Nathaniel
si costrinse a mantenere gli occhi arrossati e gonfi bene
aperti, mentre osservava lo schermo del vecchio Dell con aria
assonnata e le braccia conserte. Era abbandonato su una
scomoda sedia in legno, intento a seguire con lo
sguardo la ricerca che Rachel stava portando avanti da ormai quattro
lunghe, interminabili ore.
L'unica
fonte di illuminazione all'interno della vecchia stanza che sapeva di
stantio era lo schermo del computer che i due avevano di
fronte, il resto era avvolto dalle tenebre, tenebre
che non potevano neppure tentare di dissipare, considerata la
parete in comune con la stanza di Simon Gillespie, il vetusto
pastore silurato dai protestanti per perpetrati problemi di alcool.
La
donna si costrinse a sorridere, pensando ironicamente al
silenzio 'religioso' che albergava all'interno della
stanza, interrotto sovente dai 'click' del mouse
e, meno spesso, dal ticchettio che le sue candide
dita producevano premendo sui tasti della tastiera.
«Niente, - Rachel
gettò con frustrazione la tastiera verso il vicino
posacenere pulito, sospirando - abbiamo
provato tutte le possibili parole chiave che descrivessero questo
Picklewick And Davencroft. L'unica cosa che abbiamo guadagnato
è una pizza gigante che Hawthorne ancora non vuol
portare.» La voce della poliziotta era rotta dalla
stanchezza, bassa, trascinata per pietà
dalla sua ormai labile forza di
volontà. Rischiò di abbandonare il capo
sulla scrivania e rilassarsi, ma riuscì ad intuire
lo sbaglio che stava per commettere appena in tempo
e, sobbalzando, si tirò indietro sullo
schienale.
«Se
la sarà già divorata.» Concluse
Nat, lo sguardo fisso su un punto non meglio precisato a lato
dello schermo, tirando su col naso.
Ormai
pareva che anche lo sgargiante Doodle in onore di San Patrizio
disegnato da Google sghignazzasse ai loro vani
sforzi, ammiccando suadente
lì, nell'angolo a sinistra della pagina di ricerca
aperta.
«Forse
stiamo cercando dalla parte sbagliata. Non esiste niente che
riguardi Picklewick And Davencroft nel mondo. Deve essere
stato qualche cretino con manie di protagonismo che ha impresso il nome
suo e della sua mogliettina su un cazzo di pugnale.»
Sussurrò Rachel, palesemente di
malumore. Il cervello era arroventato, decisamente
lontano dalla lucidità necessaria per accompagnare un
qualsivoglia ragionamento logico della donna. Portò
lo sguardo astioso sul maledetto logo di Google, fissandolo
con idiosincratico odio mentre tentava vanamente di trovare una via
d'uscita da quella trama indistricabile e senza sbocco.
Nathaniel
sospirò, mordendosi un labbro.
«Che
ore sono?»
«Nemmeno
le undici.»
«Ancora?
Non ci credo.»
«Controlla
tu stesso.» Rachel si sporse di lato per permettere a Nat di
avere visione dell'orario, in basso a sinistra sullo schermo.
«E
siamo distrutti.» Sospirò ancora, questa
volta seccamente, il principio di un lungo sbadiglio che
distolse i suoi residui di attenzione dallo schermo.
«Alle
quattro cosa combineremo allora? Questa storia non ha un capo
né una coda. Non so più nemmeno cosa
cercare.» Rachel si stava arrendendo lentamente alla
realtà dei fatti, e cioé di essersi
illusa di avere tra le mani la soluzione semplicemente
perché qualcuno aveva deciso allegramente di
impazzire, cambiare nome all'anagrafe e tagliuzzarsi
polsi, caviglie e volto con un pugnale che poteva benissimo
aver trafugato dai beni di valore di Marilyn Manson.
Nathaniel
concluse lo sbadiglio con aria teatrale, lasciando che un paio
di lacrime dovute alla stanchezza pervadessero gli occhi di ghiaccio.
«Dormiremo.»
Rispose con un mezzo grugnito alla domanda posta poc'anzi dalla donna
con un sogghigno.
«Perché
non provi ad essere d'aiuto ogni tanto? Hai la fama del poeta maledetto
in grado di risolvere ogni caso e di portarsi a letto la principessa di
turno, ma io fino ad ora ti ho visto solo trastullarti con
fumetti scritti da idioti e sigari che tanto non fumi ma che
ti diverti ad osservare pensando di fare più il figo
maneggiandoli qui e lì quando capita una bella
pollastra.» Esplose piccata Rachel, evidentemente
risentita per l'atteggiamento noncurante e manifestamente indifferente
del proprio ragazzo.
