One corpse away from you.
o di come
Stiles imparò le usanze dei lupi.
betato da nes_sie
Quando
per la prima volta Stiles trovò un uccellino morto sul davanzale della
sua
finestra, gli si spezzò il cuore.
Sicuramente sarà caduto dal nido,
aveva pensato prontamente mentre afferrava il “cadavere” e lo adagiava
in una
bustina di plastica che poi aveva gettato tra i rifiuti. Doveva
ammettere a sé
stesso che l’idea della morte un po’ lo turbava, diciamo che l’aver
perso la
mamma quand’era ancora piccolo non lo aveva affatto aiutato con il
problema del
trapasso.
Però
ci passò su.
Non
ritenne nemmeno opportuno dirlo a suo padre, che già aveva tanti
pensieri per
la testa col suo lavoro. Per non parlare dei problemi del branco.
Stiles
si era buscato un bel raffreddore la sera che il Kanima li aveva
attaccati
nella piscina. Per salvare Derek, era rimasto a mollo per quasi un’ora
ed era
stato premiato con un naso gocciolante e tosse cronica durata per più
di una
settimana.
Ovviamente
il gene lupesco aveva salvato l’Alpha dalla sua stessa sorte.
Ma
la cosa che più aveva fatto irritare il ragazzo era stato il
comportamento
dell’altro. Nessun grazie, nemmeno una pacca sulla spalla.
Gli
aveva salvato la pelle, dannazione!
Qualche
giorno dopo, Stiles aveva sentito un certo odoraccio nella sua stanza,
come se
avesse lasciato un panino farcito alla maionese sotto il sole e se lo
fosse
dimenticato lì.
Aveva
controllato ovunque, perfino dentro l’armadio, ma non c’erano né
cartoni di
pizza avanzati – magari lasciati da quell’animale pigro di Scott –, né
bustine
di patatine risalenti a qualche secolo prima.
Eppure
l’odore persisteva.
«Dio!
Cos’è questo odore?» si lamentò suo padre, passato soltanto per
avvertirlo che
usciva.
Il
giovane Stilinski scrollò le spalle. «Si sarà rotta qualche fogna,»
disse.
Lo
sceriffo parve poco convinto, anche perché l’odore pareva molto più
forte
all’interno della camera piuttosto che all’esterno, ma andava di fretta.
«Chiuditi
bene, stanotte tornerò tardi,» lo avvertì.
Stiles
annuì con un sorriso. Come se non
rimanessi a casa da solo almeno una volta a settimana.
Quando
sentì suo padre sbattere la porta dell’ingresso ebbe come una
folgorazione.
Corse al centro della sua stanza e si lanciò direttamente con il viso
sotto il
letto, scostando il piumone che penzolava da un lato.
Cazzo.
Stiles
non riusciva a credere ai propri occhi.
Proprio
al centro della sua stanza, sotto il materasso dove lui dormiva ogni
notte,
c’era una specie di topo. Morto.
Disgustato,
corse a prendere del detersivo e del disinfettante, per poi ribaltare
tutta la
sua stanza e pulirla da cima a fondo.
Se è uno scherzo di Jackson, me la
pagherà!
Era
in ritardo.
Come
ogni mattina, da un po’ di tempo a quella parte, si sentiva esausto e
nonostante la sveglia suonasse alla solita ora, Stiles la spegneva per
poi
alzarsi dal letto all’ultimo.
«Cazzo-cazzo-cazzo!»
imprecò mentre correva giù dalle scale, rischiando di inciampare.
Suo
padre fece capolino dalla cucina. «Non mangi nulla?»
Il
ragazzino afferrò una fetta di pane tostato e si riempì la bocca con
una
manciata di cereali, al volo. «Fao fafà! Fono in rifarfo!»
E
corse verso l’ingresso spalancando la porta.
Cadde.
Esatto.
Si ritrovò con la faccia dolorante spiaccicata sul selciato di fronte a
casa
sua, mentre attraverso gli occhi appannati dal dolore riusciva a stento
a
vedere la fetta di pane che era rotolata sull’erba.
«Stiles,
stai bene?» chiese allarmato suo padre. «Ma che ca-…?»
Stiles
si rimise in piedi, si massaggiò i palmi indolenziti, poi si voltò
verso
l’oggetto che lo aveva fatto capitombolare.
Ovviamente
rimase di sasso.
«È
un coniglio, quello?» chiese lo sceriffo.
Stiles
deglutì a stento. Si pentì subito di essersi ingozzato di cereali così
velocemente, ora stava per vomitarli tutti.
«L-Lepre…»
balbettò.
La
situazione gli stava nettamente sfuggendo di mano, ormai ne era certo.
Trovare
ogni giorno un animale morto in un punto diverso della sua casa lo
stava
mandando fuori di testa.
Aveva
sospettato fosse stato Jackson l’autore, ma quando ne aveva parlato a
scuola
tutti i suoi amici erano rimasti allibiti a quella notizia.
Perfino
Lydia gli si era avvicinata. «Per quanto Jackson possa essere crudele a
volte,
non arriverebbe mai a tanto. Lo sa che hai perso tua madre…» gli spiegò.
E
allora chi mai poteva fargli un torto simile?
Stiles
aveva perfino paura a tornare a casa, a rimanere solo nella sua stanza.
Aveva il
terrore di trovare un nuovo cadavere, che un attacco di panico lo
cogliesse
impreparato.
Il
prossimo sarebbe stato lui? Era forse un presagio?
Strinse
le dita in un pugno e si alzò dalla sedia girevole.
Basta.
Era
stufo di dover sottostare a tutte quelle angherie, soprattutto se
tirava in
ballo la tragedia della sua vita. Avrebbe colto in fallo il colpevole e
gliele
avrebbe suonate, o meglio, avrebbe avvertito suo padre in modo che
prendesse
provvedimenti.
«Dovrò
nascondermi,» disse tra sé e sé.
Afferrò
la mazza da lacrosse che teneva dietro la porta e si accucciò dietro al
letto.
Non sapeva bene quando il vandalo avrebbe colpito, e in effetti non
conosceva
nemmeno il luogo esatto dove avrebbe lasciato il prossimo “regalo”, ma
ciò non
gli impedì di provare.
Stiles
sentiva il suo cuore battere frenetico, quasi come se si sentisse
braccato.
Calma. Devi stare calmo.
Strinse
più forte il legno della mazza, fin quasi a conficcarsi qualche piccola
scheggia nel palmo. Suo padre non c’era, come al solito, ma aveva il
cellulare
a portata di mano.
Uno
scricchiolio sinistro della finestra lo fece sussultare.
Cercò
di rimanere immobile, facendosi forza. In fondo, poteva trattarsi di un
soffio
di vento oppure un uccello che si era posato sul davanzale.
Ancora vivo.
Quando
avvertì distintamente il legno dell’infisso che scivolava sui cardini,
trattenne un singulto. Era ovvio che qualcuno stesse entrando nella sua
stanza,
ma si domandò immediatamente come
potesse esserci riuscito senza destare nemmeno un sospetto.
Era
al secondo piano, ad almeno dieci metri d’altezza.
O adesso o mai più!
Doveva
agire immediatamente, essere fulmineo, attaccare prima che l’altro – o
altra,
perché no – avesse avuto il tempo materiale di reagire.
Piantò
un piede sulla moquette e si preparò a balzare…
«Stiles,
so che ci sei,» tuonò una voce roca.
Per
poco, Stiles non ebbe un colpo apoplettico nel riconoscere a chi
appartenesse
davvero quella voce.
«D-Derek?»
arrancò.
Quando
fece capolino dal letto, l’altro era avvolto nel buio della stanza e
appariva
ancora più cupo del solito. Il giovane Stilinski si affrettò ad
accendere le
luci.
Derek
Hale era in piedi, al centro della camera.
«C-Cosa
ci fai qui?» domandò, ma quando vide penzolare qualcosa dalle mani del
lupo,
ebbe un fremito.
Sgranò
gli occhi e indicò impaurito. «È un gatto o cosa?» tentennò, scioccato.
Derek
sollevò il corpo martoriato dell’animale. «Un procione,» rispose
apatico, poi
lo guardò, con quegli occhi che variavano il colore dal verde all’oro.
«È per
te.»
Stiles
avrebbe voluto urlare.
Le
mani s’intrecciarono nei corti capelli, dopo aver lasciato cadere la
mazza a
terra. «Sei-sei stato tu! Tutti questi animali morti sparsi per casa…
l’odore
nauseabondo… è colpa tua!» lo accusò isterico.
L’altro,
sulle prime, parve sorpreso.
Era
come se non riuscisse davvero a capire cosa avesse fatto di sbagliato e
Stiles
se ne accorse.
Derek
lasciò la presa sul cadavere che cadde sul pavimento con un tonfo.
