Caribbean Tales 2 - Davy Jones' Locker

di Laura Sparrow
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Prologo


Avevo imparato che il ponte di una nave non era mai del tutto stabile: anche quando si era concentrati nel combattimento bisognava sempre tenere conto di quel lieve rollio continuo, che se ignorato poteva farti perdere l'equilibrio nel momento meno opportuno.
Ma ora non era quello il problema: il problema, come al solito, era il mio avversario.
Jack mi girava attorno quasi pigramente, le lame delle nostre spade erano vicine, ma mentre la mia era nervosa e pronta a scattare ad ogni movimento sospetto, la sua era rilassata, appena in guardia.
Era una cosa che mi faceva dannare: ti avvicinavi a Jack a spada sguainata e pronta a combattere, e lui non si metteva nemmeno in guardia, come se di duellare non avesse neppure voglia. Ti girava attorno con calma, guardandoti come se ti considerasse il re degli imbecilli, spesso e volentieri ne approfittava per canzonarti con qualche battuta, e a tratti ti stuzzicava facendo cozzare brevemente le lame, mettendoti in allarme, così che non capivi mai quando avesse intenzione di attaccare veramente.
Le lezioni di scherma con Jack si trasformavano sempre in una baraonda: non limitarti a combattere solo con la tua spada, mi aveva insegnato; combatti con tutto il corpo e con tutto quello che hai intorno, sfrutta il posto dove combatti: ogni luogo è buono per sparire davanti al tuo avversario o per costringerlo ad azioni complicate; se puoi combatti anche con le parole, stuzzica il tuo nemico, fallo arrabbiare, confondilo, non fargli capire se stai facendo sul serio o se stai scherzando con lui.
Erano teorie estremamente interessanti, ed era sbalorditivo vedere Jack metterle in pratica: poteva non essere uno spadaccino provetto come lo era Will, ma la sua tecnica compensava tutto. Per questo le prime volte che decise di seguire personalmente le mie lezioni di scherma, per la maggior parte finì in una sorta di rissa vichinga.
La sua lama guizzò: gli avevo permesso di avvicinarsi troppo. Mi scostai di lato, ma non vidi il suo piede provvidenzialmente teso: inciampai, persi l'equilibrio e piombai sul ponte, mentre anche quel duello si concludeva con la mia spada che ruzzolava sferragliando sulle assi di legno.
- Cosa stai per dire?- mi fermò Jack sogghignando con un dito alzato, vedendomi alzare stizzita lo sguardo su di lui. Esitai e richiusi la bocca: regola numero uno, non esiste il “non vale”.
- In ogni caso, stai migliorando. - aggiunse mentre si chinava e mi porgeva la mano per aiutarmi a rialzarmi. - Ho avuto un maestro d'eccezione. - risposi rivolgendogli un sorriso mentre mi rialzavo; lui non mi lasciò subito, tenne stretta la mia mano per qualche secondo dopo che mi fui rimessa in piedi.
- Continua ad allenarti. Non vorrai finire sotto la spada di qualcuno al tuo prossimo arrembaggio, comprendi?- mi stuzzicò con un sogghigno lasciandomi e allontanandosi da me di un passo, facendo dondolare la sua lama. Raccolsi la spada e la infilai nel fodero, fingendomi offesa: - L'altra volta me la sono cavata egregiamente. -
- “L'altra volta” se non c'ero io, Beatrix ti faceva a tocchetti. Non sei ancora un pirata, tesoro. - ribatté lui, strafottente.
- Chi sei, il mio angelo custode?- lo rimbeccai, voltandogli poi le spalle e incamminandomi lungo il ponte. Jack rimase a guardarmi con un ghigno divertito dipinto sul volto: non mi avrebbe certo lasciato andarmene così, voleva avere l'ultima parola anche in quel caso.
- Ti amo, capitano Laura Evans!- mi gridò dietro in tono di pura sfida col sogghigno stampato in viso, allargando le braccia in modo teatrale.
Mi bloccai e mi voltai verso di lui: non seppi replicare, ma mi arresi regalandogli un sorriso mentre mi sentivo le guance dannatamente in fiamme. Anche stavolta aveva vinto lui.
Jack continuò a seguirmi con lo sguardo mentre mi allontanavo, senza cancellare il sorriso compiaciuto dalla sua faccia. Ora si sentiva veramente stupido, ma almeno era uno stupido soddisfatto.




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