolito, scaldandogli la pelle ed il cuore con
piccoli baci sulla
guancia e sulle mani arrossate. Lovino un poco brontolava,
rimproverando al
fratello l'aver voluto scegliere un locale così lontano da
casa, invece che,
preferire un'intima cena casalinga, ma in realtà ben si
gustava il bel panorama
che il luogo stava loro offrendo e camminare stretto col suo fratellino
nemmeno
gli faceva più sentire il freddo pungente.
-
Siamo anche in
anticipo! - Feliciano, sorridendo, si guardò attorno - beh
… almeno possiamo
goderci meglio questo bel posticino, vero? -
Lovino
lo guardò
poco convinto, non trattenendo per un sorriso sotto l'aria da burbero
che
tentava di mantenere.
-
La prossima volta
evita di farmi fretta allora … - un rimprovero che di
rimprovero non aveva
proprio nulla visto che dicendolo, stringeva il suo fratellino a
sé ancora più
forte.
-
Agli ordini! - e
Feliciano, che aveva esattamente recepito i sentimenti del fratello,
fece una
sonora risata, stampando sulla guancia arrossata dal freddo un altro
caldo
bacio.
I
suoi occhi furono
poi attirati dal campanile poco distante dal punto in cui si trovavano,
le cui
campane suonavano a festa. In realtà il settentrionale,
troppo impegnato a
rimirarsi il viso del suo adorato, nemmeno aveva fatto caso alla
piccola
chiesetta poco distante. Nel vedere, nonostante la penombra del giorno
che
stava finendo, la porta aperta e alcuni fiori sulle gradinate, e nel
sentire,
accanto alle campane a festa, la melodiosa musica d'organo proveniente
dall'interno dell'edificio, gli fu presto chiaro ciò che si
stava celebrando
all'interno dello stesso.
-
C'è un matrimonio!
-
Lovino
guardò la
chiesa e poi rivolse lo sguardo verso il suo compagno nel sentirgli
alzare la
voce che sembrava quasi trillare anch'essa in festa come le campane in
cima al
campanile.
-
Qualcuno si sta
sposando il giorno di San Valentino! -
Ma
Lovino si sentì
stringere il cuore quando vide gli occhi castani del fratello tingersi
fin
troppo in fretta di una velata, d'una fin troppo nota, malinconia. Ogni
parola
che voleva dirgli, gli morì semplicemente in gola. Si
sentiva impotente davanti
a quel così familiare sentimento. Mormorò
qualcosa tra un "ah" ed un
"ok", mentre Feliciano, accortosi che il suo repentino cambio umorale
era stato compreso dal suo amante, tentò di riprendere,
allora, quel sorriso
che gli era tanto usuale, staccandosi dal suo braccio e dirigendosi a
passo
svelto, verso il portone della chiesa.
-
Andiamo a vedere,
Lovi! Sono così belli i matrimoni! -
Vide
sparire quella
dolce figura all'interno della chiesa. Lui invece rimase immobile per
qualche
secondo di fronte alla stessa. Nemmeno sembrava più
accorgersi del freddo vento
che gli falciava la pelle solitamente arrossata dal sole. Rimase
immobile perché
d'improvviso gli tornò alla mente del motivo
perché al suo fratellino tanto
piacevano i matrimoni. Gli piacevano i vestiti, i pranzi, le torte, le
decorazioni, gli piacevano i piccoli bambini che portavano i fiori, gli
piacevano i fiori, gli piacevano le promesse scambiate, gli piaceva
vedere gli
anelli che scivolavano sulle dita degli sposi. Talvolta lo aveva
sorpreso non
solo all'uscita di qualche matrimonio, ma anche davanti a vetrine che
si
occupavano di tali occasioni. E Feliciano, arrossendo, rideva in una
strana
malinconia, dicendo di sapere d'essere un inguaribile romantico.
Abbassava gli
occhi. Lasciava che fosse il proprio cuore a piangere, mentre nei bei
occhi
castani non si sarebbe ravvisata nemmeno una lacrima. Lovino gli
baciava sempre
la fronte in quei momenti. Lovino, a volte, in silenzio, piangeva al
suo posto.
