Il Nostro Ponte by Ginny7
Mentre salgo su questo ponte, sento
l’eco dei miei passi sul
duro legno.
Quasi come sempre.
Ormai, ho perso il conto di quante
volte sono salito quassù,
da solo.
C’è stato un
tempo, che ora mi appare solo come uno sfocato
ricordo, in cui di passi ne sentivo altri, allegri e vivaci. I tuoi,
Harry.
Ho perso il conto di quante volte,
insieme, abbiamo
aspettato quassù il preside per dirci di una missione per
l’ordine….di quante
volte abbiamo litigato, abbiamo pianto e riso insieme, o di quante
volte mi hai
urlato “Stupido!” dall’alto di un albero,
con la tua voce sempre allegra.
Ormai sono arrivato in cima. Mi
appoggio alla dura ringhiera
di legno, osservando ancora una volta quel tramonto che mi piaceva
tanto
osservare insieme a te.
Ma da quando te ne sei
andato….nulla ha più senso, nulla.
Sono uno stupido, perché
è stata colpa mia, e io lo so.
Potevo salvarti con queste mani,
evitare di rischiare,
andarmene.
E invece no. Da egoista, come sempre,
ho preferito uccidere mio
padre, pur sapendo che avremmo rischiato la vita.
E tu ne hai pagato le spese, mia
piccola fenice.
Il tuo grande
sogno….diventare, un giorno, un uomo libero
senza più la schiavitù della fama….eri
così determinato, che sembrava
impossibile distruggerlo. E invece…è bastato un
secondo di disattenzione.
Il vento fresco della sera mi
accarezza i capelli biondi,
portando via le lacrime che scendono copiose dalla mia guancia. Come mi
dicevi
sempre tu, appoggiato alla mia spalla, nei giorni felici che ora mi
sembrano
tanto lontani.
-Draco….lo senti, che bel
vento fresco che tira? E’ come il
nostro amore. Il nostro amore….lui è come il
vento. Non lo vedo, non lo sento…
ma lo percepisco.
Subito dopo, le tue dolci labbra si
posavano sulle mie,
mandandomi in paradiso per un attimo.
Avevi ragione. Ora il tuo amore lo
percepisco anch’io,
attraverso questa brezza che spesso scompigliava i tuoi capelli come le
ali i
un corvo.
La scena non provocò
rumori né grida.
Accadde, come tutte le cose che
devono accadere, senza un
motivo preciso.
Un Avada kedrava venne estratto dalla
tasca molto
rapidamente, e, altrettanto rapido, si piantò nel petto del
ragazzo. Lui
sorrise, con il solito cipiglio arrogante, mentre un filo di sangue gli
rigolava dalla
bocca. Il tonfo fu
piuttosto sordo e attutito dalle assi di legno, che si macchiavano di
rosso non
il passare dei secondi.
Con un ultimo sforzo, Draco
riuscì a pronunciare alcune
parole.
-Ehe….questo non
è un incantesimo…. come si rivelava sempre
quando mi colpivano….ora non ho più niente da
fare, in questo mondo ingiusto.……
aspettami, Harry…. perché sto arrivando.
Forse, nello stato di confusione che
recava la mia mente in
quel momento, me lo sarei anche potuto immaginare.
Ma volevo credere di averla sentita
davvero, la calda voce della
mia fenice, che mi sussurrava in un orecchio.
-Ti aspetto, Draco.
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