I miei occhi erano chiusi. Sentivo il braccio ancora alzato, la
mano protesa in avanti che reggeva la bacchetta, puntata verso ciò che in quel
momento doveva essere il nulla.
Aprii gli occhi, e abbassai il braccio. Davanti a me stava un
corpo. Il corpo di una donna.
Quella donna che avevo sempre odiato. Quella che aveva reso la
mia vita un inferno.
Quella che, fin da quando ero bambino, infestava i miei sogni
rendendoli incubi. Quella contro cui, da ormai sedici anni, avevo giurato di
vendicarmi.
Bellatrix Lestrange stava lì, davanti a me, la pelle bianca
come il marmo e il volto contratto in una smorfia di terrore.
Terrore puro, a causa di quei due raggi di luce verde….
Il primo, quello diretto verso il suo signore.
Il secondo, quello diretto verso il suo petto.
E solo allora mi resi conto che quel secondo raggio, quel
secondo incantesimo mortale, era venuto dalla mia bacchetta. Tutto era accaduto
così in fretta, così velocemente da sembrare irreale. Un attimo prima quella
donna era in piedi, lanciando rabbiosamente incantesimi contro di me, l’attimo
dopo era lì, a terra, inerte e inoffensiva, come se non avesse mai fatto nulla
di male….
E ora, quel male era andato, cancellato dalla faccia della
terra, come se non fosse mai esistito.
Qualche lampo di luce attraversò l’aria, alcune persone
urlarono. Poi, scese il silenzio. Anche il vento aveva smesso di soffiare. Non
capii se fosse reale, o se fosse soltanto frutto della mia mente.
Nulla di ciò che era accaduto poteva essere vero. Quel raggio
verde contro Voldemort, e quell’incredibile forza che attraversò il mio corpo…
la stessa che, pochi attimi dopo, mi fece urlare quelle due parole,
quell’incantesimo….
Poi, improvvisamente, il mio pensiero andò a lei. La persona a
cui, forse, avevo pensato di più durante quella notte. Quella che aveva tanto
insistito per seguirmi. Le avevo detto di restare a Hogwarts, di non mettersi in
pericolo inutilmente, ma lei non aveva voluto sentire ragioni. In quel momento
non sapevo dove si trovasse. Sapevo solo che, se l’avessi persa, non me lo sarei
mai potuto perdonare.
Improvvisamente, il vento tornò a soffiare su quel cimitero a
Godric’s Hollow, teatro della nostra ultima battaglia. E mi ritrovai a
correre.
Correvo tra le lapidi, cercandola con lo sguardo. Cercai di
escludere dalla mia mente il pensiero che non ci fosse più, che fosse morta…
sarei morto, per evitare di perderla….
Vidi persone che si aiutavano a vicenda, adulti e ragazzi che
cercavano di sostenere i loro compagni feriti… persone morte… studenti,
insegnanti, ragazzi, adulti… tutte persone diverse, rese uguali davanti alla
morte… sperai soltanto che tra di loro non ci fosse anche lei….
Ero ormai giunto al limite del cimitero. E finalmente la
vidi.
Era seduta per terra, i capelli biondi scarmigliati e il volto
graffiato. Gli occhi erano sgranati anche più del solito. Tremava come una
foglia e aveva paura, ma gli occhi sembravano asciutti.
Caddi in ginocchio al suo fianco. Era viva, e questa era la
cosa più importante.
Il suo sguardo si volse verso di me. Cominciò a farmi le solite
domande: come stai, cos’è successo…. Non riuscivo a trovare le parole per
risponderle.
Allora lei mi buttò le braccia al collo, e cominciò a piangere
sulla mia spalla. Aveva visto troppi orrori, quella notte. La strinsi forte. La
baciai tra i capelli.
- Neville… - mormorò lei, tra i singhiozzi.
Forse voleva una risposta alle sue domande. Forse voleva sapere
davvero ciò che mi era successo quella notte.
La strinsi ancora più forte. Alla fine mormorai qualche parola
al suo orecchio. Era tutto ciò che riuscivo a dire.
- È finita, Luna… è tutto finito….