i miss him.
"I miss him."
S eduta sul
divano, si metteva con concentrazione lo smalto azzurro - il suo preferito -
sulle unghie finalmente lunghe. Rimise il pennellino nella boccetta e poi
soffio sulle mani, cercando di velocizzare l'asciugatura. In attesa si mise a
guardare la televisione accesa. Stavano trasmettendo una puntata di uno show
televisivo che lei non aveva mai seguito. Di solito, se aveva il pomeriggio
libero, preferiva andarsene in centro con i suoi amici, o al parco, o in biblioteca
quando pioveva.
Purtroppo per lei, quel giorno, tutti avevano da fare e lei si era ritrovata in
casa senza sapere cosa fare. Una volta seduta sul divano non aveva più trovato
la voglia di alzarsi, per questo era ancora lì, finita a guardare squallidi
programmi televisivi.
Sul grande schermo, un signore basso quanto grasso se ne stava seduto dietro
una scrivania con un sorriso e uno sguardo puntato verso la telecamera. Parlava
a casaccio, di cose futili come della nuova fidanzata ventenne di un famoso
attore di cinquant'anni, intervenendo con battute a doppio senso. Nonostante le
risate registrate che stavano ad indicare quando era il momento di ridere, Jasmine
alzò un sopracciglio. Che programmi squallidi, pensò.
Afferrò il
telecomando attenta a toccare tutto con i polpastrelli per non rovinare lo
smalto e cambiò canale proprio quando il signore grasso annunciava la
pubblicità e si raccomandava di non cambiare canale.
Si, come no.
Continuò a
girare canale fino a che non si imbatté su MTV. Proprio in quel memento, la sua
canzone preferita: Fix You dei Coldplay.
La musica incominciò a diffondersi nel soggiorno, e Jasmine entrò in un mondo
parallelo dove esisteva solo lei e quella canzone. Ma ben presto si aggiunsero
mille pensieri diversi, alla quale lei non diede importanza fino a che le
parole della seconda strofa la colpirono, facendola irrigidire.
And the tears come streaming down your
face
When you lose something you can't replace
When you love someone but it goes to waste
could it be worse?
Già, quando la persona che ami se ne va, lasciandoti
sola, come si può rimpiazzare? E come si può andare avanti quando tutto se ne
va perduto?
Non si può, semplice. Ma Jasmine aveva imparato una
cosa: non si può aspettare qualcuno in eterno.
E nonostante la mancanza di quel ragazzo, quello che
stava imparando ad amare, le pesasse ancora, dopo tre anni, come un macigno
incapace di togliersi di dosso, lei aveva smesso di aspettarlo.
Aveva smesso di pensare a lui durante il
girono, o almeno ci provava, ma certe volte qualcosa glielo ricordava talmente
tanto che non poteva fare a meno di sorridere.
Tuttavia non faceva altro che sentirsi così triste e
sola. Così vuota e arrabbiata.
Con lei per non aver fatto in tempo a raggiungerlo
prima che se ne andasse, e con lui per non aver capito quello di cui aveva
realmente bisogno.
Sentendo lo stomaco contrarsi si decise a smetterla,
aprendo gli occhi e spengendo direttamente la televisione. Per distrarsi si
guardò le unghie e toccandole appena con le dita vide che erano asciugate. Per
questo si decise ad alzarsi, diretta in cucina per farsi una buona cioccolata
calda.
Stava giusto mettendo il pentolino con il latte mescolato
con la polvere di cioccolata quando sentì la porta di ingresso aprirsi e
chiudersi.
< Sono a casa,
tesorino! >
Jasmine sorrise allontanandosi dal fornello acceso per
andare in contro a sua zia che le sorrideva mentre si toglieva il cappotto di
dosso per appenderlo all'appendiabiti.
< Non sei uscita?
> chiese la donna avvicinandosi per abbracciarla ed entrare in cucina.
< No, Jusy e Niall avevano da fare. - Spiegò. - Ne ho approfittato per
farmi una manicure. > disse con un sorriso.
Sua zia, Hanna, si avvicinò interessata
prendendole le mani per esaminare il lavoro.
< Molto carine. Però un bel
rosso fuoco sarebbero state favolose. > consiglio con un occhiolino.
< Lo sai che le cose troppo
appariscenti non sono da me zia. > rispose ridacchiando per poi andarsi a
mescolare la cioccolata che incominciava a diventare più densa.
<
Ah, ma che vuoi che sia! > borbottò la donna.
