Sherlock si fermò di fronte alla porta etichettata ''Dr. J.
H. Watson''.
Sorrise, affondando una mano nella tasca del suo cappotto, e tirandone
fuori il cellulare.
Oltre quella soglia, quando il proprio cellulare vibrò
(facendo tintinnare fastidiosamente anche la tazza vuota accanto al
quale era poggiato), il dottor J. H. Watson sobbalzò.
Prese il telefono con la mano destra (l'altra era troppo impegnata a
rimanere chiusa a pugno sulla sua guancia, evitando così che
la sua faccia sbattesse sulla scrivania dalla noia), e lesse il
messaggio.
Toc, Toc. SH
Gli scappò un sorriso.
«Avanti.»
Neanche mezzo secondo dopo, Sherlock entrò nel suo studio.
«Dottor Watson.» Lo salutò, quasi
sfacciatamente, richiudendo la porta dietro di sè.
Fece girare la chiave nella toppa, ovviamente senza essere notato.
«Buongiorno, signore.» Disse lui, in modo molto
formale.
Sherlock sorrise amabilmente, e prese posto nella sedia di fronte
all'alta scrivania del dottore.
Rimase a guardare l'altro con quel suo sorriso sfacciato e provocante
per almeno un minuto, per poi distendere velocemente il braccio
sinistro e dare una veloce occhiata al suo orologio da polso.
Riportò lo sguardo sul dottore in contemporanea con un
rintocco di campana.
«Buonasera.» Disse, non appena si fecero le sei.
John si lasciò sfuggire una leggera risata.
Possibile che Sherlock riuscisse a sembrargli così
affascinante persino in quei suoi momenti di assoluta
teatralità?
«Cosa la porta qui, signore?» Chiese, continuando
la recita.
«Sono stato terribilmente
annoiato, ultimamente.» Proclamò Sherlock con un
leggero broncio.
«Non è esattamente il tipo di cose di cui si
occupa un dottore, sa?»
Quel -palesemente- finto rammarico fece sorridere il detective.
«Beh, ho anche sofferto d'insonnia.» Aggiunse
Sherlock.
«E mi è stato detto che lei è un
dottore molto competente. Altamente raccomandato.»
John sollevò le sopracciglia, con espressione vagamente
soddisfatta.
«Beh...non so chi abbia potuto dirglielo, ma ne sono
lusingato.»
«Raccomandazione personale.» Sherlock
strizzò l'occhio, e John tentò di reprimere un
sorriso.
«E..come posso essere d'aiuto? Delle medicine?»
«Il medico è lei, cosa suggerirebbe?»
Chiese, sporgendosi in avanti e poggiando i gomiti sulla scrivania, con
il mento appoggiato sulle mani unite.
«Non sono sicuro di poterlo dire, sarebbe poco
professionale.» Ridacchiò il dottore, potendo
vedere un intenso quanto istantaneo luccichio negli occhi dell'altro,
che rispose senza scomporsi.
«Penso che una risposta non ortodossa possa essere
esattamente ciò di cui necessito.»
John annuì, sogghignando. «Se lo chiede il
paziente..» Si chinò, e baciò il
detective.
Sherlock sorrise sulle sue labbra, e si sporse maggiormente, facendo
scorrere una mano dietro la nuca del dottore.
Socchiuse le labbra alla richiesta implicita di John, e si
lasciò sfuggire un gemito quando sentì la sua
lingua lambire il suo labbro inferiore.
John passò una mano fra la matassa di capelli disordinati di
Sherlock, e si allontanò di pochi centimetri dal bacio.
«Non sono sicuro di poterlo fare, signore, ho un ragazzo,
sa.»
«Sono certo che capirà.» Sherlock
sorrise sfacciatamente.
«Devo dire però che sono abbastanza geloso, la
credevo disponibile, dottore.»
«Oh, non si preoccupi, non è una relazione
sognificativa. Lui è sempre occupato con i suoi giocattoli
scientifici.» Cercò di suonare
risentito, e Sherlock fece del suo meglio per non mettere il broncio.
