As a matter of fact, I did Confund him di ramona55 (/viewuser.php?uid=6373)
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La storia che vi propongo è il mio primo missing moment del
settimo e ultimo libro di Harry Potter.
Come chi ha letto il libro sa bene, Deathly Hallows offre
moltissimi spunti per chi scrive ff, sia con i personaggi principali,
sia, forse soprattutto, con quelli secondari, e non nascondo che io
stessa ho parecchie idee al riguardo che spero prima o poi di mettere
per iscritto.
Manca il tempo, mannaggia, ma da qualche parte si deve pur cominciare,
no?
Ammetto che l'idea di raccontare come Ron avesse preso la patente
confondendo il suo esaminatore mi ha sedotta fin da subito.
Sarà che si piange parecchio nel corso del libro e chi ci
sono tanti avvenimenti, come dire, 'forti' che si potrebbero immaginare
tra quelli che la Row ci tace, sarà che una volta finito il
libro si ha davvero la sensazione che sia finita un'epoca.
Sarà che vedere finalmente i miei eroi in pace con se stessi
e con il mondo è talmente appagante che ho come una sorta di
rimorso di coscienza a rappresentarli ancora alle prese con una guerra
che causa loro tante sofferenze e tante insicurezze.
Nella mia storia, invece, troverete solo normalità.
Semplice, forse piatta, ma serena.
E spero possiate ritrovare, almeno un po', anche il calore di
uno dei migliori personaggi che la Row è riuscita a
regalarci, Ron Weasley, che in questo libro tira fuori il meglio e il
peggio di sè, diventando, infine, una persona che sarebbe
davvero fantastico incontrare nella vita vera.
A lui e a chi lo ama dedico questa storia.
Per finire, grazie a Lorenza, per l'entusiasmo e la pazienza
di sempre.
[NB: tenete
presente che nel racconto dell'esame di Ron ho tenuto conto della guida
inglese a destra,
e che non sapendo bene come funzionano gli esami di guida inglesi ho
adottato un sistema a metà strada tra il nostro e quello
americano (quello che si vede a volte nei telefilm, per intenderci).]
______________________________
Il brano che mi ha 'ispirato', con relativa traduzione.
“Parked all
right, then?” Ron asked Harry. “I did. Hermione
didn’t believe I could pass a Muggle driving test, did you?
She thought I’d have to Confund the examiner.”
“No, I
didn’t,” said Hermione, “I had complete
faith in you.”
“As a matter
of fact, I did Confund him,” Ron whispered to Harry [...]
“I only forgot to look in the wing mirror, and,
let’s face it, I can use a Supersensory Charm for
that.”
(Harry Potter and the Deathly
Hallows, p. 604, edizione inglese)
“Tutto bene
con il parcheggio?” chiese Ron ad Harry. “Io
sì. Hermione non credeva che potessi superare un esame di
guida babbana, non è vero? Pensava che avrei dovuto
Confondere l’esaminatore.”
“No,
affatto” disse Hermione, “avevo piena fiducia in
te.”
“In effetti,
l’ho Confuso,” sussurrò Ron ad Harry
[...] “Ho solo dimenticato di guardare nello specchietto
laterale, ma diciamoci la verità, posso usare un Incantesimo
di Potenziamento Sensoriale per quello.”
_________________________________
As
a matter of fact, I did Confund
him
“Bene, Mr. Weasley. Adesso, appena la strada è
libera, può partire.”
Ron Weasley fece un sorrisino di circostanza alla donna seduta al suo
fianco e si affacciò con buona parte del busto fuori dal
finestrino aperto per guardare la strada.
“Ma cosa fa?” lo raggiunse immediatamente la voce
della sua istruttrice. “Deve usare lo specchietto laterale
per questo, gliel’ho detto almeno una decina di
volte!”
Ron sbattè il capo alla portiera mentre in tutta fretta
rientrava nell’abitacolo dell’auto.
“Ahem... Sì, Mrs. Smith, me ne dimentico
sempre...” disse cercando di risultare il più
mortificato possibile.
La donna fece un sorriso accondiscendente e gli fece cenno di partire.
Dando un’occhiata allo specchietto laterale e
un’altra a quello retrovisore interno, per sicurezza, Ron
spinse adagio sull’acceleratore e la macchina si mosse.
