Questioni di stress, olivi secolari e tonni. di Giallo4ver (/viewuser.php?uid=87543)
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s
- ADESSO BASTA!- aveva urlato la zia.- Mi avete stancata, tutti e
tre voi!- li aveva additati come Cicerone aveva additato Catilina in
Senato mentre gli sciorinava contro una marea di parole e frasi che,
già senza il tono accusatorio o l’appoggio dei Senatori,
avrebbero indotto l’accusato a lasciare la città in
lacrime, in preda alla disperazione ed al mal di testa.- Insomma, dico
io, non si capisce chi sia il più infantile ed insopportabile!-
aveva continuato, camminando nervosa per la stanza, furente come un
Catullo che veniva a sapere dell’ennesimo tradimento della sua
amata Clodia.- Non vi sopporto più, e che Giove mi fulmini se
non dico la verità!- aveva alzato l’indice verso il cielo
e li aveva guardati più trucemente di come Catone il Censore
guardava la cesta di fichi cartaginesi quel memorabile giorno in
Senato.- Sapete che vi dico?- aveva continuato a strillare, andando in
camera sua e raffazzonando la sua roba a caso, ammassandola in un
fagotto velocemente e ritornando poi dai tre uomini di casa Roma.- Io
me ne vado!- aveva sillabato, fissandoli uno ad uno.
I tre avevano sgranato gli occhi e si erano scambiati sguardi
preoccupati.
Tiberio aveva fatto per replicare, ma Clelia lo aveva zittito alzando
una mano imperativamente.
- Non una parola, cretino!- aveva ruggito, volgendo la testa stizzita
verso la porta.- Tra i tre, sei il caso più disperato!- poi
aveva camminato velocemente verso la porta e l’aveva aperta.- No,
non so se torno, quindi che non vi passi per la testa di venirmi a
cercare e di chiedermi scusa.- aveva proferito sdegnosa, proprio come
faceva Crasso, ai suoi tempi, quando qualcuno gli chiedeva in prestito
denaro e lui quasi ci moriva, d’indignazione.
- Va bene!- le urlò dietro Tiberio, arrabbiato.- Ce la caveremo
benissimo anche senza di te!- strepitò più forte che
poté, ma sua sorella si era già sbattuta violentemente la
porta alle spalle da un pezzo.
L’Urbs aveva passato i
seguenti cinque giorni a Veio, rintanata in una delle tante ville che
Voltumna possedeva e che, per forza di eventi, le aveva lasciato in
eredità, data la conquista romana dell’Etruria.
Lì aveva fatto sbollire la rabbia, sfogandola con i lavori
agricoli.
Era riuscita in tre giorni a demolire metà vigna e a rovinare il
raccolto di grano, facendo andar di matto i contadini che si prendevano
cura del terreno, ma lei di certo non poteva massacrare suo fratello di
botte, davanti ai suoi nipotini, poi!
Nei seguenti due giorni, aveva cercato di far rinsavire un olivo
secolare che le sembrava sotto tono, ma il risultato era stato che
l’albero era deceduto completamente nel giro di mezza giornata e
lei lo aveva tramutato in legna da falò, occupandosi
personalmente di abbatterlo a colpi di ascia, e proprio il povero
olivo, per il quale i contadini quasi rimasero in lutto per una
settimana intera, le consentì di liberarsi completamente degli
istinti omicidi e dallo stress accumulato in tutti quegli anni di
convivenza con Tiberio.
Era dunque tornata a Roma rilassata e tranquilla, pronta a riprendere
la routine quotidiana senza più andar di matto, con la sua
tipica pazienza, ma non era andata subito a casa, aveva gironzolato
tutto il giorno per la sua città, chiedendo ad alcuni cittadini
se, a parer loro, ci fosse stato qualcosa da migliorare nelle opere
pubbliche o nella gestione generale, era rientrata a casa solo a sera.
- Tiberio, Lovino, Feliciano!- aveva chiamato, chiudendosi
delicatamente la porta alle spalle.- Sono tornata!- continuò, ma
nessuno rispose.- Ragazzi…?- si guardò intorno, la casa
era pulita, salvo qualche foglio di pergamena con i disegnini di
Feliciano sparso in giro.
Fece il giro delle loro camere, ma le trovò vuote.
La sua attenzione fu attratta dalla porta semiaperta della sua stessa
stanza, l’aprì lentamente e capì dov’erano
finiti i tre: nel suo letto.
Feliciano dormiva accoccolato al fianco di suo nonno, mentre Lovino
aveva optato per una posizione di dominio e riposava spaparanzato sul
petto di Tiberio, il quale teneva delicatamente poggiata una mano sulla
testa del maggiore dei fratelli Vargas.
Romana si poggiò allo stipite della porta, incrociando le
braccia e sorridendo a metà tra il sarcasmo e la dolcezza, quei
tre, lei lo sapeva bene, non si sarebbero mai smentiti.
Si avvicinò a loro e li baciò tutti sulla fronte, poi
raccolse il lenzuolo che era caduto a terra e li ricoprì per
proteggerli da eventuali spifferi d’aria, si ritirò,
socchiuse la porta ed andò a dormire nella stanza di suo
fratello.
