on the hill
I personaggi non sono miei ma appartengono a Hiromu Arakawa.Tutti i personaggi sono maggiorenni e non esistenti.
ON THE HILL
Era ormai
da un mese che si recava tutti i giorni su quella collina, non era molto lontana
dalla casa in cui era andato per nascondersi dal mondo.
Usciva di
casa al mattino presto, quando il sole timidamente cominciava ad affacciarsi
all'orizzonte, per poi rientrare a sera inoltrata.
Lentamente,
guardando sempre solo la strada che percorreva, arrivava in cima e si sedeva
sotto il grande albero che sembrava essere diventata l'unica presenza a
lui gradita.
Non era un albero molto alto,
probabilmente non aveva molti anni, le sue foglie erano di un verde brillante e
formavano una chioma non molto grande, ma sufficiente per regalare
ombra e freschezza a chiunque cercasse riparo sotto di esso.
Da
quando Ed ricordava, quell'albero era sempre stato presente, guardiano
silenzioso che custodiva le lacrime, i ricordi e il dolore di chi aveva
perso una persona importante; questo perchè la collina su cui si
trovava non era solo un caratteristico paesaggio di campagna, ma era anche il
luogo di riposo di vite spezzate per sempre.
Coloro che
conoscevano Edward ,si rendevano conto che il ragazzo non era più lo stesso,ma
non sapevano come poterlo aiutare,non sempre si riesce a trovare le parole
giuste e -in certe circostanze- possono addiritura risultare banali e
fastidiose.
Avevano deciso di
aspettare, di permettergli di affrontare e superare il dolore, convinti della
veridicità di quella frase che molti ripetono in questi
casi:
<
Diamogli tempo, si sa che il tempo prima o poi guarisce tutte le ferite
>
All'apparenza il
ragazzo sulla collina era ancora Edward Elric: capelli lunghi biondi raccolti in
una coda o in una treccia, solito cappotto rosso, stessi occhi dorati nei quali
però un osservatore attento avrebbe colto una profonda
tristezza.
Non era più il moccioso pronto ad infuriarsi appena si
accennava alla sua altezza, il ragazzo che odiava anche solo la vista del latte,
il giovane alchimista di stato sempre pronto a rispondere alle
frecciattine del colonnello suo superiore, il giovane sempre pronto a reagire
alle difficoltà.
Quell ' Edward Elric
era morto un mese prima in una notte senza luna, in cui aveva perso l'unica
ragione che gli permetteva di non arrendersi mai.
Ogni volta che
chiudeva gli occhi rivedeva quella luce, quella maledetta luce rossa, le urla
del suo fratellino, il rumore delle macerie, la polvere che brucia la gola e gli
occhi e poi il nulla, il buio, la paura, la
disperazione.
Non gli era stato nemmeno concesso di poter piangere
sul corpo di suo fratello, lo avevano portato via, per salvarlo gli avevano
detto, non rendendosi conto che la sua anima era rimasta in quel
luogo, sotto quelle macerie, in quella polvere che aveva ricoperto e cancellato
tutte le sue speranze.
Come poteva
essere stato così stupido?
Come poteva non aver capito che lo scambio
equivalente non esiste?
Perchè era stato così ingenuo?
Al era morto. Scomparso
per sempre.
Edward rimaneva seduto,
non parlava, non faceva niente, semplicemente rimaneva fermo a sentire l'aria
fresca sul viso, il rumore delle foglie e guardava i raggi del sole che
illuminavano i campi su cui aveva corso, giocato e scherzato con suo
fratello.
Un pomeriggio, come tanti
altri, dei passi testimoniarono l'avvicinarsi di una persona avvolta in un lungo
cappotto scuro dal quale si intravedeva una divisa
militare.
< Buon giorno
Acciaio, è da un pò di tempo che non ci vediamo... >
Voce ferma, sicura,
decisa ma contemporaneamente dolce e calda.
Ed alzò lo sguardo
verso l'uomo al suo fianco.
< Buon giorno
colonnello >
Riprese
subito dopo a guardare l'orizzonte di fronte a lui.
Il colonnello
si avvicinò, sedendosi a sua volta sotto il grande albero.
Dopo
qualche minuto di silenzio Roy si decise a parlargli.
< Ti sei scelto
un angolo molto tranquillo, ideale se si vuole riflettere e prendere decisioni
importanti, sembra di essere fuori dal mondo >
Si
voltò verso il ragazzo al suo fianco
Ed non si girò,
rimase con gli occhi fissi di fronte a lui, ma ad un certo punto cominciò a
parlare.
< Non è un posto
in cui riflettere colonnello, questo è l'unico posto che ora mi permette di
restare vicino alle persone più importanti della mia vita
>
Il tono della sua
voce non mostrava tristezza; era pacato, tranquillo, sereno...
esprimeva solo quella che ora era la verità, niente di più.
Roy
senti una stretta al cuore, quella stessa sensazione che non gli aveva permesso
di andare a trovare prima Edward: non sapeva come comportarsi, cosa dirgli, era
praticamente bloccato di fronte alla tragedia che si era abbattutta
sul ragazzo.
