Era
una bella giornata quella che ci aveva regalato New
York quando io e le mie due amiche, Lily ed Elena, arrivammo al JFK
airport.
Stavamo
aspettando i bagagli, quando con un sorriso
ricordai le giornate frenetiche prima della partenza…
Un
sabato sera come un altro, stavo guardando Elena truccarsi davanti allo
specchio della sua bella toeletta.
Alta,
bionda e con magnetici occhi azzurri, la mia migliore amica
ventiquattrenne
sapeva valorizzarsi al meglio, facendo girare la testa ad ogni ragazzo
che
incontrava per strada.
Fotomodella
per hobby, con quello che guadagnava si pagava gli studi
all’università; anche
se a lei di certo non mancavano i soldi: i suoi genitori gestivano una
catena
di alberghi sparsi in giro per l’Italia e l’Europa.
A
lei però piaceva questa sua indipendenza economica e i suoi
genitori erano
molto fieri di lei.
In
quel momento arrivò anche Lily: un’altra bella
ragazza con fiammanti capelli
rossi e luminosi occhi verdi ci sorrise euforica.
“Conosco
quello sguardo.” Mormorai.
Lei,
voltandosi verso di me, ampliò il sorriso.
“Ragazze, facciamo una follia.
Andiamo a New York!”
Io
risi forte e Lena quasi non si accecò con il mascara.
“Ma
come ti viene in mente?!” chiese sorpresa.
La
rossa scrollò le spalle. “So che tuo zio ha un
lussuoso albergo proprio vicino
Central Park. E poi, sarebbe bello portare Manu lì. Non
è sempre stato il tuo
sogno quello di andarci?” si rivolse poi a me, cercando di
convincermi.
Sospirai.
“Il biglietto costa caro, Lily. Solo andata e ritorno mi
porterebbe via due stipendi.
E poi devi anche contare che non si può andare in una
città del genere senza
neanche un soldo in tasca.”
Guadagnavo
bene per avere solo vent’anni e in più non dovevo
mantenere alcuna casa dato
che stavo con mamma e papà, però non avevo
risparmiato poi così tanto.
Avevo
recuperato quelle gite scolastiche a cui purtroppo non avevo potuto
partecipare, in quanto molto costose e per questo mi sarei dovuta
contenere con
le spese.
“Te
lo pago io il biglietto.” Esclamò la mia bionda
amica.
“Non
ci pensare nemmeno, Elena!”
“Oh,
suvvia! Visto che lavori come massaggiatrice nella spa dei miei, potrei
farti
togliere quel tanto al mese dalla busta paga, se così ti
aggrada. Ma comunque
tu verrai, volente o nolente.” Decise con uno sguardo che non
ammetteva
repliche.
“Già!
E poi solo tu sai contenere quei due scalmanati di James e
Sirio!” annuì la
rossa.
“Ah,
vengono anche loro?”
“Certo
che si! dai, ti preeeeeego!” e detto questo,
sfoderò l’artiglieria pesante: lo
sguardo da cerbiatta indifesa.
La
scrutai a lungo e sospirai pesantemente, massaggiandomi la radice del
naso per
non rovinare il trucco.
“SIIIII!!!!”
Lily si buttò su di me, abbracciandomi.
“Ehi!
Non ho ancora deciso!”
“Con
quel sospiro hai praticamente detto di si, Manu.” Sorrise
divertita Elena.
I
miei, come era ovvio, non la presero tanto bene.
“Ti
rendi conto che solo il viaggio ti viene a fare quasi mille
euro?” chiese mio
padre.
Sospirai.
“Lo so. Elena ha detto che mi toglieranno qualcosa dalla
busta paga. E poi
l’alloggio è gratis. Dai babbo! Ci saranno anche i
ragazzi con noi!”
E
come se li avessi chiamati, sentii distintamente la moto di Sirio
parcheggiare
vicino casa.
Mamma
andò ad aprire e si trovò davanti due bei ragazzi
di quasi un metro e novanta
che sorridevano malandrini.
“Signora
B! che piacere vederla!” esordì James, giovane di
24 anni con neri capelli
scompigliati e grandi occhi nocciola.
Dietro
di lui veniva Sirio, ragazzo di 25 anni con capelli neri e lisci,
portati un
po’ lunghi e meravigliosi occhi grigi.