«Se
la principessa è già mia non c'è
gusto.» Nathaniel abbozzò uno dei suoi soliti
sorrisi affascinanti, rovinato dallo stato fisico in cui
l'investigatore di Liverpool versava al momento.
La
donna resistette all'impulso di rovesciargli sul bel visino il
contenuto bollente della sua tazza di caffé
riscaldato, decidendo piuttosto di berne un lungo sorso per
tentare di svegliarsi e di non rispondere all'altro.
«Probabilmente
Evelyn porterà qualche fresca notizia in grado di
svegliarci. Perdere la testa su due nomi in fila non ci
porterà da nessuna parte, Rachel, e lo
sai.»
«E
quindi cosa vorresti fare adesso?»
«...Farmi
un'altra bella tazza di caffé.» Nathaniel
schioccò la lingua sul palato, facendo per
alzarsi, dirigendosi flemmaticamente sul tavolino
spartano, versando dal thermos altro caffé nella
sua tazza, bevendone subito un sorso.
La
poliziotta lo guardò stranita, decisamente irritata
dai fiumi di caffeina che in quel momento scorrevano copiosi nelle sue
vene e dal solito comportamento distaccato del freddissimo Nathaniel
Rogers. Scosse il capo.
«Stronzo. E
questo posto fa pure schifo.»
«Fidati. Ho
controllato io stesso l'operato di Hawthorne, ci sa fare
quando smette di pensare alla prossima terrificante battuta da tirar
fuori. Questo Gillespie poi si ingrazia
facilmente...» La sua mano corse a dare dei colpetti quasi
affettuosi sulla tasca del lungo cappotto, laddove giaceva una
bottiglia del miglior Scotch invecchiato di Perth.
Seguì
un silenzio cogitabondo, questa volta assolutamente completo e
interrotto da null'altro se non il ronzio sommesso del laptop a breve
distanza.
«Come
fai ad esserne così sicuro?» Rimbrottò
esausta la donna.
«Certe
informazioni il miglior investigatore di Glasgow deve
possederle.» E accennò ancora una volta un sorriso
sprezzante, mentre si rimetteva a sedere sorseggiando il suo
caffé.
«E
come può un ex pastore protestante avere qualcosa a che fare
con strani culti in seno al cattolicesimo?»
«Siete
tutti uguali voi atei. » Scosse il capo, seguitando
a sorseggiare con calma.
«Tu
che non lo sei quindi che mi diresti?» Continuò
impaziente la Fraser.
«Che
la matrice è la stessa, e che chiunque abbia un
ruolo nel clero di qualsiasi religione, conosce aspetti che al
comune laico sono preclusi.»
A
Rachel quel piccolo particolare era sfuggito, forse
perché troppo lontana dalla mentalità religiosa
per potervi attingere pienamente. In
questo, Nathaniel era risultato molto più efficace
di quanto lei stessa avesse sperato quando l'aveva coinvolto nelle
faccende che riguardavano le morti misteriose, i Vangeli
Apocrifi e le Sacre Scritture, e aveva saputo
contribuire, nonostante lei non avesse alcuna voglia di
ammetterlo, alla buona riuscita di diverse
indagini, con le sue intuizioni fulminanti e le idee brillanti
che fino a quel momento, con dolente
incostanza, aveva mostrato. C'era un filo comune che
univa tutta quella raccapricciante serie di decessi, e
riguardava criptici versetti di libri dimenticati e tutt'ora
irrintracciabili, di elementi dell'iconografia cristiana e in
genere del macrocosmo delle religioni monoteiste, argomenti
che lei aveva sempre ripudiato, allontanato e ignorato durante
la sua esistenza. Il caso che le avevano offerto tre mesi
prima inizialmente pareva non riguardare altro se non un semplice
quanto efferato delitto, di quelli che si era trovata a
risolvere semplicemente puntando una pistola alla tempia di un indagato
dalla fedina sporca e facendolo parlare. Ed era forse
effettivamente questo il motivo per cui in tutti questi
omicidi, presunti suicidi e delitti non aveva ancora trovato
la chiave di volta, il bandolo della
matassa: ragionava semplicemente senza considerare tutte le
possibili implicazioni che un caso poteva mettere in piedi. In
altri termini, stava violando senza volerlo e senza
accorgersene, il protocollo standard che riguardava le
procedure di investigazione.
Mentre
il caffé tornava a stimolare i recettori neurali dei due
inglesi di Scozia e già qualche collegamento tornava al suo
posto nella miriade di possibilità prospettate, il
rumore secco e squillante del campanello rischiò di far
sobbalzare Nat, e fece letteralmente saltare in aria
Rachel, che dovette porsi la mano sul petto per rallentare il
battito, erompendo in un breve e strozzato grido spaventato.
