Le commissioni di Migelo impegnavano parte del tempo libero di
Vaan, ma lui ne approfittava per divertirsi un po’.
Insieme all’amica Penelo, si avventurava nel deserto in cerca di
emozioni. Per il resto, la vita a Rabanastre scorreva tranquilla. Gli imperiali
andavano in giro per la città, trattando male i cittadini, ma per il resto tutto
era sereno, e niente riusciva ad attrarre l’attenzione delle persone. Niente era
veramente interessante, in quel posto.
Lo Strahl atterrò nel deserto, poco lontano dalla porta di
entrata per Rabanastre. Nascondendo accuratamente la navicella, i due aviopirati
ne uscirono.
- Ottimo lavoro, Fran. - Si congratulò il ragazzo. - E’ ora di
divertirci. - disse, avviandosi verso l’entrata. La viera lo seguì,
silenziosa.
Dopo aver fatto qualche passo, un lupo diede loro il benvenuto.
La bestia si lanciò sulla donna, che sembrava fisicamente quella più indifesa,
ma un colpo di pistola lo fermò prima.
- La spalla del protagonista non deve morire. - mormorò,
soffiando via il fumo dovuto allo sparo che la canna emanava.
Lei lo ringraziò, poi tornò ad essere silenziosa come
sempre.
Qualche metro più in la si trovavano altri lupi. Senza pensarci
su, il ragazzo sparò, centrando in pieno gli animali. Poi si mise a correre
verso la porta, seguito a ruota dalla viera. Arrivati all’entrata, entrarono
senza far troppe storie.
La piazza delle porta si ergeva in tutta la sua bellezza davanti
a loro. Le scalinate le davano un aria elegante, e rendevano tutto più bello e
faticoso.
- Dove si va? - chiese il ragazzo. Lei lo guardò, come per
fargli capire qualcosa. Lui sorrise, osservando negli occhi la compagna. - E
taverna sia. - disse, ghignando.
A ragazza poggiò il piatto sul tavolo, e velocemente si
allontanò. Era l’ora di pranzo, e la gente alla taverna era piuttosto numerosa.
- Rinoa! - la chiamò la collega, nonché amica.
La bionda le si avvicinò.
- Ha chiamato mio padre! - disse quest’ultima. - E’ nei guai! -
mormorò, lasciando intendere di che guai si trattassero. Rinoa
ridacchiò.
- Non è la prima volta che il vecchio Cid si mette nei guai. -
disse.
- Si, ma questa volta sono seri! - sussurrò l’amica. - Sembra
che dei tipi l’abbiano seguito! - esclamò, preoccupata.
L’espressione della mora si fece improvvisamente seria. Se
l’avevano seguito, significava anche che l’avrebbero preso in men che non si
dica.
- Tu vai da tuo padre. - disse, solenne. - Ti copro io! -le
assicurò.
- Sei sicura? - l’altra sembrava perplessa.
- Vai, Rikku. - ordinò la mora, severa. Poi sorrise all’amica. -
Vedrai che alla fine non sarà niente. - la rincuorò.
La bionda abbracciò la ragazza, poi si sfilò il grembiule delle
cameriere, dandolo alla mora, e la salutò. Correndo come una scheggia verso
l’uscita, incrociò due clienti mai visti prima.
- Benvenuti alla taverna del mare di sabbia! - strepitò, da
buona cameriera, verso il ragazzo e la viera. Lui sorrise nel vederla, mentre
lei rimase seria.
Rikku uscì, e si mise a correre velocemente verso casa
sua.
- Dove sarà quella maledetta? - strepitò il ragazzo, parlando al
nulla.
Stava cercando una ragazza, ma non una qualsiasi: una che gli
aveva fregato tutti i suoi soldi.
- Ehi, tu! - disse al primo passante che gli capitò sotto tiro.
- Hai per caso visto una ragazza minuta, con i capelli corti e neri? - chiese. -
Porta una shuriken grande sulla schiena. - spiegò.
Lui rifletté un attimo.
- Non mi pare… - disse. - Ma lavoro all’armeria. Se è una a cui
piacciono le armi, ci passerà di sicuro. -
Le sue parole convinsero il giovane, che seguì il ragazzo al
negozio dove si stava recando a lavorare.
- Come hai detto che ti chiami? - chiese, al cittadino di
Rabanastre.
- Non l’ho detto. - disse lui. - Comunque mi chiamo Squall.
-
- Io Reno, piacere. - si presentò.
- Perché cerchi quella ragazza? - chiese,
incuriosito.
- Mi ha rubato soldi. - spiegò, irritato al solo pensiero del
furto.
Squall rimase leggermente deluso. Si aspettava chissà che storia
intricata… Quella era fin troppo semplice.
- Eccoci arrivati. - disse, indicando l’armeria. I due
entrarono. - Ciao, Paine! - salutò il ragazzo, facendo un cenno alla ragazza
seduta alla cassa. Lei ricambiò, squadrando l’ospite. - Lui è Reno. - lo
presentò. - Sta cercando una ragazza. L’hai per caso vista? Porta uno shuriken
sulla schiena. -
Paine fece finta di niente, e negò senza interesse.
Quando i due si furono avviati verso la parte più interna del
negozio, la ragazza aprì la porta del magazzino.