Sua zia Hanna aveva appena trentacinque anni, e aveva
ancora lo spirito di una diciassettenne. Aveva dei capelli ricci e dorati, e
occhi azzurri come il ghiaccio. Era una tipa un po’ stramba, con la mania delle
unghie rosse come il rossetto che aveva pagato talmente tanto che Jasmine aveva
pensato che certi prezzi, per un rossetto, dovrebbero essere illegali. Perché,
con sincerità per favore, chi spenderebbe cento sterline per un rossetto?
Nessuno, appunto.
O meglio: nessuno tranne sua zia.
Ma sua zia era fatta così. Alla moda ed esuberante,
vestita sempre di cose attillate per fasciare il suo fisico e incapace di
tenersi un fidanzato per più di un mese.
Ma nonostante la sua natura invasiva, adorava sua zia,
soprattutto perché era una vera dose di energia e quando la vedeva, Jasmine non
poteva fare altro che sorridere. Viveva con sua zia da circa due anni e mezzo,
ovvero da quando la casa dei suoi genitori era diventata opprimente come un
cuscino sulla faccia. Ogni mattina che si svegliava, vedeva dalla finestra
l'interno della sua camera. E di riflesso, tutti i ricordi si
accavallavano uno sopra l'altro lasciandola disorientata.
Per questo aveva deciso di andare a vivere da sua zia,
lontano da quella casa.
Si mise davanti al fornello, continuando a mescolare
con un ritmo lento e regolare sentendo sua zia salire in camera sua per
cambiarsi e poi tornarsene giù, con un pigiama.
< Ce n’è
un pochina anche per la tua ziona? > chiese legandosi i capelli in una coda
disordinata.
< Certo
che si. Però non esagerate. Il colesterolo per le persone di una certa età è
molto pericoloso. > disse Jasmine, guardandola con finta preoccupazione.
Hanna la guardò per poi scoppiare a ridere,
trascinando con se sua nipote.
<
Avresti dovuto vedere la tua faccia. > disse Jasmine, continuando a ridere.
< Ma che
nipote simpatica che ho! Avanti, qui faccio io, tu chiama tua madre. >
Ancora ridacchiando si allontanò dai fornelli diretta
in camera sua. Chiudendosi la porta alle spalle frugò nella sua borsa prima di
afferrare il cellulare. Compose velocemente il numero portandoselo poi all’orecchio.
Dopo neanche due squilli, la voce di sua madre
Cristine arrivo alle sue orecchie.
< Ciao
mamma. > disse, sedendosi sul materasso morbido.
< Ciao piccolina,
come stai? > domandò.
< Bene
mamma. Tu? >
< Molto
bene. Oggi cosa hai fatto? > chiese.
< Sono
stata in casa, niente di chè. Papà? >
< E’
ancora al lavoro. Quand’è che vieni a pranzo qui? > chiese sua madre.
Riconobbe quel tono: le mancava.
Lo conosceva perché lo usvaa ogni volta. Anche a
Jasmine mancavano i suoi genitori, non si vedevano più tutti i giorni come
prima, ovviamente, e sentiva la mancanza di quei piccoli gesti che compieva sua
madre la mattina, li mancava il profumo
di dopobarba che sentiva in corridoio anche se suo padre era già uscito. Le
mancava vivere la quotidianità con la sua famiglia, ma c’era qualcosa che le
mancava più di tutto, qualcuno che, nonostante il tempo, non era riuscita
ancora a dimenticare.
< Cosa ne dici se domani io e la zia
veniamo a mangiare da voi? > propose per sentirsi meno in colpa.
< Oh, è
perfetto! –trillò sua madre entusiasta. – Allora ci vediamo domani, tesoro!
>
< A domani mamma. >
Chiusa la chiamata fissò il telefono ancora per un po’,
immersa nei pensieri. Fino a che sua zia non entrò in camera.
< Tesoruccio, la cioccolata si raffredda.
>
< Oh..
si, arrivo.. > borbottò, per poi riabbassare lo sguardo.
Sua zia la guardò, sualla soglia della porta, e con un
sosprio si avvicinò a Jasmine che però non si mosse.
< Cosa c’è
che non va? > chiese dolcemente Hanna, accarezzando i capelli della ragazza.
<
Niente, va tutto bene. > rispose automaticamente.
< Piccola
J…. >
Sentì le mani tremare e la vista annebbiarsi. Quel
nomignolo..
< Andiamo J, cosa vuoi fare? >
La sua voce le arrivava forte nonostante la
distanza. Sapeva che lui aveva paura dell’acqua, e il tono allarmato quando usò
per richiamarla quando la vide entrare in mare la fece ridere.
