Come sei veramente
Big girls don't cry*
Un fratellino.
Non posso crederci. Se potessi, mi metterei a piangere.
Ma non posso piangere, sono grande ormai, sono una signorina.
Mi avevano detto che sarebbe arrivato, ma non lo credevo possibile, credevo si trattasse di uno scherzo. E
invece eccolo qui, davanti a me, nel giardino.
Il giardino che, fino a qualche secondo fa, era mio. Ora invece dovrò dividerlo con lui.
Dovrò dividere tutto,
con lui: i miei giocattoli, il posto sul divano sulle ginocchia del papà, il posto nel lettone sul cuscino della mamma...
Il loro affetto, e quello della nonna, che andiamo spesso a trovare, alla quale sono affezionata quanto alla mamma e al papà.
O almeno, questo è quanto credono.
E invece, si
sbagliano della grossa. Sono
piccola, minuta, con l'aria dolce: la signora mora della casa
all'angolo, la zia di quel simpaticone di Buddy che mi fa sempre
giocare (e che, per inciso, è proprio carino, anche lui moro e
con gli occhi nocciola, dal taglio leggermente a mandorla), dice che
sono
leggiadra come una nuvoletta. Ma chi mi conosce bene, sa che so il
fatto mio. La mamma sostiene che la mia testa è talmente dura
che se la sbattessi contro un muro, sarebbe questo a rompersi.
Deve essere impazzita, la mamma. Un fratellino. E come farà a
prendersene cura, lei che già è tanto impegnata dentro e fuori casa?
In casa abbiamo anche tre gatte, di cui
due con il pelo lungo. A dire la verità, non danno molto da
fare: sono felinamente pigre, tranquille e solitarie, ed è
sufficiente un colpo di spazzola, una ciotola di croccantini, acqua
fresca, qualche carezza e qualche minuto di gioco per farle felici. La
mamma le pettina, le nutre e le coccola, mentre io mi sono accollata
l'impegno di farle giocare e tenerle in forma. Devo confessare che
anch'io mi diverto... ma tre micie da intrattenere sono tante,
considerando che Bea, la più cicciotta, che
sembra un cane Carlino in versione gattesca, quando mi avvicino per giocare soffia, brontola e salta
elegantemente via, lontano dalla mia portata.
Però Farafà, la persiana tartarugata, e Mini, la prima
arrivata e capo delle tre, sono davvero simpatiche.
Ma adesso... un fratellino? Cos'è, non le basto più io, alla mamma?
Perchè l'ha fatto?
Per lei ci saranno altre pipì e cacche da pulire,
un mocciosetto piangente da accudire... non per
vantarmi, ma da piccola, per quanto mi ricordo, io sono sempre stata
molto brava. Regolare nella crescita, nell'apprendimento, nel mangiare,
nel dormire, nel fare i miei bisogni, e per fortuna robusta di
costituzione: non mi sono praticamente mai ammalata. La mamma, con me,
è stata proprio fortunata: chissà invece questo
fratellino... magari le darà un gran daffare.
Non glielo auguro.
Questo diavolo di un fratellino ruberà una parte del tempo che la mamma dedica a me, che sono ormai cresciuta e piuttosto indipendente.
Magari, la mamma crede che io l'aiuti. Crede che io, siccome sono
più grande, insegni al nuovo arrivato le cose che io ho imparato
a poco a poco.
Ma anche in questo, si sbaglia.
Mi conosce, sa che ho la testa dura, ma non ha idea di quanto io l'abbia dura davvero.
Eccolo lì nel giardino, il fratellino.
Saltella contento, va dalla mamma, se la sbaciucchia (Dio, che rabbia
mi fa!), poi mi viene vicino e mi guarda curioso.
Mi secca ammetterlo, ma anch'io sono incuriosita: è carino,
malgrado la magrezza, malgrado la tosata che mostra lo scalpo rosa come
quello di un
maialino. Sembra un reduce da un campo di concentramento.
La mamma fa le presentazioni, e scopro che, in effetti, il mio fratellino è
reduce da qualcosa di simile: i suoi genitori l'hanno abbandonato,e per
questo ha dovuto trascorrere un periodo,
fortunatamente breve, in un luogo chiamato "canile".