Stavano percorrendo una strada di periferia poco frequentata e Ron
guidava godendosi il paesaggio e anche studiando, una volta tanto che
ne aveva l’opportunità, quel particolare quartiere
della Londra babbana in cui non era mai stato, quando la sua
istruttrice parlò di nuovo.
“Perfetto... Adesso, ehm, può anche accelerare un
po’, se vuole...” lo incoraggiò Mrs.
Smith, mentre due ragazzi in bicicletta li sorpassavano ridacchiando.
Ron sbuffò e lanciò un’occhiataccia
all’indirizzo dei due ragazzini impudenti.
“No, grazie, questi trabiccoli babbani non mi sembrano mai
molto sicuri...”
La donna sul sedile del passeggero lo guardò perplessa e Ron
capì di aver fatto una gaffe.
“Ehm... volevo dire... che ancora non mi sento molto sicuro a
guidare questi... ehm... aggeggi
strani.”
L’espressione di Mrs. Smith si rilassò e si
aprì in un sorriso comprensivo.
“Vedrà che con un po’ di pratica si
sentirà molto più sicuro al volante, Mr. Weasley.
Lei è un allievo che impara in fretta, anche se con gli
specchietti retrovisori ha ancora qualche problema...”
Ron pensò che era dalla terza lezione che lo diceva, e ormai
erano alla dodicesima, ma ricambiò ugualmente
l’incoraggiamento con un sorriso che fece arrossire la donna.
Mrs. Smith si schiarì la voce e riavviò una
ciocca di capelli grigi dietro l’orecchio. Poi riprese a
guardare il nastro d’asfalto davanti a sé, dando
di tanto in tanto istruzioni a Ron sulla strada da seguire.
Il resto della lezione passò senza problemi, a parte un paio
di imbecilli che non la smettevano di suonare il clacson
perché non si decideva a passare ad uno stop (ma non era
colpa sua se all’orizzonte appariva sempre qualche nuova
automobile!) e che Ron si premurò di tacitare con un
incantesimo non verbale ben piazzato.
E poi, sì, ci fu anche quel gatto che Ron quasi
investì, ma l’animale fu rapido a scansarsi e
dopotutto era pur sempre un gatto, mica un essere umano, come fece
notare alla sua affabile istruttrice, anche se Mrs. Smith non fu molto
convinta che questo fosse un buon motivo per investirlo con la macchina.
***
Quando rientrò a casa, un’ora più
tardi, un silenzio innaturale lo accolse.
Tese le orecchie, alla ricerca di qualche suono strano, la mano alla
bacchetta. Poi, dallo studio accanto alla cucina, lo raggiunse la voce
di sua moglie.
“Ron, sei tu?”
Ron si rilassò e raggiunse la piccola stanza luminosa dove
Hermione era alle prese con diverse pergamene.
“I ragazzi?” chiese una volta entrato.
“Alla Tana,” rispose Hermione alzando gli occhi dal
suo lavoro. “Tuo padre aveva in serbo per loro una sorpresa.
Credo abbia riparato il vecchio tostapane di mia madre.”
“Riparato o modificato?” chiese Ron accomodandosi
sulla poltrona di fronte allo scrittoio di Hermione.
Lei alzò le spalle con un’espressione divertita e
tornò a rivolgere gli occhi alla pergamena davanti a
sé.
“Come è andata la lezione?”
“Bene.”
Hermione alzò gli occhi su di lui, sollevando un
sopracciglio.
Ron si sedette più dritto.
“Dubiti forse delle mie capacità?”
“No, amore,” rispose Hermione, sempre con quel
fastidiosissimo (e adorabile) sopracciglio alzato, “ma ti
ricordo che l’ultima volta che hai provato a guidare la
nostra, di auto, hai buttato giù il lampione davanti casa
dei vicini...”
Ron fece spallucce e si lasciò andare contro la poltrona.
“Quel lampione si reggeva a malapena in piedi e comunque alla
fine l’ho sistemato con un bel Reparo e nessuno si
è accorto di nulla.”
Hermione scosse un po’ la testa, senza abbandonare la sua
espressione di ironico divertimento e tornò a rivolgersi al
proprio lavoro.
Ron decise di non aggiungere altro. Abbandonò il capo contro
la spalliera della poltrona e si mise a guardare sua moglie.
Lavorava in silenzio, leggendo da alcune pergamene e appuntando di
tanto in tanto qualche nota su un blocchetto per gli appunti ormai
quasi finito. Non aveva mai amato blocchetti magici o piume
autoscriventi, anche se entrambi le avrebbero risparmiato un bel
po’ di tempo e soprattutto evitato di macchiarsi sempre le
mani di inchiostro.
