WAR
GAMES
-Eco
a base, Eco a base! Rispondete, passo!-.
Una
voce gracchiò in risposta nell'auricolare del ragazzo.
-Base
in ascolto, Eco. Che novità? Passo...-
-Pessime
notizie base...- disse il ragazzo -Siamo circondati, senza via
d'uscita. Siamo in minoranza numerica... hanno catturato Driade e
Marte... e abbiamo munizioni insufficienti...- fece una pausa
-Dobbiamo arrenderci al nemico... passo...-
-Cosa?
Mat... cioè... Eco! Ma stai scherzando? Non potete farlo!-
-Vi
ho esposto la nostra situazione molto chiaramente, base. Non c'è
altro modo. Dobbiamo consegnarci a loro. Se potete mandate Marx a
prenderci... Eco chiude. Ci dispiace, ragazzi.-.
Alla
base i compagni e le compagne della squadra di Eco si guardarono
sconfortati: i primi due giorni di battaglia li aveva visti
prevalere, all'inizio, ma al terzo giorno, alcuni errori grossolani
da parte loro e delle contorte ma efficacissime manovre offensive
partorite dalle menti criminali dei loro nemici avevano capovolto
velocemente la situazione.
Quella
di Eco era la seconda squadra a venire catturata nel giro di poche
ore!
Per
fortuna la loro ultima squadra, la loro migliore squadra, era ancora
a piede libero e scorrazzava liberamente per i boschi, impegnando i
nemici in lotte all'ultima pallottola.
Lo
squadrone rosso, formato da Hegel, Molotov,
Garibaldi, il Gatto e Mirage, unica ragazza
del gruppo, e comandato da Marx, sparava a vista su qualunque cose
sembrasse loro sospetto.
-Base
a Marx! Base a Marx! Rispondi!-
-Qui
Marx, base. Ricevo forte e chiaro, non c'è bisogno di
urlare... passo.- rispose il comandante.
-La
squadra di Eco è stata costretta alla resa, passo.-
-Cosa?-
Marx si bloccò, forse per impedire a sé stesso far
partire una raffica di insulti indecenti diretti contro tutte le
divinità mai esistite -Maledizione! E noi non abbiamo ancora
trovato la base nemica... accidenti!-
-Niente
panico, Marx... anche loro non ci hanno trovati, finora.-
-Comunque
tenete gli occhi aperti, base.. anzi, meglio spalancati... noi
cominciamo a muoverci, ci è rimasto un solo settore da
controllare. Vi faremo avere notizie. Le Aquile vanno a caccia,
fateci gli auguri, ragazzi... chiudo.-.
Marx
fece un paio di fischi bassi e modulati, per chiamare gli altri. I
ragazzi si spostarono in silenzio, fermandosi alla fine in una zona
strategica, dove avrebbero potuto, in tutta tranquillità, fare
il punto della situazione e decidere cosa fare.
-Ho
una brutta notizia.- esordì Marx, passandosi una mano tra i
suoi ricci capelli neri -La squadra di Eco è stata catturata.
Siamo restati solo noi...- un coro smorzato di proteste si levò,
immediatamente messo a tacere -Hegel, come stiamo a munizioni?-
-Abbastanza
per impallinare tutti quei bastardi uno per uno fino a fargli fumare
il culo, comandante!- rispose con un ghigno il ragazzo altissimo e
biondo.
-Ok,
allora... il piano è semplice. Troviamo quei gran figli di
papà, ci divertiamo a fare una gara di cecchinaggio selvaggio,
liberiamo i nostri e ce ne torniamo a casa da vincitori. Non siamo
arrivati in finale per farci battere così miseramente...-.
-Mi
piace il tuo piano!- ridacchiò Garibaldi.
-Mirage...-
-Sissignore.-
rispose prontamente la ragazza.
-Vorrei
che tu tornassi alla base.-
-Come?-
chiese con espressione stralunata.
-Ci
saresti d'intralcio, lo sai. Abbiamo bisogno di muoverci veloci e in
silenzio...-
-Oh...
hai ragione, nel modo più assoluto...- disse abbassando gli
occhi grigi al suolo.
-Ti
nomino responsabile della sicurezza della base.- disse Marx, per
farle capire che comunque la riteneva una buona combattente.
Mirage
gli rivolse un tenue sorriso e fece un lieve cenno d'assenso col
capo.
In
verità sapeva di combinare più pasticci, che altro: per
poco una volta non aveva caricato la squadra di Libero, che al
momento stava anche lui ai ferri nel campo nemico.
E
come poteva dar torto a Marx, quando era perfettamente consapevole
che non solo lei era l'incarnazione dell'antitesi del silenzio in
persona, ma finiva anche per sparare a vuoto, consumando munizioni e
rischiando in entrambi i casi di far scoprire la squadra.
Mirage
era finita in quella squadra per puro caso. Si era unita all'esercito
di Napoleone solo due giorni prima dell'inizio delle ostilità
e, dato che la squadra di Marx era rimasta a corto di un combattente,
era stata integrata nello squadrone rosso. Il comandate Marx avrebbe
preferito mille volte arruolare Annibale, perché conosceva il
suo valore e le sue capacità, mentre di Mirage non sapeva
proprio nulla, ma Napoleone era stato irremovibile. Per lo meno
sopportava bene la fatica ed era volenterosa... ma una tale sbadata e
combinaguai, non l'aveva mai incontrata! Ma perché Danton si
era ammalato? Perché? Perché?!?
Marx
lasciò che Mirage tenesse con sé una pistola e una
mitraglietta leggera, più due caricatori per arma, poi si
divisero.
Il
Gatto, un bel ragazzo smilzo, con i capelli e gli occhi scuri, si
spinse gli occhiali sul naso, mentre osservava la disordinata chioma
castana della compagna che scompariva tra gli alberi.
-Avremo
fatto bene?- chiese rivolto a Marx -E se la catturano?-
-Salveremo
anche lei...- rispose sospirando l'altro.
-Ci
rimane solo un settore da perlustrare. Se negli altri non abbiamo
trovato niente, vorrà dire che la base dei nemici sarà
là per forza.- disse Garibaldi -Siamo in cinque, nella
disposizione a ventaglio uno di noi dovrà rimanere solo...-
-Starò
io da solo.- si offrì il Gatto.
-Bene,
allora Marx e io e Hegel e Molotov formeremo le altre due squadre.-
mostrò agli altri una cartina -Possiamo attestarci in questo
punto col 'nido'.- propose indicando un punto -Sono le... 15.07 ora.
Ci troveremo al nido alle 20.00 per fare rapporto. Limitate i
contatti radio. E se qualcuno viene catturato, acqua in bocca, mi
raccomando...-
-Nessuno
verrà catturato.- disse Marx -Siamo i migliori, non
scordartelo.-
-In
marcia!- esclamò Molotov entusiasta.
Il
sottobosco era già coperto da uno spesso strato di foglie
cadute dagli alberi, che rendeva difficile, se non impossibile,
essere silenziosi. Per fortuna lo squadrone rosso si era addestrato
molto bene, su quel genere di terreno, e riusciva a provocare il
minor rumore possibile. Le due coppie procedevano ai lati del Gatto,
che stava poco avanti a loro. I ragazzi erano ben distanziati, ma in
modo da mantenere un minimo contatto visivo tra loro e sempre a
portata d'orecchio.
Alla
fine i tre gruppetti si separarono definitivamente, per esplorare le
zone che si erano divisi.
Era
una bella giornata, per essere pieno autunno. Il cielo era terso,
solcato ogni tanto da qualche nuvoletta candida. C'era perfino caldo.
Marx
e Garibaldi piegarono verso il corso d'acqua a sud est, che sarebbe
potuto essere un buon posto per installarvi la base. Setacciarono
accuratamente le rive, cercando ogni traccia possibile, e anche la
parte di bosco antistante al torrente, ma non trovarono nulla.
Hegel
e Molotov, invece, si diressero verso sud ovest, una parte di bosco
occupata per buona parte da vecchi castagni, che già
lasciavano cadere i loro grossi ricci.
-Potremmo
raccoglierne un po'...- disse scherzosamente Hegel.
-Non
mangio castagne arrostite da non so quanto... mi piacerebbe.- rispose
Molotov chinandosi a raccogliere da terra un riccio e aprendolo.
