Come sei veramente
Closer*
Questa storia si colloca, cronologicamente parlando,
il giorno successivo agli avvenimenti della mia precedente "Evening", che consiglio di leggere prima...
Eileen Magown vuole vederci chiaro.
Il giorno precedente, martedì, quello successivo al risveglio di Johnny, era
andato tutto bene.
Si era recata alla clinica per le
otto di mattina, come di solito, ma la sua mente stava già lavorando da quando,
alle sei e tre quarti, aveva fatto suonare la sveglia: quale programma di
esercizi stilare per il giovane?
Era la prima volta nella sua carriera che le capitava di dover
tentare di rimettere in piedi una persona che era stata in coma
profondo così a lungo, ma dalla sua aveva il fatto di avere tenuto Johnny in esercizio durante il coma, e di conoscere ogni centimetro del suo corpo - bè, quasi ogni centimetro, aveva considerato con imbarazzo, e poi si era schernita: Non è certo a questo che devi pensare, ora.
Ma il corpo insensibile e privo di reazioni di un comatoso è
profondamente diverso da quello della stessa persona fuori dal coma,
Eileen questo lo sapeva per esperienza.
Cos'era in grado di fare Johnny, da solo, con la forza dei propri muscoli, senza alcun aiuto esterno?
Aveva ripensato al giorno del risveglio, quando era andata a trovarlo dopo
avere appreso la notizia da Marie Michaud. Johnny si era rigirato nel letto,
si era tirato le coperte sulla testa, si era portato le mani al viso
quando era scoppiato in lacrime. Le braccia dovevano essere abbastanza
a posto, niente a che vedere con i pazienti che le erano talvolta
capitati, che non riuscivano nemmeno a sollevare un bicchiere vuoto.
Il lavoro più grosso, Eileen non ha dubbi, sarà da
fare sulle gambe. Johnny, grazie alle cure ricevute, non è mai
scivolato in quella che viene chiamata "posizione fetale", in cui
presto o tardi si ritrovano i corpi di chi resta in coma a lungo: i
muscoli si atrofizzano, i legamenti si accorciano, braccia e gambe si
ripiegano e la persona prende tutto l'aspetto di un feto nella pancia
della madre, e quando questo accade, è molto difficile che si riesca a restituire al paziente l'uso delle gambe.
Chissà se anche il cervello regredisce allo stato fetale, si è
spesso chiesta Eileen. Ma non può saperlo: non lo sanno nemmeno i
neurologi. E non è un suo problema.
Il problema ora sono le gambe di Johnny. Il giorno prima era riuscito a muoverle, segno che i muscoli erano in grado di
svolgere il loro lavoro, malgrado l'atrofia che avevano subíto nel
corso degli anni. Ma un conto era muovere le gambe da seduti o
sdraiati, un altro reggere su di esse tutto il peso del corpo. E non
era solo una questione di muscoli e legamenti: nell'incidente, il giovane si era fratturato le ossa di entrambe le
gambe in diversi
punti; in particolare, l'anca destra era stata danneggiata in modo
grave.
Quando le sue condizioni cerebrali si erano stabilizzate, Johnny era
stato sottoposto a un intervento chirurgico per ridurre le fratture e
rimettere le ossa al posto giusto - lo testimoniavano le tre cicatrici, una che gli partiva dal fianco destro per arrivargli fino a metà
della coscia, una piccola e sottile dietro al tendine d'Achille della stessa gamba, e l'ultima, che da sotto al ginocchio
sinistro gli arrivava fino a metà dello stinco. Per essere
ricollegato, l'osso femorale destro aveva inoltre avuto bisogno
dell'inserimento di una piccola protesi.
La testa di Eileen lavorava, lavorava. E così avrebbe dovuto
lavorare Johnny con le proprie gambe, lei ne era certa, per recuperare
il tono muscolare e l'elasticità necessaria a sostenere
l'ossatura danneggiata. Sarebbe stato faticoso e doloroso, ma Johnny non aveva alternativa, e lei non
avrebbe potuto fare altro che incoraggiarlo e sostenerlo. Come gli
aveva detto la prima volta che gli aveva parlato, fino a quel momento
era stata lei a fare tutto, sudando le proverbiali sette camicie, ma da
ora in poi sarebbe toccato a lui sudare, se avesse voluto uscire dalla
clinica sulle proprie gambe, anzichè su di una sedia a rotelle.
