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I° CAPITOLO
Driin. La campanella del primo giorno di scuola era suonata
come al solito in orario, spaccando il minuto con la sua fastidiosa puntualità.
L’ultimo anno di Liceo era finalmente iniziato, con tutto ciò che questo
comporta.
Mi chiamo Vitani Bardini 18 anni; umana. Lo dico perché
della mia razza non ne sono rimasti così tanti. La maggior parte di noi vive in
gruppo come gli animali, in riserve o ghetti comunque li si voglia chiamare il
risultato non cambia. Il mondo è divenuto proprietà di guerrieri, demoni,
angeli, vampiri e tante altre specie il cui numero sfugge il mio controllo. Che
schifo, non posso nemmeno considerarmi una rarità, faccio proprio pena.
No in realtà non è questo quello che penso di me, ma è ciò
che hanno fatto i miei genitori biologici quando il 6 luglio 1989 mi hanno visto
la prima volta e hanno scoperto che ero una semplice umana priva di talenti. La
mia sorte, per mia fortuna, non è stata incerta per molto tempo. Mia madre era
divisa dal naturale amore che una genitrice prova per la sua prole (questo è
quello che dicono i miei genitori adottivi); o più probabile dal fastidio di
dover uccidere una creatura dopo aver patito tante ore per poterla cagare fuori
(questa è la mia versione). Il fatto fu che quella donna di cui l’aspetto mi è
ignoto, pregò la famiglia Montreal di prendermi sotto la loro protezione e così
fu.
La famiglia Montreal è molto rinomata nella nostra città,
si tratta per la maggior parte di vampiri; qua e là possono essere nate pecore
nere, perché la razza è per lo più genetica, ma ogni tanto nascono bambini di
specie diversa da quella dei genitori, cosa che è successa a me, ma il casato
Montreal conta ben poche eccezioni nel suo albero genealogico.
Ho un fratello di nome Sky, ha la mia stessa età ed è un
vero stronzo. Gli voglio bene però, e lui sommariamente ne vuole a me, a suo
modo. Più e più volte mi ha proposto di diventare un vampiro:
“Cosa vuoi che sia Vitani, un morsetto e via.” Molti della
mia razza quando gli viene fatta una proposta simile, accettano di buon grado,
ma io sono soddisfatta di quello che sono. Per questo motivo ho sempre
rifiutato.
Eravamo nella stessa classe, e quel primo giorno di scuola
si era messo proprio di fianco a me. Non siamo mai stati una classe unita; fin
dalla prima superiore si erano creati dei gruppetti. Io facevo parte dell’elitè,
essendo sorella di Montreal. Insieme a noi c’era il miglior amico di Sky, Omari
Phoenix, una fenice dall’aspetto di un ballerino nero di hip-hop, la mia
passione da quando avevamo 13 anni, ovvero da quando i primi ormoni avevano
cominciato a bussare alla porta. Infine c’era la coppia: Romir Art, guerriero
della terra, e Bellatrix Thirona guerriera del cielo. Nonostante fossimo nel XXI°
secolo i contratti di matrimonio venivano ancora stipolati tra le famiglie con
un codice genetico puro. Ro e Bella erano stati fortunati, alla fine si erano
innamorati davvero.
Le tre ore di quel primo giorno di scuola passarono
velocemente. I professori si erano messi d’accordo evidentemente, perché fecero
le stesse identiche cose: prima l’appello con annesse le solite domande stupide
sulle vacanze, immergendosi poi con enfasi sul tema scottante dell’esame di fine
anno. Le loro parole puzzavano leggermente di paternale, ma ben pochi di noi se
ne curarono realmente.
Driin fine prima lezione dell’anno.
“Sono carico” affermò con un sorriso idiota Sky. Sapevo
anche troppo bene cosa voleva sottointendere: aveva voglia di cacciare.
Tra le razze si era stipulato un accordo per evitare guerre
che avrebbero decimato le popolazioni. Per gli esseri come i Montreal bravissime
persone, ma che sentivano la necessita, di tanto in tanto, di “rivitalizzare le
proprie doti” esistevano leggi che permettevano loro di cibarsi di criminali,
condannati alla pena capitale. Il tizio veniva lasciato libero, con la promessa
che se fosse riuscito a rimanere vivo per il tempo prestabilito, avrebbe
guadagnato il perdono. Il problema è che si calcolavano le capacità del
condannato e del cacciatore e in base a queste si decideva il periodo di caccia
che poteva anche durare anni, ovviamente il mal capitato non poteva difendersi
dal suo aggressore, l’unica cosa permessa era correre a gambe levate. Fino ad
ora ha sempre vinto il cacciatore.