«Avrà senz'altro le sue ragioni. E' probabilmente
perdutamente innamorato di lei.» Mormorò in modo
lamentoso, appoggiando la fronte su quella del dottore.
John gli carezzò la guancia con il pollice, sorridendo.
«Sì, ha ragione. Sa una cosa? Torno da
lui.»
Fece scivolare via la mano dalla sua guancia, fingendo di andarsene.
Sherlock tornò ad appoggiarsi allo schienale della sedia e
ridacchiò, ammirando con divertimento le buffonate del suo
collega.
John rise. «Oh avanti, non mi guardare come se fossi un
bambino!»
«Non lo farei mai, amore.»
Sogghignò.
«Ora, quello che apprezzerei molto sarebbe che tu passassi da
questa parte della scrivania e smettessi la tua sceneggiata da medico
sexy.» Disse, con un sorriso.
«Non che non l'adori.» Aggiunse dopo un secondo.
John ridacchiò e fece come Sherlock aveva chiesto.
Si sedette sulla scrivania, e gli prese la mano, facendolo alzare e
portandoselo più vicino.
Il detective accettò di buon grado l'invito e
catturò le labbra del dottore con le sue.
John sorrise. Se avesse raccontato ingiro che il grande Sherlock Holmes
era andato a trovarlo a lavoro per fare..beh, quello, non gli
avrebbero creduto. E come avrebbero potuto? A malapena ci credeva lui.
Sherlock approfondì il bacio, notando che il solito leggero,
ma inebriante, sapore di John -che gli ricordava il tè che
bevevano a colazione-, era mescolato ad uno più forte di
caffè.
Mugolò nel bacio, non appena sentì le gambe del
dottore circondargli la vita.
«Dovresti venire più spesso a trovarmi a
lavoro.»
«Forse dovrei.» Disse Sherlock, avvolgendo le
braccia attorno al soldato.
John ridacchiò ed approfondì il bacio, prima di
lasciare un sussurro sulle sue labbra.
«Ti amo, sai.»
«Lo so.»
Il medico scosse la testa, se l'aspettava.
Raramente l'altro lo graziava con quelle due paroline, ma gli andava
più che bene così, non sarebbe stato da Sherlock
ripeterglielo ogni cinque minuti, sarebbe stato addirittura inquietante.
John gli lasciò un bacio sul collo, ed alzò lo
sguardo su di lui, sentendosi libero di guardarlo senza remore, dato
che aveva gli occhi chiusi.
Era meraviglioso. Ed ancora meglio, suo.
«Perchè sprechi il nostro tempo
fissandomi?» Questionò lui, gli occhi ancora
chiusi, il capo leggermente reclinato all'indietro, ed un sorriso
complice sulle labbra.
«Stavo solo godendomi la consapevolezza di avere per me il
grande Sherlock Holmes.»
«Ah sì?» Ridacchiò Sherlock,
aprendo gli occhi per un istante, prima di baciare nuovamente e con
forza il dottore.
John mugolò lievemente, raggiungendo il colletto della
camicia dell'altro, e cominciando a sbottonarla.
Lasciò che Sherlock gli togliesse -con movenze
più fluide delle sue- il maglione, e che riunisse le loro
labbra non appena lo fece passare oltre la sua testa, lasciandolo
malamente sul pavimento del suo studio. La sua camicia seguì
presto.
Le labbra del soldato si mossero sul collo del detective, premurandosi
di succhiare abbastanza forte da lasciare un segno.
Sherlock spalancò la bocca, lasciandosi sfuggie un gemito
compiaciuto, facendo sorridere il dottore.
Era incredibile quanto fosse tiepido Sherlock, quanto fosse umano.
Quella pelle pallida sembrava sempre assurdamente fredda, a guardarla.
Un po' come lui.
Ma non lo era. Poteva sentire il suo sangue caldo scorrere sotto quella
pelle, ed ogni suo tocco bruciava.
Sherlock, da parte sua, era incredibilmente felice di aver avuto la
prontezza di chiudere a chiave la porta. Dettaglio di cui -ne era
certo- John non si era nemmeno curato.
