presentimento
Quello che vale veramente
Aveva avuto uno strano presentimento, Nick Stokes, sin dall'inizio di
quel
turno di lavoro; qualcosa simile ad una vocina dentro, ad un sesto
senso
che gli sussurrava di stare attento perché ci sarebbero
stati di
sicuro dei casini.
Avrebbe voluto che la giornata fosse già finita, che il
lavoro
gli avesse dato la sua tregua giornaliera e la possibilità
di
ritornare a casa da Anna. Già, Anna, la sua donna, Anna che
stava
finendo il tempo (come si suol dire) e che lo avrebbe reso presto
padre. Avrebbe avuto un figlio, un figlio da crescere ed amare e questo
sarebbe accaduto fra breve....se
solo questa giornata lavorativa finisse presto, continuava
a pensare Nick, se non
avessi questo strano senso di freddo e di vuoto nel mio cuore.
E quella brutta
sensazione si era fatta ancora più forte
nel momento esatto in cui lui e Ray Langston erano entrati in quel
ristorante, ancora chiuso per via dell'orario e proprio per questo
vagamente spettrale.
Mentre interrogavano il proprietario Nick si era accorto di qualcosa,
come di un ombra, un rumore insolito provenire dalla stanza
accanto. E poi lo aveva visto; lo aveva visto quel pazzo assassino
psicopatico venire avanti armato, aveva provato a fermarlo ma era
arrivato troppo tardi. Era bastata una frazione di secondo e quello
aveva sparato.
Nick fece appena in tempo a vedere l'agente della
omicidi, che li aveva accompagnati, cadere a terra quando
improvvisamente sentì un dolore fortissimo
appena sotto alla spalla sinistra. Una sensazione tremenda, quasi
insopportabile come se mille piccole bestiole avessero incominciato
tutte insieme a mordergli la pelle; il dolore diventava sempre
più intenso e si irradiava al collo, al braccio, al muscolo
pettorale, togliendogli quasi il respiro. Le gambe non lo
ressero
e, nel giro di pochi istanti, si trovò steso a terra mentre
un
liquido appiccicoso e caldo gli stava inzuppando la camicia.
Il mio sangue!
pensò
mi devo essere beccato una pallottola, dannazione!
Dal pavimento, dove si trovava, poteva sentire Ray parlare
con
l'assassino, raccontargli un sacco di cose, di se della sua vita, tanto
per prendere tempo, per ritardare il momento in cui egli, dopo avere
ucciso il padre, proprietario del locale, avrebbe deciso di
farli
fuori tutti.
Dio mio!
il pensiero di Nick rifletteva le sue paure, quello
ci ammazza tutti! Lo abbiamo visto, sappiamo chi
è: non ci
lascerà uscire vivi da qui. Ma io, io non posso morire, non
ora,
non adesso. Non in quel momento quando stava per
avere il
più bel regalo che la vita possa fare ad un uomo: un figlio.
Non
in quel momento in cui andarsene avrebbe voluto dire lasciare la
propria compagna sola a prendersi cura del loro bambino. Non in quel
momento quando era ancora tanto giovane e aveva il cuore pieno di
amore e di fiducia nel futuro. Non poteva morire, non doveva
morire. Doveva fare qualcosa, a tutti i costi, anche se gli avrebbe
causato un'immensa sofferenza e fatica, anche se comportava dei rischi
e, se fosse morto nell'impresa, beh, almeno
ci aveva provato: sarebbe stato in pace con se stesso.
Poco lontano da lui, alla sua destra, c'era la sua pistola, con dentro
almeno 4 colpi, poteva provare a prenderla....sì, ma per
fare
cosa? Non sapeva se ce l'avrebbe fatta ad alzarsi in piedi e, di
sicuro, si trovava sotto tiro; sarebbe stato come andarsela a
cercare, la morte, e non era certo questo quello che lui voleva. Ci
sarebbe voluto che quel bastardo uscisse allo scoperto e per fare
questo aveva bisogno dell'aiuto di Ray.
Nick volse lo sguardo verso il collega, e, dopo alcuni secondi, si
accorse che l'altro lo stava guardando. Gli fece un cenno come di
intesa, cenno che Langston capì all'istante, infatti, subito
dopo, annuì quasi impercettibilmente col capo.
Con uno sforzo tremendo, mentre sentiva sudori freddi scendergli lungo
la schiena, mancargli il respiro e il dolore alla spalla farsi tanto
intenso da diventare quasi insopportabile, riuscì
ad
afferrare l'arma alla propria destra. Ray se ne accorse e
provò,
usando le giuste parole, a fare uscire quel bastardo assassino (Dr.
