Nuova luce negli
occhi.
(Ad Elisa: buon compleanno tesoro, e
grazie di sostenermi sempre)
Quando
Elena ha raccontato a sua madre della futura nascita di Michelle e di
come biologicamente sia figlia di Michael, non si sarebbe mai
aspettata che quella notizia avrebbe dato nuova luce agli occhi di
sua madre.
Non
che inizialmente la donna non ne sia rimasta stupita o destabilizzata
ma, a conti fatti, ha reagito alla cosa con molta più
tranquillità di Elena stessa, che invece ci ha messo un po' a
metabolizzare tutto.
–
Anche
se non sarebbe stato Michael ad occuparsene, sarebbe rimasta sua
figlia, non si sarebbe preso una responsabilità simile
accettando di mettere al mondo un bambino lavandosene poi
completamente le mani. – ha sentenziato la donna, alla fine del
racconto di Elena.
Paradossalmente è
stata lei a spiegarle che, da qualsiasi prospettiva avessero potuto
guardare le cose, alla fine il risultato sarebbe stato sempre quello,
una bimba da amare e della quale prendersi cura, anche per conto di
Michael stesso.
Ad Elena la donna fa
tenerezza, è chiaro che cerca un modo qualsiasi per distrarsi
dal pensiero di aver perso Michael, un pensiero che non l'ha mai
abbandonata un istante, nonostante abbia sempre cercato di mostrarsi
forte e in grado di superare quel dolore.
La ammira per il
modo in cui ha cercato di rimettere insieme i cocci della loro
famiglia andata a pezzi dopo la morte di Michael. Forse, se non ci
fosse stata lei, suo padre non avrebbe mai smesso di colpevolizzarsi
per aver aiutato il figlio a comprare quella moto che desiderava da
tanto, ed Elena stessa non sarebbe riuscita a trovare la forza di
riprendere la sua vita e forse nemmeno avrebbe avuto l'occasione di
scoprire e rintracciare Andy.
Il
modo in cui la donna sta affrontando la perdita di Michael la
sorprende ogni giorno di più. Sa benissimo che nessuno
reagisce in modo uguale di fronte al dolore, ma vederla così
forte era una cosa che proprio non si aspettava.
Non
l'ha vista piangere quasi mai e anzi, quando è capitato a lei
di sentirsi particolarmente triste e di lasciarsi andare, è
sempre stata pronta a consolarla, nonostante anche i suoi occhi
diventassero lucidi ed Elena potesse chiaramente indovinare quanto
profonda fosse la ferita infertale da quella disgrazia. A volte le è
capitato di trovarla a fissare con lo sguardo perso nel vuoto un
punto indefinito della stanza in cui si trovavano, ma non l'ha mai
sentita esternare il suo dolore in maniera plateale.
Negli
ultimi giorni non hanno fatto altro che guardare e riguardare il cd
con le foto e i video che le ha regalato Andy, commentandole insieme
e raccontandosi a vicenda qualche frammento di Michael, stupendosi
ogni volta di più di come sia possibile avere la possibilità
di ascoltare ancora la sua voce nonostante lui non sia più
fisicamente con loro.
Una
foto, fra tutte le altre, l'ha emozionata particolarmente: ci sono
lui ed Allie che ridono, e la mano del giovane è poggiata
distrattamente sulla pancia dell'amica, come se volesse proteggerla.
Elena immagina che lui stesse per baciarla scherzosamente su una
guancia, visto che lei sembra ritrarsi e quando scopre che la data
dello scatto risale a qualche settimana prima della morte del
fratello, quasi ha voglia di piangere.
Quel
dettaglio non è solo una minuzia qualunque, Michael
sapeva sicuramente che Allie è incinta, e in qualche modo voleva
proteggerla, anche se si trattava solo
di una fotografia.
All'improvviso ha voglia di sapere come sta Allie. Più che un
desiderio un bisogno, la necessità di stabilire un altro
contatto che la aiuti a non perdere di vista il mondo in cui viveva
Michael.
Quando
lo chiede ad Andy, la prima volta che riesce a chattare con lui, la
risposta la fa sobbalzare.
Sta
bene, tranquilla, io e Bea ci prendiamo cura di lei. Ma perché
non le telefoni e non le chiedi di persona come sta?
A
quell'eventualità Elena non ha mai pensato. O forse sì,
solo che le sembrava una cosa così improbabile da non averla
mai presa in considerazione, nonostante sia dell'opinione che Allie
sia un tipo molto più estroverso di Andy, del quale è
stato difficile guadagnarsi la fiducia.