Seguirono diversi minuti
di silenzio, minuti in cui Roy cercò di trovare le parole più adatte da
rivolgere ad Ed.
Voleva riuscire a
smuoverlo, voleva riuscire a convincerlo a tornare a Central city con lui,
voleva di nuovo vederlo camminare per i corridoi del quartier generale, voleva
di nuovo poter sentire la sua voce urlargli contro mille insulti,
insomma, voleva avere di nuovo al suo fianco Edward Elric, il più giovane
alchimista di stato.
Roy alla fine decise
di parlare.
< Ed, non ti dirò
che capisco quello che provi, non sarebbe vero, ma ci sono anche altre persone
che ti vogliono bene, che vorrebberò rivederti, non puoi non reagire,
devi tornare a vivere, non lasciarti andare in questo modo, restare
qui non cambierà la realtà >
Un leggero sospiro da
parte del ragazzo, prima di rispondere al suo superiore.
< La ringrazio colonnello, sono consapevole di avere vicino altre
persone e non sono così stupido da pensare di poter cambiare le
cose, la morte quando arriva è inevitabile, non si può
rimandare, non ci si può opporre. >
Più Roy guardava Ed,
più si accorgeva della serenità con cui il ragazzo parlava, la calma e la
tranquillità trasparivano dal suo volto.
< Ed perchè non
torni con me? Non certo per ricominciare a lavorare ma... forse allontanarti da
qui ti permetterà di ricominciare, di riprendere a vivere, potrebbe aiutarti a
non rimanere da solo, avresti l' appoggio di tutti, il mio appoggio
>
Disse
Roy mettendo una mano sulla spalla del giovane alchimista.
< Non posso
colonnello, devo aspettare qui >
Gli
rispose Ed girandosi verso di lui e sorridendogli.
Roy non
capiva.
< Ed
cosa devi aspettare? >
Il ragazzo
si girò di nuovo verso l'orizzonte.
< Il mio
futuro colonnello, l'unica vita che merita di vivere una persona come me
>
Il colonnello
proprio non capiva il senso delle parole del ragazzo, ma si rese conto che era
inutile insistere.
< Acciaio io devo
ritornare a Central City questa sera, ti aspetto alla stazione, voglio vederti e
se non ti presenterai, la prossima volta verrò a prenderti e ti trascinerò con
la forza >
Una leggera
risata fu la risposta di Ed, che si girò di nuovo verso il
colonnello dandogli un leggero pugno sulla spalla.
< Non cambierà
mai vero colonnello? >
Gli
chiese guardandolo dritto negli occhi.
< E' l'unico modo
di agire con un moccioso arrogante, pestifero e attacabrighe come
te Acciaio >
Roy gli
sorrise, mentre si perdeva in quell'oro che lo aveva stregato fin
dalla prima volta che l'ho aveva incontrato.
Il sole iniziava la
sua lenta discesa, permettendo ai colori freddi della sera di mescolarsi alle
tinte calde del giorno e creare cosi strani e meravigliosi aquerelli nel
cielo.
< Credo che sia
arrivata per lei l'ora di andare colonnello, non vorrà perdere il treno?
>
In realtà a Roy
non interessava prendere quel treno, avrebbe voluto
rimanere con Ed, ma non era il momento giusto, non poteva fare
pressioni in quel momento, quindi si rialzò e si rivolse di nuovo al
ragazzo.
< Questo
vale anche per te Acciaio, cerca di non presentarti in ritardo alla stazione
>
I due si scambiarono
un sorriso, Roy si girò e intraprese la discesa della collina.
Ed
fissava la schiena del colonnello che si allontanava, consapevole che sarebbe
stata l'ultima volta.
Il cielo
diventava sempre più scuro...
Quando
il sole fu sostituito dalla luce argentata della luna Edward sentì il rumore
delle foglie calpestate, l'arrivo di qualcuno, una "conoscenza" che stava
aspettando con impazienza.
Sul volto del ragazzo si
fece largo un leggero sorriso.
< Finalmente
siete arrivati,pensavo quasi che aveste rinunciato >
Due figure si
fermarono di fronte all'alchimista.
Una aveva dei lunghi capelli
verdi e una fascetta sulla fronte, l'altra era una bellissima donna, fasciata in
un lunghissimo abito nero, lunghi capelli neri e un viso fin troppo
familiare ad Ed, testimonianza concreta del suo
peccato.
< Ci stavi
aspettando piccoletto? Perchè non scappi o non provi nemmeno a reagire?
>
Disse
sarcastico Envy.
Edward si alzò e si rivolse ai due
homunculus.
< Non sono
stupido, ero sicuro che sareste venuti a prendermi; non è forse obiettivo del
"Padre" quello di avermi al suo servizio? >
Le parole
di Ed erano puro scherno
.
< Questo
significa che accetti di seguirci senza opporti? >
Chiese
Sloth, dimostrando un leggero stupore causato dal comportamento del
giovane.
