Rita Rab
Il
posto delle fragole
"È la più antica forma di masochismo
quella di amare chi non sa amare,
e la più stupida."
(Oriana
Fallaci)
Quando aveva scoperto di essere
un Animagus, era volata nell'angolo di paradiso in cui aveva versato
lacrime amare.
Pensa, Rita. Pensa e
dimentica.
Rita Skeeter aveva frequentato Hogwarts, si era innamorata, era
cambiata.
Scriveva e beveva Burrobirra.
Poi Whisky Incendiario.
Ancora Idromele.
Lei quello
lo chiamava il posto delle fragole, non perché ci fossero
davvero delle fragole, ma perché le ricordava il loro sapore
e l'odore di Primavera. Quello era il posto del ricordo, e lei ci
tornava ogni qualvolta ne avesse voglia, anche solo con la mente.
Ci aveva raccolto i
sogni della sua vita che erano già ammuffiti nei cassetti e
ci aveva pianto perché Rabastan non l'aveva portata al
ballo, quando andava ancora a scuola.
Ma anche
perché nessuno l'amava. Almeno lei credeva così.
A volte ritorna, il posto delle fragole, e non puoi far
nulla per mandarlo via.
***
Rabastan
ama Rita. Rita aveva amato Rabastan,
almeno per quella notte.
L'atto di
concedersi in sé non era poi così tanto
spaventoso, ma lo era perdere la propria intimità e rendere
visibile agli occhi degli altri il proprio corpo come se fosse un
oggetto. Come se quella notte fosse trascorsa così, per
soddisfare il desiderio dell'altro.
Ma non sarebbe stato
così. No, non sarebbe stato così.
Aveva tentennato, perché Rabastan la conosceva troppo bene,
e lasciargli il libero accesso anche a quella piccola, graziosa, sua parte
vitale sarebbe stato peggio che regalargli il suo cuore senza
pretendere nulla in cambio. Non si era mai sentita pronta per un passo
del genere.
La notte era trascorsa. La mattina dopo Rita si era svegliata da sola,
e si era maledetta, perché aveva perso l'ultimo briciolo di
lucidità che ora, irrimediabilmente, possedeva Rabastan.
L'aveva in pungo: ora nulla lo tratteneva più da lei. Aveva
ottenuto quello che desiderava dall'ultimo anno a Hogwarts: portarsi
Rita Skeeter a letto.
Rita odiava svegliarsi accanto a qualcuno: la condizionava in ogni
gesto e in ogni parola. Odiava sentirsi osservata, odiava quando
qualcuno la guardava troppo a lungo. Odiava quando Rabastan le
lanciava i vestiti che le aveva tolto di dosso la sera prima, come se
il loro rapporto fosse basato solo ed esclusivamente su quegli incontri
notturni. Ma continuava ad andare da Rabastan, continuava a concedersi,
continuava a crogiolarsi in quei momenti di piacere sperando che lui
stesse pensando di amarla. Sperando che lui fosse troppo poco pratico
per dirle: "Skeeter, ti
amo." Entrambi troppo orgogliosi per ammetterlo. Erano
diventati dipendenti l'uno dall'altro, ma non dai piccoli dettagli che
rendono le persone diverse dalle altre: era diventata un'esigenza
vedersi. La sera si perdevano in chiacchiere e bevevano qualcosa
insieme. Poi, brilli, tanto per trovare una scusa plausibile che non
fosse quella di desiderarsi, finivano a letto insieme. Tutti e due non solo orgogliosi,
ma anche troppo bugiardi per ammetterlo.
Si erano creati un rapporto asimmetrico, fatto di lunghe
assenze e brevi presenze, in cui i lembi di pelle si univano nuovamente
e tutto tornava ad essere come prima. Rita lavorava come
giornalista, e Rabastan era al servizio del Signore Oscuro :
continuavano a vedersi a volte da lei, a volte da lui. Ma che significava? Che senso
aveva continuare quella farsa? Inevitabilmente, tutto era
saltato all'aria: ogni piano, ogni gesto, ogni regola che si erano
prefissati.
Dove credevano di arrivare? Rita aveva cambiato idea: con Rabastan non
era più intimo concedersi, ma dormire insieme. Quello
è un atto riservato solo ad una persona. Quando magari
desideri svegliarti, girarti, e trovare il viso della persona che ami
schiacciato sul cuscino, stropicciarti gli occhi e preoccuparti per il
profumo del tuo alito.
Quando sei imbarazzata perché hai paura che lui possa ridere
dell'aspetto che hai la mattina: senza trucco, con i capelli spettinati
e il cipiglio acido che è ancora in fermentazione.
E Rita aveva dormito con
Rabastan, e Rabastan con Rita: erano solo loro ed erano perfetti,
insieme.
Forse quella era solo compassione: l'arte di partecipare
al dolore altrui quando il proprio è diventato
insostenibile. Il dolore di Rita era, invece, l'insostenibile rimpianto
di tornare ogni notte da lui, di rovinarsi la vita e i piccoli momenti
quotidiani. Quando si rese conto che una patetica serie di conseguenze
l'avevano portata a conoscere Rabastan, rilevò che - per
altre fastidiose coincidenze - l'avrebbe rincontrato anche se l'avesse
lasciato lì, a dormire con il braccio penzolante dal letto e
le labbra socchiuse. Lui l'avrebbe cercata, trovata e fatta precipitare
in un vortice nero in cui la luce erano solo i suoi occhi e nulla era
appagabile quanto la sua presenza. Lo guardò e
capì che senza di lui lei non avrebbe combinato
più nulla nella vita.
