L’angolo dell’autrice
Una piccola premessa a questa breve, inedita, storia,
rimasta nel cassetto per venti e più anni.
È stata scritta per essere tradotta in inglese per un
compito al liceo; ovviamente troppo difficile da tradurre per me (allora come
forse anche adesso), è rimasta a dormire sul fondo di una cartellina per tutto
questo tempo. La grande villa sulla collina esiste davvero, ed è bellissima, io
al liceo giravo solo in bici e facevo il tecnico luci per un piccolo gruppo che
si dilettava a mettere su spettacoli (oggi si direbbe musical) su testi
originali.
Ed esiste anche il luogo “stregato”, un vecchio cimitero
abbandonato sul fianco della collina dove, quando andavo al liceo, ancora si
trovavano ossa (forse umane o forse seppellite dal cane del vicino) fra le
trombe vecchie di più di un secolo.
Lo stile di allora, ovviamente, era molto diverso da
quello attuale ma qualcosa di simile c'è: leggetela pensando che quando l'ho
scritta avevo 15-16 anni.
Era tardi,
ero rimasta più a lungo in sala prove ed ora avrei dovuto sbrigarmi per tornare
a casa in tempo.
Presi la
bicicletta e cominciai a pedalare. Era autunno inoltrato, il cielo coperto era
percorso da nuvoloni grigi che correvano, portati dal vento freddo del Nord.
L’aria era
pungente e quella sera aveva un che di lugubre che non sapevo spiegarmi. La
strada per tornare a casa passava davanti al cancello della grande villa che si
estendeva su tutta la collina e che era abbandonata ormai da molti anni.
In città
giravano voci che fosse stregata, tanta gente si era avventurata fra quelle
mura coperte dall’edera ma nessuno aveva mai potuto confermare quelle dicerie.
Arrivata
davanti al cancello mi fermai un attimo ad osservare il grande parco che
nascondeva quasi totalmente la villa alla vista dalla strada.
I due lupi di
pietra che si ergevano sui pilastri del cancello erano ancora più tetri del
solito, illuminati dalla luce della luna piena ormai alta che riusciva filtrare,
di quando in quando, attraverso squarci nelle nubi.
Avevo sempre
desiderato entrare ma non ne avevo mai avuto il coraggio. Facendomi forza
provai ad aprire il cancello che fece resistenza; dopo poco cedette, rimanendo
inclinato di lato. Attesi di vedere se il rumore che avevo fatto aveva attirato
qualcuno ma non c’erano segni di vita.
Pedalai
infine lentamente su per il viale mentre, sotto le ruote, le foglie frusciavano
ed alcuni uccelli, sorpresi dal rumore, volarono via confusamente.
Ero quasi
arrivata davanti al portone della villa quando vidi una vecchia che usciva da
una porticina laterale, recando in mano un oggetto che, con mio grande orrore,
si rivelò essere un teschio. Tentai di nascondermi ma mi aveva sentito.
“Va via, va
via di qui se non vuoi che ti sistemi, vattene immediatamente, questo non è
posto per te! “e si mise a correre verso di me.
Spaventata,
girai la bici e fuggì giù per il viale, pedalando il più velocemente possibile.
Credevo di
trovare il cancello aperto e con sorpresa mi accorsi che era chiuso. Frenai
quasi di colpo e scesi per vedere meglio casa potesse essere successo.
Era tutto
come prima, come se non fossi mai passata. Provai a forzare nuovamente il
cancello ma era come se l’avessero saldato; tentai ancora ma non si mosse di un
millimetro.
Mi guardai
attorno per cercare qualcosa con cui forzarlo ma non c’era niente.
D’un tratto
vidi gli occhi delle statue sopra i pilastri farsi di brace mentre i due lupi
cominciavano a muoversi.
Rimasi
paralizzata, poi, lentamente, mi appoggiai al muro sperando che non mi avessero
vista.
Ma come
facevano a muoversi? Erano statue!
Pensai di
aver avuto le allucinazioni e guardai nuovamente verso i pilastri: i lupi non c’erano
più!
Terrorizzata
presi la bicicletta e tentai di trovare un’altra via per uscire, con l’impressione
di avere i lupi che mi correvano dietro.
Stancare e
tremante mi fermai vicino alla dependance.
Cercavo nell’oscurità
quegli occhi di fuoco, temendo di vederli comparire da un momento all’altro
dinnanzi a me.
Invece delle
statue vidi una donna vestita di bianco, evanescente, che si muoveva senza
rumore e senza far muovere le foglie secche a terra.
Era pallida,
con l’aspetto di una morta.
Improvvisamente
scomparve dalla mia vista per poi ricomparine dopo alcuni istanti qualche
decina di metri più in là. Era un fantasma, non c’erano dubbi.
Mi strinsi
contro il muro di cinta; scomparve di nuovo per riapparire a pochissimi metri
da me. Mi guardava ma non sembrava avermi visto.
Provai a
strisciare lungo il muro per scappare via ma mi fermò con un gesto: “Cosa fai
qui?”
La voce! Non
era risuonata nell’aria, le mie orecchie non udivano alcun suono oltre il
fruscio degli alberi. Quella voce era risuonata direttamente nella mia mente.
Mi sentivo mancare! La villa era davvero stregata come si diceva in città.
I lupi
comparvero, uscendo dai cespugli e sedendosi a fianco della donna vestita di
bianco.
“Va via di
qui, questo non è posto per te!”
Provai a
parlare ma le parole mi morirono in gola; provai allora a pensare per vedere se
la creatura poteva capirmi.
“Io sono la
padrona di questo posto ma sono destinata a vagare in questo giardino per l’eternità
perché mio marito, dopo avermi ucciso mi ha smembrato e sepolto qui. In questo
modo ha fatto scempio di me e dei miei amati cani che ora vedi sotto forma di
statue. Potremo avere pace solo quando qualche anima pietosa avrà ricomposto i
nostri corpi.”
“E la
vecchia? Con quel teschio in mano? È un fantasma anche lei?”
“È la mia
vecchia governante…È tutto quello che ha di me…"
Inorridita e
spaventata a morte le chiesi di farmi uscire. Acconsentì a patto che
raccontassi la sua triste storia. Annuì e feci per riprendere la bicicletta ma
caddi in uno strano torpore.
Quando mi
svegliai mi ritrovai nella mia stanza. Credetti di aver sognato fino a quando
trovai sulla scrivania un anello con inciso lo stesso stemma presente sui
pilastri della villa.
Lo presi per
osservarlo meglio e, al suo interno, vidi una scritta:” Ricordati di me
infelice”.
Non era sotto
un sogno.