< Non
pensavo sarebbe stato così facile piccoletto, così mi togli il divertimento,
pensavo di doverti trascinare a forza e quindi farti un pò male, mi deludi se ti
arrendi così facilmente >
< Non vi ho detto
che vi seguirò, o almeno, non vi seguirà la mia anima >
Rispose
Ed con un sorriso di sfida rivolto all'homunculus che rappresentava
l'invidia.
< Non è certo la
tua anima ad interessarci, anche se sarebbe molto divertente insegnarti ad
obbedire >
< Lo so, il padre
vuole farmi diventare uno di voi perchè gli farebbe molto comodo avere a
disposizione un homunculus in grado di usare l'alchimia >
Envy si avvicinò
all'alchimista.
< Allora visto
che sei consapevole di dover morire, togliamoci subito il pensiero
>
< No aspetta!
>
Lo
fermò il ragazzo per poi continuare.
< Vi chiedo solo una cosa:
voglio che sia lui a farlo >
Dicendo questo, rivolse lo sguardo
verso una quarta persona che si trovava sulla collina, ma
che era rimasta in
disparte.
Envy si girò verso
l'altro homunculus, facendogli cenno di
avvicinarsi.
Mentre la figura si
avvicinava, la luna iniziò ad illuminarlo, mostrando il suo aspetto:
era un giovane ragazzo,
con i capelli biondo scuro, gli occhi castani e un viso da bambino, molto
somigliante ad Edward.
< Questo è
proprio divertente >
Disse
Envy ridendo all'altro homunculus
< La
tua prima vittima sarà proprio il tuo caro fratellone >
L'homunculus nato da
colui che una volta era Alphonse Elric, si avvicinò a colui che era stato il suo
fratello maggiore, il suo idolo, il suo sostegno, una parte di
lui.
Non una parole tra i due, solo uno sguardo, come quelli che
si erano scambiati tante volte fin da quando erano
piccoli.
Un movimento veloce,
un colpo solo, preciso, allo stomaco.
Dolore, liquido
rosso che scivola sul braccio...
Le forze
che cominciavano a lasciarlo, Ed si aggrappò all'homunculus e lo trascinò a
terra con lui, facendosi sostenere e abbracciare da quelle fredde
braccia.
A fatica, l'alchimista
alzò lo sguardo verso colui che un tempo era stato suo
fratello.
< Sai, non
pensavo di sentire cosi freddo, tu hai sentito freddo Al ? >
Chiese Ed
debolmente, con il viso sempre più pallido a causa dell'emorraggia provocata
dalla ferita, stringendosi ormai con sempre meno forza alle braccia
dell'homunculus.
< Io non ricordo
>
Rispose
una voce fredda, senza la minima traccia di emozione o
sentimento.
< Che
domanda stupida >
Disse
Acciaio sorridendo, mentre iniziava a tossire sangue e l'erba sotto di lui
diventava sempre più rossa.
Gli altri due homunculus assistevano
alla scena senza intervenire, finchè Envy scocciato si allontanò, troppo deluso
perchè non aveva potuto divertirsi.
La donna invece decise
di avvicinarsi e si inginocchiò accanto all'alchimista ormai quasi del tutto
privo di vita.
< Edward non
preoccuparti, da oggi in poi non soffrirai più, ritorneremò ad essere una
famiglia, come volevate tu ed Alphonse >
Gli occhi di Ed
ormai quasi del tutto privi di vita, spostarono la loro attenzione verso il
cielo per guardare le stelle, come faceva spesso con Al.
< Sono molto
belle le stelle ,non è vero Al? Finalmente potremmo vederle insieme da vicino,
insieme alla mamma >
Un filo di
voce, mentre le sue mani ricadevano ai lati del corpo e i suoi occhi
si chiudevano per sempre.
Intanto
alla stazione il treno aspettava solo di poter partire, anche se in ritardo, a
causa dell'insistenza di un colonnello che aveva sperato fino all'ultimo di
vedere arrivare un giovane pronto a fidarsi di lui e a permettergli
di aiutarlo.
<
Colonnello mi scusi, ma non possiamo più aspettare >
Annunciò il
capotreno.
Il colonnello guardò per l'ultima volta la strada
sperando di vederlo arrivare, ma dovette amaramente constatare di non essere
riuscito a convincere Acciaio.
< Va
bene, partiamo pure >
Disse con
un tono amareggiato e triste il militare.
<
Aspetterò Edward... forse è ancora troppo presto perchè tu possa superare il tuo
dolore >
Lentamente
il treno iniziò la sua corsa nella notte, il colonnello si affacciò dal
finestrino proprio mentre il treno passava vicino alla collina.
Mustang non
solo era stato il testimone dell' inizio della tragica storia dei
fratelli Elric, ma ora assisteva anche al suo epilogo, concreto esempio di come
non sempre sia vera la frase il
tempo prima o poi guarisce tutte le ferite.
Voglio ringraziare tutte le persone che hanno letto l'altra fiction " Abisso", ringrazio di cuore chi ha commentato.
Come sempre ringrazio Setsuka per il suo aiuto.
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