Ron sorrise tra sé e sé, osservando le dita
sottili macchiate di nero e ripensando a quante volte l’aveva
vista in quella stessa occupazione, prima a scuola e poi impegnata nel
suo lavoro.
“Ron... Cosa c’è?”
Ron sobbalzò, preso alla sprovvista, mentre lei sollevava il
capo verso di lui.
Nonostante i diversi anni di matrimonio, Hermione aveva ancora il
potere di farlo arrossire come un ragazzino. Fu quello che successe in
quel momento, quando, senza che potesse evitarlo, sentì un
lieve calore salirgli su per il collo e riscaldargli la punta delle
orecchie.
“Come fai a sapere che c’è
qualcosa?”
Hermione non rispose. Si limitò a fissarlo con uno sguardo
penetrante.
“Allora?”
Ron sorrise, pensando che non avrebbe mai avuto scampo.
“Niente di particolare,” rispose evasivo,
“pensavo solo che mi piace guardarti lavorare.”
“Se hai sempre trovato noiose le mie pratiche!”
esclamò Hermione, mettendo un gomito sulla scrivania e
poggiando il mento sul palmo della mano.
“Le pratiche sì, ma non ho mai trovato noiosa
te.”
Hermione sorrise, ma scosse un po’ la testa.
“Non è del tutto vero. A scuola, per esempio,
c’è stato un periodo in cui mi evitavi come se
fossi Pus di Babotubero.”
Ron rise, senza potersi trattenere.
“Sì, ma solo il primo anno, poi credo che tu mi
abbia lanciato qualche incantesimo molto potente o magari fatto
ingerire una pozione particolarmente efficace senza che me ne
accorgessi, visto che non sono più riuscito a starti
lontano, nemmeno quando ero arrabbiato con te...”
Anche Hermione rise e lo guardò in un modo che fece sentire
Ron l’uomo più fortunato del mondo.
A poco a poco le risate si spensero.
Un sorriso intenerito aleggiò sul volto di Hermione per
qualche altro istante, poi il suo viso tornò serio.
“Sei preoccupato per l’esame di
mercoledì?”
Anche Ron tornò serio. Il tono un po' troppo comprensivo di
Hermione lo spinse ad alzarsi per raggiungerla. Lei lo seguì
con lo sguardo, fino a quando Ron non raggiunse il suo lato della
scrivania e vi si poggiò contro, guardandola
dall’alto.
“Sinceramente?”
Hermione annuì.
“No.”
“Sul serio?”
“Sì, sul serio. Voglio dire, non è
facile come cavalcare una scopa, ma non è nemmeno tutta
questa difficoltà, non trovi?”
Hermione assunse un’espressione scettica.
“A parte il fatto che avrei da ridire sulla
facilità di guidare un manico di scopa... Sei sicuro di
sentirti pronto? Guarda che non c’è niente di male
se decidi di rimandare l’esame e prendere qualche altra
lezione.”
Ron sospirò e coprì la mano di Hermione con la
sua.
“Tesoro, non ho motivo di rimandare. Non sarò un
asso del volante, ma me la cavo più che egregiamente, lo
pensa anche Mrs. Smith.”
“Oh, ma Mrs. Smith non fa testo, quella donna ha chiaramente
un debole per te!”
Ron sorrise furbo.
“Non è che per caso sei gelosa?”
Hermione inclinò la testa, guardandolo dal basso con uno
sguardo penetrante.
“Dovrei esserlo?”
Ron osservò sua moglie lievemente sorpreso,
finchè l’espressione di quest’ultima non
si trasformò poco a poco in un sorriso divertito.
Ron scoppiò a ridere, seguito a ruota da Hermione.
“Ma si può essere più scemi?”
Lo schiaffo scherzoso di Hermione lo colpì sul braccio, ma
Ron non se ne diede pensiero.
La guardò ridere per qualche altro istante, sorridendo a sua
volta senza un reale motivo, finchè lei non parlò
di nuovo.
“Allora farai l’esame
mercoledì?” gli chiese riprendendo in mano la
pergamena che stava leggendo.
Ron annuì, osservando Hermione riavvolgere con cura la
pergamena e metterla al sicuro nella sua custodia.