< Andiamo Zayn! E’ solo acqua. >
<
Per favore vieni qui. > la implorò dalla riva. Jasmine scosse
la testa, sorridendo.
< Vieni qui tu. > lo sfidò.
Lo sguardo scocciato del moro la perforò.
< Dove vuoi arrivare J? > chiese.
< Voglio che tu venga da me. >
rispose.
< Non ci penso neanche. >
< Sei un fifone Malik. > ridacchiò.
Contagiato dalla risata cristallina della
ragazza, perfino Zayn si lasciò scappare un sorriso
divertito.
< Voglio fare il bagno Zayn, con te.
> lo pregò.
< Scordatelo. > rise il moro.
Con i capelli mossi dal vento e i
pantaloncini umidi a causa degli schizzi d’acqua, Jasmine
incrociò le mani al petto.
< Vuoi farmi fare il bagno da sola?
> chiese con finta innocenza.
< Tu non farai il bagno, J. >
precisò Zayn.
< E perché? > domandò confusa lei.
< Perché hai attirato fin troppo l’attenzione
di quei coglioni su di te. – spiegò fulminando i
tre ragazzi che
le
lanciavano occhiate fin troppo esplicite. – Non farai il .. cosa stai facendo!? > sbottò il moro.
Jasmine, ridacchiando e facendo finta di
non sentirlo, si sbottonò il secondo bottone dei
pantaloncini per poi sfilarseli senza preoccuparsi di
bagnarli. Con un lancio li fece atterrare ai piedi di Zayn,
che, contrariato, li afferrò.
< Jasmine non fare stronzate ti prego.
> sbottò.
Lei rise. < Io voglio fare il bagno.
>
Afferrò i lembi della sua maglia
decisa a sfilarsela. Aveva scoperto la pancia quando qualcuno l’afferrò
per i fianchi.
< La finisci? > domandò sibilando
Zayn.
Jasmine abbassò le braccia e lo guardò negli occhi.
Aveva sempre adorato il colore delle sue
iridi. Potevano sembrare neri, ma in realtà, se ci si
faceva attenzione, intorno alla pupilla c’erano veri e propri
riflessi color caramello fuso, che in quel momento, la stavano
trascinando in un mondo a parte.
L’acqua che si infrangeva contro le gambe
nude di lei
e i pantaloni della tuta di Zayn. Le mani
grandi e
calde di quel ragazzo che se la attirò a se,
poggiando
la sua fronte sulla quella di Jasmine che
si sentì mancare il respiro.
< Mi farai impazzire, J. > sussurrò
rauco.
<
E perché? > sussurrò a fatica, posando le sue mani sul petto di lui.
Sentì
il suo cuore e rabbrividì. Poi i brividi presero a farla tremare quando lui
avvicinò la sua bocca alla sua.
< Sei troppo bella. Dovrei
nasconderti in casa mia > scherzò, facendola ridacchiare.
< Sei per caso geloso, Malik? > chiese
con tono scherzoso.
Zayn
sorrise sulle sue labbra prima di sfiorarle con le sue e stringerla ancora di
più a se. Scosse e brividi presero e regnare sui loro corpi, soprattutto quando
il bacio divenne più inteso, soprattutto quando le loro lingue si toccarono
come se fosse la prima volta.
Si
staccarono con il fiatone, ancora con le fronti unite.
Fu in quel momento che lo disse.
< Tu sei mia, piccola J. >
Sembrava che il tempo l’avesse risucchiata, facendole perdere la percezione
della realtà. Quando però, un singhiozzo la fece tornare nel presente, capì che
stava piangendo come la prima volta, come se Zayn se ne fosse andato solo ieri.
Sua zia accorse per abbracciarla,
sussurrandole nelle orecchie che tutto andava bene quando ormai sapeva che Jasmine non ci credeva
più. Da ormai tre anni niente andava bene.
Lui se ne era andato, lasciandola con una
stupida lettera, lasciandola sola, con il cuore che a malapena riusciva ancora a
battere. L’aveva lasciata per fuggire, e lei si era ritrovata senza un rifugio
sicuro. Perché nonostante tutti i suoi errori, lei aveva bisogno di lui in
maniera quasi malata. Aveva bisogno di abbracciarlo, di baciarlo perché era
meglio che respirare.
Aveva bisogno di farci l’amore perché non
riusciva a non pensare a tutti quelle notti senza sentire quel vuoto dentro che
la risucchiava.
< Mi manca. > riuscì a dire, tra il pianto.
Li mancava talmente tanto da farli paura.
Spazio Autrice.
Scusate gli errori. Spero che vi piaccia.
Elena xx
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