E
in quel freddo San
Valentino, gli tornò alla mente il calore di quella mattina
di luglio quando,
davanti ad una piccola chiesa toscana, bianca e dorata come i campi di
grano su
cui era essa stessa adagiata, Feliciano, per la prima e unica volta, si
era
lasciato andare. Aveva pianto nel vedere gli sposi scambiarsi
quell'eterna
promessa d'amore. Si era addirittura scostato dall'abbraccio che voleva
riservargli il fratello. E poi l'aveva detto. Aveva detto che lui amava
i
matrimoni, ma li odiava, li odiava con tutto il cuore, allo stesso
tempo.
Nascondeva gli occhi gonfi ed il viso contorto dal dolore nelle mani
tremanti,
e poi, con la voce rotta dal pianto, aveva detto che lui li invidiava,
in
realtà, coloro che potevano sedersi in quel modo di fronte
all'altare.
Soffocando le lacrime gli aveva confessato che avrebbe tanto,
così tanto,
voluto poter esser lui, per una volta, protagonista di quell'evento.
Che voleva
esser lui davanti all'altare. Che avrebbe voluto il suo Lovino accanto
e
sentirgli mormorare quelle promesse d'amore. Aveva abbozzato un sorriso
nell'alzare lo sguardo verso il suo adorato, le cui guance erano ora
rigate di
lacrime amare. Gli aveva detto che sognava così tanto di
poterlo, un giorno
sposare, anche se, nel suo cuore, nei fatti, erano sostanzialmente
già sposati,
da ben 152 anni, e lui ringraziava il cielo ogni giorno di questa
fortuna, ma
avrebbe voluto, perché no, giurare che lo avrebbe amato
sempre, "nella
buona e nella cattiva sorta", anche lì, in chiesa, caso mai
con qualche
fiore d'intorno, un organo che suonasse il loro inno, il loro piccolo
fratellino a portare gli anelli. Non chiedeva in fondo poi tanto. Ma
non
potevano. Non potevano perché erano due uomini. Non potevano
soprattutto perché
erano due fratelli. E poi aveva detto che era uno sciocco, che erano
alla fine
futilità, che erano insieme, andava bene così
… e non avrebbe alla fine
cambiato l'amore che provavano l'uno per l'altro e che … e
che forse non doveva
proprio dirlo … e che … che stupido che era!
… e che … andava bene così. Andava bene. Tutto bene
… E Lovino lo aveva
stretto a sé, talmente forte quasi da soffocarlo di tutto
quell'amore ed
affetto. Lovino piangeva, come era tanto che non lo faceva, con il viso
affondato nei capelli ramati del suo Feliciano. Lui, lui che avrebbe
dato la
vita per il suo fratellino, che avrebbe dato qualunque cosa per vederlo
sorridere, che avrebbe fatto qualunque cosa per farlo felice, lui si
sentì come
morire non poteva far niente, nulla anche se null'altro desiderava di
più che
sposarlo, che dirgli davanti a dio, il prete, la gente, pure la
mattonella
della chiesa, che lo avrebbe amato sempre, per sempre, in eterno.
Com'era stato
sempre. Come sempre sarebbe stato.
Ricacciò
con forza
indietro le lacrime nel ricordare quell'episodio, mordendosi le labbra
e
stringendo il pugno tanto da sentire dolore. Ad un passo più
lento, seguì poi
il fratello dentro la chiesa, con un nodo in gola ed un macigno sul
cuore.
Feliciano era nella penultima fila, praticamente solo. Sorrise il
meridionale
nel vedere come, nonostante l'eleganza regnasse sicuramente sovrana in
quel
matrimonio di sconosciuti, il suo fratellino si distinguesse comunque
per
l'eleganza del vestito e del portamento. La chiesa era grande, ma il
matrimonio
non era eccessivamente sfarzoso; poca gente seduta soprattutto nelle
prime
file; le ultime, eccetto Feliciano e pochi altri, praticamente vuote,
una bella
coppia vestita tradizionalmente davanti all'altare imbandito di fiori
bianchi.
Camelie, rose, qualche margherita, di quelle grandi, dai lunghi steli.