-Quando
sarà finita, verremo qui e raccoglieremo tutto quello che
riusciremo a prendere e ci faremo una scorpacciata di castagne
arrosto fino a scoppiare!-
-Ci
sto!- disse dandogli il cinque.
Continuarono
la perlustrazione, passando di albero in albero e coprendosi le
spalle a vicenda. Non trovarono assolutamente nulla.
Il
Gatto puntò deciso a sud, percorrendo tutta la sua zona con
quel silenzio che gli era valso il suo nome di battaglia. Lui
lavorava meglio da solo.
Controllò
veloce tutto il territorio, palmo a palmo. La sua zona era un po' più
stretta di quella degli altri, ma molto più lunga. Finiva su
un muro a secco diroccato, su cui si fermò a sostare per un
quarto d'ora. Il fatto di non aver trovato nulla lo aveva irritato e
messo all'erta.
Non
aveva trovato neppure uno sputo che potesse indicargli che i nemici
fossero anche solo passati di là... eppure per lui quello era
un buon posto per organizzare una base. Agguantò il suo
pacchetto di sigarette e ne presa una. La fumò con calma.
Aveva ancora tempo per tornare al 'nido'.
Mirage
sobbalzò, quando si accorse di aver sbagliato completamente
strada e di essersi trovata esattamente al punto di partenza.
-No...
ditemi che non è vero...- mugugnò -Ma perché?-.
Dispiegò
la mappa con rabbia e cercò febbrilmente la bussola.
-Lo
sapevo! Lo sapevo che dovevo andare dritta e non voltare a destra! Io
e la mia insulsa pretesa di trovare un scorciatoia!-.
Tirò
un calcio a un sasso, sconfortata.
Sulla
strada del ritorno, pensando di accorciare la strada, si era diretta
verso nord est, per poi concludere che la sua idea era stata peggio
che pessima: prima aveva dovuto combattere contro una macchia di rovi
che pareva infinita, poi si era trovata davanti a una parete rocciosa
che le aveva sbarrato la strada. Aveva provato a scalarla, non era
molto alta, ma era caduta da tre metri d'altezza e, pur non essendosi
fatta troppo male, aveva deciso che era meglio lasciar perdere il
free climbing e buttarsi sul trekking.
Per
lo meno non si era persa completamente...
Il
sole era già sceso oltre gli alberi ed era pericoloso muoversi
al buio. Eppure doveva tornare alla base, ma come?
Mirage
sospirò. Doveva prima di tutto calmarsi e ritrovare la
concentrazione, poi avrebbe potuto decidere come meglio muoversi. Si
sedette su un masso e prese fuori la sua arma segreta: una tavoletta
di cioccolato alle spezie. Ne staccò due rettangolini e se li
ficcò in bocca. Bevve un po' d'acqua, guardandosi intorno, poi
si concentrò sulla cartina.
Calcolò
che ci sarebbero volute almeno cinque ore, camminando di passo svelto
e senza fermarsi mai. Ma lei girava dall'alba e oramai il buio era
quasi completo. Non si attentava ad accendere la torcia, per paura
che i nemici potessero scoprirla. Quella notte la luna sarebbe stata
piena e le avrebbe permesso di muoversi abbastanza agevolmente anche
senza la torcia. Si risolse ad attendere la notte, riposandosi in
attesa di riprendere la marcia.
I
primi a tornare al 'nido' furono Hegel e Molotov. Erano in anticipo e
così si appostarono poco lontano e si acquattarono in attesa
che arrivasse qualcuno.
La
luce della luna piena si faceva strada agevolmente, tra i rami spogli
degli alberi, così che i ragazzi ci vedevano abbastanza da non
dover usare le torce.
Dopo
un po' che aspettavano, però cominciarono a preoccuparsi.
-Ormai
Marx e Garibaldi dovrebbero essere qui...- disse Molotov.
-Effettivamente
sono in ritardo.- replicò Hegel, mostrando il quadrante
dell'orologio che si illuminò: segnava le 20.05.
-Pensi
che siano solo in ritardo o...?- chiese ancora Molotov.
-Lo
sai anche tu... Marx non è mai arrivato tardi al nido. Cioè...
so che sono solo cinque minuti, però...- disse cupo il biondo,
che accarezzò la sicura del mitra.
-Da
quando combattiamo con lui non ha tardato nemmeno un minuto. È
sospetto...- finì Molotov.
-Già.-.
Sapevano
che il Gatto di solito ci metteva più degli altri a tornare,
perché scortecciava perfino gli alberi, per controllare che
non ci fosse nessuno dietro.
Ma
Marx... in tutti gli anni della sua carriera non aveva mai sgarrato
di un secondo.
-Io
provo a chiamarlo.- decretò il biondo.
Molotov
annuì.
Hegel
armeggiò un momento con l'auricolare e cominciò a dire
-Hegel a Marx. Hegel a Marx... rispondi, passo...- quando lo schiocco
di un rametto spezzato lo fece voltare verso il folto cespuglio che
lo nascondeva sul lato destro. I suoi occhi si fissarono sulla canna
circolare di un fucile, a meno di due centimetri dalla visiera del
suo casco.
-Oh
cazzo...- sbottò.
Molotov
fece per scattare in piedi, ma qualcuno lo atterrò e lo
immobilizzò, faccia a terra.
-Buonasera,
bellezza.- rise una voce al suo orecchio.
-Hai
visto quanti topi pulciosi girano per il bosco?- disse a voce più
alta quello nascosto dietro il cespuglio, alzandosi.
-Per
fortuna che ci siamo noi a fare la disinfestazione... ma ce ne
mancano ancora due!-
-Il
capo non sarà molto contento, ma siamo a buon punto, non
credi?-
-Ehi,
biondino!- sbraitò l'altro -Dimmi un po'... dove sono gli
ultimi due?-.
Hegel
fece finta di non sentire.
-Oddio!
Quanto li odio quando fanno i difficili...- sbuffò scocciato
-Avverti gli altri di venire fuori...-.
Con
un fischio acuto, il resto della compagnia, che poi si rivelò
l'unione di due squadre, fece capolino portandosi dietro due
prigionieri legati, imbavagliati e per nulla collaborativi.
Hegel
e Molotov ebbero un tuffo al cuore: erano Marx e Garibaldi!
Per
un istante avevano follemente sperato entrambi che avessero catturato
il Gatto e Mirage, e che il loro comandante fosse ancora libero.
-Siamo
spacciati...- commentò con uno sbuffo Molotov.
-Ehilà!-
esclamò giulivo Hegel sorridendo e agitando una mano in
direzione dei due compagni catturati.
Uno
dei nemici si guardò col suo vicino e questo si picchiò
l'indice su una tempia.
-Perdere
una guerra non è molto salutare per la psiche...- disse.
I
nemici disarmarono i due ragazzi e li legarono e imbavagliarono, poi
si misero in marcia, senza più preoccuparsi di essere
silenziosi.
Mirage
si era beatamente assopita da un bel po' e nulla sembrava potesse
svegliarla.
Nulla
tranne...
-MIRAGE!
MIRAGE!-.
La
ragazza si alzò di scatto, impaurita.
Chi
era che tentava di farle fuori un timpano? Ah, sì!
L'auricolare...
-Mirage
in ascolto...- disse sbadigliando.
-Mirage,
sono il Gatto! Abbiamo un enorme problema!- disse agitatissimo il suo
compagno.
La
ragazza scosse la testa, cercando di schiarirsi la mente.
-Che
tipo di problema?- bofonchiò lei di rimando.
-Hanno
catturato la squadra!-
-Eh?
Ma se tu stai parlando con me!-
-Mirage!
Ti dico che hanno preso la...- si fermò un momento -Mirage...
ma stavi dormendo?-
-Sì...
e tu mi hai svegliata...- rispose irritata la ragazza che,
chiaramente, non aveva ancora compreso in pieno le parole del Gatto.
-Ma
sei alla base?- chiese.
-Ehm...
no!- rispose lei ridacchiando -È una lunga storia, sai? Mi
sono persa e mi sono ritrovata al punto esatto in cui ci siamo
separati! Non è divertente?-.