La mattina dopo, quando i due “legionari” ed il
“centurione” si erano svegliati, avevano trovato la tavola
già imbandita e la colazione già servita, e quando Clelia
era apparsa quasi magicamente nella stanza, i due piccoli Vargas
avevano fatto per correrle incontro esultanti, ma Tiberio li aveva
trattenuti.
- Uomini, contegno, bisogna dimostrare a questa donna che non è
indispensabile.- aveva asserito in tono convinto e serio, fissando la
sorella negli occhi.
Lei aveva sorriso furba, si era sistemata i capelli dietro le orecchie
e si era voltata.
- Allora io esco per un po’, visto che potete fare da soli, ho
delle cose da fare stamattina.- aveva detto, ma non aveva fatto in
tempo a muovere un passo che tutti e tre l'avevano assaltata.
I due fratellini le si erano ancorati alle gambe, attaccandovisi
come due scalatori Alpini, e suo fratello l’aveva agguantata
saldamente cingendole il bacino con le braccia e poggiando la fronte
contro una sua spalla.
- Non andartene mai più!- piagnucolarono in coro.
Lei sorrise divertita, sospirando.- Attaccare il nemico alle spalle non
è leale.- sentenziò ironicamente, fece per voltarsi e
tornare a fare colazione.- Guardate che resto qui, potete anche
staccarvi ora.- li avvertì, ma nessuno dei tre sembrava volersi
muovere.- Ragazzi…- continuò, cercando di camminare, con
suo fratello che le camminava dietro ed i bambini saldati ai suoi
polpacci.- Insomma, che vi prende ora?- sospirò esasperata.
- Waaaaaaa!- scoppiarono in lacrime i piccini.
- Ci sei mancata tanto! Non voglio che tu vada via! Mai più! Mai
più!- singhiozzò Romano, strusciando la testa contro le
sue vesti color verde smeraldo.
- Mai pù…tiste io…- balbettò tra le lacrime
Feliciano in quel suo mezzo latino da bimbo sdentato.- Anche nonno
sempe tiste…- aggiunse, tirando su col naso.
- Sì, anche il nonno è sempre triste se non
c’è la zia.- mugolò suo fratello, che ancora non si
era deciso ad alzare la testa dalla sua spalla.
- Va bene, va bene, ho capito…non vado via mai più,
d’accordo?- promise, sorridendo intenerita.
- Promesso?- tirò su col naso Lovino, guardandola dal basso.- Se
non me lo prometti, resterò attaccato alle tue gambe per tutta
la vita!- minacciò in tono convinto, al che Clelia
avvertì Tiberio ridacchiare.
- Sì Lovino, te lo giuro sull’Ara Pacis di Augusto.- mise
una mano sul cuore ed il bambino lasciò la presa, seguito a
ruota da suo fratello minore.- Bene, io e le due sanguisughe junior
abbiamo firmato un armistizio abbastanza favorevole per entrambe le
fazioni, rimane la sanguisuga senior…- fece seria Romana,
prendendo in giro il gemello.
I due Vargas risero divertiti.
- Mh, bene, come si potrebbe fare con lui?- fece finta di pensarci.-
Forse dovrei provare…con il solletico.- sogghignò
maligna, lei non soffriva il solletico, e suo fratello per antitesi
sì, per quanto potesse sembrare strano che il grande Impero
Romano soffrisse di una cosa tanto banale come il solletico.
- No!- Tiberio saltò in dietro di scatto.- Quello no!-
esclamò, alzando le mani in segno di resa.- Tutto ma non il
solletico.-
Feliciano rise cristallino e Clelia lo prese in braccio.- Il nonno
è tonto.- gli sillabò.
- Ton…no…tonno!- ripeté lui.
- Il nonno è un tonno!- associò subito Lovino, ridendo a
sua volta.
- Sì…sono un bellissimo e buonissimo tonno.-
scherzò lui, scompigliandogli i capelli e caricandoselo sulle
spalle.
- Dopo questa commedia terenziana mattutina, dite che possiamo
mangiare?- domandò retoricamente Clelia.
- Tìììì! Pappa!- esultò Feliciano,
alzando le braccia al cielo.
- Feliciano ci dà la sua benedizione, quindi sì,
mangiamo.- commentò Lovino, tamburellando con le mani sulla
testa di suo nonno.
- Il popolo si è espresso…- ridacchiò
l’Impero, poi andarono finalmente a fare colazione.
Angolo autrice:
Bene, salve!
Che dire? Non lo so, la solita roba random, suppongo.
Ogni tanto ritorno dal regno di Plutone con one short alla strabuzzo.
Spero che vi sia piaciuta almeno un pochino.
Ah, sì, per chi non avesse letto le one short random precedenti,
Voltumna Turm Tarquinio è l'incarnazione dell'Etruria,
ovviamente è un OC, mentre Clelia Romolo Romana è la
città di Roma, sorella gemella di Tiberio Remo Romano, ovvero
l'Impero Romano, in Hetalia detto "Nonno Roma", anche lei è un
OC.
Ecco, solo a titolo informativo.
Grazie per aver letto, e ricordate che "Il nonno è un tonno!" (?)
Alla prossima,
Giallo4ver.
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