Come
loro solito, iniziarono a fare i cretini e io mi schiaffai una mano
sulla
fronte a metà tra l’esasperato e il divertito.
“Signor
B! Non sia così duro con questa bimba!” fece
scompigliandomi i capelli.
Gli
lanciai un’occhiataccia e sbuffai.
“Non
la lasceremo sola nemmeno un minuto!” continuò
ignorando con eleganza la mia
seconda occhiata sbieca.
Mia
madre guardò sorridendo quel pazzo duo e mio padre si
convinse.
“Va
bene. Ma stai attenta!”
“Babbò!”
mi gettai su di lui e lo abbracciai stretto, mentre sentii i due mori
battere
il cinque.
“Quando
avete intenzione di partire?” chiese mamma.
“Ecco…
se siete d’accordo, noi volevamo passare il compleanno di
Manu a New York… e
anche Halloween.” Mormorò Sirio cauto.
“Non
c’è problema. Quando tornerai a casa
festeggeremo.” Mamma mi carezzò le guance
e io la guardai con le lacrime agli occhi.
“Grazie.”
Mormorai piena di gratitudine.
I
preparativi furono a dir poco frenetici.
Mentre
mio fratello consultava il meteo sul pc io e mamma riempivamo la
valigia.
“Qui
dice che le temperature sono più o meno come le nostre. E
che non pioverà.
Avete proprio scelto una data perfetta.” Esclamò
lui girandosi infine verso di
noi.
Mamma
brontolò qualcosa, mentre io riempivo il beauty-case con le
spazzole e il
bagnoschiuma.
“Devo
prendere anche l’arricciacapelli.”
“E
la piastra? E il phon?” chiese mamma.
“Li
porteranno le ragazze, tranquilla.” La rassicurai.
Il
giorno dopo andai in città con Sirio per il passaporto.
“Io
e Jim partiremo qualche giorno dopo di voi.”
Esordì tutto d’un tratto.
Lo
guardai sbalordita. “E perché mai? Avevo capito
che avreste sistemato tutto
prima della partenza!”
“Ci
sono state delle complicazioni al lavoro. Tranquilla, è roba
di poco conto, ma
se non sistemiamo adesso il problema potrebbe diventare difficile
dopo.”
Sospirai
e mettemmo da parte l’argomento.
“Ecco
le nostre valigie!” la voce squillante di Lily mi
fece ritornare al presente.
Ci
dirigemmo all’uscita e trovammo posto in una navetta
che ci avrebbe condotte nella city.
Io
non facevo altro che saltellare sul sedile e
appiccicarmi al vetro per vedere i grandiosi grattacieli e i tanto
famosi taxi
gialli.
Sentivo
il cuore battere forte nelle orecchie e un
sorriso quasi mi divideva la faccia a metà.
La
“Grande Mela” gente. Che spettacolo! Le persone
invadevano i marciapiedi ed entravano e uscivano dai tunnel sotterranei
che
portavano alla metropolitana; c’erano musicisti posizionati
negli angoli
strategici delle strade e i negozi già addobbati come si
deve per Halloween.
Le
luci – che siano fari delle auto, quelle degli uffici
o i lampioni – illuminavano ogni cosa facendo diventare la
città un gigantesco
albero di Natale; e i grandi schermi posti a Times Square mandavano
pubblicità
con colori così sgargianti che mi fecero lacrimare gli occhi.
Il
pullmino si fermò lì vicino per farci scendere e
io
indicavo alle mie amiche qualsiasi cosa catturasse la mia attenzione.
Recuperammo
i bagagli e ci riparammo in un angolino per
non essere investite dalla fiumana di gente.
“Allora
ragazze, prendiamo il taxi o la metro?” domandò
Elena.
“Dove
alloggiamo?” mi aggiunsi.
“Siamo
al “The Lowell” nell’Upper East Side, a
due km da
Central Park. – rispose la bionda passandomi un bigliettino
da visita. – penso
che ci convenga prendere un taxi.”
Battei
le mani contenta. “Forza allora! Visto che tu sei
più esperta, chiamalo. Io intanto vado a vedere una
cosa…”
Qualcosa
poco più avanti aveva attirato la mia
attenzione: un fotografo stava accecando con tutti quei flash un
giovane uomo.