Il
Gatto non replicò subito.
Dovette
fermarsi un momento a ragionare e a fare due calcoli: Mirage non era
alla base, ma al punto in cui si erano divisi.
Lui
stava seguendo i nemici che avevano catturato la sua squadra, che si
stavano innegabilmente dirigendo verso il punto in cui si trovava
Mirage.
Sommando
i due eventi arrivò alla seguente conclusione:
-Mirage
spostati! Te li ritroverai addosso tra meno di cinque minuti!-
-Cosa?-
-MIRAGE
SVEGLIA!! Stanno venendo dalla tua parte!-.
Mirage
finalmente comprese e, balzata in piedi, si precipitò a
nascondersi.
-Quanti...
quanti sono?- chiese tremante.
-Dodici.
Hanno unito due squadre. Io gli sono dietro. Sta giù e non
farti vedere. Lasciali passare e aspetta... diciamo dieci minuti. Poi
comincia ad avanzare dietro di loro, con cautela. Dovremmo riuscire a
vederci, a quel punto... chiudo.-.
Mirage
sentì un rivolo freddo di sudore scenderle giù per la
schiena.
Strinse
a sé la mitraglietta e si preparò al peggio.
Poco
dopo sentì distintamente le risa soffocate di parecchie
persone.
Cercò
di farsi ancora più piccola e si schiacciò a terra.
Le
voci si avvicinarono pericolosamente e lei smise di respirare.
Le
sentì cominciare ad allontanarsi ma, proprio in quel momento,
si sentì un distinto 'bip bip bip' provenire dal suo orologio.
-Oh
nononononono...la sveglia no!- piagnucolò a denti stretti,
cercando di spegnerla.
Troppo
tardi.
-Ehi...
avete sentito?- fece una voce.
-Cosa?-
-Non
vi è sembrato di sentire qualcosa suonare? Tipo una sveglia?-.
Un
coro di 'no', ma con qualche 'sì' di mezzo, si levò
dall'unità.
Un
nuovo 'bip bip bip' risuonò, stavolta più vicino a
loro.
Mirage
per poco non si lasciò sfuggire un grido, poi si accorse che
non era stato il suo orologio a suonare.
-Ehi!
È stato l'orologio del ricciolino, qui, a fare casino.-
-Ma
io ne avevo sentito uno più distante...-
-Avrai
sentito male!- tagliò corto una voce dura.
Mirage
la riconobbe e sentì una stretta alla bocca dello stomaco.
-Forza,
non perdiamo tempo. Domani attaccheremo la loro base e questa storia
ridicola finirà, finalmente.-.
I
nemici si rimisero in marcia.
Mirage
rimase immobile, con gli occhi sbarrati. Si riscosse, ricordando le
parole del Gatto.
Aspettò
quanto le era stato ordinato e poi si mosse in silenzio.
Era
difficile seguire i nemici al buio, nonostante la luce della luna.
Temeva di rompere un rametto e di farsi scoprire e del Gatto non
c'era traccia.
Per
fortuna, il fatto che i nemici non badassero ad essere silenziosi
copriva in modo soddisfacente i rumori provocati da Mirage, che ad
ogni passo almeno tirava insulti strozzati a destra e a manca contro
sassi, radici, foglie secche e quant'altro.
Ad
un tratto i nemici si fermarono in una radura, un poco rialzata.
Mirage
si avvicinò per vedere meglio.
Si
sentì il verso di un gufo, forse disturbato dai ragazzi.
Mirage non ci fece troppo caso, anche se aveva la sensazione che quel
suono le fosse famigliare.
Stava
osservando dove e come venivano assicurati i prigionieri, quando una
mano le tappò la bocca. Lei cominciò a divincolarsi, la
una voce amica le disse di calmarsi.
-Dio,
Gatto! Vuoi farmi venire un infarto?- ringhiò la ragazza.
-Scusa...
ma mi ci hai costretto! Perché non hai risposto al richiamo?-
sussurrò lui di rimando.
L'espressione
stranita della ragazza gli fece comprendere che non ricordava che il
verso del gufo serviva a richiamare i compagni, nelle azioni
notturne. Decise di lasciar perdere.
-Che
facciamo?- chiese Mirage.
-Non
lo so. Non ho abbastanza elementi per elaborare una buona strategia.
Ma perché si sono fermati, ad un certo punto?-
-Il
mio orologio... avevo messo la sveglia, perché volevo
raggiungere la base durante la notte, ma è suonata al momento
sbagliato. Marx deve avere capito che doveva esserci qualcuno, perché
poi ha fatto suonare la sua e credo che mi abbia salvata.-
-Ok...
hai sentito qualcosa dei loro discorsi?-
-Hanno
detto che vogliono attaccare la nostra base domani!-
-Oh...
questo non va bene... dobbiamo avvertire la base e dire di stare
pronti a ricevere visite.-
-Ma
scherzi? Ci andranno addosso con tutte e tre le loro squadre!-
bisbigliò combattiva Mirage.
Il
Gatto la guardò perplesso e poi le fece segno di venirgli
dietro. La condusse in un punto riparato, lì avrebbero potuto
parlare con più calma.
-Tu
dici che lasceranno sguarnita la loro base?- chiese guardingo.
-Sì!
Si sentono al sicuro! Hanno catturato praticamente tutte e tre le
nostre unità, con l'eccezione di noi due. Dobbiamo far
spostare la nostra base. Napoleone non ha scelto una buona
postazione, questa volta. Non è ben difendibile come lo è
di solito.-
-Ma
tu che ne sai? È la prima battaglia che combatti al nostro
fianco...-
-Bé...-
Mirage cercò di trovare una risposta plausibile, sapeva che il
Gatto non era stupido -Insomma... La fama di Napoleone nel scegliere
il terreno più adatto al campo base è risaputa... e poi
ragiona! Faranno così per forza! Non hanno nulla da temere da
noi! Noi non abbiamo ancora trovato la loro base! Penseranno che
non...-.
Nonostante
fosse buio, non le era sfuggito il cambio di espressione del Gatto.
-Come
mai dici che non abbiamo ancora trovato la loro base? Tu non sai se
noi l'abbiamo trovata o no...-
-Ma
scusa...- cercò di giustificarsi la ragazza -Se aveste trovato
la base, mi avreste richiamata indietro... e poi... non ci sarebbe
stato bisogno di trasferire i prigionieri, no?-.
Il
ragionamento di Mirage parve convincere il Gatto, per il momento.
-Quindi
tu proponi di far trasferire la base?-
-Sì...-
mormorò -Pensavo... ti ricordi dove siamo passati il... primo
giorno, poco prima di fermarci per la notte?-.
Il
Gatto rimuginò un momento.
-Sì,
credo che... ma ci vorrà tempo...-
-Più
che altro...- disse Mirage, prendendo la cartina e una piccola pila
-La vera fregatura è che è distante... per trasferire
tutto ci vorranno minimo dodici ore, facendo almeno due giri, e non
camminando, ma trottando...-
-Si
potrebbe tentare... ehm... con una tappa intermedia?-.
La
ragazza ci rimuginò velocemente.
-No.
Bisogna trasferire tutto e bisogna farlo il più presto
possibile.-
-Ma
dobbiamo tenere d'occhio anche questi... potrebbero portarci alla
loro base.-
-Lo
so, ma se loro attaccassero la base e non trovassero niente... io
credo che... tornerebbero indietro, per decidere una nuova
strategia...-
-Ha
un senso.- disse il Gatto.
-Aspetta
aspetta... ho un'idea per velocizzare il trasloco... portiamo con noi
solo l'indispensabile, il resto lo nascondiamo.-.
Il
Gatto cominciava ad essere sconcertato: da quando Mirage era
diventata stratega?
La
sua compagna aveva messo via cartina e torcia e si era alzata in
piedi.
-Dai,
andiamo! Abbiamo poco tempo e dovremo correre, per avere abbastanza
tempo. È quasi mezzanotte e ci metteremo sei, sette ore a
tornare. Se ci impegniamo ce la possiamo fare in cinque.-
-Pronta
per una corsetta al chiaro di luna?-
-Sissignore!-
rispose con un sorrisetto la ragazza.
Mirage
e il Gatto corsero a più non posso, senza quasi fermarsi. Il
ragazzo sembrava davvero un gatto, perché sembrava vederci
alla perfezione al buio, evitando ogni ostacolo, mentre Mirage ogni
tanto si scordava di saltare le radici e cadeva a pesce per terra.
Allora il suo compagno si fermava, la raccattava da terra e
riprendeva la corsa.
-Scusa...-
annaspò Mirage dopo l'ennesima caduta -Sono una vera palla al
piede...-
-Non
preoccuparti...- la rincuorò il Gatto.
Mirage
tirò fuori dal taschino che stava sullo spallaccio dello zaino
la sua cioccolata e ne offerse un pezzo al Gatto.
-Ecco!
Vedi che non sei una palla al piede?- disse il ragazzo ridendo -Non
puoi esserlo, se mi offri la tua cioccolata!-
-Ci
vuole ben altro, per non esserlo...- replicò sorridendo.
Arrivarono
finalmente in vista della loro base quando erano ormai le 5.30 del
mattino e buttarono fuori dalle tende tutti quanti si erano concessi
un riposino.
Napoleone
li chiamò a rapporto e ascoltato il breve riassunto
dell'accaduto, concordò su quanto Mirage proponeva.
Lasciarono
al campo le tende e parecchi utensili da cucina, mentre fecero
incetta di incerate, che usarono come sacchi per trasportare le
apparecchiature di comunicazione e le armi e le munizioni. Poi
presero le coperte e le provviste. Ciò che dovettero lasciare
lì, ma che non volevano finisse nelle mani dei nemici, fu
interrato in buche ben mimetizzate.
In
poco più di mezzora fu tutto pronto per la partenza. Il Gatto
si caricò lo zaino sulle spalle e cercò con gli occhi
Mirage. La ragazza era appoggiata ad un albero, con espressione
corrucciata e pensierosa.
-Mirage...-
la chiamò avvicinandosi -Vieni?-.
Mirage
scosse la testa.
-Io
resto.-
-Cosa?-
-Dobbiamo
sapere cosa succederà quando scopriranno che abbiamo
abbandonato il campo e poi non possiamo lasciare tutto deserto. Serve
qualcuno che movimenti il campo o potrebbero insospettirsi...-
-Oh...-
fece il Gatto -Aspetta un momento.-.
Il
ragazzo raggiunse Napoleone e gli disse che restava ad aiutare
Mirage. Il generale annuì, lanciando uno sguardo veloce al
loro ultimo acquisto... di cui non sapeva assolutamente nulla!
Si
era presentata la sera di tre giorni prima dell'inizio dell'ultima
battaglia dell'anno, per sapere se c'era posto per una ragazza nella
sua sua compagnia. Caso voleva che uno dei suoi uomini si fosse
ammalato esattamente il giorno stesso e così aveva colto
l'occasione al volo. Non aveva tempo per controllare le credenziali
della ragazza a fondo, così si era limitato a sottoporla a una
verifica in poligono di tiro, per assicurarsi che sapesse come
maneggiare le armi, e poi ne aveva sommariamente tastato le capacità
fisiche in palestra. Mirage si era rivelata idonea e l'aveva
integrata nella squadra di Marx, anche se questo non era stato troppo
contento...
Il
Gatto tornò da Mirage, dicendole che era con lei.
Lei
si limitò ad annuire e gli disse di accendere il fuoco e di
preparare una bella caraffa di caffè forte, poi lo lasciò.
Mirage
passò un'ora a trafficare con qualcosa nei dintorni
dell'entrata del campo. Aveva tagliato degli arbusti e li aveva posti
in due posizioni strategiche ai lati del sentiero, e sparso per terra
qualcosa di non meglio precisato sul lato nord del sentiero, poco
davanti a una ripida salita, ma era troppo distante per capire cose
fosse.
-Mirage!
Il caffè è pronto!- la avvertì.
-Arrivo!-
rispose lei di rimando.
-Mirage,
che intenzioni hai?- chiese il ragazzo.
-Nulla
di interessante...- disse evasiva -Il mio caffè?-.
Il
Gatto le porse una tazza ricolma di liquido fumante, insieme al
barattolo dello zucchero.
-Ti
spiego quello che faremo, ok?-
-Ok...
tieni. C'è rimasta della torta al cioccolato.-.
La
ragazza prese la fetta di dolce che il Gatto le tendeva.
Prese
fuori un piccolo taccuino e vi scarabocchiò qualcosa sopra.
-Noi
siamo qui e questo è il sentiero. Probabilmente una squadra
verrà per il sentiero, ma le altre due si metteranno ai lati.
Così.- tracciò tre frecce con la punta che convergeva
verso il campo. -Noi ci posizioneremo qui e qui.- e indicò due
punti precisi, tra le frecce -Dove ho messo i cespugli, mi segui?
Aspettiamo che siano passati, poi facciamo un po' di casino, gli
spariamo addosso, ok? Poi tu, mentre io ti copro, mi raggiungi e
raggiungiamo questo punto. Lì aspettiamo.-
-Come
aspettiamo? E cosa, poi?-
-Che
ci vengano vicini.- rispose con naturalezza la ragazza -Tu non
preoccuparti. Fidati del mio piano e gli faremo fuori metà
degli uomini. Dovranno tornare alla base per forza, perché gli
farò sprecare tante di quelle munizioni che non gliene
rimarranno neppure per spararsi un colpo in testa da soli per la
vergogna.-.
Il
Gatto non era per nulla convinto di quel piano. Osservò Mirage
finire di mangiare e prendere un piccolo registratore.
-Bene,
Gatto. È ora di fare un po' di sana conversazione...-
-Cosa?-
disse il ragazzo confuso.
-Dobbiamo
fare conversazione! Per esempio...- accese il registratore -Qual'è
il tuo animale preferito?-.
Le
tre unità al completo della compagnia di Giulio II si stavano
avvicinando. Le tre squadre si muovevano in formazione a raggiera.
Tre file che convergevano verso la base nemica.
Erano
le due del pomeriggio e faceva decisamente troppo caldo, per essere
il 29 ottobre. Quando furono abbastanza vicini, sentirono delle
risate provenienti dalla tenda più grande. Sembrava che
fossero tutti lì a chiacchierare del più e del meno,
pure le sentinelle, che non si erano viste.
Incredibile!
Avevano perso tre squadre ed erano lì a ridere e scherzare!
Ormai
erano vicinissimi. Prepararono le armi e uscirono allo scoperto.
Risuonò
il colpo di un fucile. Poi un altro e un altro ancora e presto l'aria
si riempì di pallottole fischianti. Solo che non erano loro a
sparare, ma qualcun altro!
Presi
alla sprovvista e confusi ci misero troppo a riorganizzarsi e per
quel ritardo due di loro furono freddati. Un terzo fu colpito, mentre
cercava riparo dentro una tenda.
Cominciarono
a sparare a casaccio contro invisibili nemici nascosti nella
boscaglia, proprio da dove erano venuti. Uno dei comandanti, si trovò
nella tenda da dove erano venute le voci e con sgomento si accorse
che sul tavolo c'era solo un pc portatile, che aveva il volume al
massimo e diffondeva discorsi senza senso, mentre lo screen saver
faceva scorrere senza sosta la scritta a caratteri cubitali
'FREGATI!'.
-Che
stronzi!- sibilò.
Staccò
la spina del portatile e poi urlò con quanto fiato aveva:
-Basta!
State sprecando munizioni, idioti! Smettetela!-.
Il
fracasso cessò quasi subito.
Gli
altri due comandanti riuscirono a raggiungere Granata e discussero
animatamente su cosa era successo, perché era successo e come
uscirne.
-Devono
aver scoperto che intendevamo attaccare la loro base e devono essersi
spostati.- ringhiò, come gli si confaceva, Ringhio.
-E
allora chi è che ci spara?-
-Non
lo so...-
-Devono
aver lasciato indietro qualcuno.- disse Granata.
-Dobbiamo
esser passati loro di fianco mentre venivamo qua e non ce ne siamo
neppure accorti...-
-Dio,
che palle... Santo, come ne usciamo?-.
Il
Santo non aveva nulla in mente, ma in compenso la mente di Granata
lavorava a pieno ritmo.