Jekyll, così lo avevano ribattezzato) dal suo
nascondiglio.
Fu la questione di un attimo, non appena quello si mosse e si
presentò sotto tiro, Nick, con uno sforzo sovrumano,
riuscì ad alzarsi quel tanto da averlo sotto tiro e
.....bang!
bang! bang! bang! gli svuotò il caricatore
nell'addome.
Dr. Jekyll barcollò un istante e poi cadde a terra, morto.
Appena il tempo di vederlo cadere e Stokes incominciò a
sentire
che le forze gli venivano a mancare: il dolore alla spalle e al petto
si stava allontanando piano piano, la testa gli girava e aveva una
strana sensazione allo stomaco. E'
la vita, è la vita che finisce, si
ritrovò a pensare......
Annie, mi dispiace, mi dispiace
lasciarti sola proprio ora.....non dimenticarmi, non
dimenticarti mai di me. E dì al
nostro piccolo che gli voglio tanto bene, anche se non ho potuto
conoscerlo; digli che il suo papà lo ama tanto, parlagli di
me,
ogni volta che puoi. Ti amo Annie, ti amo immensamente, vorrei avertelo
detto più spesso, spero solo......che non sia troppo
tardi.....
.....E poi fu tutto buio..............
Più o meno in quell'istante, Anna Alexander, la compagna di
Nick, stava seduta sul divano di casa con in mano una tazza di
caffè; sentì un forte tonfo che la fece
sussultare forte,
era ormai entrata al nono mese di gravidanza e qualsiasi rumore le
faceva un strano effetto ai nervi. Si alzò per vedere che
cosa
fosse successo e scoprì che, proprio sulla mensola dietro di
lei, la
fotografia che la ritraeva insieme al suo uomo era caduta a terra; si
chinò per recuperarla e vide che il vetro del portaritratti
era
andato in mille pezzi. La cosa le fece uno strano effetto, come il
presagio che qualcosa non andava per il verso giusto.
Sospirò e
proprio mentre era lì a guardare il vetro in frantumi, il
telefono prese a squillare.
"Anna, sono Catherine" la voce che risuonava nella cornetta era
sommessa, seria, sembrava quasi che facesse fatica a parlare
"Catherine, ciao, come mai....." stava per dire "come mai mi telefoni?"
ma si interruppe, dentro di se Anna intuiva già cosa poteva
essere accaduto, solo sperava ardentemente di sbagliarsi;
"Anna, è successo qualcosa, ancora non so bene cosa.....Nick
è ferito, è all'ospedale, al Desert Palm. Devi
venire
devi venire subito, immediatamente!"
Dio mio! non
può essere, non può essere vero! No! Non ora! No!
Ma perché? Perché? Anna
sentì il sangue gelarsi nelle vene e per un attimo fu come
se
qualcosa o qualcuno le avesse tolto ogni forza.....poi
ritrovò
la voce, non si rendeva conto nemmeno lei come, ma fu in grado di
rispondere, piano, a Catherine.
"Va bene, arrivo subito", la voce, nel finale, quasi si
spezzò;
"Ti aspetto, coraggio, Anna. Vedrai che andrà tutto a posto".
Come un automa Anna si preparò, indossò le
scarpe, prese
la borsa, si recò nel vialetto di ingresso, prese
l'automobile
parcheggiata in garage e, in men che non si dica, era al Desert Palm
Hospital.
Andò dall'infermiera alla reception e disse "Sto cercando il
mio ragazzo, dovrebbe essere ricoverato qui"
"Nome?" chiese quella mentre masticava una chewing-gum
"Nick...eeergh...Nicholas Stokes"
"Stokes, come? può compitare, per favore?"
"Certo" Anna era come sui carboni ardenti "S-T-O-K-E-S, Stokes"
"Mmmmh" la donna scrisse qualcosa sulla tastiera e poi
guardò il computer "Qui non risulta!"
"Come sarebbe a dire, qui
non risulta?"
"Che non c'è nel data base, non risulta
ricoverato qui"
Improvvisamente, Anna sentì un grande freddo dentro di lei,
il
pensiero che si formò nella sua testa era il peggiore
possibile (Se non
è ricoverato allora vuol dire......vuol dire....No! Mio Dio!
NO!")
"Anna!!" la voce di Catherine risuonò alle sue
spalle; Anna si voltò, tremava come una foglia;
"Catherine! Dov'è Nick? E' vivo? Dove diavolo si trova?!"