“Ho sostenuto esami più difficili. Non mi faccio
certo spaventare da un esame babbano. E poi se sono riuscito a guidare
una macchina da Londra fino ad Hogwarts all’età di
dodici anni, vuoi che non riesca a farlo adesso e per un paio di
isolati?”
Hermione sorrise.
“Ti ricordo che quella era una macchina volante e che la gita
si è conclusa con te ed Harry che per poco non diventavate
carne in scatola grazie agli amorevoli
colpi del Platano Picchiatore...”
Anche Ron sorrise.
“Bei ricordi...”
“Per poco non vi espellevano, senza contare che avete
rischiato la vita,” ribattè Hermione osservandolo
dal basso. Poi si portò una mano al mento.
“A pensarci bene dovete aver infranto almeno una decina di
leggi magiche...”
Ron incrociò le braccia al petto, alzando gli occhi al cielo.
“Dovevo aspettarmi un’obiezione del genere da una
che lavora al Dipartimento sull’Applicazione della Legge
Magica...”
Il tono era rassegnato, ma sul suo volto si aprì un sorriso
sereno. Prendendo Hermione per mano, la invitò ad alzarsi e
quando lei lo raggiunse le posò un bacio sulla fronte,
cingendola con le braccia.
“Non preoccuparti per me, ce la farò,”
le sussurrò mentre lei si allontanava un po’ e
alzava il volto per guardarlo.
“Ne sono convinta.”
“Bene.”
“Tutt’al più,” riprese
Hermione con un’espressione furba negli occhi,
“userai un Confundus
sull’esaminatore e te la caverai...”
Ron ridacchiò, senza mollare la presa.
“Non dici sul serio,” disse poi scuotendo il capo.
“La correttissima Hermione Granger che suggerisce di
imbrogliare!”
“Hermione Weasley”
lo corresse lei.
Ron sorrise, poi portò una mano dietro la nuca di lei e
avvicinò il suo volto al proprio.
“Mi è sempre piaciuto come suona...”
***
Il mercoledì mattina successivo iniziò con un
cielo terso e privo di nuvole.
Ron Weasley camminava adagio per le strade di Londra, mettendo con
misurata calma un piede dietro l’altro sul largo marciapiede
in pietra grigia.
Oltrepassò un gruppo di ragazzi babbani con grandi creste di
capelli dai colori vivaci. Parlavano adagio, trascinando un
po’ le parole, come se le nove del mattino fossero un
po’ troppo presto per poter parlare a dovere.
Non fecero caso a lui, come la maggior parte delle persone che
incrociò lungo il suo percorso, troppo di fretta o troppo
assorte in pensieri importanti per prestare attenzione a chi camminava
con loro.
Amava i momenti così. Quelli in cui non era costretto a
tenere gli occhi ben aperti e tutti i sensi allertati come quando era
al lavoro.
Amava i momenti in cui si ritrovava da solo ad osservare quegli strani
esseri umani che erano i babbani, il modo in cui si destreggiavano in
questo mondo senza far uso della magia. Il modo in cui riuscivano a
vivere senza che nemmeno li sfiorasse il pensiero che c’era
dell’altro, ben altro, oltre a quello che vedevano e
toccavano.
E in questi momenti si sentiva come il custode di un grande segreto,
che osserva gli altri consapevole che non sapranno mai quello che sa
lui.
Ma era divertente scoprire le tante astuzie che i babbani escogitavano,
e ne era attratto, anche se non lo avrebbe mai ammesso apertamente.
Forse aveva ragione Hermione quando diceva che aveva ereditato dal
padre quel particolare interesse per i babbani e la loro teconologia, o come
si chiamava, anche se lui non se ne rendeva pienamente conto.
Era per questo, sosteneva sua moglie, che aveva voluto cimentarsi con
la guida babbana.
Ron le ricordava, allora, che l’idea di fargli prendere la
patente era stata sua e che lui non ci aveva mai pensato prima, ma poi
Hermione ridendo affermava che, sì, forse era vero, ma
questo non toglieva il fatto che si divertisse come un bambino con un
giocattolo nuovo ogni volta che si trovava al volante di
un’auto.
Attraversò la strada e si fermò, giunto ormai a
destinazione.
L’auto color sabbia che avrebbe usato per l’esame
era parcheggiata poco lontana.
Sorrise.
Hermione aveva ragione, una volta di più.
Non vedeva l’ora di sedersi al volante.
***
I primi quindici minuti dell’esame passarono lisci come
l’olio.