Quella mattina, l'aveva visitato e aveva trovato conferma alle proprie impressioni.
Le braccia erano praticamente a posto: un bell'aiuto, quando il giovane
avrebbe dovuto reggersi alle sbarre parallele o appoggiarsi al carrello
deambulatore. Ma soprattutto all'inizio, Eileen aveva intenzione di
fargli trascorrere molto tempo in piscina,
per
stimolare i muscoli delle gambe in assenza di peso, senza sollecitare
troppo le ossa. Johnny si era dichiarato entusiasta: gli piaceva stare
in acqua.
Eileen aveva impiegato tutta l'ora dalle due alle tre, quella dopo
pranzo, che normalmente utilizzava per controllare le cartelle dei suoi
pazienti, per stilare la tabella di esercizi di Johnny per la
prima settimana, con le adeguate
alternative, a seconda delle risposte del suo corpo. Avrebbe voluto
mostrargliela, ma Johnny era stato
impegnato con Sam Weizak per tutto il pomeriggio, e alle cinque, al
termine dell'orario di lavoro di Eileen, i due erano ancora chiusi
nell'ambulatorio con Mike Lewis, uno dei tecnici che controllavano gli
apparecchi mentre i medici leggevano il tracciato che ne usciva.
Eileen doveva ancora fare la spesa, il suo frigorifero e la sua dispensa erano quasi
completamente vuoti, fatta eccezione per un cartone di
latte ancora da aprire, una scatola quasi vuota di All-Bran, una
bottiglia di Jack Daniels e due Guinness, qualche carota e un paio di
mele, e una confezione da tre di tonno sott'olio. Avrebbe
dovuto inoltre fermarsi
in lavanderia a ritirare il tubino rosso, già pronto da almeno
una settimana, che aveva indossato al matrimonio di una delle colleghe
terapiste quindici giorni prima. Johnny avrebbe aspettato il giorno
successivo per vedere la
propria tabella di allenamento, avrebbe avuto tutta la mattina per
digerirla, e al pomeriggio avrebbero iniziato con un tuffo in
piscina. Non aveva detto che gli piaceva l'acqua?
Ma questa mattina, mercoledì, nello spogliatoio, mentre Eileen
indossava le scarpe
da ginnastica e una delle magliette striminzite che usava come
divisa, unite a dei pantaloni sportivi extralarge, la
collega terapista
Lucy Collins
le aveva raccontato la strana storia accaduta il giorno precedente
durante l'EEG di Johnny, che Mike Lewis aveva provveduto a divulgare.
"Ormai, nella clinica non si parla d'altro", aveva terminato Lucy. Poi,
riferendosi a Johnny: "Tu gli hai parlato diverse volte, ormai... ti
è mai sembrato strano?"
Eileen aveva scosso il capo, pensierosa. Johnny le era sembrato tutto tranne che strano. E
doveva confessare che stava davvero iniziando a piacerle - le era
piaciuto fin da subito, a dire la verità. Era un bel ragazzo,
ma non solo questo la solleticava: era anche simpatico, aveva
la battuta pronta e un umorismo sottile e mai volgare, malgrado il
tormento che doveva avere nell'animo: gli anni persi, la madre morta, e
l'ex fidanzata...
Eileen doveva ammettere con sè stessa che quello era il problema che l'assillava,
al secondo posto dopo la terapia di Johnny: Sarah Bracknell, ventisette
anni, ex insegnante di matematica, nonchè ex collega ed ex
fidanzata di Johnny, diventata Sarah Hazlett dall'ottobre 1971, e a
quanto Eileen ne sapeva, madre di un bambino di un anno.
Per il resto del mondo erano trascorsi quasi cinque anni, ma per Johnny
Smith, dal giorno dell'incidente, era come se fosse trascorsa una notte. E naturalmente era ancora innamorato della donna che
l'aveva lasciato, comatoso, per uno studente di legge di due anni
più vecchio, ora brillante avvocato.
Eileen si sentiva attratta da Johnny, non aveva dubbi in
proposito. Ma era altrettanto certa che non avrebbe mai accettato
il ruolo di
sostituta, e se e quando Johnny avesse mostrato interesse nei suoi
confronti, questo avrebbe dovuto essere chiaro per entrambi: in particolare,
lei stessa avrebbe dovuto imprimerselo nella mente e nel cuore
come il bracciale etnico che si era fatta tatuare al braccio
destro, un altro dei suoi colpi di testa post-Bobby, oltre alla
rasatura dei capelli.
