Disclaimer
Disclaimer: Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Gorge Lucas; questa storia
è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
CAPITOLO 6: I postumi della
carbonite
Mon Mothma aveva notato che la
principessa Leia era stata la prima ad alzarsi al termine della conferenza
alleata e, anche se nulla sembrava in grado di scalfire la sua aria austera e
imperturbabile, cominciava a nutrire una seria preoccupazione nei confronti di
ciò che ben presto sarebbe diventato di dominio pubblico.
Conosceva bene Bail Organa e
sapeva che aveva cresciuto la figlia adottiva con l’unico scopo di renderla uno
dei principali esponenti della Repubblica, ma purtroppo era morto troppo presto
e la formazione di Leia presentava ancora alcune lacune.
La ragazza, a volte, aveva
dimostrato un carattere difficile da domare; era caparbia e testarda nelle sue
decisioni, sempre vogliosa di mettersi in mostra, anche correndo gravi pericoli,
poco incline ad ascoltare il consiglio altrui e totalmente ignara delle sue vere
origini… però era governata da sani principi, quando parlava sapeva raggiungere
il cuore della gente ed era indubbiamente nata per essere una leader.
L’Alleanza era da sempre il
primo pensiero di Leia e la sua dedizione era cresciuta ancora di più dopo la
tragica scomparsa di Alderaan. Ultimamente però qualcosa di totalmente estraneo
alla politica si era insinuato nella sua vita ed aveva monopolizzato parte della
sua attenzione, qualcosa di assolutamente inadeguato per una donna del suo rango
e difficile da sottomettere: una debolezza rischiosa di nome Han Solo.
Mon Mothma non aveva intenzione
di sorvolare sulla questione, aveva visto fin troppe volte a quali drammatici
epiloghi poteva portare l’amore, ma si era ripromessa di dare alla ragazza la
possibilità di capire da sola che una relazione di quel tipo non aveva alcun
futuro. Sperava proprio di non dover intervenire personalmente, dopotutto il
capitano Solo era un valido aiuto per l’Alleanza… se solo ne fosse entrato a far
parte ufficialmente.
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La principessa Leia non stava
più nella pelle: era riuscita a salvare l’uomo che amava e non vedeva l’ora di
poterlo riabbracciare, magari passando un po’ di tempo sola con lui. Sentiva il
bisogno di dirgli quello che si era tenuta dentro per tutto il periodo della sua
prigionia e voleva assolutamente stargli vicina durante la convalescenza,
conscia del fatto che le prime ore dopo il risveglio dalla carbonite erano le
più importanti. Purtroppo però aveva dovuto dare la precedenza ai mille impegni
del Quartier Generale Alleato dato che Mon Mothma l’aveva totalmente sommersa di
pratiche da seguire. A volte aveva avuto quasi la sensazione che la stesse
tenendo occupata di proposito, ma non voleva perdersi in queste congetture ora
che finalmente le cose cominciavano a girare per il verso giusto.
In quel momento Han era immerso
nel fluido di bacta ed un droide monitorava attentamente le sue funzioni vitali.
Teoricamente il paziente non doveva essere disturbato, almeno fino alla fine del
trattamento, ma Lando e Chewbacca erano già andati a fargli visita e l’avevano
trovato piuttosto bene.
«Di sicuro il nostro amico ha
mantenuto il suo buon carattere… specie con i droidi!» aveva esordito Lando
vedendo la principessa avanzare verso di loro.
Leia sorrise sentendo il
ruggito di conferma del Wookiee. Sapeva che Han non amava affatto i dottori e
non faticava ad immaginare il suo umore.
«Meglio così, in caso contrario
mi sarei preoccupata! Comunque dovrebbe aver quasi finito o sbaglio?»
«No» rispose Lando
sghignazzando, poi ricomponendosi aggiunse: «Deve fare altre due ore di terapia…
sembra che soffra di tachicardia ed è meglio che resti sotto controllo per un
altro po’».
«Tachicardia? Ma è a causa
dell’ibernazione?»
«Più che dell’ibernazione è
colpa di Jabba di Hutt! E un po’ anche tua…» A quel punto Lando e Chewie
scoppiarono a ridere, lasciando Leia piuttosto perplessa.
«Okay, ho capito. Meglio che
vada a verificare di persona, voi non me la raccontate giusta».
«Penso che il paziente non
attenda altro! Ma mi raccomando: niente emozioni forti, altrimenti rischia di
rimanere tutto il giorno a mollo nel bacta».
«Vedrò di farlo stare
tranquillo» promise Leia, cominciando ad intuire l’allusione di Lando.
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Han si trovava all’interno di
una grossa vasca trasparente piena di liquido bacta, solamente la testa
fuoriusciva da quell’inquietante massa rossa. Il droide specializzato che gli
era stato assegnato analizzava gli impulsi provenienti dal suo corpo,
evidenziando su grandi maxischermi ogni dato raccolto. L’unico rumore ammesso in
quel profondo silenzio era il bip dell’elettrocardiogramma.
Avanzando cautamente Leia fu
felice nel constatare che la situazione del suo amato sembrava buona: pressione
arteriosa normale, respirazione regolare, temperatura corporea ancora
leggermente bassa, ma in recupero, battito cardiaco tranquillo… l’unica
preoccupazione era data dal picco lampeggiante evidenziato in rosso.
Prima del suo risveglio nessun
medico aveva saputo garantirle un pieno recupero, ma d’altronde nessuno, fino a
quel momento, era mai stato ibernato nella carbonite, quindi non esistevano
termini di paragone. Lei gli aveva parlato mentalmente per ore ed ore, da quando
erano stati brutalmente separati fino a quando l’aveva ritrovato, convinta che
la forza del suo pensiero riuscisse ad oltrepassare ogni distanza ed ogni
barriera fisica e sperando che questo potesse aiutarlo a resistere a quell’immane
tortura. Ora che finalmente era lì, a pochi passi da lei, con quell’aria
imbronciata di un bambino messo in castigo, le faceva una gran tenerezza ed a
stento riusciva a controllare l’istinto di stringerlo fra le braccia.
«Ehi testa calda, come va?»
Uscendo allo scoperto Leia aveva notato che lui aveva girato la testa nella sua
direzione, segno che la sua vista cominciava a ritornare.
«Ora che sei qui molto meglio.
Sei sola?» Il suo viso si era illuminato di gioia.
«Sì». Aveva la voce
incrinata dall’emozione, le ci volle qualche momento per riuscire a continuare:
«Ci vedi meglio ora?»
«Piano piano, ma da lontano è
ancora tutto sfuocato. Perché non ti avvicini di più?»
Anche se quell’innocente
richiesta era del tutto plausibile, date le sue condizioni, c’era qualcosa nel
tono di lui che la induceva a pensare che si trattasse di un’abile scusa.
«Sei sicuro che il tuo dottore
sia d’accordo? Non vorrei mai interferire con le cure…» Ciò nonostante si
accostò di qualche passo, sorridendo.
«Me ne frego di quello che dice
questo stupido droide! Ti giuro che fra due ore io me ne vado, con o senza il
suo permesso!» Una scarica elettrica lo raggiunse all’istante: l’unità 2-1B
usava metodi piuttosto convincenti per farsi capire anche dai malati più
testardi.
«Cerca di non agitarti. Se ti
trattiene ci sarà un giusto motivo, no?»
«Ti giuro che sto benissimo. E
se uscissi da qui starei ancora meglio!» sbuffò lui, smanacciando irritato la
superficie del liquido.
Subito dopo però, notando la
chiazza di bacta sul vestito di Leia e la sua faccia a metà tra l’infastidito ed
il rassegnato, si calmò immediatamente. «Ops, scusa… Non volevo schizzarti,
spero che non sia il tuo vestito preferito perché questa robaccia difficilmente
viene via».
«Non preoccuparti, non ci sono
particolarmente affezionata. Comunque, a quanto pare, la tua vista è
miracolosamente tornata in questi ultimi minuti!»
Colto sul fatto Han
sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori. «Ebbene sì, mi hai scoperto... Stavo
bluffando, lo ammetto».
Quel sorriso, quanto mi è
mancato! Pensò lei, con il cuore in gola.
Sentiva di essere vicina alle
lacrime, ma le ricacciò indietro con fermezza. Non voleva che lui capisse quanto
era stata male, non lo trovava giusto. Aveva già sofferto anche troppo a causa
sua ed ora avevano bisogno entrambi di buttarsi alle spalle quella brutta
vicenda.
«Per caso stavi bluffando anche
prima sul Falcon… subito dopo aver abbandonato Tatooine?» gli chiese per
sciogliere un po’ la tensione, usando un tono volutamente più sensuale.
Il bip più accelerato
dell’elettrocardiogramma anticipò la sua risposta: «No, in quel caso non stavo
fingendo! Purtroppo non sono riuscito a vedere un bel niente… a differenza di
altri».
In vita sua Leia non avrebbe
mai dimenticato l’espressione di lui in quel frangente: mentre gli altri
componenti dell’equipaggio non avevano quasi il coraggio di alzare lo sguardo su
di lei, a causa della tenuta succinta che Jabba the Hutt l’aveva costretta ad
indossare, Han, nell’innocenza della sua temporanea cecità, era accorso
istintivamente ad abbracciarla. Non appena le mani di lui si posarono sulla sua
schiena nuda però rimase letteralmente impietrito, quasi come a dubitare delle
sensazioni derivanti dai suoi sensi. Solo dopo qualche istante, scusandosi
goffamente, spostò le mani alla ricerca di un punto coperto, non trovandolo però
né sui fianchi né sulle braccia. Rendendosi conto della situazione arrossì
violentemente e, sentendo Lando sghignazzare in sottofondo, si voltò verso di
lui con aria minacciosa, affrettandosi ad ordinare a Chewie di portargli
qualcosa per coprirla.
«Già, immagino che i tuoi amici
si siano divertiti un sacco nel raccontarti i particolari che tu ti sei perso,
non è così?» Sapeva già la risposta, ma era interessante osservare le reazioni
del suo corpo sul grande maxischermo.
Bip-bip-bip… il battito di Han
continuava ad accelerare.
«Chi? Lando e Chewie?» chiese
fingendo noncuranza. «Forse hanno fatto solo qualche breve accenno, ma nulla di
rilevante».
«Uhm… Un accenno legato a quel
picco rosso lampeggiante?»
Il suono
dell’elettrocardiogramma tradiva inesorabilmente ogni suo tentativo di negare.
«Ehm… sì».
Forte di questo vantaggio Leia
provava un certo piacere nello stuzzicarlo: «Ma che ti hanno detto di così
sconvolgente?»
«Niente di particolare,
credimi, solo che…» Voltandosi frustrato verso il maxischermo si arrese,
sbuffando. «Quei due farabutti hanno infierito sulla mia
immaginazione… E dato che in questi mesi non ho fatto altro che meditare
direi che sono diventato molto bravo in questo campo, quasi a livello di un
maestro Jedi».
«Ma Bravo. E a che cosa hai
pensato esattamente durante la tua prigionia?» Lei si era avvicinata
ancora alla vasca, rimanendo comunque al di fuori dalla sua portata per pochi
centimetri.
«A te. Solo a te» rispose lui
con tono vellutato. Cominciava ad apprezzare quel gioco, anche se non era
propriamente ad armi pari.
«Ah sì? E il costume da schiava
faceva parte delle tue meditazioni?»
«Beh, messa in questi termini
non suona tanto bene… diciamo che ho pensato molto a te, sia spiritualmente che
fisicamente». Ora che il viso di lei era così vicino poteva
cogliere tutti quei dettagli che per lungo tempo erano rimasti solo nella sua
memoria.
Anche se aveva un sopracciglio
leggermente alzato, come a volerlo mettere in soggezione, i suoi occhi
smentivano quella falsa severità e la sua bocca, leggermente contratta,
stentava a trattenere il sorriso che illuminava il suo animo.
«Wow, sono colpita da tanta
profondità. Ma sei davvero tu o ti hanno scambiato con un altro?» Accorgendosi
di aver superato pericolosamente la distanza di sicurezza si affrettò a fare un
passo indietro, ridendo per l’espressione corrucciata di lui.
«Aspetta che esca da qui e
vedrai».
«Allora temo che dovrò
aspettare un bel po’!»
«Due ore, non un minuto in
più!» Per evitare nuovi schizzi di fluido rosso Leia prese a girare attorno alla
vasca, mentre Han seguiva i suoi movimenti cercando di non aggrovigliarsi nei
fili degli elettrodi.
«Dai retta al dottore, cerca di
controllarti».
«Ho tutto perfettamente sotto
controllo! Non vedo perché quel droide continui a tenermi qui dentro. Sei mesi
imprigionato nella carbonite non sono sufficienti?»
Dato che il paziente non
accennava a calmarsi, Leia pensò che probabilmente non era stata una buona idea
andare a trovarlo prima della fine del trattamento, ma d’altra parte non avrebbe
potuto farne a meno.
«Visto che la mia presenza ti
agita troppo è meglio che me ne vada e ti lasci meditare in pace, non
credi?»
«Molto ironica!» Vedendola
allontanarsi però si affrettò a richiamarla: «No, dai, Leia!? Aspetta…»
«Ci rivediamo fra due ore».
Ridendo sotto i baffi lei continuò a camminare verso l’uscita.
«E mi lasci qui così?!»
Arrivata alla porta cedette
alla tentazione e si voltò nuovamente verso di lui, come poteva ignorarlo con
quell’aria così affranta?
«Lo faccio per il tuo bene», lo
rassicurò.