Forse
quando, in preda all'emozione di aver ascoltato per sbaglio i
messaggi sulla segreteria di Michael, si è imbattuta in Andy
si è trattato di un fatto fortuito e irrazionale, che le ha
permesso di non chiedersi neanche per una volta come avrebbe potuto
rispondere quello sconosciuto ad una chiamata improvvisa.
Con
Allie, adesso, è tutto programmato, in un certo senso
L'ansia
che la coglie appena il telefono inizia a squillare è pari più
o meno a quella provata quando ha telefonato ad Andy la prima volta
dopo essere tornata a casa, quando già un po' lo conosceva e
sapeva con chi aveva a che fare. Non può fare a meno di
sentirsi un'estranea, qualcuno che a forza pretende il diritto di
entrare nelle vite di qualcuno solo perché un fratello che
adesso non c'è più ne faceva parte.
Solo
la voce della ragazza, serena e rassicurante, riesce a sciogliere
ogni tensione e a tranquillizzarla, ed è in quel momento che
Elena è sicura di aver fatto la cosa giusta telefonandole. La
donna si dimostra subito molto cordiale e le parla come se la
conoscesse da sempre, abbattendo da subito quel muro di diffidenza
che Elena pensava le avrebbe divise.
–
Mamma
dice che si ricorda di te, sai? – dice la ragazza ad un certo
punto.
–
Certo
che deve ricordarsi di me, passavo giornate intere a casa vostra... –
la replica di Allie, immediata, è allegra, come se stesse
pensando a qualcosa di bello. – Tua mamma fa ancora quelle
crostate deliziose? Michael diceva che era l'unico modo per
convincermi a passare il pomeriggio con lui.
–
Sì,
le fa ancora. – conferma Elena, cercando di immaginare Allie e
Michael insieme, i volti e i gesti da adolescenti, le mille
chiacchiere fatte insieme, un'amicizia consolidatasi nel corso degli
anni fino al punto di progettare un figlio.
–
Senti,
io... le ho raccontato di Michelle, spero non ti dia fastidio... –
azzarda Elena, incerta, dopo un attimo di silenzio.
–
No,
tranquilla, hai fatto bene... Era... Era suo diritto saperlo, anche
Michael gliel'avrebbe detto, ne sono sicura.
E poi, non ti ricordi? Ti avevo chiesto io se per te e la tua
famiglia andava bene il fatto che chiameremo così la bimba.
–
Sai,
non me lo aspettavo, ma lei è... ne è contenta, in un
certo senso. Pensi che sarà un problema per te e Bea fargliela
conoscere?
Un
attimo di silenzio, che Elena interpreta come un'esitazione.
D'improvviso
si rende conto che forse si è spinta troppo oltre: se è
vero che Michael avrebbe comunque avuto libero accesso alla vita di
Michelle, sarebbe stato comunque affare suo,
anche se avesse informato lei e i suoi genitori dell'intera storia. Loro, però, non possono pretendere di avere
gli stessi diritti o comunque di intromettersi nella vita di due
ragazze che non conoscono.
–
Ehi...
Allie?
Forse preferirebbe
che la linea cadesse, in modo da non avere risposta a quella domanda,
o perlomeno per avere il tempo di prepararsi a riceverla. Si rende
conto di essere diventata molto più ansiosa di com'era prima
che Michael morisse, sospesa fra la paura di dire o fare qualcosa e
l'impulsività di farla e poi pentirsene. È una
sensazione fastidiosa, che non riesce a scacciare nemmeno ripetendosi
più volte che Allie non ha certo intenzione di mangiarla, una
sensazione che ha già provato quando ha avuto a che fare con
Andy le prime volte che ha parlato con lui.
–
Sì,
Elena, scusami, ci sono. Comunque non penso ci siano problemi per
questo. Quello che conta è che Michelle sia felice, no?
–
Certo!
– risponde Elena, felice di non essere stata respinta.
–
Di'
ciao a tua madre da parte mia. – Allie sembra esitare nel fare
questa richiesta, quando alla fine stanno per salutarsi.
–
Certo,
lo farò! E tu salutami Bea, mi raccomando!
Si congeda da lei
con la promessa di un'altra telefonata, di un altro filo rosso che
possa legarle un po' di più. In fondo, pensa Elena, non è
stato difficile. Difficile è superare l'imbarazzo di sentirsi
di troppo, ma poi le parole sono venute da sole, scivolate con una
facilità che nemmeno immaginava.
