Primo tempo
Questa storia nasce dal mio malato amore per
l’Hiddlesworth che quel sant’uomo di Tom Hiddlesexy
non fa
che alimentare ogni volta che apre la sua bella boccuccia.
Ma spieghiamoci meglio:
Durante un’intervista per gli Jameson Empire Awards 2013
di qualche settimana fa, Tom parla dei vari film candidati dicendo che
sono uno più interessante dell’altro, che gli
piacciono tutti (ruffiano) ecc ecc, MA, fra i vari film, mi
va a citare casualmente
un “The Cabin in the Woods” per poi impallarsi
subito dopo, perso in chissà quali pensieri SCONCI
tanto che il giornalista deve aiutarlo ad andare avanti.
No, non me lo sto inventando --> CLICCAMI&SHIPPA
Come tutti saprete, “The Cabin in the woods” [in
italiano
“Quella casa nel bosco”] è un horror
GENIALE uscito
esattamente un anno fa, che vanta fra i vari protagonisti il gorgeous man Chris
Hemsworth.
Chiaro, no?
Alla fine il film non c’entra una mazza con la storia,
però quell’intervista mi ha dato lo sprint per
scrivere
una semplice storia fluff e simpatica. Niente pretese eccessive, mi
andava di scrivere di questi due bei ragazzuoli che si vogliono
semplicemente molto molto mooolto bene *w*
Parola d’ordine: leggerezza!
Note:
●
Ambientata durante l’inizio delle riprese di Thor: The Dark World.
●
Molto bromance e leggermente pre-slash e tanto tanto fangirlamento.
● Ho
lasciato alcune parole in inglese. Non so perché, diciamo
che mi ispiravano di più, ecco u.u
●
Sullo squallore del titolo, vi prego, non infierite.
Ma basta parlare, vi auguro una buona lettura e se vi va,
lasciatemi una vostra opinione, anche solo per dirmi “Cara,
tu
sei completamente idiota!” o il gettonatissimo
“Fatti una
vita!”
kiss kiss Chiara
The Room in the Hotel
[PRIMO TEMPO]
Avevano iniziato a girare da
meno di una settimana e già aveva una bella serie di lividi
addosso.
Ma erano le riprese di un film discretamente d’azione,
giusto?
Lui era un supereroe che combatteva i cattivi e qualche botta poteva
prenderla anche lui, giusto? E poi gli allenamenti erano duri e gli
stuntmen severi, giusto?
Sì,
tutto corretto, se
non fosse che quei lividi, Chris Hemsworth se li era procurati in una
sicura quanto apparentemente innocua camera d’albergo, per la
precisione, a causa di un suo caro collega di nome Tom Hiddleston.
Ma andiamo
per ordine...
Chris era
appena atterrato a
Londra e, dopo dodici ore di volo e un jet lag che gli picchiava sulla
testa come neanche il suo martello di scena avrebbe potuto,
l’unica cosa che voleva era farsi una doccia, mangiare un
piatto
decente e magari pregare di riuscire a farsi un paio d’ore di
sonno. A Chris, onestamente, sarebbe bastato poter realizzare
anche solo uno dei suoi propositi.
Accese il
cellulare
infilandosi in un taxi. Non aveva neanche riagganciato dopo aver
avvisato Elsa del suo arrivo, ché il maledetto smartphone
aveva
iniziato a suonare fastidioso. Sullo schermo, un sorriso idiota dovuto
ad una foto scattata dopo qualche bicchiere di troppo ad uno dei vari
party post-premiere per The
Avengers. Quel sorriso idiota con tanto di occhiolino
ancora più idiota, apparteneva a Tom.
«Dammi
il tempo di
riprendermi, ti prego.» Aveva sospirato mentre il taxista si
fermava nel traffico della caotica metropoli inglese.
Dall’altra
parte Tom aveva ridacchiato facendo nascere un sorriso sul suo viso
stanco.
«Il
caffè non ti piaceva neanche stavolta?»
«Mi
è mai piaciuto il caffè freddo
dell’aereo?!»
«È
solo una scusa per buttarsi sullo champagne, e lo sai.»
«È
questo il lato
positivo della prima classe, Tom: poter bere champagne invece di un
caffè freddo o di acqua gassata calda.» Tom aveva
riso
ancora.
«Allora
non è il jet lag a farti venire l’emicrania,
Chris, ma i tuoi vizi da star.»
«Chi
ti dice che abbia l’emicrania?»
«Non
ce l’hai?»