"Tranquilla, Anna, tranquilla. Lo hanno ricoverato pochi minuti fa. Lo
hanno portato al Pronto Soccorso e poi, non so. So che si è
preso una pallottola, lo dovranno operare, penso.......ma ancora non si
sa niente"
"Oddio, Cath! Quella lì" e indicò l'infermiera
alla
reception "non lo trovava e per un istante ho pensato....ho
pensato.....oddio!"
"No, non è morto, questo te lo posso giurare. Su
tranquilla....vuoi sederti? Ti prendo qualcosa da bere?"
La ragazza fece cenno di no con la testa, si diresse verso una sedia
quando d'improvviso sentì un forte dolore al basso-ventre e
un
liquido appiccicoso bagnarle le gambe: "Cath!" urlò "che
cosa mi
succede?"
Catherine si precipitò a reggerla prendendola per un braccio
e
poi le disse "Calmati, Anna. Si sono rotte le acque: stai per
avere il bambino" e poi, più forte, verso la donna alla
reception "Si sbrighi, chiami qualcuno: la mia amica sta per partorire."
Immediatamente fu fatta arrivare una barella per Anna, i paramedici la
sistemarono sopra e fu portata in sala parto, Catherine rimase con lei.
Nick correva, stava
correndo nel
deserto, Anna, la sua Annie, era lì, davanti a lui, pochi
metri
li separavano;ma più lui correva, più lei
sembrava allontanarsi, un istante prima era lì a portata di
mano
e un istante dopo era di nuovo lontana di qualche metro.....come era
possibile, come era possibile tutto questo? Nick sentiva che l'angoscia
lo stava divorando....la chiamava, provava a chiamarla, ma dalla sua
bocca non usciva alcun suono. E vedeva che anche lei lo stava chiamando
ma non riusciva ad udire ciò che ella diceva.
Si svegliò tutto tremante e sudato,
nella stanza con lui non c'era nessuno.
Anna stava sdraiata sul lettino in sala parto, il piccolo era appena
nato e glielo avevano posto sulla pancia, come si usa fare;
"E' un bellissimo maschietto!" le disse Catherine. La giovane madre si
limitò ad annuire con il capo, mentre guardava suo
figlio.....avrebbe dovuto essere felice e invece era triste. Non era
così che avrebbero dovuto andare le cose, non era
così
che se lo era immaginato. Con lei, in quel momento magico, avrebbe
dovuto esserci Nick, il suo Nicky, il
padre di suo figlio ....e, invece.......invece lui era ferito,
forse sotto i ferri, non si sapeva
nemmeno se era ancora vivo, non si sapeva se il bambino che le
giaceva in grembo lo avrebbe mai conosciuto, suo padre.
Lo guardò, guardò quella piccola creatura
e sentì i proprio occhi riempirsi di lacrime;
"Mio Dio" sussurrò "assomiglia così
tanto a
Nick!" e poi, un po' più a voce alta "Nick.....dove
sei?
Dov'è il mio Nick?" chiese guardandosi intorno "Catherine"
chiamò l'amica che era lì ancora vicino
a lei
"Catherine, ti prego, ti scongiuro. Vallo a cercare! Vai a vedere dove
si trova il mio Nick!"
"Va bene, Anna; va bene. Stai tranquilla, cerca di stare
calma" e Catherine guardò la dottoressa
che aveva
assistito al parto. La donna le fece un segno di assenso, le permise di
uscire e le sussurrò "adesso le diamo un leggero sedativo,
per calmarla, non si preoccupi; starà bene".
"Annie!" la voce di Nick risuonava, seppur flebile e roca, nella stanza
"Annie! dove sei? dovessei? Annie!"
"Ssst! tranquillo" gli rispose una voce femminile;
"Annie?" Nick, guardò la donna che era appena entrata nella
stanza, ma anziché i capelli bruni e i grandi occhi da
cerbiatta
della sua compagna vide i capelli color grano e gli occhi blu
di
Catherine "Cath! Dov'è Anna? Dove si trova?"
"Tranquillo, Nick! La tua Annie sta bene. Ha appena avuto il bambino.
Va tutto bene....Congratulazioni, Nicky! Sei diventato padre. Ora sei
padre di un bel
maschietto!";
Nick si aggrappò alla mano di Catherine "Dici davvero?";
"Giuro! E' andato tutto bene, ti assicuro!"
"Li voglio vedere!" e fece per alzarsi, ma subito sentì una
forte fitta alla spalla sinistra e ricadde, gemendo, sul letto;
"No, stai buono! Nick, sei stato ferito, ricordi? Sei stato ferito e ti
hanno operato, non puoi alzarti." la donna cercò di
tranquillizzarlo "ora le vado a dire che stai bene e poi, non
appena possibile te la porto. Anzi te li porto tutti e due. Ma tu
promettimi di non fare stupidaggini. Ok?"