Per la prima volta
dopo mesi, si chiede se con Michael sarebbe stato altrettanto facile
parlare. Immagina per un attimo come sarebbero andate le cose se
avesse scoperto quell'agendina o quelle chiamate in segreteria con
Michael ancora vivo, come sarebbe stato guardarlo negli occhi e
chiedergli una spiegazione.
O ascoltare la sua
voce che – di spontanea volontà, così come aveva
intenzione di fare – raccontava di come si fosse innamorato di
quel suo coinquilino un po' taciturno, scoprire come erano andate le
cose dal suo punto di vista e vedere anche i suoi occhi illuminarsi
pronunciando il nome di Andy. E scoprire il modo in cui la sua voce
fosse suonata nel conferirgli la giusta identità, non
solo quella di amico, ma quella di persona amata.
Di questi desideri
irrealizzabili, Elena ne ha formulati a migliaia, negli ultimi mesi,
e sa che ancora e ancora continuerà a farlo, specialmente nei
momenti in cui meno se lo aspetterà, quando magari starà
pensando ad altro e il nome di Michael apparirà nei suoi
pensieri perché in realtà non sarà mai stato
sepolto del tutto.
E lo stesso faranno
sua madre, suo padre, Andy e tutte le persone che erano abituate alla
presenza di Michael nella loro vita: la sua assenza, lo spazio vuoto
che ha lasciato, resterà incolmabile e vuoto, e guardare il
mondo senza di lui sarà sempre un colpo al cuore, una ferita
che il tempo, forse solo col suo scorrere inesorabile, riuscirà
solamente a lenire, ma mai a cancellare del tutto.
***
Quando
legge la notifica della mail del professor Connor, Andy resta per un
attimo senza fiato.
Gli
ha mandato il lavoro di tesi completo solo quattro giorni prima e non
riesce a credere che l'uomo abbia già avuto il tempo di
leggerlo. Poi, prima di cliccare per aprire il messaggio, viene colto
dal timore che magari Connor voglia comunicargli che gli è bastato
leggere solo poche righe per rendersi conto che il lavoro è tutto
da rifare e che quindi dovrà rifare tutto di nuovo e
rimandare la laurea.
Sono
poche parole quelle che gli appaiono davanti agli occhi, semplici e
concise:
Ho
letto il suo lavoro, venga pure nel mio studio domani
così potremo parlare delle minime modifiche che dovrà
apportare.
James
Connor.
Chiude
gli occhi e scuote la testa all'indietro, sospirando: quella conferma
è come essersi tolto un grosso peso dal cuore, è la
consapevolezza di essere riuscito a fare qualcosa di buono nonostante
tutto quello che ha passato.
Gli
sembra quasi di sentire la voce di Michael, la sua risata e un Te
l'avevo detto che ti preoccupavi per nulla
mormorato a fior di labbra, prima di regalargli un bacio. E ha voglia
improvvisamente di piangere per scaricare tutta la tensione
accumulata, tanto che qualche lacrima riesce a scorrergli per le
guance senza che lui possa fermarla.
Insieme
a Michael, Andy ha immaginato centinaia di volte come sarebbe stato
il giorno in cui avrebbe avuto la certezza di potersi laureare,
giorno che, secondo Michael, sarebbe stato persino più bello
di quello della laurea in sé, visto che per lui era stato
così.
Michael
gli aveva promesso che avrebbero festeggiato insieme quel traguardo e
gli era era stato vicino quando aveva iniziato la tesi, leggendo
persino un primo abbozzo di lavoro, pur non capendoci praticamente
nulla.
Invece
adesso, alla fine, Andy ha ricevuto l'aiuto dell'ultima persona al
mondo a cui avrebbe immaginato di ottenerlo.
Suo
padre.
L'uomo
infatti, forse nel tentativo di ricucire un rapporto con lui, gli ha
chiesto di poter leggere il suo lavoro ed Andy, nonostante all'inizio
credesse che sarebbe stata la solita scusa per farlo sentire
inferiore e fosse quindi titubante, ha accettato, rimanendo poi di stucco
nel ricevere i suoi complimenti.
Gli
sembra di aver raggiunto una piccola vittoria personale, di aver
dimostrato a se stesso di farcela da solo, di aver raggiunto qualcosa
che temeva di non meritare e di doversi conquistare mostrando a
chiunque di essere all'altezza.