Chris
sospirò chiudendo
gli occhi ed accasciandosi contro il sedile dell’auto.
«Mi
sta uccidendo.» Dall’altro capo un’altra
risata.
Quello lì aveva sempre ragione. Dannato lui!
«Non
dovevi bere litri di champagne.»
«Che?
Erano un paio di bicchieri!»
«Chris...»
L’australiano
sbuffò
colpevole riaprendo le palpebre e guardando fuori i palazzi che
sfrecciavano troppo lenti per i suoi gusti.
«Ok,
forse erano
più di un paio di bicchieri, ma ciò non toglie il
fatto
che sei un vero traditore, Tom.»
«Perché
dico la
verità?» Il traffico si era sfoltito e la marcia
era
ripresa più lesta. Chris ne fu grato.
«No,
perché
dovevi venire ad aspettarmi in aeroporto... Bell’amico che
sei!» Borbottò fintamente risentito, sapendo
quanto Tom
fosse facile ai sensi di colpa.
«Avevo
una riunione con
la crew. Sarei venuto volentieri, lo sai.»
Nell’abitacolo,
Chris si lasciò andare ad un sorriso divertito beandosi
della
voce accorata del collega.
Ah, Tom, sei adorabilmente
prevedibile!
«Non
mi pare che adesso
tu sia in riunione, Tom.» Rincarò la dose pronto a
sentire
le numerose spiegazioni che di certo l’amico aveva da
elencargli.
«Se
lo vuoi sapere, sono
due ore che siamo in riunione, ed io ho approfittato della prima pausa
per chiamarti. Sarei potuto anche andare in bagno ed invece mi sto
trattenendo per...» Ma Chris non riuscì
a
trattenere un risolino con la stessa tenacia con cui il collega
comandava la vescica e Tom, purtroppo per lui, se ne accorse.
«Che bastardo che sei!»
E a quel
punto
l’australiano non aveva più motivo per contenersi.
Scoppiò in una fragorosa risata mentre dal cellulare
uscivano
epiteti davvero poco gentili, finché un motherfucker gli
attraversò i timpani e per poco non si sentì male
dal ridere.
«Tom!
Ma che linguaggio
volgare!»
Quando l’aveva conosciuto, Chris aveva
pensato
che Tom fosse una persona un po’ costruita. Era gentile,
cortese,
simpatico, aveva sempre una parola buona per tutti e rideva ad ogni
battuta. Non poteva essere davvero così! Poi aveva capito
che in
realtà Tom Hiddleston era realmente come appariva,
perché
nessuno può mantenere una maschera così a lungo,
neanche
l’interprete del dio degli inganni. Era incredibilmente raro
incontrare qualcuno del genere nel loro ambiente, eppure dopo mesi di
quasi convivenza sul set ed anche fuori, Chris non poté che
appurare che non c’era nulla di costruito nella sua persona.
Ma
la cosa che più lo divertiva era, appunto, il linguaggio di
Tom. A
parte il suo accento così dannatamente english da farlo
sembrare
un professore di liceo, ciò che più era insolito
in lui,
era che non diceva mai una volgarità. Mai, al di fuori di
qualche shit
qui e lì,
e per uno come Chris cresciuto con due fratelli maschi ed una buona
dose di libertà sia verbale che fisica, quella parola era
quasi
un semplice intercalare.
In quelle
uniche volte in cui
Tom si lasciava andare e metteva da parte il completo da Mr. Perfect,
stranamente,
c’era sempre di mezzo lui. Come quando lo aveva
convinto a mangiare in quel nuovo ristorante messicano e Tom aveva
passato il resto della serata chiuso in bagno a maledirlo. O quella
volta che gli aveva organizzato un appuntamento con una modella ceca,
amica di Elsa che, sarà anche stata un angelo di Victoria's
Secret, ma era interessante come una mollica di pane.
“È
stato l’appuntamento peggiore della mia vita!” Si
era
sentito rifilare il giorno dopo mentre Tom non sapeva più
che
scuse inventare per non risponderle al cellulare. Aveva optato infine
per un classico: “Sono stato bene, ma non ho la testa per
impegnarmi.” A cui lei aveva risposto con: “E chi
ha
parlato di impegnarsi?” che aveva fatto stramazzare dalle
risate
Chris e dannare Tom che si era trovato al punto di partenza. Alla fine
si erano pure frequentati per qualche settimana, ammesso che vedersi in
una camera d’albergo a giorni alterni era da considerarsi
come
frequentazione.