La mamma mi
spiega che un canile è un luogo gestito da persone buone, soprattutto volontari, che
raccolgono i cani e i gatti abbandonati per prendersene cura
finchè non trovano una nuova casa. Sfortunatamente, pochi
vengono adottati, e altrettanto sfortunatamente, i volontari sono
pochi, e i cani e i gatti sono tanti. I cani vivono in box, a due a
due, e i gatti in gabbiette come conigli, anche quattro o
cinque tutti insieme.
Non credevo che esistesse un posto così. Io sono stata adottata
un anno fa, quando avevo solo dieci settimane, e sono vissuta
circondata dall'affetto di tutti, con
le comodità e i vantaggi che l'essere figlia unica offre.
Nessuno, in questa famiglia, mi abbandonerebbe, e non credevo che
potessero esistere persone tanto cattive: io credevo che si potesse
abbandonare solo un pelouche rotto e vecchio,
ormai privo della sua imbottitura e quindi inservibile. E' capitato
alla mia vecchia pecorella azzurra, rattoppata all'infinito dalla
nonna, e infine gettata via, e rimpiazzata da una nuova pecorella di
colore bianco, che tratto meglio perchè non sono più una
cuccioletta che sta sostituendo i denti.
Ci sono persone che abbandonano gli animali allo stesso modo. Non l'avrei mai creduto.
Se la mamma e il papà mi abbandonassero, ne morirei.
Il mio fratellino è passato in questo inferno: i suoi genitori l'hanno abbandonato. Ma che razza di genitori erano?
Povero fratellino. Avrò anche la testa dura, ma evidentemente il
mio cuore è tenero, perchè devo ammettere che, dopo avere sentito la sua storia, mi sto
commuovendo di fronte ai suoi occhi nocciola, languidi e spauriti, e
davanti al suo odore. Puzza, anche se gli hanno appena fatto un
bagno: ha un odore strano, di paura, di sofferenza, di cibo scadente,
di pelo infeltrito nonostante la tosata, misto al profumo dello shampoo per cani al cocco, lo stesso
che usano per me.
Il pelo gli ricrescerà. La mamma mi ha detto che ha un bel pelo,
bianco come il mio, ma liscio e lungo, invece che ricciuto. In fondo,
è un meticcio Maltese, non un Bolognese. Una razza anticamente imparentata
con la mia.
Forse, quando il pelo gli sarà un pò ricresciuto, quando
andremo a spasso insieme ci scambieranno davvero per fratelli.
Tutto sommato, non mi dispiacerebbe.
Credits:
*”Big girls don't cry” è una canzone di Frankie Valli & The Four Seasons.
Nota
dell’autrice: Sono sempre stata una "gattara"... prima di conoscere e di innamorarmi della piccola Sylvie,
cane da guardia dal carattere forte condensato in tre chili e mezzo di
pelo, e ora non potrei più vivere senza cani - in aggiunta ai gatti, s'intende.
Con questo racconto ho cercato di immedesimarmi nella mia cagnolina,
che aveva poco più di un anno e mi considerava la sua mamma umana quando, nell'estate del 2002, ho
incontrato Kiki al
canile e non ho potuto fare a meno di portarmelo a casa. Quando li ho
fatti incontrare ho temuto per il peggio, ma nel giro di un quarto
d'ora hanno fatto amicizia e sono diventati inseparabili - neanche a
dirlo, Sylvie è la dominante.
Che fatica questa storia! Era venuta incredibilmente lunga (i miei
scritti sono di una logorroicità incredibile) ma non
funzionava, non mi piaceva, e ho dovuto limare, limare, limare... e
quando finalmente mi era venuto qualcosa di cui ero abbastanza
soddisfatta... BAM! Il computer è andato in errore e ho perso
quasi tutto.
Dopo cinque minuti di imprecazioni irripetibili con la testa fra le
braccia incrociate sulla scrivania e una serata di sclero totale, mi
è passata e mi sono rimessa all'opera, e questo infine è
il risultato.
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