-Non
possono tenere sott'occhio tutto il territorio. Possiamo provare ad
aggirarli...-
-Si
può provare, ma facciamo un tentativo, prima di farci
ammazzare in modo stupido. Dobbiamo capire quanto sono bravi i nostri
avversari e magari anche capire dove sono.-
-Chi
mandiamo?-
-Ehm...
Hook e Cecchino... no, Cecchino ci serve...-
-Kappa?-
-Sì...
e Fire.-.
I
tre prescelti si mossero, strisciando silenziosi sul terreno un po'
saliscendi.
Il
primo ad essere beccato fu Kappa, freddato perché aveva alzato
il capo per vedere meglio il percorso da seguire.
-Uno
è là, tra quei cespugli.- disse il Santo.
Hook
fu il secondo. Non aveva fatto niente, ma era stato visto e ucciso,
così anche il secondo cecchino nemico fu individuato.
Fire
invece, arrivò piuttosto vicino a quello a sud, prima di
essere impallinato.
Prima
da quello a sud. Poi da quello a nord.
-E
cazzo, ragazzi! Sono morto! Smettetela di spararmi!- protestò
alzandosi.
Altre
due pallottole lo raggiunsero e il ragazzo tornò a sdraiarsi,
con quattro macchie di colore rosso acceso sulla mimetica.
-Sono
due. Uno a sud e uno a nord del sentiero. Sono piuttosto bravi.-
riassunse Ringhio.
Un
improvviso movimento a sud attirò la loro attenzione e videro
un ragazzo saltar fuori dai cespugli e correre come una furia verso
nord, verso il suo compagno.
I
soldati che stavano nel campo si misero allo scoperto, per cercare di
farlo fuori, ma raffiche improvvise di mitra li raggiunsero,
eliminando altri due di loro.
Il
ragazzo ormai era al sicuro.
-Ottimo
lavoro, Gatto.- disse Mirage stringendogli un braccio e
sorridendogli.
-Sì,
ma la prossima volta lo fai tu!-
-Ok...-
rispose soffocando una risata -Ora dobbiamo correre, ma non andremo
lontano, davvero. Pronto?-.
Il
gatto annuì e al segnale della ragazza scattarono entrambi,
tenendosi bassi.
-Stanno
scappando!- gridò Chuck.
-Ma
che diamine?...- Granata era allibito.
-Uomini!
All'inseguimento! E sparate a vista!- ordinò Ringhio.
Quello
che restava della compagnia di Giulio II cominciò a correre
sparando colpi contro le due prede, che però non vennero mai
colpite.
-Mirage!
Dove dobbiamo andare?!- chiese il Gatto che aveva sentito troppe
pallottole fargli il pelo.
-Ci
siamo quasi! Sali!- rispose la ragazza, prendendolo per mano e
conducendolo su per una ripida salitella, al di là della quale
c'era una discesa altrettanto ripida. In cima Mirage si fermò
e si mise in attesa, col fucile spianato.
Il
Gatto riuscì ad abbattere un altro nemico, prima che i
compagni di quest'ultimo si riparassero dietro alberi e cespugli.
La
ragazza indietreggiò quanto bastava per evitare possibili
pallottole nemiche e si girò verso il suo compagno, con un
sorrisetto strano.
-Hai
una paglia?- chiese con noncuranza Mirage.
-Come,
scusa?- farfugliò il Gatto.
-Ti
ho chiesto se hai una paglia...-
-Ma
tu non fumi!-
-Ma
che ti frega, scusa?- si spazientì lei -Chi ti dice che non
abbia voglia di cominciare? Allora questa sigaretta ce l'hai o no? E
non dirmi che non ce l'hai, perché so benissimo che fumi, caro
il mio Micetto...-.
Il
Gatto le diede quello che voleva.
Mirage
avvicinò la sigaretta alla labbra, e il ragazzo gliela accese.
Diede un solo tiro e poi tossì violentemente.
-Ecco...-
disse Mirage con voce stozzata -Ora ho la dimostrazione pratica che
fumare sigarette è una delle cose più stupide e
autolesioniste che una persona possa fare...-.
Il
Gatto sbuffò.
-Dalla
a me, per lo meno non sarà sprecata...-
-E
chi vuole sprecarla?- ribatté la giovane, allontanando la
sigaretta dall'avida mano tesa del ragazzo.
Prese
un capo di una sottile miccia che aveva di fianco a lei e si
inginocchiò.
-Lo
sai che una sigaretta accesa potrebbe tirarci fuori d'impiccio?-
asserì con un ghigno vagamente folle.
Accese
la miccia e corse ad accucciarsi sul fondo della discesa.
Il
Gatto sulle prime non capì e la guardò confuso.
-Gatto!
Vieni qui, muoviti!- si sbracciò lei.
Il
ragazzo la raggiunse con agili balzi e appena le fu accanto, le
chiese cosa stesse per succedere.
-Tieniti
forte e sta' pronto!- rispose lei ridacchiando.
Bastarono
pochi istanti perché il fuoco, partito da una singola miccia e
attraversando una ragnatela studiata e micidiale, arrivasse a lambire
i diversi capolinea, provocando un autentico pandemonio: attorno agli
inseguitori, tra di essi, presero a esplodere colpi sparati da
invisibili nemici.
Il
Gatto e Mirage, approfittando della confusione, uccisero altri due
nemici e poi si allontanarono di corsa, ma non troppo.
Appena
si fermarono, Mirage scoppiò a ridere a crepapelle, tanto che
le vennero le lacrime agli occhi.
-Hai
visto le loro facce?- chiese -Dio! Non mi sono mai divertita tanto!-
-Ma
che diavolo hai usato?- replicò il Gatto allibito.
-Miccette!
Banalissime miccette! Ho fregato quei bastardi coi petardi più
comuni che esistano!- si fermò per un altro eccesso di riso -E
dire che dubitavo che avrebbe funzionato!-
-Mirage!
Hai rischiato di dare fuoco al bosco!- disse con voce dura il Gatto.
-Cosa
credi? Ha preso le mie precauzioni!- si impuntò la ragazza.
-È
stato pericoloso comunque!-
-Senti
un po', Gattino... ti ho appena salvato una delle tue preziosissime
vite! Quindi non ti lamentare. Ci rimangono sette nemici, da far
fuori. Proviamo a riavvicinarci a loro, con prudenza, per vedere cosa
fanno.-.
Il
ragazzo, ancora un po' contrariato e confuso dal comportamento della
compagna, che da soggetto relativamente timido era passata ad essere
una feroce e folle killer, la seguì in silenzio.
I
due compagni si mossero cautamente, con circospezione e avvistarono
il gruppo di nemici che si ritiravano dal campo di battaglia.
I
morti avevano già levato le tende e formavano un gruppo a sé
stante, tutti imbrattati di rosso, poco distante dagli altri.
Mirage
socchiuse gli occhi. C'era qualcosa che non quadrava. Chiese al Gatto
quanti nemici vedesse. Il ragazzo prese fuori un piccolo binocolo e
guardò.
-Sono
sei.- disse alla fine.
-Sei
sicuro?- disse lei, strappandogli il binocolo e guardando a sua volta
-Cazzo, hanno lasciato indietro qualcuno...-
-Cioè?-
-Abbiamo
un cecchino sulle nostre tracce. Sta giù!- e lo strattonò
a terra.
-Non
puoi dire sul serio...-
-Ci
manca una persona. Sono sicura di aver contato undici uccisi. Tre
all'inizio, tre che ce li avevano mandati contro per stanarci, altri
due mentre tu correvi da me e quello che hai ucciso tu prima che
accendessi la miccia, poi gli ultimi due che abbiamo freddato dopo
che le miccette sono esplose. Fanno undici scalpi per noi e zero per
loro, per il momento... ci mancano sette persone da far fuori. Il
loro cecchino deve essere sopravvissuto.-
-Come
fai a dirlo?-
-Perché
ce l'hanno sguinzagliato addosso.- fece cupa la ragazza -Era
un'eventualità che mi era passata di mente. Avrei dovuto
ucciderlo subito, ma anche se me ne fossi ricordata, lui non è
certo uno stupido! È sempre stato al coperto...-
-Ci
rallenterà tantissimo...- sbuffò contrariato il Gatto.