Ron eseguì tutte le manovre che l’esaminatore gli
richiese, guidando talmente bene che si sarebbe dato volentieri una
pacca sulla spalla da solo, se fosse stato possibile.
Mr. Twincane – questo il nome del suo boia personale
– invece, non si scucì mai in un commento,
positivo o negativo che fosse, limitandosi a dargli indicazioni sulle
manovre da eseguire o sulla direzione da prendere e prendendo appunti
su un blocchetto che aveva aperto nel momento stesso in cui Ron era
salito in auto.
Non sapendo se questo fosse un buon segno oppure no, Ron si limitava a
guidare cercando di rimanere il più concentrato possibile,
aspettando il prossimo ordine.
“Parcheggi tra quelle due auto, Mr. Weasley.”
“Quelle davanti alla panchina?”
“Sì, Mr. Weasley, proprio quelle, in fondo alla
strada.”
Ron prese un breve respiro, poi spinse in giù la levetta
della freccia
(non aveva mai capito il perché di questo nome) segnalando
che stava per spostarsi a sinistra.
Era una manovra complessa, ma l’aveva provata molte volte.
Doveva solo rimanere concentrato.
“Quando diceva le auto davanti alla panchina, intendeva
quella rossa e quella grigia, vero, quella con quello strano aggeggio
attaccato sul tetto?”
L’esaminatore rivolse il volto aguzzo verso Ron, lanciandogli
uno sguardo strano, come se si stesse chiedendo se dovesse prendere in
considerazione la domanda oppure no.
“Sa, glielo chiedo perché davanti
all’auto rossa c’è quella specie di
camioncino scuro, che non è proprio davanti la panchina
però c’è molto vicino e-”
“Mr. Weasley,” lo interruppe
l’esaminatore, “deve parcheggiare tra la Ford
Fiesta rossa e la vecchia Renault grigia, considerando anche che
è l’unico spazio abbastanza largo per eseguire un
parcheggio. A meno che lei, ovviamente, non sia in grado di
rimpicciolire quest’auto per farla entrare in meno
spazio...”
Per un istante Ron si chiese se stesse dicendo sul serio, poi si
ricordò che era un babbano quello con cui stava parlando e
che quindi l’ultima frase doveva essere una specie di scherzo.
Rise, un po’ forzatamente.
“Certo che no, nessuno è in grado di rimpicciolire
un’auto, ovviamente, o di farla volare... Però
sarebbe un gran bel modo per risolvere il problema del traffico, non
crede?”
Il piccolo esaminatore non si unì alla sua risata, ma
tornò a rivolgere la propria attenzione alla strada, in
attesa che Ron eseguisse il parcheggio richiesto.
Trattenendo una smorfia per la mancanza di senso
dell’umorismo dell’ometto seduto accanto a lui, Ron
svoltò finalmente a sinistra, sistemandosi a pochi
centimetri dal fianco di una fiammante auto rossa.
Iniziò ad eseguire la manovra richiesta per il parcheggio (sterzo tutto a sinistra,
indietro, sterzo tutto a destra, indietro... O era sterzo
a destra, indietro, a sinistra, indietro?).
Si fermò un attimo incerto, cercando di ricordare quello che
Mrs. Smith gli aveva ripetuto molte volte.
“Tutto bene, Mr. Weasley?” chiese con voce molto
bassa il suo esaminatore.
Che godesse del vederlo in difficoltà?
“Certo, tutto a posto” rispose Ron a denti stretti.
Girò un poco lo sterzo verso destra e
indietreggiò un po’, ma si rese subito conto che
l’auto non si muoveva nella direzione giusta, così
rigirò in fretta lo sterzo dall’altro lato e
riprese a far indietreggiare l’auto.
Improvvisamente si ricordò di non dover indietreggiare
troppo (una volta era finito su un marciapiedi e aveva quasi investito
un cesto della spazzatura) e spinse con foga il piede sul pedale del
freno.
L’auto si fermò con un balzo tanto violento che
per poco Ron non battè la testa contro il parabrezza.
Il piccolo Mr. Twincane accanto a lui emise un sibilo, ma non
parlò.
“Ehm, mi scusi... Ci ho messo troppa energia...”
L’esaminatore fece un leggero cenno, come a dire
‘vada avanti’ e Ron si maledisse tra sé
e sé.