Nathaniel
ruppe in breve gli indugi e si alzò per aprire la
porta, contro ogni istintiva volontà della donna
londinese al suo fianco. Dinanzi a loro si parò la
figura minuta della McGonagall, un paio di occhiali dalla
montatura leggera inforcati sugli occhi e un sorriso vispo sulle labbra
rosse. Sotto braccio portava il grosso tomo rilegato in pelle
consunta che avevano avuto il permesso di portare via dalla villa di
Kellie-Smith e l'espressione stanca di chi, come
loro, aveva passato le ultime ore a lavorare a tamburo
battente.
«Ho
analizzato il volume. Non vi è una sola pagina su
cui sia vergata una sola parola che non sia latina. Ho
comunque desunto si tratti di una sorta di manifesto di un culto molto
vicino a quello cattolico, basandomi su archivi e sulle mie
scarse conoscenze della lingua.»
Come
sempre, la professionalità della specializzanda
lasciava poco spazio ad obiezioni. Rachel e Nathaniel si
limitarono a fare spazio per permettere ad Evelyn di fare il suo
ingresso nella stanza, e non appena richiusero la
porta, un urlo bieco si spanse dalla stanza affianco.
«Siate
dannati e portati alla perdizione da Satana, che Dio mi
aiuti, un povero vecchio senza pace, un povero
vecchio col tormento, un povero vecchio senza pane e senza
l'acqua di Nostro
Signore. Misericordia, misericordia... »
Lo
sproloquio del delirante vecchio Gillespie si spense in un accesso
violento di tosse, prima che il silenzio tornasse a regnare
sovrano nella sporca stanza d'appartamento di Lochinver Street
ottantadue.
I
tre si scambiarono un'occhiata perplessa, prima che Rachel
prendesse un'altra sedia stipata accanto al tavolino e la offrisse
pratica ad Evelyn.
«Ti
ringrazio.» Fece cenno col capo la scozzese.
«Nulla.»
Fece eco distrattamente la londinese, tornando a prendere
posto insieme a Nat di fronte al laptop.
«Dunque, voi
invece cosa avete desunto dalle parole incise sulla lama?»
La
domanda a bruciapelo li disorientò. In
effetti, avevano perso quattro ore a bighellonare, a
scambiarsi opinioni, a cercare qualche parola chiave che
permettesse loro di comprendere cosa quella scritta potesse
significare. Ma nulla di così consistente da dare
loro fiducia. Anzi, a dire il vero, nulla di
nulla. Picklewick And Davencroft era un elemento
fantasma, inconsistente ed evanescente nella loro
indagine, che si stava rivelando più un peso
inutile e dannoso che un elemento di spicco per le loro riflessioni.
Rachel
si trovò a chinare il capo, arrossendo
nell'ombra, imbottigliata in una sequela impressionante di
scuse e giustificazioni con le quali suffragare la propria
inettitudine, e pertanto rimase in
silenzio. Nathaniel, invece, si
limitò ad un:
«Ci
stiamo ancora lavorando, abbiamo raccolto poche
informazioni, ma sappiamo per certo cosa Picklewick And
Davencroft sicuramente NON può essere.»
Enfatizzò sul “non”, come a
voler in realtà comunicare all'altra con un elaborato giro
di parole di non aver concluso poi granché. Ma la
bionda dal pesante accento scozzese si limitò a sorridere ed
annuire.
«Più
complicato di quel che si potesse pensare in principio
dunque.»
«Puoi
dirlo forte.» Fecero eco i due inglesi.
Impiegarono
quindici minuti buoni per riprendere a lavorare. Dopotutto non
era facile impiegare fruttuosamente del tempo quando la morsa dello
sconforto si stringeva lentamente su di loro, lasciando che la
stanchezza li inebriasse silenziosamente, spingendoli ad
abbandonare qualsiasi tipo di ragionamento ed a rassegnarsi tra le
invitanti braccia di Morfeo. Per quanto fragile fosse l'enorme
volume portato via dalla villa Kellie-Smith, Rachel lo
sfogliava distrattamente, adocchiando le frequenti figure che
comparivano tra una pagina e l'altra con la vana speranza che i suoi
neuroni reagissero agli stimoli più velocemente rispetto ai
suoi occhi stanchi. Righe e righe di latino fitto si
srotolavano dinanzi al suo capo chino, senza nessun apparente
motivo e senza nessun apparente significato, data la sua
pressoché totale ignoranza in merito a quella lingua morta.
«Ma
che fine ha fatto Greg? Doveva essere qui un'ora fa, e ho
decisamente fame.» Si lamentò annoiato
Nathaniel, sospirando mentre prendeva dalle mani di Rachel il
tomo e iniziava a sfogliarlo egli
stesso. Dopotutto, tra i tre era quello che
più masticava il latino, e forse qualcosa avrebbe
compreso anche tra le righe.
Andarono
avanti così per un tempo che non riuscirono a definire con
esattezza, troppo intorpiditi per poter davvero prestare
attenzione anche al tempo che passava lento ed inesorabile.
Da
qualche parte nell'altra stanza, il pastore Gillespie
tornò a borbottare quello che ipotizzarono fosse il suo
personalissimo rosario da ubriaco, vomitando parole prive di
senso in un mare di idiozia e bigottismo.
Le
due donne evitarono di devolvere importanti risorse mentali
nell'offrire una risposta sarcastica all'investigatore di
Liverpool. Sembravano, anzi, completamente
assorbite da una nuova ricerca che Nathaniel non si era minimamente
accorto che stessero effettuando proprio in quel
momento. Wikipedia riportava qualcosa riguardo Flavio
Domiziano e la persecuzione ai danni di San Giovanni, il noto
evangelista sopravvissuto a Gesù Cristo.
Si
raccontava, in particolare, che Domiziano avesse
immerso Giovanni in una caldaia di olio bollente e lo avesse rasato
completamente in segno di scherno, ma Giovanni era
sopravvissuto all'olio ed allo scherno, perfino a Domiziano
stesso, spentosi prima del vetusto apostolo di Cristo.
Ma
allora, pensò Rachel, perché
tutte le icone cristiane nella villa di Kellie-Smith? Perché
tutta quella devozione, la documentazione e la presunta fede
accorata nella religione cristiana?
Vi
era una flebile voce che sussurrava nella sua mente, lasciando
che le intuizioni fluissero ora come luce a penetrare le
tenebre, mettendo in moto meccanismi sopiti pigramente
all'interno del cervello della donna londinese.
«Bingo.»
Si illuminò Nathaniel, un sorriso soddisfatto a
piegare le labbra sensuali mentre osservava lo schermo.
Evelyn
alzò lo sguardo per prima, posandolo in quello di
ghiaccio dell'investigatore, che annuì.
«Complimenti
per l'idea, ragazze.» Seguitò l'uomo.
«Frena
l'entusiasmo, Nat. Se è vero che questa
storia può avere anche un minimo
senso, perché un tale devoto ha
assunto...»
Nathaniel
alzò una mano per interromperla, adocchiandola
ormai pienamente consapevole e pienamente sveglio per l'adrenalina che
fluiva nel suo corpo come in quelli delle altre due presenti.
«Quale
punizione più grande dell'onta di portare il nome del tuo
più grande nemico per il resto della tua vita?
O, in alternativa, c'è sempre la regola
fondamentale che ogni cristiano che osi definirsi davvero tale dovrebbe
mettere in pratica: perdona il prossimo tuo, o porgi
l'altra guancia.» Suggerì
quindi, iniziando ad inanellare i suoi ragionamenti
illuminanti e istintivi, il sorriso che andava allargandosi
sul volto ben costruito.
Rachel
spalancò gli
occhi, colpita. Affiorò prepotente
un'immagine chiara, nitida, come se fosse stata
sempre lì ad attenderla, tanto vicina e tanto
lontana ed inarrivabile al contempo. Nella liturgia
cristiana, prima della recitazione di un tratto di un
qualsiasi Vangelo, i fedeli segnavano una croce immaginaria
con le dita su fronte, labbra e cuore, ma Giovanni
era sempre stato il più lontano dalla mentalità
degli altri apostoli ed al contempo il più
vicino, così si narrava, alla figura di
Cristo. L'ultima croce sul mento rappresentava la massima
espressione della teologia che Giovanni aveva incarnato e tutt'ora
incarnava, e l'abbandono di ogni tentativo di de costituire la
fede in ogni sua forma ed espressione. Era il rifiuto
dell'intelletto nella sua interezza come entità da frapporre
tra l'uomo e Dio.
«Una
setta su San Giovanni in seno al movimento cristiano.»
Concluse il ragionamento la compita McGonagall, come
continuando a voce il discorso su cui aveva focalizzato Rachel nella
sua mente. Annuì con veemenza, sveglia
come mai nelle ultime ore.
«Esattamente.»
Continuò Nathaniel, voltando il libro aperto e
mantenendo il segno per permettere alle due di poter dare un'occhiata
all'interno.