- Ti conviene andartene. - intimò alla ragazza seduta nello
stanzino. Lei annuì, uscendone furtiva.
- Grazie Paine, per avermi nascosta. Appena ho visto quel tipo,
non sapevo cosa fare… - ringraziò lei.
- Figurati, Yuffie. - disse l’altra. - E stai attenta la
prossima volta! - si raccomandò.
- Me ne ricorderò! - rise Yuffie, correndo verso l’uscita. -
Grazie, Paine, ciao ciao! - strillò, senza paura di farsi udire dal
rosso.
Doveva correre da Cloud per avvertirlo: Reno era a Rabanastre, e
la stava cercando.
Cloud intanto stava passeggiando. Non era una camminata di
piacere, bensì stava cercando il ladro che gli aveva rubato i soldi della cassa.
Aveva lasciato al bar Tifa, la sua migliore amica, mentre aveva la compagnia di
Yuffie. Quest’ultima si era autoinvitata, ma il biondo non poteva dire di
esserne dispiaciuto. Amava la solitudine, ma avere al tuo fianco una persona
allegra ed esuberante lo rasserenava, e non lo faceva pensare al triste passato
che lo caratterizzava.
Non vide nessuno che poteva a malapena sembrare il ladro che lo
aveva derubato, perciò decise di fare una sosta. Si avvicinò sotto un portico,
non per entrare nel palazzo quanto per riposare all’ombra, quando due uomini che
erano li lo cacciarono via in malo modo.
Senza chiedere spiegazioni, irritato, il giovane fece per
andarsene, quando una voce lo fermò.
Un ragazzo uscito dal palazzo in questione gli stava andando in
contro.
- Ehilà! - lo salutò, cordiale. - Scusa per il trattamento
brusco dei nostri uomini. - ed indicò i due che avevano cacciato Cloud.
Il biondo non si dimostrò molto allegro, ne tantomeno
bendisposto. Ma l’altro non si arrese.
- Per entrare la dentro devi avere il diario dei clan. - gli
disse.
- Non volevo entrarci. - disse monotono Cloud.
L’altro rimase spiazzato, poi però si riprese subito.
- Lì dentro diamo la caccia ai criminali. - disse, suscitando
l’attenzione di Cloud. - Ma per farlo e ricevere il compenso, devi essere
iscritto. - lo avvertì.
- Cosa vuoi da me - disse il biondo, tornando ad essere
disinteressato.
- Mi chiamo Tidus. - si presentò il ragazzo. - E sono un membro
del clan dei centurio. Ti ho visto, sei tutta la mattina che gironzoli qua
davanti. Sembravi interessato al nostro clan, perciò sono venuto ad avvisarti
che entrare a farne parte non è semplice. -
- Non voglio entrare a far parte del vostro clan. - disse,
tornando a guardarsi in giro.
- E allora cosa stai facendo? - chiese, curioso.
Cloud non rispose, quando una voce lo chiamò.
- Cloud! - strillò Yuffie, correndogli intorno.
La ragazza, dopo un estenuante corsa, stava per lasciarsi cadere
a terra per lo sforzo, ma le braccia forti del ragazzo la ressero in
piedi.
- Reno… - sbuffò lei, annaspando. - E’ qui… Mi sta cercando… -
disse, prendendo aria.
Cloud, perplesso, le chiese il motivo.
- Il ladro… che ci ha derubato… ha preso i soldi… che avevo
fregato a… Reno… - disse, respirando a fatica.
Il biondo si irritò, senza però mollare la presa dalla
ragazza.
- Perché hai rubato soldi a uno dei Turk? - le chiese,
abbassando la voce.
- Ne aveva tanti… - si scusò, lei. - Dobbiamo nasconderci! -
disse. - Sta arrivando, ma sono riuscita a sviarlo un po’. - si
vantò.
- E’ una parola… - mormorò Cloud. - Dove diavolo ci nascondiamo?
-
Tidus si schiarì la voce, attirando l’attenzione.
- Il clan dei centauri è un posto dove la gente non può in
nessun modo entrare, se non iscritta. - spiegò sorridendo. -Se entrate con me,
sareste al sicuro! -
I due non ebbero altra scelta, ed entrarono nel luogo da cui
poco fa Cloud era stato cacciato.
- Buon giorno! - salutò una persona, appena entrata in un
negozio. La commessa ricambiò, gentile.
- Cosa le serve? - chiese alla sconosciuta.
- Vorrei delle informazioni. - disse, nascondendosi il viso nel
cappuccio che le copriva il volto. - Dove posso fermarmi la notte? -
La ragazza del negozio ci pensò su.
- Ci sono varie locande, da queste parti. - disse.
- Io vorrei qualcosa di piccolo, appartato. Magari con poca
gente. - chiarì la figura.
L’altra sembrò dispiaciuta.
- In questo periodo praticamente tutte le locande sono piene di
gente. - disse. Poi sorrise. - Io ho una camera libera, a casa mia, e la affitto
volentieri! -
La persona incappucciata annuì. La commessa allungò la mano, per
stringere quella della cliente.
- Io sono Yuna, e lei come si chiama? - chiese,
allegra.
La persona ricambiò la stretta di mano, e l’arto si rivelò
appartenere ad una donna.
- Amalia. - disse, semplicemente.
Nabi: