Sei sempre stato la mia
meraviglia.
Appena ti ho visto, qualche secondo
dopo essere nato, ho pensato che mai e poi mai avrei potuto permettermi che
qualcuno ti facesse del male.
Ti ho voluto bene dal primo momento,
dal primo sorriso che hai fatto.
Tuo padre ti coccolava, i tuoi nonni ti
lodavano, tutti ti volevano bene. E tu sei cresciuto circondato da un amore
infinito.
Eri sempre allegro, giocherellone,
scherzoso. Eri un angelo.
Il tuo primo giorno di asilo piansi,
guardandomi andare verso l’uscita. E io mi voltavo, costretta a tenere a bada la
mia immensa voglia di venirti incontro, abbracciarti, stringerti e consolarti.
Ti salutavo, con la mano appena tremante dal dolore che provavo nel doverti
abbandonare, anche solo per qualche ora, in un posto in cui non volevi stare.
Alle scuole elementari eri cresciuto un
po’, ma le tue paure erano sempre le stesse. Non volevi restare lì. Mi volevi
sempre accanto. Ma io non potevo stare con te in quel luogo, e così provavo
nuovamente dolore nel lasciarti li solo. Soffrivo veramente tanto, in quel
periodo. Ma eri il mio tesoro, e non potevo fare a meno di patire.
In molti mi hanno ripetuto che ero
esagerata. Che ti avrei rivisto il pomeriggio, ma io ogni mattina continuavo a
dolermi.
Alle scuole medie già non ti dovevo più
accompagnare, insistevi col dire che eri grande. Iniziavi ad uscire con gli
amici, ed io ricordo che non cercavo di impedirtelo, perché se era quello che
volevi, lo avresti fatto.
Ma tu non mi sembravi grato per gli
sforzi che facevo per farti felice.
Io non mi scomponevo, pensavo fosse
normale. Ma dentro continuavo a rodermi. Tuo padre mi continuava a dire che era
nella norma che un ragazzo rifiutasse le moine di una madre follemente legata al
figlio, e io mi illudevo che avesse ragione.
Alle superiori eri sempre più assente.
Non ci hai mai presentato neanche un amico ne una ragazza. E per quel motivo
piangevo, pensando che tu ti vergognassi di me. Sentivo che ormai stavi andando
avanti nella vita senza me. E che io restavo li, ferma e sola come una boa in
mezzo all’oceano.
Non ho mai pensato seriamente di aver
sbagliato qualcosa con te, neanche adesso che hai 30 anni.
Ma qualcosa devo aver sbagliato,
se adesso ci troviamo in questa situazione. Sei in piedi, davanti a me, e tieni
la mano stretta a pugno con dentro un coltellino.
Perché?
Perché stai cercando di
uccidermi?
Salve, sono Sirene Chan!
Ho scritto questa fic di getto, senza
badare a quello che stavo digitando. Ed è venuto fuori questo. Reputandolo
abbastanza dignitoso, ho deciso di pubblicarlo. Spero che sia piaciuto ad almeno
qualcuno!