Alto,
con capelli scuri e ondulati, splendidi occhi
grigio-azzurri e labbra a cuore era il soggetto delle foto in questione.
Ma
io lo conoscevo bene, oh si…
Era
Benedict Cumberbatch, un attore britannico che aveva
conquistato la fama grazie alla serie televisiva
“Sherlock”.
Non
ci potevo credere! Il mio idolo era a pochi passi da
me e quel che è peggio nessuno si fermava per chiedergli un
autografo!
Era
solo circondato da costumista, truccatori e
fotografo.
“Ok,
10 minuti di pausa!” sentii gridare.
Che
culo incredibile! Alzai gli occhi al cielo e
ringraziai tutte le divinità esistenti per aver accettato di
prendere parte a
questo viaggio.
Stava
sorseggiando del caffè quando mi schiarii la gola
per attirare la sua attenzione.
Si
girò e mi sorrise, mettendo in mostra denti bianchi e
perfetti.
Presi
un profondo respiro, diventando inconsapevolmente
rossa come un peperone. “Signor Cumberbatch, posso avere un
suo autografo? Per
favore?” pigolai tendendogli un piccolo block notes e una
biro.
“Ma
certo! – esclamò lui. – come ti
chiami?”
“Emanuela.”
Gli feci lo spelling al suo sguardo un po’
perso e lui sorrise ancora.
“Nome
particolare.” Disse scrivendo.
“Non
dalle mie parti. Sono italiana.”
“Ah,
l’Italia. Gran bel Paese. Spero di andarci un giorno
o l’altro.” Fece una firma svolazzante e mi porse
tutto.
“La
ringrazio davvero tanto.” Sussurrai non osando
guardarlo negli occhi.
L’uomo,
con le sue mani dalle dita lunghe e curate, mi
fece alzare il viso verso il suo.
“Credimi,
è stato un vero piacere per me. E puoi anche
darmi del tu, altrimenti mi fai sentire troppo vecchio!”
affermò con quella sua
voce profonda e roca come velluto.
Sorrisi
e lo guardai bene. Era truccato, ma non così
tanto e quindi potei vedere tutte quelle deliziose lentiggini che gli
nascondevano con il fondotinta.
I
capelli scuri erano tagliati più corti di come li
portava nella serie tv; ma comunque si potevano distinguere dei vaghi
ricci.
E
quelle labbra… carnose quanto basta, ti facevano venir
voglia di baciarle fino a stare male.
Proprio
in quell’istante, un lampo mi attraversò la
mente.
Era
una pazza idea, ma tanto non lo avrei più rivisto,
giusto?! E poi così avveravo un mio piccolo
desiderio…
Benedict
era ancora chino su di me, quindi fu abbastanza
facile alzarmi sulle punte e premere le mie labbra contro le sue in un
morbido
quanto casto bacio.
Lo
sentii irrigidirsi, ma prima che potesse fare qualsiasi
cosa io mi ero già allontanata ridendo verso il taxi che
aspettava.
“Tu
sei pazza!” esclamarono in coro le mie amiche e in
tutta risposta risi più forte.
Non
appena mi calmai le mie dita andarono a sfiorare le
labbra. Sentivo il sapore del caffè e sigaretta; ma
quest’ultimo era più
leggero.
Chiusi
gli occhi e riuscii a percepire anche dell’acqua
di colonia e bagnoschiuma che mi avvolsero dolcemente, facendo nascere
un
sorriso gioioso sul mio volto.
Il
cuore mi batteva veloce come le ali di un colibrì.
Sembrava pronto al decollo.
Sospirai
estasiata; e quando all’hotel mi diedero la
camera risi divertita.
Room
221.
Feci
una doccia e mi guardai allo specchio: una ragazza
con lunghi capelli scuri e occhi del colore del cioccolato fondente mi
restituiva lo sguardo, le guance e le labbra rosse per il getto
dell’acqua
calda.
Sospirai.
Per forza
non ha fatto niente quando l’ho baciato, guarda che mostro
che sono!
Per
la serie: autostima stuprami.
Mi
rintanai sotto le coperte pensando all’accaduto
finché
il fuso orario non si fece sentire e caddi addormentata come una
bambina.
