There
is a green light that never goes out
So we beat on, boats
against the current,
borne back ceaselessly
into the past.
C'è un momento –
un momento magico – in cui il delirio della festa lascia il
posto ad un vuoto malinconico che ci fa sentire tutti più soli
e più vulnerabili.
Blaine Anderson colse
quel momento nell'attimo in cui vide l'ultimo ospite – un
ubriaco il cui sguardo ricordava quello di un gufo – lasciare
l'abitazione, trascinato via dal maggiordomo e dal giardiniere.
«La festa è
finita» disse una voce e Blaine alzò lo sguardo.
Lo vide scendere le
scale, bello più che mai, sicuro di sé e allo stesso
tempo tremante per la passata eccitazione.
«Anche i musicisti
se ne sono andati, ormai.»
Blaine si alzò
dalla sedia e lo raggiunse ai piedi delle scale. Gli porse
stupidamente la mano per aiutarlo a muovere gli ultimi tre passi.
Kurt accettò la sua mano con un sorriso sulle labbra.
«E' stata una
serata magnifica» balbettò Blaine, cercando il suo
sguardo.
«Per te non è
ancora finita.»
Kurt non lasciò la
sua mano e lo trascinò al centro della pista da ballo, che
fino a poche ore prima era stata invasa da ballerini deliranti per il
charleston e che ora era deserta e solo per loro.
«Mi concedete
l'onore di questo ballo?»
«Ma i musicisti se
ne sono già andati» gli fece notare Blaine.
«Tanto meglio.»
Si era innamorato in modo
improvviso, istintivo, animale e
prima ancora che potesse rendersene conto, era caduto nella trappola
primordiale che i romantici chiamano “amore”.
Blaine Anderson era nuovo
di New York, per la precisione era arrivato un mese e mezzo prima.
Aveva acquistato una modesta abitazione a West Egg, che appariva
ancora più modesta se paragonata a quella del suo vicino di
casa.
Kurt Hummel non era come
Blaine se lo era aspettato.
Lo aveva immaginato come
un giovane snob senza la minima idea di cosa fosse la vita oltre le
feste mozzafiato che organizzava ogni settimana.
Prima di conoscerlo alla
festa cui Kurt stesso l'aveva invitato, non aveva idea di come fosse
il suo viso, né del suono della sua voce.
La prima volta che lo
sentì parlare, la prima volta che lo vide, la prima volta che
cominciò a innamorarsi di lui neppure sapeva il suo nome.
Lui era nuovo di New York
e non sapeva ancora chi fosse Kurt Hummel e cosa si nascondesse
dietro i suoi vestiti impeccabili, le sue camicie di seta, la sua
auto color crema e la sua enorme villa.
Avevano cominciato a
parlare e tutto il resto della festa si era eclissato. Avevano
dimenticato la musica, le favolose portate che venivano servite, la
gente che cadeva ubriaca in piscina; nessuno aveva importanza.
Erano usciti in barca.
Avevano fatto viaggi in macchina.
Avevano parlato ancora,
parlato a lungo, nell'intimità della casa di Blaine dove non
c'era servitù che potesse vedere o sentire. Dove potevano
essere loro stessi.
Si era innamorato di lui,
con tutto ciò che “lui” comprendeva: il suo sogno,
il suo coraggio, il suo passato, il suo modo di abbracciarlo senza
stringerlo troppo.
Si era innamorato
esattamente nello stesso modo in cui una barca viene trascinata dalla
corrente e impotente si era lasciato sospingere fra le braccia di
Kurt che l'aveva accolto silenziosamente.
Si erano innamorati
entrambi, come falene attratte da una luce verde che non se ne andava
mai.
C'è un momento –
un momento magico – in cui il delirio della festa,
l'eccitazione dovuta all'amore che scoppia, il frastuono del mondo
esterno cessa e stretto fra le braccia della persona che ami ti
sembra che non esista un'alba e puoi solo chiudere gli occhi e
pregare che quel momento duri in eterno.