Fulmineo,
fece per andarsene ma il ragazzino lo afferrò per il giubbotto.
«Aspetta!»
L’Alpha
gli rivolse uno sguardo minaccioso.
Stiles
cercò di essere calmo. Anche se la questione aveva un che di
inquietante,
desiderava sapere cosa avesse spinto il lupo a comportarsi in quel modo.
«Aiutami
solo a capire quel gesto…» gli disse.
E
Derek sospirò sconfitto, e anche un po’ infastidito. «È un regalo,
Stiles,»
ringhiò, di nuovo.
«Questo
l’avevo capito, ma perché non donarmi, che so, un dolce? Una nuova
mazza? Un
bel mouse-pad con la mia foto? E poi perché mai dovresti farmi un
regalo?»
Il
lupo dentro Derek scalpitava. Quel ragazzino alle volte era davvero
esasperante.
«Mi
hai salvato, l’altro giorno. Questo è quello che fa il branco per
ringraziare.
È l’unico modo che conosco,» tagliò corto.
Per
quanto il cadavere del procione stesse imbrattando la moquette e gli
facesse
alquanto ribrezzo, Stiles si sentì onorato.
Arrossì
perfino.
Passandosi
la lingua tra le labbra, tossicchiò. «Beh, grazie. Se avessi saputo
prima che
quelli erano doni, ti avrei ringraziato a mia volta.»
Derek
parve perplesso, quasi da “come hai fatto
a non sapere che quelli erano regali?”
Stiles
sorvolò perché quel lupo grande e grosso, in fondo, gli faceva
tenerezza.
Si
avvicinò di qualche passo, lasciandogli finalmente la manica del
giubbotto.
«Sai, per il futuro, ci sono tanti altri modi per ringraziare
qualcuno,» gli
suggerì.
L’altro
arcuò un sopracciglio.
«Possibile
che tua madre per il compleanno ti regalasse conigli morti?» sbuffò il
piccolo,
con le mani sui fianchi.
L’aver
nominato la famiglia di Derek – la famiglia deceduta
di Derek – lo fece sentire all’improvviso piccolo e insignificante.
«C-Cioè…»
tentò di rimediare.
Ma
il lupo fu più veloce, afferrandogli il viso tra le mani e premendo le
labbra
contro le sue, morbide e dischiuse.
Durò
meno di qualche secondo, Stiles non ebbe nemmeno il tempo materiale per
registrare ciò che era successo che Derek già se ne stava andando.
«E-E
quello?» gli chiese, arrossendo.
Derek
Hale scrollò le spalle e si sedette sul davanzale della finestra. «È il
solo
altro modo che conosco per ringraziare qualcuno,» disse, poi si lasciò
cadere
nel vuoto.
Il
piccolo Stilinski lo vide allontanarsi nel bosco e sospirò.
Avrebbe dovuto salvare la vita a
Derek
molte più volte, d’ora in poi.
«STILES!»
ringhiò suo padre, infervorato.
Si
sentì il rumore sordo della testa di Stiles che sbatteva contro il
bordo della
finestra.
«Sì,
papà?» domandò, imbarazzato e dolorante. Mi
avrà visto con Derek?
Ma
gli occhi dello sceriffo erano puntati sul procione morto sul pavimento
della
sua stanza. «Esigo una spiegazione!»
E
davvero Stiles non seppe da dove iniziare.
The end.
Orsù
benvenuti a chi è giunto alla fine di questa OS, scritta ieri dalle
21.oo alle 22.oo (prima di vedermi "The following" #nonvenefreganiente)
ma che mi ronzava in testa già da un po'. Molti di voi si chiederanno:
perché non scrive una maledetta long invece di romperci i maroon5 con
queste 1500 shot da 4 soldi?
Sincera: non ho tempo T_T
Vorrei farlo ma purtroppo ho già due long originali che mi impegnano
parecchio, perciò mi trastullo con delle brevi OS nel fandom di TW e di
Arrow giusto per ''sopprimere'' la mia vena da fanghérl esaltata.
Ovviamente ci riesco malissimo!
Babbé, grazie a chiunque sia giunto in fondo e spero di avervi
strappato una risatina.
Considerate che il comportamento di Derek è quello classico di
qualsiasi cane o gatto domestico, che per ringraziare il
proprio padrone caccia per lui o lei questi bellissimi "doni", che
comprendono cadaveri di animali come topi/nottole/scarafaggi e altre
schifezze varie.
Povero il mio lupotto! :3
Baci e alla prossima!
Marty.
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