"Ok!" e l'uomo sembrò calmarsi. Sono padre! Mio Dio, lo sono per
davvero! E' una cosa bellissima, bellissima...e,
sognando di stringere il suo bimbo e la sua donna a se, Nick,
sopraffatto dalla debolezza e dagli antidolorifici si
riaddormentò di nuovo.
Quando si risvegliò era già buio e la sua
compagna era
lì vicino a lui "Annie" la chiamò "Annie sei tu?"
"Sì, sono io, tesoro. Come stai?"
"Bene. Un po' stordito, ma sto bene", con la mano destra Nick
accarezzava il braccio di Anna, la quale sorrise,
"Nick" gli disse "ti presento tuo figlio. Thomas Alexander Stokes, il
nostro bambino" e, così dicendo, adagiò
il neonato
sul letto del proprio compagno;
"Mio figlio" la voce di lui era quasi un sussurro "mio figlio......
peccato
che non lo posso prendere in braccio", Nick aveva la spalla e il
braccio sinistri bloccati da un tutore. Il piccolo se la stava dormendo
beatamente e continuò a farlo anche quando il padre
cominciò a sfioragli delicatamente il viso e a
massaggiargli il pancino "E' bellissimo! Amore mio" disse rivolgendosi
alla propria compagna "mi hai dato un figlio stupendo"
"Già" rispose lei, chinandosi a sua volta verso di loro
"è proprio bello! Ti assomiglia tantissimo".
"Ma vorrei che avesse i tuoi occhi" disse lui;
"Io vorrei che avesse la tua bocca" rispose ella, maliziosamente,
cominciando a
baciargli le labbra, e, mentre lo baciava e gli accarezzava il viso,
mormorava, piano, "ho avuto tanta paura, tanta paura di non rivederti
più. Se ripenso a quella telefonata..." la voce di Anna si
strozzò in un singhiozzo: aveva gli occhi pieni di lacrime;
"Ssshh......tranquilla! Io sto bene, vedi" le rispose il suo uomo "mi
hanno ricucito; è solo un graffio. E' tutto a posto,
tranquilla,
baby!" tacque per qualche istante poi continuò "ma anch'io
ho
avuto paura di non rivederti più.....di non rivedere te e di
non
conoscere il nostro bambino. E poi ....." aggiunse come inseguendo un
pensiero lontano "e poi, Annie ti devo dire una cosa!"
"Che cosa?" chiese lei incuriosita;
"Che io ti amo; ti amo tantissimo. Te l'ho detto poche volte, ed
è stato male. Te lo avrei dovuto dire più spesso:
l'ho
capito questa mattina quando non ero sicuro se ce l'avrei fatta, quando
temevo che ormai....." la voce di Nick si spezzò per un
attimo
".....che ormai fosse troppo tardi!"
"Non mi importa" rispose lei, continuando ad accarezzargli il viso "non
mi è
mai importato. Tu se l'uomo più buono e dolce che io
abbia mai conosciuto. Che mi ami me lo dimostri ogni giorno da come mi
parli, da come mi guardi, da come fai l'amore con me. Non
c'è
bisogno di tante parole quando il sentimento che proviamo l'uno per
l'altra è così profondo";
"Però tu me lo dici sempre ed è
piacevole sentirselo
dire; ed è bello poterlo dire. Ti amo, Anna, amo te e il
nostro
bambino con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutto me stesso";
"Ti amo, Nick, ti amo intensamente, profondamente e niente al mondo
potrà mai cambiare quello che provo per te."
Per loro due, quella sera, soli nella stanza d'ospedale insieme al loro
piccolo, quelle
dichiarazioni di amore incondizionato ebbero quasi il valore di una
promessa matrimoniale; loro, ai quali non era mai importato di
"regolarizzare" la propria unione, si scambiarono così
i giuramenti di un legame che niente e
nessuno al
mondo avrebbe mai potuto spezzare.
E questo valeva tanto, questo valeva tutto.
Ed eccomi ancora qui.
Alla fine della precedente fiction fra Nick e Anna, la
carissima Mick mi aveva domandato se il bambino sarebbe nato, prima o
poi. Io avevo già in testa come farlo nascere e in quale
occasione, dovevo però inquadrare bene la storia, vedere
come "sposarla" con la trama orginale della serie TV (cerco di non
stravolgere troppo personaggi e situazioni della scenaggiatura
orginale) prima di buttarla giù , correggerla, "betarla" e
tutto il resto.
Comunque ci sono riuscita.....
dedicata in particolar modo al mio kiwi preferito, ma sono benevenute
le recesioni di tutti voi.
Love
Jessie
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