«Cosa
c'è, Nat? Non vedo nulla di strano.>
Ed
effettivamente si sentiva anche un po' idiota, guardando
ottusamente lì dove Nathaniel aveva lasciato il segno con il
dito, senza riuscire ad effettuare collegamenti di sorta.
«Comprensibile, il
camuffamento è perfetto, hanno utilizzato le
migliori tecniche per rendere l'indirizzo visibile solo in
determinate condizioni di luce e di angolatura.»
L'investigatore
inclinò di poco il libro, lasciando che la Fraser e
la McGonagall comprendessero autonomamente.
Alla
luce dello schermo, ora, la pagina riguardante
l'invocazione dell'Apocalisse di San Giovanni riluceva opaca.
"Rivelazione... ciò che presto verrà ad
accadere", si leggeva in latino. Ma accanto vi era
“Glockheat Street, sedici” , che
si sovrapponeva in modo impercettibile al più noto seguito
di quella frase: “Nella Terra dei Giudei.”
Evelyn
parve essere turbata da quell'improvvisa piega che avevano preso gli
eventi.
«Impossibile, ho
riletto più e più volte l'intero volume alla
ricerca di qualcosa che non andasse, avrei dovuto
trovarlo!»
Esclamò, nervosa
più che entusiasta. A Rachel non sfuggirono le mani
delicate che iniziò, per qualche
istante, a contorcersi in grembo, lo sguardo
sfuggente. Ma decise, per il momento, di
rimanere in silenzio.
«Sei
ancora una specializzanda, avrai di che imparare in questi
anni.» Nat le strizzò
l'occhio, bonario. Evelyn accennò un
sorriso imbarazzato, arrossendo ma, almeno
apparentemente, riuscendo a placare il nervosismo il tanto che
bastava per tornare la donna sicura che avevano conosciuto.
Rachel
ascoltò con attenzione le parole di
Nathaniel, adocchiando la donna scozzese con la sensazione che
forse, avrebbe avuto qualcosa in più da dire in
seguito. In quel momento era in grado di sospettare di
qualsiasi cosa apparisse fuori fase, e il comportamento di
Evelyn aveva fatto scattare in lei un chiaro campanello
d'allarme. Ambedue le donne, come bambini alle prese
con un esperimento ben riuscito e soddisfacente, provarono a
ripetere quanto avevano appreso cambiando angolo visivo e giocando con
la luminosità dello
schermo. L'indirizzo, quasi seguendo fedelmente le
parole di Rogers, scompariva e compariva alternativamente.
Pervasi
da un'eccitazione morbosa, attaccarono con la ricerca su
Google Maps dell'indirizzo appena scoperto. Con
sorpresa, scoprirono che non vi era una foto del luogo
ricercato, e che la mappa topografica offriva solo un'area
ristretta ma pur sempre vaga poco distante dal centro storico della
città e dalla Cattedrale di San Mungo.
«Curioso, sembra
che le stradine che si incrociano nella zona in evidenza raffigurino la
testa di un'aquila.» Affermò distrattamente
Rachel. Gli altri due la guardarono straniti.
«L'aquila
è il simbolo di San Giovanni.» Concluse con gli
occhi sgranati la McGonagall.
Nathaniel
eruppe in una mezza risata.
«A
quanto pare i nostri bravi fanatici si divertono anche su Google
Maps.»
Non
ci fu risposta, perché la porta si
spalancò di botto dopo un rapido tintinnare di chiavi.
Si
affacciò Hawthorne, il volto rosso quasi quanto i
suoi capelli sciolti, un enorme cartone di pizza tenuto sulle
braccia tese, l'ansito affrettato e martellante mentre faceva
il suo ingresso stravolto nella casa.
«Ha
cantato! Oh come ha cantato! La pizza sarà diventata pure
fredda, ma la pista è
calda, rovente!»
Concitato
e pervaso da una scarica imponente di energia, diede una
spallata ai battenti della porta che non riusciva a
superare. Sbuffò, impaziente, quasi
rischiando di far cedere i cardini della sottile porta in legno
smaltato. I tre nella stanza ignorarono la sua penosa
battuta, osservandolo mentre annaspava per entrare con
l'enorme cartone.
«Lavorava
in un piccolo negozio di oggetti usati nel centro della
città, aveva la sua vita da pastore laico prima che
l'ordine lo silurasse per gli eccessi d'alcool; indovinate un po' qual
era il nome dell'esercizio?»
Rachel
conosceva già la risposta.
«Picklewick
And Davencroft.»
Oltre
la parete, il vecchio Gillespie urlò il suo sdegno
per il rumore scatenato nella stanza affianco.
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