Lovino,
istintivamente, avrebbe voluto abbracciarlo, caso mai poggiare il
proprio mento
sulla sua spalle promettergli, una volta ancora, che un giorno si
sarebbero
sposati anche in quel modo e ripetergli che lo amava tanto, tanto,
tanto …
Eppure, una volta che gli fu dietro, e Feliciano, probabilmente troppo
impegnato a sognare d'esser protagonista di quell'evento nemmeno se ne
accorse,
si ricordò d'improvviso ciò che celava nella sua
tasca. Era come un segno del
destino. Forse poteva regalargli se non un sogno, almeno l'illusione di
un
sogno. Forse poteva regalargli un sorriso. Senza nemmeno riflettere a
lungo,
istintivamente, come tanto era tipico della sua passionale, sincera,
irruenza,
allungò la mano destra nella tasca della giacca e, con un
movimento di dita,
fece scattare l'apertura della scatolina, Ne estrasse, tenendolo tra
l'indice
ed il pollice, l'anello che la stessa conteneva. Si morse le labbra,
quasi
nervoso, fin troppo emozionato, col cuore che sembrava esplodergli nel
petto,
nel sentire che anche là, davanti all'altare, davanti a dio
e chi per lui, si
stavano per mormorare quelle antiche promesse. Le sue mani, l'intero
suo corpo
tremava, quando le proprie braccia circondarono il suo fratellino,
facendo
scivolare le proprie mani sulle sue.
Feliciano,
immerso
in quel sogno ad occhi aperti, con gli occhi lucidi, subito non
comprese quel
che stava accadendo quando la mano che riconobbe essere subito quella
del suo
Lovino afferrò la propria mano sinistra e l'altra,
circondandolo così in un amorevole
abbraccio, si avvicinò con qualcosa di scintillante.
Spalancò gli occhi umidi
nel riconoscere, in quell'oggetto, uno splendido anello bianco, dalle
pietre di
tre colori. I loro tre colori. Gli fu tutto ben chiaro però
quando, il suo
Lovino, sfiorando con le proprie labbra il suo collo, sussurrandogli
dolcemente
all'orecchio, ripeté le stesse parole che si stavano
pronunciando davanti
all'altare:
"Io,
Lovino, accolgo te, Feliciano, come mia sposo.
Prometto
di esserti fedele sempre,
nella
gioia e nel dolore,
nella
salute e nella malattia,
e
di amarti e onorarti
tutti
i giorni della mia vita."
Anche
se ora non
esisteva più nemmeno l'altare. Non esisteva la gente.
Esistevano solo loro due,
ora. Ora era lui il protagonista. Ora a lui erano rivolte quelle
promesse
d'amore. Iniziò a piangere, silenzioso e in pieno rispetto
del matrimonio in
corso quando, tremando, aprì le dita per permettere al suo
Lovino, a tutto ciò
che di bello aveva al mondo, a quell'animo nobile che gli stava
regalando un
sogno, di far scivolare l'anello nel suo anulare.
-
Feliciano, ricevi
questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà
… -
La
voce di Lovino
era calda, dolce, rotta dall'emozione. Le sue mani tremavano come
quelle del
fratellino, eppure, ancora, avevano forza di stringerle tra le sue,
allungando
poi le dita a raccogliere le lacrime sulla guancia del suo Feliciano. E
il suo
fratellino, piangendo in silenzio, non riuscendo a staccare gli occhi
da
quell'anello che stava così bene tra le sue dita,
tentò di rispondere, per
quanto la sua voce, rotta dall'emozione e dal pianto, assomigliava
più ad un
tenue sussurro.
-
L-lo vvoglio
Lovino …
lo voglio più di qualunque
altra cosa al mondo … - e sorrise finalmente, uno di quei
sorrisi belli e
gentili, quelli che Lovino tanto amava, che tanto gli scaldavano il
cuore,
quando, nel voltare lo sguardo incontrò quegli occhi
fraterni ugualmente umidi,
ugualmente emozionati.
-
… mi hai regalato
un sogno … una volta ancora … come fai ad essere
così meraviglioso … -strinse
forte una mano del fratello tra la propria, portandola poi alle labbra
per
posarci un dolce bacio - … ti amo così tanto
… -
Il
meridionale, che
forse aveva consumato tutto il "coraggio" in quelle promesse appena
scambiate, incantato da quel dolce viso visibilmente emozionato,
avrebbe voluto
dirgli così tante, tante cose … e invece, con la
calda voce tremante, null'altro
disse se un una semplice, tenera, affettuosa constatazione.
