Ricordati
di me
Capitolo
1
Era
una tranquilla domenica
mattina all’inizio dell’Estate e, come sempre del
resto, Alice Asatani si
sentiva un tantino fuori luogo con quello che considerava un
artificioso
abbigliamento borghese . Non che normalmente indossasse una divisa
intendiamoci, ma il severo tailleur che adoperava quand’era
in servizio le
sembrava fosse più consono alla sua personalità,
mentre così vestita provava un
certo impaccio. Il fatto era che si considerava una persona quadrata
e
di conseguenza le piaceva esprimerlo anche attraverso il modo di
vestirsi . In
ogni caso, al di là delle mere spiegazioni psicologiche e
delle considerazioni
inerenti alla moda, con indosso quella t-shirt e quei ridicoli
pantaloni alla
caprese, non stava affatto comoda.
"Ma
che ti si è
allagata casa?"
Molto
probabilmente Matthew
l’avrebbe apostrofata in questo modo vedendola in quella
mise. O perlomeno fino
a qualche mese fa sicuramente le avrebbe detto così, ora
piuttosto le veniva il
sospetto che non se ne sarebbe neppure accorto. In fin dei conti
infatti non
era in grado di fare la differenza tra il prima e il dopo, purtroppo...
Alice
si accigliò
contrariata, se non fosse stato per lui ora non si sarebbe trovata su
questa
strada, sotto il sole cocente, ostacolata dalla folla del weekend e in
procinto
di incontrare delle persone che francamente non ci teneva affatto a
rivedere.
Già, se ne sarebbe rimasta nel suo
bell’appartamento climatizzato a leggere un
libro e bersi una soda ghiacciata. E invece no, eccola tutta acchitata
nello
stile vigente quell’estate (cosa che normalmente le sarebbe
importata meno di
zero, ma visto che stava per incontrare delle fashion victims,
al
momento gliene fregava abbastanza) a fare da ambasciatore per via di
della
situazione alquanto preoccupante in cui era invischiato colui che da un
bel
pezzo aveva smesso di considerare solo un semplice collega.
Certo
che, pensandoci e per
l’ennesima volta, tutta quella storia era così
assurda che si stentava a
crederla.
Ecco
cos’era l’affetto: assolvere,
per un amico a cui tieni, un compito che in altri frangenti avresti
rifuggito
come la peste.
Eh
già , in passato c’era
stato un momento in cui si era sentita parecchio attratta dal suo
compagno di
lavoro, anche se al di là della prestanza di
quest’ultimo, giocava come fattore
determinante il fatto che la di lui fidanzata ne era molto, ma molto
indispettita. Poi, col passare delle stagioni, e con la consapevolezza
che lui
non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti, l’iniziale
infatuazione si era
trasformata in una solida amicizia che il tempo e gli avvenimenti,
nonostante
tutto, avevano lasciato inalterata. Ma l’antipatia per le
sorelle Tashikel e
per Sheila in particolare, era rimasta immutata.
Come
i sospetti del resto,
che purtroppo non aveva potuto suffragare, giacché non aveva
mai trovate le
prove per poter incastrare quella maledette, anche se aveva smosso mari
e monti
per farlo. Dentro di sé sapeva, al di là di ogni
ragionevole dubbio, che quelle
tre erano Occhi di Gatto, quella dannata banda di
ladre che tanto aveva
fatto penare tutto lo staff del dipartimento di polizia di Inunari. E
soprattutto era convinta che lo stesso Matthew le avesse smascherate,
anche se
si era chiuso in un silenzio di tomba su tutta la faccenda e che, ora
più che mai,
non ne avrebbe parlato.
In
effetti si era decisa a
fare ciò che stava facendo anche in virtù di quel
particolare, se quest’ultimo
infatti si fosse sbloccato forse avrebbe cambiato
atteggiamento e quella
ridicola farsa, in barba alla giustizia, sarebbe finalmente terminata.
Pia
speranza la sua, ma
questa, unita alla prospettiva della salute minacciata
dell’uomo, l’avevano
convinta ad affrontare quell’incontro oltremodo molesto.
Ed
eccola lì, finalmente
giunta a destinazione. Non c’era che dire, davvero
impressionante la facciata
del condominio che le tre grazie avevano eletto a
loro residenza. Ma
figurarsi se le iper sorelle (iper tecnologiche,
iper efficienti, iper
eleganti e iper bone accidenti a loro!) non
abitassero in un
appartamento da sogno nel più bel grattacielo di Shinjuku!
Piccata
entrò nella
costruzione a vetri, si diresse verso l’ascensore e durante
il tragitto fino
all’ultimo piano si chiese come avrebbero potuto riceverla.
Con beffarda
acrimonia si augurò perlomeno che se la sarebbero fatta
addosso quando sarebbe
piombata loro tra capo e collo. In fin dei conti lei era ancora un
detective
della polizia, sebbene attualmente non fosse più di stanza
alla criminale, ma
alla omicidi, quindi c’era la possibilità. Del
resto, se era come pensava, ed
era così, la sua visitina non poteva che metterle in
allarme!
Sorrise
sprezzante e anche
piuttosto allettata all’idea del panico che avrebbe scatenato
e arrivata
davanti alla loro porta non si stupì affatto nel constatare
che il piano era
tutto di loro proprietà. Quindi, senza darsi tempo di
ripensarci, diede
un’energica scampanellata.
Pochi
minuti di attesa e la
porta le fu aperta nientedimeno che da Tati, ancora in pigiamino rosa,
che non
appena la vide proruppe in un sonoro: "Accidentaccio,
Asatani!!"
N.d.A.
Dunque,
mi sento in dovere
innanzitutto di fare le mie scuse a quanti ancora stanno attendendo il
prosieguo delle mie precedenti fanfiction. Sì avete ragione
se mi state
riempiendo di accidenti, ma purtroppo per una serie di eventi fortuiti
e
imprevisti di svariata natura, non mi è stato possibile
metterci mano nei mesi
appena trascorsi. Chiedo venia, sappiate che ci sto lavorando e quanto
di più
l’attesa si protrae, tanto più è
sintomo che lo sto facendo con scrupolo, okay?
Per
quanto riguarda questa
storia invece, la considero una sorta di tributo a quella vecchia
guardia, alla
quale io appartengo, dei gloriosi anime anni 80. Magari i
più considerano ormai
superate queste produzioni e giustamente sono attratti dalle storie
più recenti
che ci giungono dal sollevante. Però io ho amato moltissimo
la vicenda di Occhi
di Gatto e insomma, mi è preso lo sfizio di dargli voce,
visto che, purtroppo,
nessuno fin ora se n’è preso la briga.
Per
quanto riguarda invece
le innumerevoli licenze poetiche, le forzature, la goliardia eccessiva
di
alcuni passaggi e qualche riferimento piccante buttato qua e
là, che
successivamente si leggeranno, me ne scusino i puristi e chi se ne
dovesse
sentire offeso. Anch’io sono un’estimatrice
dell’opera di Tsukasa Hojo e questa
mia non vuole essere altro che un omaggio al maestro e un atto di
affettuoso
ossequio all’opera che ha fatto sognare la mia generazione e
quanti
successivamente l’hanno apprezzata.
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