Va bene, non era un esame particolarmente difficile come quelli che
aveva dovuto sostenere quando era diventato Auror, ma doveva stare
attento, perché la minima distrazione o manovra azzardata
avrebbero potuto convincere Mr. Twincane che non era in grado di
guidare a dovere. E non era un’eventualità da
sottovalutare, questa, soprattutto perché Ron aveva il
fortissimo sospetto che l’ometto non l’aveva preso
per niente in simpatia.
Con la massima attenzione e delicatezza di cui era capace
girò lo sterzo dall’altro lato e riprese a far
indietreggiare l’auto, stavolta più lentamente.
Gettò un’occhiata veloce al suo esaminatore che lo
osservava attentamente e distolse in fretta lo sguardo.
Guardò lo specchietto retrovisore interno, per assicurarsi
di non avvicinarsi troppo all’altra auto e poi
frenò, stavolta con maggiore delicatezza.
L’auto si fermò e Mr. Twincane appuntò
qualcosa sul suo blocchetto, ma ancora una volta Ron non
riuscì a capire dalla sua espressione se aveva fatto o meno
una buona impressione.
“Ritorni a Kensingthon road, Mr. Weasley.”
Fu con molta fatica che Ron riuscì a trattenere un sorriso
d’esultanza.
L’esaminatore gli aveva chiesto di tornare al punto di
partenza, e questo voleva chiaramente dire che si riteneva soddisfatto.
Cercando di non esultare apertamente davanti a Mr. Twincane, Ron mise
la freccia verso destra e si voltò all’indietro
per controllare che non arrivasse nessuna auto.
Subito, però, si rese conto di aver fatto la mossa sbagliata.
“Le
raccomando, Mr. Weasley, non commetta mai l’errore di voltarsi o
peggio ancora di sporgersi dal finestrino per controllare la strada. Lo
vede questo? C’è anche dal suo lato. Si chiama
specchietto retrovisore laterale e serve proprio per assicurarsi che
non arrivino altre auto.”
Il piccolo Mr. Twincane non fece una piega, ma prese ancora una volta
la penna che teneva nel taschino della giacca e fece per scrivere
qualcosa.
Fu allora che Ron decise di agire.
Non l’avrebbe mai confessato ad Hermione, ovviamente, ma in
fondo era stata lei a suggerirlo, no?
Tirò fuori la bacchetta e la puntò contro
l’uomo seduto accanto a lui.
“Confundus”
mormorò e la penna si fermò a
mezz’aria, sospendendo la sua condanna.
Per un istante Ron non fu per nulla sicuro del risultato del suo
incantesimo. Forse non aveva mosso correttamente il polso e allora
nessuno lo avrebbe salvato dalla bocciatura.
Ed Hermione lo avrebbe preso in giro a vita, anche se con quel suo modo
tenero che non avrebbe mai potuto farlo arrabbiare. E la domenica
successiva non sarebbe potuto andare alla Tana in auto, come aveva
promesso a Hugo.
Ogni dubbio si dissolse nel momento in cui Mr. Twincane si
guardò attorno, con aria confusa, e gli fece un gran sorriso.
Solo allora Ron emise un sospiro di sollievo e ricambiò il
sorriso, riponendo in fretta la bacchetta nella tasca del giaccone.
Si sporse fuori dal finestrino e vedendo che non arrivavano auto,
pigiò il piede sull’acceleratore.
“Mio caro Mr. Twincane, è proprio ora di
tornarsene a casa, vero?”
Mr. Twincane non rispose, ma osservò stupito il blocchetto
che aveva in mano, grattandosi il capo con la penna.
Fece un cenno d’assenso e richiuse il blocchetto, poggiandolo
sul cruscotto davanti a sé. Calcolò male le
distanze, però, e quello cadde a terra con un tonfo. Si
chinò a prenderlo, ma di nuovo sbagliò nel
valutare la distanza e battè la testa contro cruscotto.
“Ehm, è meglio che non faccia altri movimenti, Mr.
Twincane, non vorrei che si facesse troppo male,” disse Ron
cinque minuti dopo, aiutando l’ometto a rialzarsi e
prendendogli il blocchetto per appunti che giaceva ancora sul pavimento
dell’auto.
Aveva appena parcheggiato davanti alla sede dell’ufficio che
gli avrebbe rilasciato la patente e stava già per scendere
dall’auto quando il suo esaminatore lo richiamò.
“Mr. Weambley, non scordi il suo certificato. Deve
consegnarlo allo sportello.”