Mentre
cerca nell'armadio dei vestiti per il giorno dopo, gli capita fra le
mani una delle poche cose che considera un vero e proprio
portafortuna, ovvero il camice da medico che Michael gli ha regalato
quando ha compiuto ventiquattro anni.
Sarebbe
un camice come tanti altri, se non fosse pieno di disegni colorati,
che Michael aveva realizzato facendosi aiutare dai bambini del
reparto dove faceva volontariato, ed Andy, pur sapendo che con tutta
probabilità non potrà indossarlo, dovendo preferire un
camice più istituzionale, lo custodisce come un tesoro
prezioso.
Quel
camice è il simbolo della fiducia che Michael aveva in lui e,
col passare del tempo, Andy ha imparato a portarlo sempre con sé,
nascosto magari in fondo alla borsa, quando aveva qualche esame
importante, in modo che potesse portargli fortuna, nonostante di
fondo non sia un tipo superstizioso.
Proprio
per questo, ancora una volta, decide di riporlo ancora una volta
dentro una tasca nascosta della sua tracolla, come se in quel modo ci
fosse una parte di Michael a seguirlo anche al termine del suo
percorso di studi.
È un altro pezzo della sua storia con Michael,
quell'indumento, legato ad un
altro frammento della loro vita insieme. Toccarne il tessuto,
sentirne la consistenza fra i polpastrelli, lo fa tornare indietro a
quel giorno di metà aprile di un anno e mezzo prima, quando
Michael lo aveva svegliato di prima mattina, prima di uscire per
andare a lavorare, per augurargli buon compleanno.
La
risposta di Andy a quel saluto era stato un borbottio
incomprensibile, accompagnato dalla volontà di rigirarsi
dall'altra parte per rimettersi a dormire.
–
Andy, sono le otto e
mezza, hai lezione alle dieci, te ne sei scordato? – gli aveva
mormorato Michael ad un orecchio, distendendosi poi accanto a lui e
accarezzandogli la fronte. – E... buon compleanno, amore. –
aveva concluso con la voce che si addolciva sulle ultime due parole.
–
Mh, sì.
Adesso mi alzo. – aveva aperto gli occhi e aveva incontrato
quelli del compagno, che gli aveva sorriso. – E comunque avevo
intenzione di dormire un po' di più, stamattina, mi hai
svegliato e ti odierò per sempre. – si era lamentato
poi, stropicciandosi gli occhi.
–
Impossibile, non
potresti mai odiarmi.
– replicò Michael con un sorriso malizioso. – E
comunque potresti anche ringraziare per gli auguri, sai? Che ho fatto
di male per trovarmi un fidanzato così...
–
Così
perfetto? – aveva ridacchiato Andy, sporgendosi per baciarlo
sulle labbra.
–
Così
irascibile. E così puntiglioso. E adesso anche così
vecchio.
–
Guarda che tu sarai
sempre due anni più grande di me, quindi vedi di parlare di
meno, altrimenti potrei iniziare a cercarti una dentiera. Sai
com'è... l'età avanza...
–
Ehi attento a come
parli... – Michael gli aveva puntato il dito contro, fingendosi
offeso.
Erano
finiti a fare battaglia con i cuscini, prima che Michael bloccasse i
polsi di Andy contro il materasso per impedirgli di muoversi e
prendesse a baciarlo sul petto e sulla pancia, fermandosi appena
sopra l'elastico dei boxer.
–
Devo darti il mio
regalo! – aveva poi esclamato, rialzandosi e rispondendo alla
muta richiesta di Andy, che avrebbe voluto che continuasse, con un: –
Per questo ci sarà tempo stanotte, giuro!
Gli
aveva dato una busta bianca ed Andy era rimasto incredulo nel
ritrovarsi quel camice tutto disegnato, senza capire in un primo
momento che era stata di Michael l'idea di colorarlo in quel modo,
con tonalità che spaziavano un po' per tutti i colori.
–
Beh, è una
cosa che ti avevo promesso, no? – gli aveva spiegato l'altro –
Pare che sia vero che i bambini siano meno intimoriti dai dottori che
indossano camici dai colori sgargianti. È un modo per
guadagnarsi la loro fiducia.
Andy
aveva annuito con un mezzo sorriso, forse vagamente sorpreso dal
fatto che Michael si fosse ricordato di una cosa che gli aveva
promesso tanto tempo prima.
–
In realtà non
so se potrai mai usarlo, questo qui,
però insomma, ci tenevo che ne avessi uno colorato da me.
