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Gli
allenamenti del genio erano estenuanti ma rinvigorenti. I due allievi non la
smettevano di sfidarsi e miglioravano vistosamente. Herion era diventata di
potenza inaspettatamente superiore a quella di Crillin, e quest’ultimo non
riusciva a digerirlo.
La Kame House era un’abitazione confortevole, e i due
ragazzi erano molto onorati di essere allenati da un grande lottatore come il
genio delle tartarughe. Cercavano infatti di renderlo felice come potevano,
anche se la ragazza mai e poi mai si sarebbe concessa al vecchio, nonostante
questo fosse uno dei desideri del nonnetto.
Una mattina come tante i due giovani si stavano
sfidando in riva al mare. Il ragazzo stava per lanciarsi all’attacco, ma una
gomitata violenta di Herion lo fece cadere a terra, disteso. Era la quindicesima
volta che succedeva, mentre la mora non era stata stesa neanche una
volta.
Lui si massaggiò il naso dolorante, guardando deluso
l’amica.
- Non è giusto, non puoi sempre vincere tu… - le
disse. Lei rise.
- Dai, Crillin! Non te la prendere! – gli disse la
ragazza, porgendo all’amico una mano per alzarlo. Lui la afferrò, e in un
battibaleno fu in piedi, a scuotere i vestiti per togliere ogni granello di
polvere rimasta.
- Pausa! – implorò lui, e lei annuì.
Crillin si diresse un attimo in casa, mentre Herion
si accomodava in riva al mare ad ammirare lo splendido paesaggio che la
circondava. Le onde cristalline creavano una deliziosa schiuma bianca sulla
battigia, che rendeva delicato e grazioso l’ambiente.
Poi la mora alzò gli occhi per vedere i pennuti che
ogni mattina circolavano intorno all’isola. Ma al posto di vedere i soliti
uccelli, vide un volatile molto particolare.
Herion strizzò gli occhi: quel volatile le ricordava
tanto il mezzo che Bulma usava per spostarsi… Quando poi realizzò che quello le
stava andando incontro, si alzò in piedi, quasi certa della sua
supposizione.
Difatti, quando l’elicottero atterrò pochi metri
lontano da lei, non poté far a meno di rallegrarsi. Una ragazza uscì dall’uscio
appena questo si aprì, e si buttò letteralmente al collo della mora.
Quest’ultima ricambiò l’abbraccio, provando il solito imbarazzo che le mettevano
le scene con affetto.
- Bulma! – esclamò, scostandola per guardarla in
viso. L’altra sorrise a trentadue denti, poi si voltò verso il mezzo con cui era
arrivata; una persona ne stava uscendo impacciata. – Satan! – riconobbe la mora,
sorpresa.
Lui fece un veloce cenno con la mano, prendendo
nell’altra la capsula in cui rinchiudere l’elicottero. Poi il ragazzo si
avvicinò alle due; Bulma gli prese la mano, affiancandosi a lui.
I due stettero in silenzio, ed Herion ebbe il vago
presentimento che toccasse a lei dire qualcosa. Fortunatamente Bulma era rimasta
impaziente, perciò parlò lei.
- Abbiamo una notizia. – disse, nascondendo malamente
la propria emozione.
La mora li squadrò un attimo: non avevano l’aria di
persone che volessero avvisarla di un imminente torneo, ne di persone che
morivano dalla voglia di prepararle un gustoso pranzetto. Perciò stette in
silenzio, attendendo la novità.
Bulma fece una smorfia, ma la felicità sul suo volto
non andò via neanche per un secondo.
- Ci sposiamo! – esclamò, raggiungendo il culmine
della gioia. Dopodiché la ragazza si strinse al suo futuro marito, mentre Herion
aveva stampato in volto un espressione perplessa: sposare? Cosa significa? Per
lei quelle parole non avevano senso.
Subito il genio delle tartarughe uscì dalla casa,
pronto ad abbracciare l’amata, ma lei lo bloccò immediatamente. Difatti lui si
fermò, ma il metodo usato fu differente: Bulma sporse verso lui la sua mano
destra, mettendo in bella mostra un anello e sorridendo felicemente maligna.
Lui si rannicchiò a terra, iniziando a piangere a
dirotto, mentre Crillin, uscito dietro al genio, cercava di
consolarlo.
Herion si rivolse verso l’amica, che guardava
raggiante il ragazzo al suo fianco.
- Cosa significa "ci sposiamo"? – chiese, non tenendo
nascosta la sua ignoranza nell’argomento. Bulma fece un espressione irritata, ma
glielo spiegò.
- Quando si ama una persona, si vuole restare con lei
per tutta la vita. Il matrimonio è quello che rende ciò tale. – disse. Ma poi,
vedendo l’espressione confusa dell’amica continuò la spiegazione, in modo più
sbrigativo. – Faremo una grande festa ed una cerimonia, e voi siete invitati. –
disse, guardando male il genio: si capiva che Bulma non aveva nessuna intenzione
di averlo al proprio matrimonio.
Herion ci ragionò un attimo su; poi ebbe un lampo di
genio.
- Vi conoscete solo da qualche settimana! – strepitò.