Strappò, non senza qualche difficoltà, un
foglietto giallo pallido da un altro blocchetto che aveva con
sé e che Ron non aveva notato prima e glielo porse.
Il braccio di Mr. Twincane si mosse verso lo sterzo invece che in
direzione di Ron, ma lui fu rapido ad afferrare il foglietto al volo.
Ringraziò l’esaminatore e uscì
dall’auto.
Gettando un’ultima occhiata tra il preoccupato e il divertito
all’uomo che cercava senza troppo successo di uscire
dall’auto, Ron entrò nell’ufficio e si
diresse allo sportello.
Una donna bionda gli rivolse un gran sorriso e Ron le passò
il foglietto che aveva in mano.
Con una calligrafia anche peggiore di quella del vecchio Gazza, tutta
storta e tremante, Mr. Twincane aveva apposto la sua firma sotto alla
parola ‘PROMOSSO’
stampata in rosso sopra i suoi dati anagrafici e la data
dell’esame.
***
QUALCHE GIORNO DOPO...
Hermione prese la giacca leggera dall’appendiabiti e
afferrò la borsa.
“Ragazzi! Forza, siamo già in ritardo!”
Il primo a precipitarsi giù per le scale fu Hugo, con il suo
zaino rosso fiammante nuovo di zecca in spalla.
Arrivò di corsa alla porta e si voltò indietro ad
urlare: “Chi arriva per ultimo è una
lumacaaaa!”
Poi aprì la porta e si lanciò fuori correndo come
un pazzo verso l’auto parcheggiata nel vialetto davanti casa.
“Hugo, non correre in quel modo, rischi di farti
male!” lo rimproverò Hermione senza
molte speranze.
“Lascia perdere mamma. Ho un fratello idiota.”
Rose, appena scesa dal piano di sopra, era entrata in cucina a prendere
un bicchiere d’acqua.
“Non chiamare in quel modo tuo fratello, Rose, ha solo voglia
di giocare.”
“Ma se uno lancia una sfida e nessuno la raccoglie
è come se non fosse stata lanciata, no? Non capisco
perché deve comportarsi così...”
Hermione sorrise, paziente.
“Perché è un bambino, Rose. E del resto
non mi risulta che tu sia molto più grande di
lui...”
“Sì, ma lo dici sempre anche tu che le ragazze
maturano più in fretta dei maschi. Per cui, in effetti, sono
molto più grande di lui...”
Hermione osservò perplessa la ragazzina davanti a lei, ma
Rose si limitò a sorridere con l’aria di chi la sa
lunga. Senza aggiungere altro si diresse anche lei verso la porta di
casa.
Giunta sulla soglia si fermò incerta un istante, poi si
rivolse alla madre.
“Oggi guida papà, giusto?”
Hermione annuì, dando un’occhiata
all’orologio.
“Sei sicura che sia... ecco... una buona idea?”
Hermione alzò lo sguardo su sua figlia.
“Rose, certo che è una buona idea. E poi tuo padre
ha superato l’esame senza problemi, il che vuol dire che
è perfettamente in grado di guidare.”
“Bè, sì, non è che non mi
fidi, ma affidare l’auto ad un neopatentanto...”
In quel momento comparve Ron, in piedi in cima alle scale.
“E’ bello vedere come la tua progenie abbia piena
fiducia nelle tue capacità...” disse con un
sorriso.
Rose arrossì e assunse un’aria dispiaciuta.
“Non volevo dire che non sei capace, papà,
è solo che il fratello di Patty Divine ha quasi distrutto
l’auto e proprio il giorno dopo che aveva preso la patente.
Ci vuole un po’ di pratica prima, no?”
“Non preoccuparti, Rose” disse Ron passando accanto
alla figlia e dandole una carezza sul capo. “Farò
la massima attenzione. E ora, mie signore, se non vi
dispiace...”
Facendo una sorta di inchino uscì anche lui di casa
lasciando Rose ed Hermione da sole nel corridoio di ingresso.
Rose guardò sua madre e fece un sorrisetto.
“Spero proprio di non incontrare altri lampioni lungo il
tragitto...”
Hermione rise e prese le chiavi posate sul mobiletto
all’ingresso.
“Non preoccuparti,” disse mentre uscivano entrambe
di casa e si richiudeva la porta alle spalle,
“terrò la bacchetta a portata di mano...”
E con un ultimo sorriso, madre e figlia si affrettarono a raggiungere
il resto della famiglia.
FINE
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