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Tira un
calcio ad un ciottolo grigio e arrotondato, gettandolo più in la, lungo la
strada che si accingeva a percorrere.
Un tonfo
sordo. Rotola un po’. Si ferma. Di nuovo silenzio.
Solo la
pioggia estiva che, imperterrita, cade.
Pesanti
gocce tiepide si abbattono sul tenero verde brillante dell’erba appena nata.
Il vento
increspa le nuvole, alte nel cielo.
Sottili
rivoli d’acqua si fanno strada sulla ghiaia sparsa sul sentiero, assorbiti
gradualmente dal terriccio marrone.
In
lontananza, il suono delle campane risuona nell’aria con timidi ma decisi
rintocchi.
Un
ragazzo cammina sulla strada, noncurante della pioggia, senza nulla in mano per
potersi riparare.
Forse ha
dimenticato l’ombrello. Forse non lo vuole avere.
Un passo
dopo l’altro, senza indecisione, a ritmo cadenzato.
Volta a
destra con sicurezza, giunto ad un bivio.
Una
radura. Al centro, un lago. Ha lo stesso colore grigio del cielo, adesso.
Uniforme.
Piatto.
Grandi
massi più o meno irregolari lo costeggiano, sparsi qua e la tra i ciottoli
colorati.
Il
ragazzo va a sedersi su uno di questi, rivolto verso il lago. La pioggia
continua a scendere, bagnando sempre più i suoi capelli.
Capelli
color biondo cenere, tenuti lunghi fin appena sopra le spalle, che ora cadono
disordinati sul suo viso bagnato.
Una mano
va a ravvivarli, scostandoli dal viso. Una mano magra, ma energica, dalle lunghe
dita affusolate.
Scosta
alcune ciocche dagli occhi.
Azzurri,
al loro interno sottili linee verdi tracciate da una mano magica per variarne il
colore.
Fissa un
punto imprecisato sulla superficie del lago, ricamato da mille flebili puntini
lasciati dalle gocce di pioggia.
I
lineamenti gentili e affilati, lo sguardo velato da una leggera malinconia.
Resta
immobile, lì seduto, ad osservare il nulla.
Oppure il
tutto chissà.
Perché
quello sguardo riusciva in quel luogo ad intravedere mondi incantati che
chiunque altro non sarebbe riuscito ad immaginare.
Incrocia
le braccia, in modo da stringere le gambe al petto.
Il suo
corpo magro ma proporzionato, la pelle chiara, apparentemente sottile.
Alza lo
sguardo, indirizzandolo verso la parte opposta del lago.
Questo
movimento fa ricadere qualche ciocca di capelli sul suo viso.
Avverte
la sensazione dei vestiti completamente bagnati sul corpo leggermente tremante a
causa del freddo.
Una
ragazza, ferma sulla riva apposta, osserva il lago nella sua direzione.
Un
ombrello rosso ne ricopre la figura. Il ragazzo ne intuisce il corpo snello, da
lontano, e resta a fissarla.
Un
sorriso increspa le sue labbra, e nello stesso momento anche le labbra carnose
della ragazza sono animate dallo stesso movimento.
Ancora
incantato da quella sconosciuta figura, la vede avvicinarsi, aggirare il lago,
con lentezza, l’ombrello ondeggiante sopra di lei ad ogni passo.
Si alza
in piedi.
Fa
qualche passo nella sua direzione, poi si ferma.
Lei
continua a camminare. La distanza progressivamente diminuisce.
Si ferma
a pochi passi da lui. Uno di fronte all’altra.
Per la
prima volta.
Non una
parola.
I lunghi
capelli castani della ragazza sono leggermente arruffati dalla pioggia.
Gli occhi
verdi e sinceri scrutano il viso di lui.
Un altro
passo, quello che entrambi compiono e che annulla la distanza tra loro.
Un
sorriso.
Un
abbraccio. Non una parola.
E la
pioggia cade ancora su di loro.
Cade,
improvvisamente.
Cade,
inaspettatamente.
Cade,
bruciando nell’aria, e su di loro.
Cade.
Cade.
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