Era stata un'altra
dimostrazione di quanto Michael ci tenesse ad incoraggiarlo e a
stargli accanto. Aveva fatto tantissimi di questi piccoli gesti,
specialmente da quando Andy aveva rotto con la sua famiglia ed era
rimasto da solo.
Quei
giorni erano i giorni che ancora Andy sperava di ricevere una
telefonata dai suoi genitori, aveva sperato che si ricordassero del
suo compleanno, che almeno gli mandassero un messaggio, ed era
rimasto tutto il giorno a guardare il telefono, aspettando che
squillasse.
Quel
regalo era stato in grado di farlo sorridere e fargli dimenticare il
suo desiderio più grande, anche se solo per poche ore.
–
E
stasera usciamo, non pensare che ti lascerò passare questa
giornata sui libri. – erano state le sue parole prima di uscire
di casa.
Andy
non era riuscito ad opporsi davanti a quella iniziativa, così
effettivamente la sera aveva lasciato gli appunti sparsi sul tavolo
della cucina e aveva permesso a Michael di trascinarlo fuori casa
senza fare troppe storie.
Solo
adesso, a distanza di un anno e mezzo, dopo aver letto il suo diario,
Andy capisce che con tutta probabilità Michael voleva fare di
tutto per non fargli rimpiangere l'aver mandato a monte il rapporto
con i suoi. Voleva essere degno,
voleva che il loro amore valesse davvero la pena di fare certe
scelte.
E
invece verrà davvero un tempo in cui io diventerò
paradossalmente più grande di te, perché adesso è
solo il mio tempo a scorrere, mentre il tuo si è fermato per
sempre.
Come diventerò, senza di
te? Se mi guardo allo specchio non riesco ad immaginarmi fra dieci o quindici
anni, vedo solo questo presente che non vuole lasciarmi andare e che mi trafigge
con le spine dolorose della tua assenza.
Come
sarei adesso se non ti avessi mai conosciuto o se non mi fossi
innamorato di te?
Sai,
nonostante i momenti bui, ci sono delle volte che penso che che
la mia vita stia tornando a posto, Michael. Lo sai quanto ci tenessi
a laurearmi, a raggiungere ogni obiettivo che mi ero posto, e adesso
ce l'ho quasi fatto.
La
mia vita, nel giro di tre mesi, è cambiata in maniera
radicale, così come nessuno potrebbe mai aspettarsi, al punto
che mi sembra quasi di viverne un'altra, Michael.
L'unica
cosa che non è normale, in questo nuovo mondo, è che tu
non ci sei e, ogni volta che ci faccio caso, penso che in fondo non
ci sia nulla che sia veramente a posto, anche se cerco di
convincermi che sia così solo per trovare il modo di andare
avanti e smetterla di guardare indietro a quando tu eri con me.
Quando
la mattina dopo va all'università, è come se vivesse
una sorta di déjà-vu: ha percorso quei corridoi
centinaia di volte, eppure l'ultima volta che è stato lì
è impressa a chiare lettere nella sua mente. Aveva conosciuto
Elena solo da qualche giorno e non avevano trovato il modo di
intendersi, tanto che avevano quasi finito per litigare.
E
l'Andy che quel giorno era andato all'università era un Andy
diverso, molto più cupo e insicuro circa il suo futuro. Aveva
passato intere notti a chiedersi se non fosse il caso di mollare
tutto, di chiudere con quel sogno del quale non era più certo
di essere all'altezza.
Adesso
invece, Andy si sente orgoglioso di se stesso per non aver desistito,
per aver cercato di rialzarsi e per essersi aperto nei confronti di
Elena, che in fondo non voleva fare altro che stargli accanto.
Tutte
queste cose non può spiegarle al professor Connor, ma l'uomo
sembra accorgersi con una sola occhiata che c'è qualcosa di diverso in lui.
–
Buongiorno, Evans.
La trovo meglio, rispetto all'ultima volta che ci siamo visti.
E
se lui, che è un totale estraneo e non sa nulla di quello che
è successo, è riuscito ad accorgersene, vuol dire che
con tutta probabilità è vero.
–
Io... Sì, più
o meno.
Il
professore lo invita a sedersi e poi cerca nel suo computer il file
che contiene la tesi di Andy.
–
Spero non abbia
ancora quell'insensata idea di lasciare perdere tutto proprio adesso.
– sorride poi, distendendosi contro lo schienale della sua
poltrona e girandosi verso di lui.
–
No, no... è
stata solo una fase. L'altro giorno ho fatto i test per la
specializzazione.
–
E com'è
andata?