Se sapeva una cosa, era che non si poteva "amare" una persona solo dopo qualche
settimana.
Una vena iniziò a pulsare sulla tempia di
Bulma.
- Due anni! – strillò quest’ultima. – È da due anni
che non ci vediamo, Herion! – la rimproverò.
La mora si passò una mano sulla nuca, ridendo
imbarazzata: era passato così tanto tempo e non se ne ricordava?
- Devo avvertire anche Yamcha! – esclamò la
turchina.
La mano di Herion rimase a mezz’aria, immobile.
Yamcha?
Era da tanto che non lo sentiva, non lo vedeva, non
lo pensava. Da quando se n’era andato senza guardarla. E a lei era mancato
terribilmente.
- Sai per caso dov’è? – continuò Bulma rivolta
all’amica. Lei fece cenno di no. La futura sposa ne rimase molto colpita. – Ma
come, non l’hai più visto? – le chiese. Herion negò nuovamente. La Brief non si
scompose, ed iniziò ad inveire contro il ragazzo. – Quel cretino! Non si è fatto
sentire neanche una volta? – strepitò. – È peggio di te! – sibilò, intendendo
offendere solo Yamcha e non Herion.
L’altra annuì, non ascoltando veramente le lamentele
dell’amica. Il pensiero del ragazzo era prepotentemente penetrato nella sua
testa, e sembrava non avesse intenzione di schiodarsi da lì.
Scuotendo la testa, Herion si ricompose. Sorrise ai
due novelli sposi, notando quanto bene stessero insieme. Poi si voltò verso il
genio, che continuava a piangere, e Crillin, che cercava di tirare su di morale
il maestro. Poi si voltò verso l’amica.
- Lo vado a cercare io! – propose.
Bulma annuì.
- Effettivamente dobbiamo fare i preparativi per le
nozze… - sembrò scusarsi.
- A quando la cerimonia? – chiese l’amico calvo.
- Due mesi. – ipotizzò lei, sorridendo nuovamente.
Strinse il braccio del fidanzato, e lui annuì guardandola. Satan era rimasto
zitto durante tutto il discorso, aspettando pazientemente che la sua amata
finisse di parlare (o di imprecare). Si vedeva che era un uomo molto buono,
sotto la sua corazza fatta di freddezza, durezza e peli.
Herion chiamò a gran voce la nuvola speedy, e quando
questa arrivò, vi si accomodò sopra.
- Vuoi che venga con te? – chiese Crillin, premuroso.
La mora negò.
- Ha bisogno di cure e attenzioni. – disse scherzosa,
indicando il genio che continuava a singhiozzare.
Dopodiché si alzò in volo, salutando tutti con un
ampio gesto del braccio. Quando fu ad alta quota, sola, pensò a dove cercare
l’amico. Aveva detto che avrebbe girato, perciò non si sarebbe stabilito in
nessuna parte precisa, e ciò rendeva più difficile le ricerche. Avrebbe comunque
cominciato dalla città più grande che trovasse in circolazione.
Passò tutto il pomeriggio alla sua ricerca,
attraversando varie città, ma non lo trovò. Al tramonto riprese la ricerca,
abbandonando l’ennesima città senza un risultato. Ebbe poi un idea: ricordava
ancora il posto in cui trovarono Pual per la prima volta. Quello doveva essere
il loro nascondiglio, la loro base.
Sorridendo, orientò la nuvola in direzione del
deserto. Dopo pochi minuti di volo, atterrò vicino alla baracca in cui doveva
trovarsi l’amico.
I passi risuonavano cauti sulla sabbia, mentre con
calma Herion si recava verso l’entrata. Era sicura di trovare lì Yamcha: se non
per intuizione, per esclusione. Era stata in tutti i posti del globo, l’unico
che rimaneva era quello.
Si fermò, indugiando sulla soglia. Posò una mano
sulla maniglia: era sicura che vederlo fosse la scelta giusta? L’ultimo incontro
non era stato particolarmente entusiasmante. Lui poteva essere ancora
arrabbiato, per qualche motivo a lei sconosciuto. Poi però ripensò alla sua
simpatia, alla sua allegria, alla sua strizza. E non poté far a meno di
desiderare di rivederlo. Le mancava, tanto forse troppo, e non avrebbe permesso
che una giornata no li dividesse. Spalancò la porta, e all’interno vide il buio.
La puzza di marcio che si sentiva recava segni di settimane. Rimase in silenzio
a guardarsi intorno, poi un tremolio la distrasse. Lei si voltò verso un angolo
oscuro, e scorse appena una figura che tremava. Era piccola, era tonda…
- Pual? – mormorò Herion.
Lui tremò ancora di più, dopo aver riconosciuto la
ragazza. Lei poté notare delle ferite sul suo corpo, le lacrime nei suoi occhi.
Un lampo improvviso la colpì.
- Yamcha…? – chiese, impaurita dalla possibile
risposta che il piccolo amico poteva darle. Lui alzò la piccola testa tonda,
continuando a singhiozzare.
- E’… è stato ucciso… -
Il mondo le crollò addosso.
Salve a tutti.
Bulma e Satan si sposano, Yamcha è morto. Cosa
succederà adesso?
Sirene Chan
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