Sarah è Sarah, io sono io. E non accetterò mai, non devo
e non voglio accettare, di essere una sostituta o un rimpiazzo.
Aveva risposto a Lucy che no, Johnny con lei non si era mai comportato in
modo strano, nè aveva parlato in maniera bizzarra (era stato un
insegnante di letteratura e, a volte, usava un
linguaggio colto e forbito che, unito al tono cattedratico e al gesticolare, l'aveva divertita: ma questo non significava
parlare in modo bizzarro): le
era sembrato una persona perfettamente normale, senza il minimo segno
squilibrio o di handicap mentale dovuto al coma.
Ma voleva vederci chiaro. E dopo essersi cambiata, sta ora camminando
a passo svelto verso la stanza di Johnny per chiedergli spiegazioni.
E' davvero una strana storia. Strana e spaventosa. Trance, parole
incomprensibili, occhi vuoti e gelidi, voce alterata, ninnannana in
lingua straniera - ma questo non significa nulla: forse Johnny conosce una lingua sconosciuta a Mike.
La cosa più inquietante è che Johnny aveva detto che la
madre di Sam Weizak sarebbe stata ancora viva, e non deceduta
durante la Seconda Guerra Mondiale, come tutti sapevano.
Secondo il racconto di Mike, il dottor Weizak era rimasto oltremodo
sconvolto dall'accaduto, e quando Johnny era riemerso da
quella specie di trance, aveva fatto uscire il tecnico per restare solo
con il paziente: Mike quindi non sapeva cosa i due si erano detti in seguito, e
Sam Weizak non ne aveva proferito parola con nessuno.
Nessuno del
resto osava domandargli alcunchè: Sam era una persona simpatica
e cordiale, ma era anche il direttore. Non gli si potevano
chiedere spiegazioni di quel genere, spiegazioni riguardanti il suo doloroso passato.
Eileen non chiederebbe spiegazioni a Sam Weizak neanche se fosse un
comune inserviente, neanche se fosse un collega che conosce bene:
ognuno ha un proprio passato, che ha il diritto di tenere nascosto, se
così desidera.
Ma deve chiedere a Johnny
cos'è successo: e questo perchè lui le interessa. Deve
capire cos'è successo, capire - perchè è questo
che teme - se, come e fino a che punto la sua mente è stata
danneggiata dal'incidente, o dal coma. Se soffre di blackouts, di convulsioni, di
qualche altro genere di handicap.
Deve saperlo, prima che la cosa le sfugga di mano, prima di innamorarsi di un disabile.
Come se fosse facile dominare i sentimenti, pensa, attraversando il corridoio.
Ecco la camera 319.
Non è facile dominare i sentimenti, non lo è per niente.
Ma talvolta bisogna prendere decisioni, anche dolorose, anche
difficili: e conoscere la verità, può aiutare a prendere
la decisione giusta. Eileen non esclude nulla, per il momento non è in
grado di prendere decisioni definitive: tutto per lei è ancora come una pagina
bianca e vuota. Se Johnny fosse mentalmente compromesso... e se lo fosse, in che modo... e fino a che punto...
Lei forse potrebbe innamorarsene lo stesso... ma potrebbe una storia del genere avere un futuro?
Tutto sarebbe dipeso da in che modo, e fino a che punto lui fosse stato mentalmente compromesso...
E non era comunque detto che lo fosse.
Eileen, indecisa e pensierosa davanti alla porta della 319, proprio
come due giorni prima, si rende finalmente conto di essere nel regno
dell'assurdo: queste seghe
mentali, perchè è di questo che si tratta, le
stanno solo sottraendo tempo ed energia.
Non è ancora innamorata di Johnny, in ogni caso.
Apre la porta, che è socchiusa, ed entra nella
stanza, per trovare il giovane addormentato. Niente di strano, fin qui:
non sono nemmeno le otto di mattina.
"No..." bisbiglia lui all'improvviso. Lei si avvicina e si accorge che è in
preda a un brutto incubo, ha l'espressione sofferente e le lacrime
gli rigano le guance, le mani stringono nervose la coperta.
"No..." mormora di nuovo lui, alzando a poco a poco la voce. "No, ti prego, ti ho detto no..."