-Però...-
mormorò Mirage -Senti, facciamo così. Tu vai dietro al
gruppo e io resto qui e mi occupo del cecchino.-
-Ma...
non rischio di farmi uccidere?-
-Se
il cecchino ti vedrà andare via da solo, arriverà alla
conclusione che qualcuno è rimasto qui. Se ti sparasse
rischierebbe di rivelare la sua posizione, e io sono capace di
correre abbastanza veloce da non lasciargli il tempo di trovare un
buon nascondiglio in tempo utile...-
-Quindi
credi che preferirà andare a cercare te, che sparare a me?-.
Mirage
annuì, con espressione furba e sicura di sé.
Il
Gatto sospirò e guardandola fissa negli occhi, tanto che lei
arrossì un poco, disse:
-Finora
i tuoi piani hanno funzionato. Voglio fidarmi anche stavolta, ma se
il cecchino mi uccide, ti assicuro che torno qui e ti tiro un colpo
alla testa, capito?-
-Va
bene. Ci sto!- replicò lei, tendendogli la mano -E ora vai, o
rischi di perderli...-.
Il
Gatto si alzò guardingo e prese a camminare veloce, nella
direzione in cui aveva visto allontanarsi i nemici. Ad ogni passo che
faceva, gli sembrava che il piano di Mirage fosse talmente assurdo,
che ormai si aspettava da un momento all'altro di sentire la
schioppettata che l'avrebbe ucciso.
Schioppettata
che non arrivò mai.
Finalmente
intravvide i nemici in lontananza, e con tutta la sua abilità
di inseguitore discreto e invisibile, li accompagnò fino al
loro campo.
Da
mezzora Mirage cercava di capire dove potesse essere nascosto
Cecchino. Sapeva che a lui piacevano i luoghi un po' rialzati,
orientati in modo da non avere la luce in faccia, che di conseguenza
sarebbe stata negli occhi del nemico, quindi preferibilmente a sud.
Guardò
l'orologio e stimò che il nemico era più spostato verso
ovest così, dopo aver nascosto parte del suo equipaggiamento,
cominciò a strisciare verso sud est. Al riparo di una piccola
conca prese la cartina e cercò di trovare una zona che potesse
essere adatta a Cecchino.
Vide
che poco distante da dove lei si trovava presumibilmente, il terreno
si alzava abbastanza per rappresentare un buon posto per il nemico.
Con
calma cominciò ad avanzare, senza lasciare nulla al caso.
Aggirò il rilievo, per trovarsi sull'altro lato.
Per
la prima volta le sembrò di essere veramente silenziosa.
Mirage
aguzzò la vista, in direzione di alcuni cespugli. Prese il suo
binocolo e lo ispezionò con cura.
Un
fugace baluginio attirò la sua attenzione un poco più
avanti, verso un tappeto di foglie. Osservò con attenzione,
finché non distinse chiaramente la parte terminale di un
fucile di precisione.
-Eccoti...-
sussurrò sorridendo.
Immaginò
che doveva trovarsi sotto un telo, coperto a sua volta da foglie per
nasconderlo.
Raggiunse
un albero dal tronco largo e si tirò su. Montò in
silenzio il suo fucile e caricò. Si sporse quel tanto che
bastava per prendere la mira. Il colpo risuonò secco
nell'aria, facendo fuggire un paio di corvi, che si alzarono in volo
stridendo.
Il
grido contrariato del bersaglio colpito fece sogghignare Mirage.
-Ehi!
Brutto bastardo! Vieni fuori!- gridò il ragazzo tirandosi su
in piedi.
Il
telo gli restò addosso, rendendolo un moderno fantasma in tuta
mimetica. Cecchino riuscì finalmente a liberarsi dall'incerata
e si guardò attorno furente.
-Mi
hai sentito? Fatti vedere! Mi hai colpito a una chiappa! Sai quanto
fa male?- urlò ancora.
Mirage
guardava Cecchino sbraitare sempre più. Alla fine uscì
da dietro l'albero, col fucile in spalla. Si spinse indietro gli
occhiali, mentre osservava il ragazzo smettere di inveire contro il
suo assassino e sgranare gli occhi, dopo essersi accorto di lei.
-Se
li spalanchi un altro po', rischi che ti cadano gli occhi, sai?-
disse avvicinandosi.
-Dio,
ma sei tu!- boccheggiò il ragazzo.
-No,
sono la mia gemella cattiva... certo che sono io, Cecchino!-
-Ora
capisco...-
-Bravo.-
-Come
hai fatto a scoprirmi?-
-Eri
nascosto bene, ma hai mosso il fucile e la punta ha riflesso la luce
del sole. E poi sapevo dove trovarti...-
-Sky...-
-No.
Non sono più Sky. Ora sono Mirage.-
-Oh,
ok... Mirage... ma perché?-
-Perché?
Sono diventata vendicativa...-
-Hai
la mia comprensione, ma non la mia approvazione.-
-Della
tua approvazione mi frega come di un moscerino spiaccicato sul
parabrezza della mia macchina. Addio.- ribatté Mirage
voltandosi e incamminandosi a riprendere le sue cose.
Si
caricò in spalla lo zaino e decise di raggiungere la base, per
rifornirsi di munizioni.
Cecchino
l'aveva guardata per tutto il tempo. La ragazza all'ultimo si girò.
-Se
osi dire una parola a Giulio, vengo a cercarti! È una
promessa, non una minaccia!- gridò prima di scomparire.
Il
Gatto aveva osservato con attenzione il campo. Campo che,
miracolosamente, era apparso nel punto esatto che lui stesso aveva
perlustrato di persona giusto due giorni prima. Il ragazzo era giunto
alla conclusione che quella era una delle poche compagnie che usavano
il campo base mobile: una faticaccia orrenda, che comportava il dover
spostare tutte le apparecchiature da un posto all'altro quasi
costantemente, ma che aveva il grande vantaggio di rendere quasi
introvabile la base, facendo diventare matti i nemici.
I
suoi compagni si stavano annoiando a morte, chiusi in una tenda bella
grande, guardata a vista costantemente da un paio di guardie, che si
davano il cambio ogni ora.
I
sei sopravvissuti avevano fatto rapporto a un ragazzo biondo, che era
esploso in improperi spaccatimpani e alquanto raccapriccianti.
I
morti della giornata si stavano preparando a levare le tende.
Con
un tuffo al cuore aveva visto il loro generale prendere dieci dei
suoi compagni e farli fuori come se niente fosse, per semplice
rappresaglia.
Al
massacro erano sopravvissuti Molotov, Annibale, Diana, Libero, Marx e
Strega.
Poi
si era accorto che comunque i conti non tornavano e fece fuori pure
Molotov.
I
morti avversari, tutti molto indignati e arrabbiati, recuperarono le
loro cose e se ne andarono borbottando animatamente. Un Molotov
sconsolato cercava di pulirsi dalla vernice bianca all'altezza del
cuore, che testimoniava la sua uccisione.
-Vuole
uno scontro sette contro sette...- mormorò il Gatto scuotendo
la testa -Sempre che Mirage sia sopravvissuta...- aggiunse.
Un
nuovo giorno era finito. Un nuovo giorno in cui c'erano state le
prime vittime di quella battaglia.
Le
squadre di Napoleone erano state tutte catturate senza quasi bisogno
di sparare. Catturavano alcuni componenti delle unità e
lasciavano che i nemici restati scaricassero un po' le armi, poi li
costringevano alla resa. Una strategia contorta ma efficace, che
giocava soprattutto sulla psicologia, facendo credere che il nemico
fosse in superiorità numerica e meglio equipaggiato, che fino
a quel momento aveva funzionato.
Ce
l'avevano quasi fatta, se non fosse stato per quell'attacco
disastroso, in cui avevano perso più della metà dei
soldati effettivi.
L'ideatrice
delle loro strategie era scomparsa dopo una furibonda litigata col
generale Giulio II, ma almeno i piani per l'ultima battaglia
dell'anno erano già stati fatti, prima del fattaccio.
Dopodiché Sky era scomparsa.
Sarebbe
servita lei, ora, per trovare un modo per vincere quella guerra,
nonostante Giulio dicesse che potevano farcela da soli.
