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Questa è la fic con cui ho partecipato al primo turno del torneo di
drabble e oneshot originali indetto da free. La
fic è stata votata come 9.5 (grazie infinitamente freee *-*) ed ha
passato il turno (anche perchè la miasfidante ha avuto problemi e non
si è presentata). Ringrazio free
per aver indetto questo stupendo concorso *_* Ed anche l'amore
mio, a cui non è piaciuta :P***
La
Regina Grande Una Pannocchia.
Grande
quanto una pannocchia matura, micia dal pelo perlaceo che si
scompigliava al vento, dalle orecchie troppo grandi che si muovevano ad
ogni minimo suono. Gli occhi, spalancati, estasiati, su quel
mondo verde brillante che conosceva già, che aveva già fatto suo. Ma
quel giorno era diverso. Quel giorno, due degli umani che si
prendevano cura di lei passeggiavano per quel sentierello polveroso tra
i campi, che lei aveva sempre percorso da sola, ed ogni tanto,
vedendola soffermarsi su qualcosa, la chiamavano, aspettandola. E
lei era così gioiosa, così piena di vita, così euforica a quella nuova
esperienza! Le si vedevano le zampine fremere eccitate,
aderire completamente al terreno, saggiarne con i polpastrelli la
conformazione. Ora come non mai era abbagliata dal verde
luminoso, dalle spighe di grano di un dorato accecante che le rendevano
difficile il passaggio, da ogni indisturbato insetto che si muoveva. Si
sentiva libera, sopraffatta dai diversi profumi della campagna, così
forti che le pizzicavano il naso roseo.
Correva, più
selvaggia di come non si fosse mai sentita, senza stare ferma un
attimo, amando il sibilo dell’aria che le smuoveva il pelo. Correva
ingrossando la coda, appiattendo appena le orecchie, mostrandosi
aggressiva ed invincibile, invulnerabile. Correva sentendosi
la regina indiscussa di quel luogo, la Regina grande una Pannocchia.
A
mento alto, si fermò sotto una cariola piena d’erba appena tagliata,
spavalda, mostrando, al bambino che l’aveva appena vista, che lei non
aveva paura. Ma appena lui si protese per toccarla, lei era
già fuggita via, riprendendo la sua corsa. Inafferrabile come
l’acqua, senza aver la minima intenzione di essere presa. Non
voleva che la sua corsa venisse interrotta. Non voleva che
qualcuno cercasse di tenerla ferma, di reprimere quell’euforia che
continuava a farla muovere, che le teneva gli occhi spalancati.
Un
rumore strano rallentò la sua corsa: un uomo anziano, davanti al suo
percorso, stava inspiegabilmente muovendo le zolle di terra con un
arnese appuntito. Lei si fermò, incuriosita ma sconvolta: come
osava smuovere la terra dei suoi campi senza il suo permesso? Distante,
si sentì chiamare, e decise che per quel giorno il vecchio poteva
continuare il suo inutile lavoro.
Riprese a correre,
sempre più forte, fino a superare i due umani che continuavano a
passeggiare. Tagliò loro la strada con l’aria arrogante che
possono permettersi solo i sovrani, con la coda ritta. Corse nella
direzione opposta, arrischiandosi ad allontanarsi, piena di sé
nonostante la sete ormai imminente. Girando la testa, sempre
all’erta su ciò che la circondava, notò il movimento di una cavalletta,
e venne assorbita dal suo saltellare. Le corse incontro e la
saggiò con la zampa. La cavalletta, indispettita, saltò di
nuovo. La micia socchiuse gli occhi, intrepida cacciatrice,
tastando meglio il terreno con le zampe anteriori. Ferma, studiò la
cavalletta con impazienza. Poi alzò la coda e mosse appena il
fondoschiena. Saltò sulla cavalletta, veloce e scattante, con
entrambe le zampine avanti. L’aveva presa! Gonfia
d’orgoglio, la prese in bocca, stringendola appena con i canini
affilati. Scosse appena il muso, per gioco, per dimostrare chi
era che comandava lì, di chi aver davvero paura. Poi la lasciò andare. Certo,
aveva un’ala in meno e sembrava molto più acciaccata di prima, ma lei
era convinta che sarebbe vissuta benissimo lo stesso. Le
Regine devono saper anche essere magnanime con i propri sudditi.
Stanca
di quel minuscolo passatempo, si voltò, con l’intenzione di correre di
nuovo verso i due umani. Si bloccò, senza veder nessuno
all’orizzonte. Per un attimo, spaesata, si guardò nervosamente attorno,
ma non c’era nessuno in vista. L’erba sembrava così alta,
adesso. Era più alta di lei, ed ogni fiore sembrava soltanto
tentare di annebbiare il suo olfatto. Tese appena le orecchie,
mentre il frinire dei grilli diventava talmente forte da assordarla. Volevano
vendicarsi per ciò che aveva fatto alla cavalletta? Volevano
spodestarla? Miagolò forte, una, due, tre volte. Fece
qualche passo incerto, miagolando di nuovo. Dov’erano finiti? Li
aveva catturati qualcuno? Miagolò di nuovo. Poi
qualcuno la chiamò forte. E continuò a chiamarla, e più la
chiamava, più quella voce si faceva forte, fino a che due sagome
conosciute non apparvero nella sua visuale. Lei miagolò di
nuovo, infuriata. L’avevano lasciata sola! Ancora
stizzita, concesse di farsi prendere tra le braccia.
La
Regina grande una Pannocchia si leccò con fare nobile la zampina,
soddisfatta, ascoltando i due umani che, mentre la portavano verso la
sua casa, la sua reggia, parlavano per dilettarla durante il tragitto.
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