I criminali non mancavano mai nella nostra città, ma Sky
non era il tipo che aspettava diligentemente il suo turno. Aveva così trovato
un modo tutto suo per ottenere il permesso, e lo aveva fatto sfruttando la legge
che sta alla base della nostra società: “mai attaccare nessuno senza un regolare
permesso, in modo particolare membri di altre razze. Pena: la morte.” Raggiare
le leggi era nella natura dei Montreal, famiglia importante non certo per i
canini, ma per il loro lavoro di politici.
“Sky oggi non mi va, e poi hai avuto la tua caccia ieri!”
sbruffai.
“Ma era roba da poco, non ho potuto nemmeno divertirmici.
E’ morto praticamente subito.” Si lamentò il vampiretto.
“Lo sai, prima o poi perderai il controllo e attaccherai
anche me.”era solo una scusa per farlo desistere. Ci provavo, come tutte le
volte, anche se ogni tentativo era sempre vano.
“Per questo O, Ro e Bella vengono con noi” rispose
prontamente mio fratello “e sebbene il tuo collo è ciò che bramo di più da
sempre, anche questo pomeriggio non succederà niente.”
Bellatrix provò a prendere le mie difese ricordando che lei
era fuori gioco. In quel periodo era Venere che la guidava, ergo non poteva
combattere perché come tutti i guerrieri del cielo sono gli astri a decidere le
loro armi, ma quando era il pianeta di nascita a influire su di loro erano
indifesi quasi quanto me. Lei era nata il 9 maggio, pianeta Venere.
“Visto?” dissi a Sky indicando con il pollice la ragazza.
“Sciocchezze bastiamo io e il signor Phoenix qui, a tener
bada un pipistrello impazzito. E poi non è mai successo niente.” Rispose Romir,
che in quel preciso istante odiai con tutto il mio cuore di umana.
Rinunciai e con malavoglia accompagnai Sky nel
suoterritorio di caccia preferito: il bosco, nonché habitat naturale dei lican.
Questa era una delle poche razze che solo dopo anni di esercizio costante
riusciva a mantenere sotto controllo la loro natura. Sky non li sopportava. In
realtà non era soltanto perché d’istinto li odiava, ma perché Sky era un
grandissimo sadico pezzo di merda, il cui hobby preferito era quello di giocare
con le sue vittime. I licantropi erano i suoi giocattoli preferiti perché sono
tipi piuttosto orgogliosi e combattivi, apparentemente instancabili fino a
quando l’ultimo brandello di vitalità non lasciava i loro muscoli. Sky si
divertiva con loro.
Oh mettiamo in chiaro una cosa. Mio fratello non era un
esibizionista come Romir, lui era veramente molto forte, non aveva bisogno di
mostrarlo ai suoi amici né tanto meno a me che lo conoscevo meglio di tutti. Sky
mi portava con sé a caccia, non per farsi bello davanti ai miei occhi, ma per
usarmi come esca. Se un lican mi attaccava, cosa che succedeva sempre, Sky aveva
il diritto di ucciderlo. Perché non facesse lui da formaggio per i topi, o per
meglio dire toponi, non l’ho mai capito. Il mio sospetto è che gli piacerebbe
vedere la mia reazione quando un grosso, peloso, puzzolente cagnaccio mi si
avventa addosso. Se era veramente questo, poteva anche smettere, perché poverino
cascava veramente male. Avevo imparato a non mostrare paura; sapevo bene che
vivevo in un mondo di cacciatori più o meno esperti, ed era probabile che prima
o poi (a seconda della mia fortuna)qualcuno mi avrebbe fatto fuori. Bè almeno
non me la sarei fatta nei pantaloni.
Questo era quello che pensavo quando venni esortata ad
entrare per prima nel bosco. Dopo qualche metro mi voltai, come facevo sempre,
(lo ammetto sono una tipa abitudinaria e noiosa). Bellatrix mi sorrise
incoraggiandomi, facile per lei mano nella mano con un guerriero della terra
disposto a dare la vita per lei. Omari, bello come il fuoco che gli ardeva nelle
vene, con lo sguardo strafottente, impertinente e pieno di sé. Sky non c’era già
più. Non lo vedevo, ma sapevo che era vicino. Stronzo sì, ma mi aveva
riconosciuto come sorella e su una cosa potevo essere sicura, mi avrebbe sempre
protetta. Mi rigirai, ricominciando a camminare senza meta lontana dai margini
della foresta: ed ecco quello che ero, un’umana tra i mostri; un’esca per i
giochi perversi di un vampiro insaziabile. Beh dai, poteva andarmi peggio.
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