-
… tu mi regali te
stesso, tutti i giorni … sei comunque in vantaggio
… - una mano, quella stessa
su cui si erano poggiate le labbra fraterne, scivolò ad
accarezzargli il
viso,finendo poi tra i capelli, facendo poggiare la sua testa sopra il
suo
cuore - Ti amo talmente tanto Feliciano … tu non hai davvero
idea … -
Un
bacio funse da
finale pegno a quelle promesse, un bacio dolce e amaro insieme, di
speranza e
disperato assieme. E tutti, troppo impegnati a fissare e sorridere
nella
direzione dei due sposi che si stavano baciando davanti all'altare,
nemmeno si
accorsero di quel pegno d'amore che era stato scambiato nell'ultima
fila, di
quel silenzioso sogno a cui si era voluto dare una timida parvenza di
realtà.
Quando
gli sposi
festanti, dopo aver percorso la navata centrale, uscirono tra applausi
e gioia
comune, tra riso e confetti, Feliciano aveva ancora la testa poggiata
sul petto
del suo fratello maggiore che, a sua volta, lo teneva stretto al suo
cuore, sussurrandogli
così tanti "ti amo" che il più piccolo ne aveva
letteralmente perso
il conto. Lovino, senza abbandonarlo per un solo istante,
scivolò nella fila
davanti. Si sedette sulla panca, col fratello accanto, e persero il
conto di
quanti minuti rimasero così, abbracciati l'uno all'altro,
senza dir nulla, in
quel luogo che li condannava, in quel luogo dove loro non potevano che
sentirsi
peccatori senza colpa.
Fu
poi il
settentrionale il primo a tentare di pronunciare una qualunque parola.
Alzò gli
occhi sul suo Lovino, gli sorrise, poi guardò l'anello, con
un misto di
orgoglio ed affetto.
-
… è tricolore … è
bellissimo … - tirò su col naso, appoggiando
nuovamente il viso al suo petto -
grazie … - e in quel grazie entrambi sapevano che erano
contenuti davvero tutti
i "grazie" del mondo.
Lovino
sorrise
nell'osservare quell'anello sulla delicata mano del fratello minore,
poi,
facendosi un poco più serio, gli carezzò il viso,
facendo scivolare la mano su
quella fraterna, intrecciando assieme le dita.
-
Io ti amo
Feliciano, lo sai vero? Ti darei il mondo, se potessi. Ti darei la mia
stessa
vita. Per me siamo già sposati. Ma se potessi …
se potessi davvero vorrei poter
avverare il tuo sogno. Il tuo sogno che anche mio Feli … se
potessi … -
-
Shhh! - Feliciano
sorrise, posandogli un dito davanti alle labbra - Ma tu lo fai. Tutti i
giorni.
Tu mi stai vicino. Tu mi fai sentire così amato …
così importante … tu sei
tutta la mia vita … - un'altra lacrima solcava ora il suo
viso - tu sei mio fratello.
Tu sei il mio amante. E tu, nel mio cuore, sei anche mio marito. Tu sei
tutto,
Lovino … -
Le
fronti appoggiate
l'una all'altra, i cuori che battevano ad un unico ritmo, le lacrime
che si
confondevano sulle guance arrossate. I loro animi ben conoscevano i
sentimenti
che i loro cuori pesantemente portavano. Entrambi sapevano che
probabilmente il
loro peccaminoso amore incestuoso non sarebbe mai stato riconosciuto da
alcuno.
Nonostante l'ipocrisia che impregnava tale rifiuto, poiché
come poteva esser,
per alcuni, dio contrario ad un unione così giusta? Erano
due anime ed un solo
paese. Due corpi in un'unica identità. Erano stati creati
l'uno per l'altro.
Semplicemente non potevano esistere separati. Solo insieme erano
cresciuti.
Solo insieme si erano potuti emancipare. In loro tanti avevan creduto e
a loro
tanti, ancor oggi, si erano opposti. Ma insieme, solo insieme, erano
sempre
riusciti ad andare avanti. Insieme. E bastava solo questo. Solo questo,
per
loro, era importante, alla fine. Forse un giorno, chissà,
davvero avrebbero
coronato quel sogno, e sarebbero stati principali protagonisti
là, di fronte
all'altare. E non per un fatto religioso, ma perché il loro
amore, loro,
volevano esser liberi di poterlo giurare davanti a chiunque, davanti a
qualsiasi cosa. Ma ora, ora andava bene così. Era San
Valentino. E Lovino aveva
regalato al suo Feliciano un sogno.