Si rese conto che se lui fosse morto in quel momento, lei si sarebbe
lasciata morire altrettanto stringendo la sua mano.
Rita
non amava Rabastan solo perché era stato l'unico uomo a sopportarla, ma
anche perché Rabastan era silenzioso, e quando la mattina
andava via, lei non lo sentiva mai rivestirsi e riprendere la bacchetta
lasciata sul comodino della sua camera da letto.
Sarebbe stato troppo
doloroso.
Ma quella mattina Rabastan non era andato via. Lei
respirava profondamente e gli teneva la mano intrecciata tra le sue
dita affusolate. Rabastan pensò che Rita fosse come una
bambina abbandonata in un cesto: aveva bisogno di qualcuno che la
raccogliesse e si prendesse cura di lei. E lui non l'aveva fatto.
Si decise a restare, perché tra le sue braccia
stava bene e non aveva nessun motivo che lo spingesse ad andar via da
lei.
Tutto lì, in quella camera profumata di primavera, lo
tratteneva: dalle mensole ai libri, dai quadri alla tazza di
thé vuota sul davanzale, dalle pergamene e a lei, il primo e vero motivo.
L'aveva sempre avuta sotto gli occhi
e non l'aveva mai guardata per davvero.
Rabastan Lestrange
aveva sempre avuto tutto quello di cui aveva bisogno, e non si era mai
accontentato delle piccole cose.
Rita Skeeter,
nemmeno per una volta, aveva pensato di chiudere gli occhi e di
diventare fragile come ogni essere umano.
Nemmeno per una volta aveva provato a capire cosa fosse amare senza
ricevere tutto l'amore del mondo in cambio.
Ma noi accettiamo
l'amore che pensiamo di meritare.
Ecco, Rita Skeeter era in bilico: tutta la sua vita era in bilico. Lo
era sempre stata.
§
Note dell'autrice:
A volte ritornano (I'm back, ma solo per questa
pubblicazione)! Non è che non avessi questa One
Shot in programma, altroché. Il fattore tempo incide su
tutto quanto.
Ad ogni modo, era già work in progress da mesi, e ho potuto
riprenderla dopo tempo soltanto oggi.
In questa sorta di spin off delle drabbles che ho già
scritto su di loro, Rita ha fatto quel che ha voluto, ma Rabastan mi
è proprio sfuggito dalla tastiera. (per non dire penna e
inchiostro!) Loro due sono tipo le gocce astrali delle Witch o l'alter
ego di una persona: si montano e credono di poter fare quello che
vogliono. E lo fanno pure bene.
Davvero, non saprei che aggiungere sulla storia, se non che
è ambientata in due periodi diversi della loro vita: il
pezzettino scritto in corsivo è un'introduzione, aggiunta
più perché il "Posto delle Fragole" è
ambiguo se non spiegato. Rita Skeeter non faceva grande scorpacciate di
fragole e more lì! Il riferimento "ultimo anno di Hogwarts"
indica che è già passato un po' di tempo dagli
old times collegiali. Chiedo venia, ma stavolta ho avuto bisogno di
sfoderare i miei pensieri da fanciulla romantica e cambiare la
situazione da così (immaginare virtualmente la mia mano) a
così!
Rabastan non
era interessato a Rita per un motivo che non oso nemmeno nominare: il
motivo è molto più profondo e si auto - districa
come quando cresce un climax nel corso della narrazione. Si parte dal
desiderio di portarsi a letto Rita in modo sfacciato, a capire di
amarla. Ma non è la solita storiella adolescenziale. Il tema
della compassione mi è stato ispirato dal libro "L'insostenibile leggerezza
dell'essere" di Milan Kundera.
Detto fatto. This is all.
Spero che Severa
non mi uccida per questo. Ma io le voglio sempre bene anche se lo fa
virtualmente: è indolore. Diciamo che ogni cosa che scrivo
su Rita è quasi sempre dedicata a lei, perché
è l'unica che sa apprezzarla e shipparla con Rabastan.
Quindi, spero le sia piaciuta. Poi le dovevo questa One Shot dal
momento in cui ha scritto Di
Piume magiche e
cliché sull'amore (era il mio compleanno!) e Quello che i giornali non dicono.
Ora le fonti:
- Il "Posto
delle Fragole" (Smultronstället) è un
film diretto da Ingmar Bergman nel 1957, incentrato sull'autoanalisi e
la rivalutazione delle proprie azioni passate; Ha anche vinto
numerosissimi premi, ed è molto conosciuto. (Trama
del film)
- "È
la più antica forma di masochismo, quella di amare chi non sa
amare, e
la più stupida."(Oriana Fallaci). Conosco
questa citazione da tantissimo tempo, e la ritengo meravigliosa,
profonda e - purtroppo
- troppo vera.
- "Accettiamo
l'amore che pensiamo di meritare". Tratta dal romanzo
epistolare "Ragazzo da parete" di Stephen Chbosky. Ho letto il libro e
mi ha travolta come un uragano. Consiglio a tutti di leggerlo.
È come una poesia: ti cambia nel mentre la leggi. Ed
è bellissimo provare la sensazione di infinito pensando alla
canzone Heroes di Bowie. Guardatevi anche il film, a questo punto! (Scheda
del libro)
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