Blaine chiuse gli occhi e
strinse di più a sé Kurt, poggiando la fronte contro il
suo collo, in un momento di pura estasi.
La consapevolezza che un
momento così perfetto non sarebbe mai più esistito
smorzò il suo sorriso. Il profumo di Kurt lo inebriò e
deglutì, cercando di mandare giù le lacrime –
perché gli uomini non piangono, avrebbe detto suo padre.
Nel silenzio della casa
senza più musica avevano trovato il loro ritmo senza che una
parola fosse detta.
«Ti amo»
sussurrò.
«Lo so»
rispose Kurt. Non ci fu bisogno di aggiungere “ti amo anch'io”
perché i loro gesti, il modo in cui la sua mano correva lungo
la sua schiena, parlavano da soli.
«Il resto del mondo
non può capire-»
«Il resto del mondo
non ha importanza. Non esiste nient'altro che noi.»
Dalla
finestra della camera di Kurt si poteva vedere una luce verde che non
se ne andava mai.
Kurt
aveva spiegato a Blaine che quella luce verde era come un faro che lo
aiutava a non scordare mai la propria meta. L'aveva seguita per tanti
anni ed era passato da giovane sognatore squattrinato figlio di un
meccanico a perfetto selfmade man,
icona del tanto celebrato sogno americano.
Ogni
sera – anche le sere che passavano insieme in quell'enorme
letto importato da chissà quale capitale europea – Kurt
si alzava ed andava alla finestra a fissare quella luce verde, come
ipnotizzato dal suo bagliore tenue, dal suo pigro baluginio.
Quella
notte Kurt non lasciò il letto in cui giaceva con Blaine per
andare a fissare la luce.
«La
luce verde era solo un simbolo» disse. «Ho trovato una
nuova luce.»
La
testa di Blaine era abbandonata sul suo petto e Blaine poteva sentire
il suo cuore battere silenziosamente contro la sua fronte.
«E
come una falena ne sei stato attratto?»
«Ne
sono stato attratto, mi sono bruciato e sono caduto.»
Blaine
lo fissò senza capire, ma poi ricordò che non è
possibile innamorarsi senza cadere.
«Non
sarà facile. Là fuori il mondo non è pronto ad
accettare quelli come noi. Potrebbero... potrebbero...» disse
Blaine, aggrappandosi al corpo dell'altro come un cucciolo spaventato
dall'enormità delle proprie parole.
Kurt
gli baciò la fronte sussurrando: «Morire al tuo fianco
sarebbe la più paradisiaca delle morti.»
Benché
sapessero di essere destinati a cadere, si
innamorarono come falene attratte dalla luce.
Una
luce verde che non se ne sarebbe andata mai.
A/N
Questa
fic è stata causata dalla prolungata ed insana esposizione a
questa gif
della 4x14 (anche se in realtà non c'entra niente con quello
che è successo nella puntata, quindi non è neppure uno
spoiler).
Ovviamente
la fic è un colossale riferimento al Grande Gatsby con Kurt
come Jay Gatsby (perché, dico, l'avete visto nella 4x01?) e
Blaine come Nick Carraway (perché è un cupcake).
E'
indescrivibile l'amore che ho per questo libro. È
meraviglioso, è perfetto, è... wow.
Il
titolo invece è ispirato ad una canzone dei The Smith (There
is a light that never goes out) che mi fa piangere ogni volta che la
ascolto e che mi sembrava appropriata.
Dedico
questa one shot alla mia
migliore amica, che come me sa riconoscere la matrice di
omosessualità in Gatsby e Nick. Because you can't say “Gatsby”
without say “gay”. Se non ci fossi tu, quanto mi
annoierei?
Buona
4x14 a tutte!
yu_gin
my
tumblr
PS:
la long a cui sto lavorando procede nonostante gli esami. Forse per
la prima/seconda settimana di marzo (?) vedrà la luce.
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