Non
sapevo, però, che il giorno dopo mi aspettava una
bella sorpresa.
***
Dormii
per quello che rimaneva del pomeriggio e per tutta
la notte sognando di baci e tramonti profumati di muschio bianco,
finché non mi
svegliai con una fame tremenda.
Mi
vestii in fretta e furia e andai all’ultimo piano del
palazzo per fare colazione.
Non
appena mi accomodai ad un tavolo vuoto, lo zio di
Elena si avvicinò e mi diede una busta color crema.
“è
passato qualcuno prima e ti ha lasciato questo.”
“Chi
era?” domandai curiosa.
L’uomo
scrollò le spalle. “Me lo ha consegnato la
receptionist. Tutto quello che sono riuscito a capire era che il
signore che ti
ha mandato questo pacchetto era alto e bello.”
Alzai
gli occhi al cielo. “Descrizione dettagliata –
mormorai ironica – grazie signore.”
Lui
fece un cenno e se ne andò.
Con
la curiosità ormai alle stelle, aprii la busta e ne
uscii una rivista. In prima pagina c’era la foto di Benedict
e più in basso,
con un pennarello c’era scritto pag
20.
Subito
corsi alla pagina in questione, dove c’era un
lungo articolo su di lui che parlava un po’ di tutto, dai
progetti futuri alla
sua vita privata.
Un
piccolo segno sull’ultima domanda catturò la mia
attenzione.
-
Le
è mai capitato di ricevere una
particolare dimostrazione di affetto, o qualcosa di buffo, da parte dei
suoi
fan?
Ride
divertito. – si, mi è successo qualcosa proprio
questo pomeriggio. Stavo
posando per delle foto, quando una ragazza si è avvicinata a
me per un
autografo. Era timida, manteneva sempre lo sguardo basso; allora le ho
alzato
il viso, lei mi ha guardato e mi ha baciato dileguandosi poi ridendo
con le sue
amiche.
-
E
lei cosa ha fatto?
-
Le
dirò la verità, sono rimasto muto e
immobile come una statua di sale. Mi aveva preso in contropiede,
capisce?! Ma
poi ho pensato che non era così grave. Era solo un piccolo
bacio innocente…
Per
poco non mi strozzai con il cappuccino. Quando
l’attacco di tosse passò, mi ricordai
dell’autografo.
Che
idiota! Quel bacetto innocente mi ha scombussolato parecchio…
pensai.
Presi
il quaderno e lessi:
a
Emanuela,una splendida ragazza con uno splendido nome che
porterò sempre nel
cuore.
Con
affetto, Benedict Cumberbatch.
Sussultai
e la rivista cadde a terra. Quando la ripresi,
scivolò fuori un piccolo cartoncino color champagne.
“Oh,
ecco dove era finito il biglietto da visita
dell’hotel. Ed ecco come ha fatto a trovarmi! Mi deve essere
caduto quando sono
scappata via.” Sussurrai.
Ti
devo un bacio. BC.
Risi
talmente forte che feci girare le poche persone
presenti nella sala.
“Quando
vuoi – mormorai a nessuno in particolare. – ormai
sai dove trovarmi.”
buonasera!
*si inchina al fandom*
mi chiamo Elasia e questo che avete letto proviene da niente popo di
meno che dalla mia testolina bacata! hahahahaha XD
scherzi a parte, questa ff nasce da un sogno che ho fatto tempo fa; e
ricamandoci un pò su ecco il risultato! ho sentito il
BISOGNO di scrivere di Benny perché a marzo inizieranno le
riprese della terza stagione di "Sherlock", è finito Cabin
Pressure *sigh sigh sigh* e perchè sono completamente
ossessionata da "Parade's End".
bene, devo dire che ho dato un bel finale aperto a questa one shot,
quindi se vi è piaciuta potrei scrivere anche una long... a
voi l'ardua sentenza! :P
l'albergo che ho citato esiste davvero... dovreste proprio vederlo!
*occhi a cuoricino*
se volete scambiare due chiacchiere con me mi trovate su Twitter! Sono
Elasia_92
sperando di ricevere qualche piccola recensione, vi lascio!
un grande abbraccio,
Elasia <3
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