–
Non lo so, spero
bene... Non era difficile come temevo. – replica Andy,
ripensando alla prova sostenuta solo qualche giorno prima.
–
La sua tesi è
esattamente tutto ciò che mi aspettavo da una persona precisa
e puntuale come lei. Non sono solito sbilanciarmi, non mi piace che i
miei studenti si montino la testa, ma davvero, mi ha colpito molto.
Poi credo di aver capito che non abbia lavorato in condizioni
ottimali.
–
No, infatti...
Ha
scritto quel lavoro quasi tutto di notte, cercando di scacciare via i
brutti pensieri concentrandosi solo sul ticchettare della tastiera e
sulla costruzione di un testo scientifico, freddo e razionale, che
dei suoi sentimenti non avrebbe avuto bisogno. Solo formule, teorie e
postulati, nessuna affettività, nessuna necessità di
mettere in gioco se stesso e le sue emozioni.
–
Le ho evidenziato
alcuni passaggi da correggere, ma nel complesso va davvero molto
bene. Complimenti.
Gli
porge la mano e si congeda da lui accompagnandolo alla porta.
–
Mi faccia sapere
quando ha corretto tutto, magari ci rivediamo per gli ultimi
dettagli, d'accordo.
–
Certo, professore. A
presto.
Il
colloquio non è durato nemmeno cinque minuti, non si aspettava
che le cose sarebbero state così veloci, tanto che medita di
andare a far visita alla signora Harris, per raccontarle delle ultime
novità e delle sensazioni che sta vivendo.
Il
corridoio del Dipartimento di Fisica non gli fa più la paura
che gli aveva fatto l'ultima volta che c'era passato, riesce a
percorrerlo senza sentire le mani che gli tremano anche se, passando
davanti a quello che era l'ufficio di Michael, i brividi gli
percorrono la schiena all'idea che lui non sia lì dentro.
Ha
appena raggiunto la macchina e sta per entrarci quando il suo
cellulare inizia a squillare.
–
Andy, sono Bea. Dove
sei? – dall'altro capo del telefono la ragazza non gli dà
nemmeno il tempo di rispondere. La sua voce sembra preoccupata, tanto
che Andy per un attimo ha un brutto presentimento.
–
Sono appena uscito
dall'università, dovevo vedere il professor Connor. Ma che
succede?
–
Allie ha le doglie,
la sto accompagnando in ospedale. Puoi raggiungerci? Oddio, non so
nemmeno dove sto andando...
L'amica
è chiaramente confusa, forse per l'emozione del momento. La sente
imprecare contro un malcapitato ciclista e suonare il clacson furiosamente.
–
Io... sì,
certo. Ci vediamo all'ingresso, ci vado subito a piedi, non è
lontano da qui.
Sente
l'amica che, in sottofondo, urla per il dolore e poi la sua voce lo
raggiunge.
–
Oddio Andy, che
faccio? – la immagina mentre strappa il telefono di mano a Bea,
poi la sente respirare forte e ancora urlare – Fa malissimo.
Ah...
–
Dai, Allie. Respira,
stai calma. Respira. – Andy è certo che nemmeno ai suoi
professori sia mai capitato di tranquillizzare al telefono una donna
che sta partorendo e si rende conto che non è così
facile come sembra. Se fosse con lei potrebbe contare sul contatto
fisico, come l'accarezzarle i capelli o stringerle la mano, ma così
si sente vagamente incapace.
–
Come
cazzo fai a dirmi di stare tranquilla se il dolore mi sta uccidendo?
– è la replica di Allie, quasi sconvolta.
–
Andrà
tutto bene. Davvero, Allie. Andrà tutto bene. – è
la replica di Andy che, seppur in quegli attimi concitati, non perde
la calma.
Perché,
stavolta, ne è davvero sicuro.
Andrà
tutto bene.
__________
Sì, sono un disastro, con questi
aggiornamenti, ma giuro che entro due settimane avrete l'epilogo *incrocia le
dita sperando di farcela*.
E in realtà non ho molto da dire a
proposito di questo capitolo, mi riservo di fare un discorso terminabile col
prossimo, che sarà l'epilogo di questa storia. Sono veramente soddisfatta di
come è venuta la parte finale, per il resto non so, sappiatemi dire :)
Lo so che sono imperdonabile con i miei
ritardi, ma spero comunque di meritare dieci minuti del vostro tempo ed una
piccola recensione, sapete quanto adori parlare con voi ^^
Un bacio,
Aika.
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