Quando
si alzarono
dalle panche di legno e, abbracciati, si diressero verso l'uscita,
sorrisero
sorpresi nel trovarsi, improvvisamente, avvolti da un'improvvisa
nevicata. Non
era stata nemmeno prevista dal meteo che, nonostante le basse
temperature, aveva
assicurato un tempo sereno almeno fino alla mattinata seguente! A
Feliciano
che, ingenuo e romantico, aveva allungato la mano su cui sfavillava
l'anello
per catturare qualcuno di quei fiocchi cristallini, parve subito chiaro
il
motivo di quell'improvvisa, non prevista, nevicata.
-
Vedi, Lovi? -
aveva dolcemente pettinato i capelli imbiancati e inumiditi da
quell'improvvisa
neve di febbraio - abbiamo avuto anche noi i nostri confetti ed il
nostro
lancio di riso … ! -
Lovino,
per un
momento, rimase immobile davanti a tanta dolcezza, a tanta
semplicità d'animo.
A tanto calore in quel febbraio innevato. Sentì il proprio
cuore come scoppiare
ancor più d'amore per il suo piccolo angelo. Si sciolse poi
in uno di quei
sorrisi, tanto belli e puri che Feliciano si sentiva sempre un tale
privilegiato sapendone d'essere il solo a poterne godere. D'improvviso
fece
scivolare le proprie mani sotto le gambe del fratello minore
sollevandolo e,
con una risata, tenendolo tra le braccia, tra la sorpresa e l'imbarazzo
dello
stesso Feliciano che non si aspettava tale caloroso abbraccio.
-
… e vuoi mettere,
Feli? Questi arrivano direttamente … -fece una sonora risata
guardando verso il
cielo - … direttamente dai piani alti! -
E
Feliciano,
lasciandosi andare ad una rumorosa risata, si era velocemente
aggrappato al
collo del suo amante che lo baciò con tutto quell'amore e
quella fedeltà e
quella devozione che, poco prima, dentro quella chiesa, gli aveva
promesso. Il
più piccolo fece scivolare le mani tra i suoi capelli
castani, lo tenne stretto
a sé, quasi temesse potesse sfuggirgli. Dolce, ingenuo,
malinconico Feliciano.
-
Allora non siamo
poi così sbagliati, vero Lovi? -
Per
un momento, solo
per un momento, era loro concesso di essere felici, vero?
E
Lovino, forte,
protettivo, devoto Lovino, gli sorrise, ancora e ancora e lo
baciò, ancora e
ancora.
-
Stai scherzando
Feli? Siamo la cosa più giusta al mondo, noi! -
Oh
sì, gli era
assolutamente concesso d'esser, almeno per una sera, i più
felici del mondo!
Feliciano
rise
dolcemente nel vedere il suo adorato imbiancato. Nel sentirgli,
baciando il suo
meraviglioso fratellone, le sue labbra gelate. E rise anche quando,
dopo
diversi metri comodamente percorsi in braccio al fratello,
sentì suonare le
otto dalle stesse campane che poco prima suonavano a festa.
Alla
fine avevano
davvero fatto troppo tardi per quella cena speciale! Ma non importava.
Non
importava perché, prendendo l'ultima corsa della funivia
poco lontana, lassù,
in cima al monte, c'era un intimo rifugio che faceva tra le cioccolate
più
buone di tutta la regione. Non importava perché molto
probabilmente quella
nevicata improvvisa li avrebbe portati a soggiornare in una di quella
rustiche
camere in legno dello stesso rifugio, riscaldati solo dal fuoco di un
camino. E
forse non avrebbero nemmeno fatto l'amore, forse assieme avrebbero
pianto per
la malinconia di quel sogno che tale sarebbe sempre rimasto. Forse
avrebbero
passato la notte semplicemente abbracciati, senza nemmeno cenare. Ma
non
importava. Perché tra tutti quei "forse" c'era una certezza.
Erano
insieme. Si amavano. Da sempre e per sempre. Tutto il resto, erano
sicuri, si
sarebbe sciolto, un giorno, assieme a quella neve di febbraio.
Loro
avrebbero
atteso.
Loro
avrebbero
atteso il sole.
Insieme.
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