«Per il mio bene?! Ma io sto
bene solo se tu sei qui!»
Senza dire niente lei gli
rivolse un sorriso radioso, arrossendo leggermente. Ciononostante era
determinata ad abbandonare la stanza, per non peggiorare ulteriormente la
situazione del malato.
Han però era restio a lasciarla
andare e la sua mente lavorava alacremente per trovare una nuova scusa.
Fortunatamente, un attimo prima che lei uscisse, il suo genio trovò
l’ispirazione: se il suo lato romantico non era sufficiente per trattenerla
poteva sempre istigarla su un contesto a lui più congeniale…
«Ehi, Leia. Un’ultima cosa…»
«Dimmi». La principessa non
sapeva che cosa aspettarsi, ma notando il velo di malizia comparso nei suoi
occhi, si mise subito in allerta.
«Il costume da schiava… lo hai
buttato via?»
Era certa che prima o poi lui
avrebbe sollevato l’argomento: «Perché? C’è qualche angolo che è rimasto inesplorato al
tuo tatto?»
«Beh, a dire il vero, ho
sentito tutto tranne che il costume…» il suo sguardo si era incupito mentre
riviveva le sensazioni di quel contatto.
Presa in contropiede dalla sua
audacia rispose senza riflettere troppo: «Bene, conservane il ricordo allora!
Dubito che nel breve periodo le tue mani abbiano ancora il piacere di visitare
certe zone».
Subito dopo però, rendendosi
conto dell’enorme allusione contenuta nella sua ultima frase, avvampò
violentemente, stentando quasi a credere di essersi lasciata sfuggire quelle
parole senza un minimo di controllo.
Han rimase a bocca aperta,
incapace di replicare. Notando il rossore comparso sul viso di lei, intuì che
probabilmente si era pentita di ciò che aveva detto e forse, per non turbarla
ulteriormente, avrebbe dovuto far finta di niente.
D’altra parte però non poteva
negare di essere rimasto piacevolmente colpito dalle sue parole. L’argomento era
molto interessante e gli sarebbe piaciuto approfondirlo in modo dettagliato, ma
non voleva dare l’idea di uno che “pensa soltanto a quello”, anche se in effetti
ci aveva pensato eccome!
D’un tratto il sibilo
assordante dell’unità 2-B1 interruppe brutalmente il suo conflitto interno.
Quando vide comparire un nuovo picco rosso sul maxischermo capì immediatamente
che stava accadendo ciò che più temeva: «No, maledizione! Non posso aver
superato ancora la soglia, un’altra volta no!»
Sfruttando la situazione Leia
ne approfittò per battere in ritirata: «Ci vediamo fra quattro ore, mio caro. Mi
raccomando… non meditare troppo!»
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Di nuovo solo Han guardò
avvilito lo schermo, smanacciando addosso al droide buona parte del liquido
bacta, in segno di protesta.
Che cosa avrebbe fatto per
altre quattro ore lì dentro, senza di lei?
Stizzito si tolse tutti gli
elettrodi con uno strappo e, nonostante le scariche di corrente dell’unità 2-1B
e la dozzina di allarmi acustici che gli perforavano i timpani, uscì con un
balzo dalla vasca, dirigendosi deciso verso l’uscita.
Notando che l’intensità degli
allarmi aumentava man mano che lui si allontanava si voltò un’ultima volta verso
il droide, puntandogli l’indice in segno di avvertimento e dicendo: «Stai zitto!
Il Capitano Solo ha di meglio da fare ora!»
«Dubito che nel breve
periodo le tue mani abbiano ancora il piacere di visitare certe zone».
Lei non poteva sapere che cosa
aveva scatenato con quella frase, non tanto per quello che gli aveva negato
adesso… ma, più che altro, per quello che velatamente gli stava offrendo dopo.
Le porte della sua
immaginazione si erano letteralmente scardinate a quel pensiero, sperava solo di
avere abbastanza pazienza per riuscire ad attenderla senza rovinare tutto.
Innanzitutto doveva
rassicurarla in merito all’onestà e alla serietà delle sue intenzioni e per
farlo aveva bisogno di un gesto ad effetto degno della sua reputazione. Sapeva
fin troppo bene che niente come il suo reclutamento nell’esercito alleato
l’avrebbe resa più felice, erano anni che lei tentava di convincerlo ed ora che
finalmente era tornato un uomo libero si sentiva in obbligo di ricambiare la sua
fiducia.
Una nuova battaglia contro
l’Impero era alle porte e stavolta non aveva intenzione di tirarsi indietro.
Doveva trovare subito il Generale Madine per arruolarsi, non aveva altro tempo
da perdere!
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