Sentì le labbra dell'altro correre prima sulla sua spalla,
poi sulla sua clavicola, in una leggera carezza.
«Ti amo.» Mormorò.
John sospirò con piacere, sentendogli pronunciare quelle
parole, e strinse la presa sui suoi capelli, facendo scivolare una mano
sul suo torace.
«Anch'io, davvero.»
«Lo so. Dio, lo so.»
Le mani del dottore scivolarono lungo la schiena del detective, per poi
spingerselo più vicino, afferrandolo per i fianchi.
Sherlock, nel frattempo, stava benedicendo internamente la sua
spropositata altezza.
Perchè quando John -ancora sulla scrivania- lo
tirò verso di sè, le loro erezioni si
scontrarono, provocando un basso gemito da parte del dottore, che si
morse le labbra per non fare troppo rumore.
«Come vuoi farlo?» Sherlock sussurò al
suo orecchio, mordicchiandone il lobo giocosamente.
John rabbrividì, non prestanzo realmente attenzione alle
parole.
«Mmh...?»
«Ho chiesto, come ti va di farlo. Oppure preferisci che ti
elenchi tutte le opzioni?»
Sogghignò il detective.
John strabuzzò gli occhi. «Oh Dio no, ti
prego.» Disse, quasi realmente spaventato all'idea.
Risero entrambi.
Ancora non si capacitava di come Sherlock avesse potuto passare da
totalmente ignorante e impacciato in materia di sesso, a essere
assolutamente sicuro di sè e privo di qualunque forma di
imbarazzo, nel giro di...quanto...una giornata, due?
Ma forse era semplicemente così che funzionava con lui, non
appena possedeva abbastanza dati su..beh, qualunque argomento.
Sherlock, nel frattempo, prese a sbottonargli i pantaloni, cosa che,
inaspettatamente, fece ridacchiare il dottore.
«Credo che Sarah mi ucciderà.»
Spiegò.
Il detective si accigliò per un momento, al nome.
«Ti proteggerò.» Disse con un
solennità.
«Fra l'altro, perchè dovrebbe fare una cosa
simile?»
Domandò confuso ma straordinariamente tranquillo, come se
non fossero stati mezzi nudi e avvinghiati nel suo studio.
«Beh, perchè sono chiuso nel mio ufficio con il
mio ragazzo da almeno mezz'ora durante il mio orario lavorativo, tu che
dici?»
Sherlock ridacchiò per un attimo.
«E tu dille che mi sentivo male e perciò sono
venuto a farmi visitare.» Ribattè allegramente.
John annuì con enfasi, fintamente convinto.
«Sì, potrebbe andare. Ma non ci crederà
mai.»
«Probabilmente no, ma non sarà in grado di
dimostrare il contrario.»
Decretò Sherlock, mentre l'altro gli sfiorava il collo con
la punta del naso.
«Hai ragione. Come sempre.» Respirò il
suo profumo.
«Ovvio che ho ragione, ho sempre ragione.»
Sussurrò il detective, non avendo intenzione di lasciare a
John l'ultima parola, e abbassando la zip dei suoi pantaloni.
Alla fine, Sherlock si sbagliava.
In quanto una vecchia paziente che, con garbo, aspettava il proprio
turno per farsi visitare dal dottor J. H. Watson, allarmata dagli
strani suoni provenienti dallo studio di quest'ultimo, fece rapporto
alla segretaria di turno. Una certa Sarah Sawyer.
NdA
Ahoy!
Ho scritto questa...cosa...spinta dalla mia innata abilità e
dipendenza dal temporeggiare e non studiare ciò che dovrei
studiare.
Quindi, beh, scrivere del Johnlock mi sembrava un'ottima
attività alternativa al prendere dei libri ed aprirli.
Ancora non sono sicura di cosa il mio cervello abbia partorito, ma
è forse meglio così.
Vi ringrazio con i miei due cuori se avete letto questa scialba
stranezza fino al suo epilogo -se così può essere
chiamato-, siete degli umani molto caritatevoli.
Jawn apprezzerebbe.
|