Eileen si china su di lui e gli scuote dolcemente una spalla: "Johnny... coraggio, svegliati, Johnny..."
Poi, succede tutto in un attimo. Viene percorsa da una lieve scossa
elettrica e sta per staccare d'istinto la mano, ma lui le prende un polso, si porta la sua mano
sul petto e la stringe fra le proprie. Ha gli occhi aperti, vuoti e distanti, ma così tristi...
"Cosa..." Eileen è spaventata ora, ma non riesce a togliere la
mano che Johnny tiene fra le sue, sebbene lui non la stia trattenendo
con forza.
"Anche tu sei tanto sola", mormora lui. "Posso sentire la tua sofferenza... come un
macigno, qui sul cuore..."
Eileen trova la forza di togliere la propria mano da quelle di lui e lo
afferra per entrambe le spalle, scrollandolo di nuovo, questa volta con
maggiore energia: "Johnny,
svegliati... torna in te!"
Lui batte le palpebre, si porta una mano alla testa, e riapre gli
occhi. La guarda, perplesso, ma se non altro la sua espressione è
tornata normale: "Eileen..."
Lei sente che le gambe le stanno tremando, ha bisogno di sedersi e si
lascia cadere accanto a lui, sul letto. Gli sorride, incerta, cercando
di nascondergli la propria inquietudine, e dice la prima cosa che le
viene in mente: "Brutto sogno, eh?"
"Ho detto qualcosa?" lui sembra preoccupato.
"Sì", ansima lei. "Mi hai fatto prendere un colpo."
"Scusami, io..." Johnny esita un attimo, come se cercasse le parole.
Quello che gli esce, tuttavia, non è nulla su
cui si debba riflettere, a meno che non si stia cercando una scusa per
nascondere una verità sgradita: "Spesso parlo nel sonno..."
"Pessima abitudine", commenta Eileen. "Io ho creduto che tu stessi parlando di me...
non è che ti è successo qualcosa del genere ieri
durante l'EEG, vero?"
"Prego?"
"Ieri pomeriggio, con il dottor Weizak e Mike Lewis. Non dirmi che non ti ricordi. Ne parla tutta la clinica."
"Io..." lui esita nuovamente.
"Mike ha detto a tutti che sei caduto in trance", inizia a spiegare
lei, parlando in fretta, tempestandolo di parole, "e avresti detto a
Sam
Weizak che sua madre è ancora viva, e abita in Svizzera,
a Montreaux. Poi ti sei messo a cantare una canzone in lingua
straniera, con voce
femminile. A Mike è venuto un colpo, come a me adesso, e pare
che a Sam
Weizak sia venuto un mezzo infarto."
"Bè..."
"Ti eri addormentato durante l'esame, per caso, o cos'altro ti è successo?"
"Io..."
L'atteggiamento evasivo di Johnny sta a dir poco indisponendo Eileen, che sbotta: "Allora? Hai perso la lingua?"
"Ehi, con calma", ribatte lui, seccato. "Chi ti da il diritto di venire qui, svegliarmi mentre sto
dormendo e aggredirmi in questo modo? E se io non avessi voglia di parlare di quello che è successo ieri?"
"Guarda che io sono solo preoccupata", risponde lei di rimando. "Sembra che tu abbia avuto qualcosa di estremamente strano,
e volevo chiederti come stavi. E se ti ho svegliato, è
perchè piangevi e ti lamentavi nel sonno, altrimenti ti avrei
lasciato stare e sarei tornata più tardi."
Come per avere conferma delle parole di Eileen, Johnny si tocca le
guance, che sono ancora umide per le lacrime, poi si asciuga gli occhi
con la punta delle dita. "Oddio... è la seconda volta che mi vedi piangere nel
giro di due giorni", si schermisce, imbarazzato, abbassando il tono.
"Chissà cosa pensi di me."
"Penso solo che tu debba essere molto triste", dice lei, a sua volta
addolcendo la voce. "Ma che devi essere altrettanto forte, per riuscire
a sopportare quello che ti è successo. Io al tuo posto darei di matto."
"Tu pensi che io sia pazzo?"
"Che razza di domanda è questa?"
"Tu temi che io non sia completamente sano di mente, che l'incidente o
il coma mi abbiano...", inizia lui, ma Eileen lo interrompe con
veemenza: "No, ma che dici?"
"Però sei venuta a chiedermi cos'è successo ieri pomeriggio..."
"Bè, sì... ma hai tutto il diritto di non parlarmene, se non vuoi farlo."
Johnny si guarda le mani, pensoso, come se stesse vagliando la
decisione, e lei lo previene: "Non ti preoccupare, non è
importante. Dal momento che devi chiederti se hai voglia di parlarmene
o meno, credo sia meglio che tu non me ne parli adesso. Me lo dirai
se e quando te la sentirai spontaneamente."
Lui le scocca un'occhiata dubbiosa.
"Forse ho fatto un pò di casino", Eileen si stringe nelle
spalle. Accidenti, quando la guarda con quell'espressione, con quegli
occhi grandi e chiari, non può evitare di impappinarsi.
"Quello che voglio dire è che... sono preoccupata. Volevo
accertarmi che tu non avessi avuto... che so, un attacco epilettico, o
peggio..."
"Se ti può rassicurare, non si è trattato di niente del
genere", risponde lui. "Anche se non so esattamente cosa sia successo.
Secondo Sam, una piccola porzione del mio cervello è
andata distrutta a causa dell'incidente, ma dice che deve farmi altri
esami, per capire l'entità del danno, e quali problemi
può provocarmi. Di sicuro, per un pò dovrò tenermi
degli attacchi di emicrania... forse, per tutta la vita."
"Mi dispiace", fa lei, accorgendosi troppo tardi di quanto la sua uscita suoni di circostanza.
Johnny alza le spalle con noncuranza: "Non ti preoccupare."
Sono le otto del mattino, il caldo sole di agosto filtra dalle tende tirate.
Dalle otto alle nove Eileen ha un'ora libera, perchè il signor Carlyle,
a cui era solita dedicare quest'ora, è stato dimesso il giorno
prima, con l'impegno di tornare due volta alla settimana per gli
esercizi di mantenimento. Aveva pensato di rivedere le cartelle degli altri pazienti, cosa che non aveva fatto
il giorno precedente per dedicarsi alla nuova tabella di esercizi per Johnny
Smith, ma le viene un'idea migliore.
Eileen sta spingendo la sedia a rotelle sulla quale è seduto
Johnny, in pigiama e vestaglia e con una coperta sulle gambe.
Quando lei gli
aveva proposto una passeggiata nel giardino, l'espressione di
felicità sul viso di lui le aveva fatto dimenticare qualsiasi
preoccupazione.
"Ma i tuoi pazienti non ti stanno aspettando?" aveva poi domandato lui, incerto, con una punta di delusione nella voce.
"Anche tu sei un mio paziente", gli aveva ricordato Eileen. "Non
preoccuparti: oggi, fino alle nove, sono libera. Se ne hai voglia,
posso accompagnarti senza problemi."
Il giardino della St. Francis è grande, risplendente
di fiori e
piante di diverso tipo, anche rari, e l'aria è invasa dal
profumo delle
rose, dei giacinti e delle viole che decorano le aiuole, e dei
gelsomini che formano la siepe
che
circonda l'intero parco. Johnny non parla molto: osserva piuttosto le
piante e i fiori colorati che adornano il parco, e quando il sole
filtra attraverso i cipressi e gli abeti e i tigli e i salici che costeggiano
il sentiero lastricato che stanno percorrendo, chiude gli occhi e alza
la testa verso i raggi luminosi, come se potesse assorbirne l'energia,
proprio come un gatto al primo sole di primavera.
"Sei stanco?" domanda Eileen a un certo punto. Ormai è mezz'ora
che passeggiano; per certi versi, Johnny è davvero come un
neonato, anche se per sua fortuna non è mai scivolato nella
posizione fetale, e non vuole rischiare di stancarlo.
"Vuoi tornare dentro?"
"No, se non ti dispiace... e se hai ancora tempo, s'intende."
Eileen guarda l'orologio, il regalo che si era fatta per festeggiare il primo anniversario della sua assunzione
alla St. Francis. "Non preoccuparti, sono solo le otto e mezzo."
Johnny tace un attimo, pensieroso. Poi gira la testa verso di lei e le
domanda, con quel sorriso dolce e ironico che lei sta iniziando
a conoscere: "Ma perchè fai tutto questo per me? Perchè sono un caso raro nel panorama medico? O forse
perchè ti faccio un pò pena?"
Colta di sorpresa, lei ribatte, con
disappunto: "Finiscila, John Smith, o invece di una sguazzata in piscina, oggi pomeriggio ti metto a fare flessioni."
"Non mi dire che scarrozzi tutti i tuoi pazienti per il girardino", insiste lui.
Eileen non ha voglia di parlare a Johnny di quello che sta
iniziando a sentire per lui, non lo trova proprio il caso. Per prima
cosa, lui è
innamorato di un'altra donna... e in secondo luogo, nemmeno lei stessa è
sicura dei propri sentimenti. Per il momento, si tratta di
un'infatuazione, un'attrazione, una cottarella, per un bel ragazzo, simpatico e dolce, ma comunque un
suo paziente, un ammalato, un uomo che ha avuto un gravissimo incidente ed è stato in coma per tanto, tantissimo
tempo, e forse è rimasto disabile, forse mentalmente danneggiato, chi lo sa.
E lui è innamorato di un'altra donna, maledizione.
Ed io non voglio, non voglio, non voglio ritrovarmi a fare la parte della sostituta.
Le possibilità sono infinite. Solo
il tempo deciderà se e quando potrà succedere
qualcosa fra di loro.
Ma il punto cruciale in fondo è uno solo, Eileen ne
ha improvvisamente la consapevolezza, come un click nella testa:
perchè mai si sta invaghendo di un uomo così
problematico, di un paziente con possibili problemi fisici e mentali,
per giunta innamorato di un'altra?
Perchè è umana, è la semplice risposta. Non
è un robot, e ha bisogno di qualcuno da amare, ha bisogno di
sentirsi amata, e dannazione, non ha fatto altro che lavorare, da quando è arrivata negli Stati Uniti: il
suo mondo non è stato altro che questo, pazienti, colleghi
terapisti e infermieri, e medici: non frequentando nessun altro tipo di
ambiente, come avrebbe potuto invaghirsi di qualcun altro?
Sì, ma allora perchè non un
medico, per esempio? Un uomo sentimentalmente libero, con uno
stipendio almeno doppio del suo, sano di corpo e di mente?
Il fatto è che Johnny è... no, non è questione di
aspetto fisico nè di simpatia. Trova attraente Johnny Smith
principalmente perchè si sente in sintonia con lui.
Anche lui è solo.
Come le aveva detto poco prima, stringendole la mano fra le proprie,
grandi e lisce? "Anche tu sei tanto sola... Posso sentire la tua sofferenza... come un
macigno, qui sul cuore..."
Erano entrambi soli.
A volte la sera, quando arrivava a casa dal lavoro, stanca morta, dopo
avere fatto una doccia, indossato un paio di slip e una maglietta da
uomo di tre taglie più grande, riempito le ciotole dei suoi
quattro gatti e mangiato un pasto frettoloso, si versava un bicchiere
di whisky e si metteva alla finestra, con Minou o Belfry ronronanti fra le
braccia, e pensava che il macigno che
sentiva sul cuore stava diventando ogni giorno più pesante. Aveva
venticinque anni e si stava stordendo di lavoro, continuamente di
corsa, per non pensare al passato nè al futuro.
Ma cosa sarebbe stato di lei quando avesse avuto cinquant'anni?
In quelle sere, Eileen buttava giù il Jack Daniels che aveva nel
bicchiere e se ne versava un altro.
Ma prima o poi, era certa che avrebbe dovuto pensare a cosa fare della propria vita, a parte lavorare.
Come ogni volta in cui fare i conti con la realtà le risulta
impossibile, Eileen si rifugia nell'assurdo e scherza: "Assolutamente
no. Scarrozzo per il giardino solo i pazienti che mi stanno
simpatici. Ma se non la pianti di fare il
sarcastico, ti scarico qui e ti faccio tornare strisciando."
Johnny allora ride, una risata spontanea, cristallina, contagiosa: "Per fortuna che ti sto simpatico!"
Eileen ride a sua volta: "Dovresti vedere cosa faccio a quelli che non sopporto..."
Credits:
*”Closer” è una canzone dei Corrs.
Disclaimer: I
personaggi di Eileen Magown, Johnny Smith, Marie Michaud, Samuel Weizak e Sarah Bracknell-Hazlett appartengono a
Stephen King.
Se qualcuno
riconoscesse nella mia storia idee che ritiene di sua proprietà,
mi creda se gli dico che non l’ho fatto apposta, e spero non si
offenda.
Infine, preciso che questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
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