Ogni volta che sullo schermo del
cellulare appare il nome ‘Yamato
Ishida’, Taichi comincia a sudare freddo.
Sarà il fatto che esce con
suo fratello, quindi la metà
delle volte che gli telefona è per avvisarlo di tenere le
mani a posto o al
limite usare le protezioni (discorsi che lui non vuole assolutamente
fare
con il suo migliore amico), o perché se gli telefona
anziché contattarlo via
e-mail o tramite skype, come fa di solito, vuol dire che la cosa
è grave (e il grave di
Yamato Ishida è alquanto
discutibile).
Nel caso di quel freddo pomeriggio di
novembre, Yamato forse
può dire di avere una validissima motivazione per chiamare.
Il problema è spiegarlo
a Tai.
“Pronto, Yama, che
c’è?”
“…ndo.”
“Cosa?”
“…Sta
morendo.”
Taichi si ferma di colpo sul
marciapiede.
“Che vuol dire? Chi sta
morendo, Matt?”
“Takeru…lui…cioè,
il raffreddore, sta…non lo so”
Tai se la ricorderà per
sempre la tachicardia che lo prende
all’istante.
“Che Cristo vuol dire, che
Takeru sta morendo?”
“Ha…ha…”
“Yamato!”
“…Ha la
febbre.”
Taichi Yagami non è
più spaventato, ma almeno sa cosa
aspettarsi mentre si dirige verso casa Takaishi. D’altronde,
ogni volta che il suo ragazzo si
ammala, lo schema della scena è sempre lo stesso: Sora in
apprensione al
telefono che dice a Mimi, in diretta skype dall’America, di
aver googlato assieme
a Koushiro tutte le malattie terminali possibili, affermando con
decisione di
aver riscontrato la maggior parte dei sintomi, Yamato sprofondato ai
piedi del
letto, affranto e sconvolto, che piagnucola cose tipo “sta
morendo, morirà”,
Iori e Miyako vanno svaligiando farmacie, Daisuke ne approfitta per
profanare
il frigorifero del padrone di casa, Hikari sbianca e rimane chiusa in
camera,
terrorizzata dai germi, Joe comincia a prenotare sale operatorie e
Takeru, il
malato, ordina a tutti di chiudere le imposte e prendere carta e penna,
pronto
a dettare le sue ultime volontà.
Aveva dovuto capirlo che, sebbene
avesse un altro cognome,
il sangue targato Ishida scorreva comunque nelle sue vene.
A dirla tutta, Taichi certe volte si
sveglia nel cuore della
notte, scocca un’occhiata a Takeru accanto a lui, e prega Dio
con tutto il
cuore che non diventi col tempo uguale al fratello.
Parecchie volte, Taichi Yagami ha
avuto modo di appurare che
Dio non esiste.
Quando arriva a destinazione, la
scena non è simile a quella
che si aspetta. È praticamente
identica.
Il tempo che Sora lo fa entrare e
richiude la porta, che sente
la voce del suo ragazzo arrivare dall’altra stanza.
“Questo è Tai.
TAI! VIENI QUI! HO BISOGNO DI TE, STO
MORENDO!” Urla.
“STA MORENDO!”
gli fa eco Yamato.
Tai reputa che il termine
‘morire’ è un tantino esagerato,
ma poi pensa a tutte le volte in cui è lui piagnucolare per
tutta casa di stare
per soccombere per
il mal di pancia, e
alla fine scoreggia e gli passa tutto. Sì,
probabilmente è adesso che Tai riceve l’
illuminazione.
Entra nella stanza e neanche fa caso
al bordello di gente
che affolla la camera da letto di Takeru, che tra parentesi gli sta
tendendo
le braccia come un
condannato a morte,
in un modo adorabile, va detto. Si dirige a passo spedito verso il
letto e, una
volta di fronte, gli tappa il naso chiudendoglielo tra pollice e
indice.
Immediatamente il macello dietro di
lui si placa e tutti i
presenti lo fissano perplessi.
“Quanto ha di
febbre?” domanda a Sora.
“Trentotto.”
“Mh.”
Aspetta altri dieci secondi e stappa
il naso del ragazzo,
che inspira di colpo e poi sbarra gli occhi.
“Oh, mio dio.” Takeru
alza la testa verso Tai, in stato di totale adorazione.
“Io..IO RESPIRO!”
“Come diavolo ci sei
riuscito?” Esclama Joe dall’angolo
della stanza, mentre Yamato si prostra ai piedi del suo migliore amico.
“Grazie, grazie! Hai
salvato il mio fratellino, ti sarò
debitore per sempre!”
“Amico, cos’hai,
una laurea in medicina?” gli chiede Daisuke
con una fetta di prosciutto che gli ballonzola penosamente tra i denti.
“No, in
Intelligenza.”
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