Avrebbero
dovuto ricominciare tutto da capo, cercare di nuovo la base dei
nemici, trovare quei due che erano sfuggiti alla cattura, ma era
rimasta praticamente una sola squadra di sette unità!
Al
campo di Napoleone gioirono, vedendo Mirage ritornare incolume. La
ragazza spiegò che il Gatto era andato dietro ai nemici, per
scoprire dove avevano la loro base.
Si
prese due ore per dormire e poi chiese un paio di tazze di caffè
e un panino. Riempì la borraccia e attese che il Gatto si
mettesse in contatto con la base.
Il
ragazzo chiamò che erano le 21.23 e Mirage si era rimessa a
dormire. La ragazza fu mandata a svegliare.
Mirage
raccattò lo zaino, in cui infilò qualcosa da mangiare
per il Gatto e si incamminò nel buio al punto d'incontro col
compagno.
Era
talmente stanca! Quelle poche ore di riposo non erano bastate a farla
riprendere, e nemmeno le ulteriori tre tazze di caffè che
aveva preteso, nonostante i suoi compagni le avessero detto
che non era il massimo della salute.
Arrivò
di corsetta leggera, trovando il Gatto su una rialzo del terreno,
dietro delle pietre. Il ragazzo mangiò il panino e la fetta di
torta che la ragazza gli aveva portato con avidità e gioì
talmente alla vista del thermos del caffè bollente, che quasi
saltò al collo della ragazza.
Si
misero reciprocamente al corrente di cosa era successo dopo che si
erano separati. Mirage, quando il ragazzo le disse di come il
generale nemico aveva reagito alla notizia della sconfitta dei loro
uomini, si irrigidì.
-Che
stronzo!- sibilò con odio.
-I
sopravvissuti li hanno spostati in una tenda più piccola,
centrale rispetto alle altre, e hanno raddoppiato le guardie. Sono
quattro.-
-Bisogna
entrare, in qualche modo...-.
Stettero
in silenzio per un po', cercando di escogitare un piano decente e non
suicida per liberare i compagni.
-Mi
consegno.- se ne uscì alla fine la ragazza.
-Che?
Cosa?- chiese incredulo il ragazzo.
-Fidati.
Ci è andata sempre bene, no?-.
-Non
puoi continuare a contare solo sulla tua fortuna.-
-Non
è fortuna! O almeno non solo quella! Io conto anche su una
strategia!-.
Il
Gatto scosse la testa.
-Dai!
Sarà divertente!-
-Ma
sei matta?-.
Mirage
si tolse il fermaglio che le fermava i capelli. Gli mostrò il
bordo: affilatissimo.
-Manette
e catene sono vietate, ma non le corde. Se usano quelle, le posso
sciogliere facilmente.-
-Sì,
ma poi?-
-Poi
ci serve un diversivo... mi servirebbe qualcosa che sparasse dalla
parte del campo opposta a dove si trova la tenda dei prigionieri-
continuò Mirage in pieno attacco creativo -Sai le armi che ho
portato in più? Le nascondiamo nel bosco, poco lontano dalla
tenda, così mentre sono distratti dalla mitragliatrice che
spara, noi scappiamo verso le armi così riarmiamo i nostri
compagni e poi scappiamo via!-
-Ehm...
quindi io dovrei rischiare di nuovo di farmi impallinare?-
-No!
Non necessariamente! Se riusciamo a bloccare il grilletto, l'arma può
sparare da sola, senza che tu rischi nulla! Basta che la azioni e poi
ti sposti!-
-Oddio...
mi sembra talmente assurdo come piano!-
-Bé,
al massimo ci rifaremo l'anno prossimo...- replicò Mirage
facendo spallucce.
Le
sentinelle sentirono qualcuno avvicinarsi. Era impossibile non
sentirlo! Anche se sembrava che ce la stesse mettendo tutta per non fare
rumore...
I
due ragazzi arrivarono da dietro, atterrando il nemico, che cercò
di divincolarsi furiosamente, coprendoli di insulti. La disarmarono
con poco garbo.
-Una
ragazza! Incredibile che facciano entrare le ragazze come soldati...-
rise uno.
La
ragazza, che era stata tirata su di peso, sganciò un calcio
laterale fulmineo al piede della sentinella che urlò di dolore
e la lasciò andare.
-Hai
qualcosa contro il fatto che alle ragazze piaccia combattere? Eh?-
gli strillò in un orecchio.
-Stai
calmina, bellezza.- la ammonì l'altra guardia, pungolandola
con la punta del fucile.
-Muoviti,
bastarda!- mugugnò l'altro.
Trascinarono
la nuova prigioniera verso il campo, ma appena la luce del fuoco
illuminò il volto della ragazza, rendendolo finalmente
visibile, le due guardie lanciarono uno 'Dio' di petto, degno del
tenore più in voga del momento.
-Oddio!
È lei!- gridò uno.
-Ciao,
Pedro...- disse annoiata la ragazza.
-Che
succede?- sbraitò Giulio, uscendo dalla sua tenda.
Si
fermò basito, come tutti gli altri che erano accorsi.
-Tu?-
-Oddio!
No! Non sono io! Sono
un fantasma! Sono tornata dall'oltre tomba per vendicarmi! Anzi,
avete una allucinazione collettiva da stress! È il rimorso per
avermi destituita!- sbottò.
-Brutta
figlia di una puttana stronza!-
la aggredì il generale.
-Ehi!
Mia madre non è una puttana! È tuo padre che è
un puttaniere! L'ha mollata appena ha scoperto che era incinta di me,
dopo aver tradito tua madre!-
-Oh,
scusa sorellina!-
-Oh,
sì! Certo! Dimenticavo che tu sei per la lapidazione delle
'puttane' e una medaglia al valore per i puttanieri... stronzo.-.
Giulio
le si avvicinò e le mollò un ceffone da ribaltarle la
faccia. Mirage fu sbilanciata, ma non cadde e, ruotando velocemente,
si abbassò, tendendo la gamba e falciando il fratello che
cadde per terra.
-Brutto
figlio di puttaniere!- gli ringhiò.
-Guarda
che lo sei anche tu!-
-Per
lo meno io lo ammetto e non me ne vanto!-
-Sky,sto
perdendo la pazienza...- la minacciò rialzandosi.
-Io
l'ho già persa da quel pezzo, la pazienza!- strillò lei
di rimando.
-Dio,
non ci posso credere che l'hai fatto!-
-Bé,
apri gli occhi e credici, idiota... sto col francese, adesso!-
-Ma
tu li odi, i francesi!
-Non
è vero! Per Napoleone ho sempre avuto una certa simpatia.-
-Ma
sei passata al nemico!-
-E
ti assicuro che ne sono fierissima!-
-Portatela
via, prima che compia un omicidio!- gridò in un ringhio
Giulio, pestando un piede per terra.
A
Mirage furono tolte le protezioni a braccia e gambe, fu legata con le
mani dietro la schiena e spintonata fino alla tenda dei prigionieri,
che guardarono allarmati la nuova venuta.
-Mirage?-
fece incredulo Marx.
-Salve
capo...- sbuffò lei mettendosi seduta.
-Ma
tu sei...-
-No,
guarda, non è il momento adatto per fare salotto.- lo bloccò
brusca Mirage -Tu!- disse in tono basso ad Annibale -Toglimi il
fermaglio, e intendo toglimelo ora, non tra un'ora.-.
Una
volta tolto l'inusuale coltello dai capelli, Mirage spiegò il
suo piano, intanto che Annibale tagliava agevolmente le corde dei
suoi compagni.
-Gatto
ormai dovrebbe essere pronto ad entrare in azione. Gli ho detto di
darci una mezzora, a partire da quando sarei entrata nella tenda.-
-Cavolo,
Mirage... chi ti ha tatuato questa mano in faccia?- chiese Marx
sfiorandole la parte colpita con un dito.
-Mi
sono schiaffeggiata da sola.- rispose lei -State pronti. Queste sono
le tende migliori per i campi mobili, perché praticamente si
riducono a tre pali e un telone. Ma per i prigionieri è
piuttosto facile uscirne: non sono picchettate granché e
riusciremo a sollevarla abbastanza agevolmente... ma del resto perché
disturbarsi tanto?- disse rigirandosi tra le mani il fermaglio
tagliente.
Li
fece disporre sul lato di fondo, pronti a uscire a fionda dalla
tenda.
Passò
qualche minuto, prima che le raffiche della mitragliatrice,
posizionata dal Gatto mentre i nemici erano distratti con Mirage,
fendessero l'aria. La ragazza contò fino a cinque e poi gridò:
-Via!-.
Il
telone fu tagliato di netto e i sei compagni fuggirono veloci come il
vento. Una sentinella era rimasta a guardia dei prigionieri e sparò
ad Annibale e Diana, che si fermarono a incitare i loro compagni a
correre più veloci.
Nel
folto degli alberi trovarono il Gatto e furono riarmati velocemente;
poi ripresero a correre allontanandosi sempre di più dalla
base nemica.
Il
giorno si stava avvicinando. Erano quasi le 4.30 di mattina. Mirage,
dopo averli convinti, fece compiere ai compagni una curva larga verso
destra, per tornare indietro.
I
tre ragazzi e le due ragazze arrivarono al campo nemico poco prima
delle 7.
Silenziosi
e guardinghi circondarono quello che era rimasto della base e
osservarono i nemici radunati a consiglio.
Il
primo colpo fu sparato dal Gatto, che colpì Granata,
sopravvissuto alla notte.
Poi
tutti gli altri si diedero da fare per eliminare tutti gli altri.
Il
Gatto si accorse che dalla postazione di Mirage non sparava nessuno.
Guardando meglio, vide che non c'era nessuno. Doveva essersi
spostata.
Al
campo nemico erano rimasti in piedi due, anzi, tre bersagli, ben
nascosti. Mirage avrebbe potuto colpirli da dove si trovava! Dov'era
finita?
Gli
spari cessarono. Bisognava attendere che quelli che erano rimasti
mettessero il naso fuori, oppure provare a spostarsi, ma era
rischioso.
Due
colpi in rapida successione ferirono il silenzio, uccidendo altri due
nemici.
Era
rimasto solo il generale, che si affrettò a mettersi al riparo
dentro una tenda.
Mirage
uscì allo scoperto con una pistola in mano.
-Ehi!
Giulio! Che ne dici di un fratello contro sorella?- gridò.
Non
ricevette risposta. Continuò ad avanzare, tenendosi al
coperto.
Giulio,
da dentro la tenda, stava pronto, col dito sul grilletto della
pistola.
Mirage
aveva passato una corda lungo il perimetro della tenda dove si
nascondeva il fratello, poi aveva fatto cenno al Gatto di prendere un
capo della suddetta corda e avevano cominciato a tirare piano. Quando
la corda stava cominciando a tendersi sul telo, Mirage strillò
con rabbia:
-Tira,
Gatto! Tira!-.
Giulio
si trovò soffocato all'improvviso nel soffocante viluppo della
tenda e cadde giù divincolandosi.
-Eh!
Io gliel'ho sempre detto di non scegliere terreni troppo morbidi, per
piantare le tende, perché poi i picchetti cedono e questo
giochino viene tanto bene! Soprattutto se le tende sono picchettate
con quattro spilli contati, storti e sbilenchi e con una
inclinazione sbagliata...-
spiegava la voce della sorella.
Giulio
non aveva lasciato la pistola. Quando qualcuno aprì con
qualcosa di tagliente il sacco che aveva imprigionato il generale,
questo puntò la pistola davanti a sé e sparò un
colpo.
Un
grido.
Fine
delle ostilità
-E per la compagnia di
Napoleone, hip hip!
-Urrà!-
-Hip hip!-
-Urrà!-
-Hip hip hip hip hip
hip!-
-Urrà!-
-La coppa è
nostra!-.
Facce felici e non
molto sobrie, imporporate dal calore dell'ambiente e dall'alcool
cantano 'We Are The Champions', tutti con le braccia sulle spalle dei
propri vicini, tranne una persona.
Finito il coretto,
Mirage si siede esausta e vagamente ubriaca a una delle lunghe panche
di legno, con il braccio destro al collo.
-Ciao.- la voce del
Gatto la coglie di sorpresa.
-Oh, ciao!- dice,
mentre il ragazzo le si siede accanto.
-Come va il braccio? Ho
saputo che non è rotto.-
-No, ma il colpo mi ha
incrinato le ossa. Se avessi avuto le protezioni, non sarebbe
successo.-
-Comunque grazie...
quella pallottola avrei dovuto beccarmela io! Ti assicuro che quando
ti vista cadere per terra, tenendoti il braccio, ho pensato che la
pallottola fosse entrata...-
-Anche io. Per fortuna
non è successo. Comunque ti ho spinto via perché quella
pallottola non era per te, ma per me. Temo che mio fratello mi
volesse sparare già da molto tempo...-
-Nel vostro caso non si
può proprio parlare di amore fraterno, eh?-
-Direi proprio di no!-
ride Mirage.
Restano in silenzio per
alcuni istanti.
-Mirage?-
-Sì, Gatto?-
-Resterai con noi?-
-Oh...- la ragazza
sembra imbarazzata da quella domanda -Bé... non lo so... mi
piacerebbe...-.
Il Gatto le spinge
indietro gli occhiali, facendola arrossire.
-Piacerebbe anche a
me...- sussurra.
Ora Mirage è
bordeaux. Ride imbarazzata, non sa che dire.
-Che fai? Ci provi?-
chiede guardandolo di sbieco.
-Perché no?-
risponde lui candidamente.
Mirage rimane di
stucco.
Farfuglia consonanti e
vocali in parole senza capo né coda.
Lei odia farfugliare!
È già
abbastanza ridicola di suo...
-Mirage, tu ce l'hai il
fidanzato?-
-Nononcel'ho...-
bisbiglia, mangiandosi un paio di lettere.
Come in un sogno, il
Gatto la fa alzare e la accompagna fuori, nel freddo di una notte di
pioggia, che finalmente si è decisa a cadere.
Il Gatto affonda
sornione il viso nella massa di capelli soffici, puliti, di Mirage.
Il delicato profumo di fiori della ragazza si mischia a quello più
selvatico della terra umida.
-Se c'è una cosa
che amo più di giocare ai soldati...- bisbiglia all'orecchio
di Mirage -È avere una ragazza carina e intelligente al mio
fianco...-.
Mirage tace. Ha avuto
modo di conoscere il Gatto, in quei pochi giorni passati insieme.
Erano stati diffidenti,
l'uno verso l'altra, all'inizio; non si conoscevano e avevano
litigato e si erano scontrati.
Lui amava la
solitudine, ma anche lei la amava, così finivano sempre per
trovarsi da soli, insieme.
Parola dopo parola, si
erano scoperti.
Fugaci occhiate,
inconsapevoli, per lo più.
Piccoli gesti di
cortesia, l'uno verso l'altra.
Lei ne aveva apprezzato
le varie sfumature del carattere, la sua serietà e lealtà.
Cose che le erano piaciute.
Lui aveva ammirato il
suo spirito d'iniziativa e la sua generosità, nonostante fosse
un po' scostante, come persona.
-Ti amo.- il sussurro
si perde nel canto della pioggia.
-Ti amo.-.
Il mormorio si ferma,
si sente solo la pioggia che cade.
Il primo bacio nel
silenzio della notte.
Questa
battuta è di un film, ma non ricordo mai quale!
Non
so se questa cosa sia fattibile, mi piacerebbe provare a farlo solo
per vedere se riesce...
Ok...
io non so assolutamente
nulla
[e sottolineo nulla]
degli argomenti di cui
ho scritto
mi sono limitata a
lavorare molto di fantasia e a ricordarmi qualche stralcio di film o
partita ad Half Life e Jedi Knight... (penose, le partite -.-'')
quindi se c'è
qualche esperto, chiedo perdono per tutte le cavolate che ho scritto.
Detto questo, io mi
sono abbastanza divertita a scrive questa cosa,
senza avere nessuna
pretesa letteraria di alcun genere.
Spero che sia piaciuta
anche a voi,
altrimenti, pace...
[vorrei precisare che
io sono pacifista, ma che l'idea di andare in giro a spararsi con
proiettili di vernice non mi dispiace... sono un po' contraddittoria,
lo so... ^^]
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