«Devo
tornare alla riunione, ma quando ti metto le mani addosso, te la faccio
pagare!»
«Uh,
sto già
tremando tutto.» Ah, un’altra cosa che a Tom
Hiddleston
riusciva male -una delle poche- era quella di minacciare. Chris aveva
più volte avuto modo di riscontrare che era veramente un
disastro. Perché, andiamo, come si può credere a
qualcuno
che ti minaccia con un accento così?! Come se ti stesse
offrendo
una tazza di tè?! Se in Loki era credibile, era solo
perché era un buon attore. «Fuck you!»
L’australiano ghignò ancora mentre infilava il
cellulare nella tasca.
Tom era
riuscito ad
alleggerire un po’ il suo mal di testa che però
tornò prepotente non appena le macchine presero ad
accavallarsi
ed una sinfonia di clacson gli torturò i timpani.
Dannato
traffico!
Si
passò
una mano sugli occhi e si lasciò andare ad un lungo sospiro.
Un letto,
non voleva altro che quello.
Appena
entrato nella sua
stanza, Chris si sentì decisamente meglio. Chiuse la porta
alle
sue spalle e lanciò un vago sguardo alle valige accantonate
poco
più in là.
C’era
silenzio, finalmente. Appagante e tranquillizzante silenzio.
Si
buttò a peso morto
sul letto chiudendo gli occhi e gemendo sommessamente in segno di
gradimento nel sentirsi rinfrancare dal semplice contatto della sua
pelle con la stoffa fresca. Faceva un terribile caldo, ma era anche
colpa
di quella maledetta umidità inglese che si attaccava sulla
pelle.
Affondò entrambe le braccia sotto al cuscino sistemandosi
meglio. Non si curò neanche di togliersi le scarpe.
Restò
lì a crogiolarsi, con la sua t-shirt bianca ed i bermuda
militari che si era quasi pentito di aver indossato quando avevano
iniziato a guardarlo in malo modo non appena aveva messo piede in
quell’albergo elegante. Ma non importava, ora voleva solo e
solamente rilassarsi.
Si lasciò
andare ad un altro ansimo soddisfatto quando, durante i suoi movimenti,
la t-shirt si sollevò di poco facendogli sfiorare le
lenzuola
fresche con il suo ventre nudo.
Nella
stanza solo il
ticchettio dell’orologio, che però sembrava
cullarlo
ulteriormente. Poteva dormire e riprendersi. Lontano dal traffico di
Londra, dal jet lag del viaggio e anche dai fans che lo avevano
aspettato sotto l’albergo. Aveva dedicato ad ognuno di loro
il
suo tempo ed i suoi autografi, ma adesso non voleva più
nessuno
né davanti agli occhi né nelle sue orecchie.
«Mhh...»
Che beatitudine.
«Ti
diverti, fratello?»
«Santo
Dio!!» Si
voltò immediatamente trovandosi ai piedi del letto un Tom
ghignante con le braccia incrociate sul petto. «Tom? Che
diamine
ci fai qui?» borbottò aggrottando la fronte. Per
poco non
gli era venuto un infarto. Ed il mal di testa, ora, era decisamente al
suo picco massimo.
«Mi
godevo il tuo amplesso con il letto» alitò
l’altro.
«Perché
sei in
camera mia? Come sei entrato?» chiese ancora irato mentre si
metteva a sedere sulle coperte. Tom gli sorrise alzando le spalle.
«Ti
ho detto che te
l’avrei fatta pagare. Non si gioca con i sentimenti delle
persone» sospirò con soddisfazione mentre si
sedeva alla
fine del letto.
«E
neanche con le
coronarie della gente, brutto bastardo!» ringhiò
ancora
Chris assestandogli un pugno su un avambraccio.
«Ahi!»
lamentò l’inglese massaggiandosi la zona colpita
per poi
restituire il favore sulla coscia del compagno.
«Ehi?!»
Chris gli
afferrò il polso quando Tom stava per colpirlo ancora e lo
trascinò sul letto. «Non eri in
riunione?» gli
ringhiò schiacciandolo contro il materasso mentre
l’altro
tentava di sottrarsi alla sua morsa.
«La
riunione era in una
delle sala dell’albergo» biascicò Tom
come risposta
fra gli affanni, mentre con uno strattone riuscì a liberare
la
mano e a dargli un pugno deciso sul petto. Chris strinse i denti
cadendo con le spalle sul letto e portandosi una mano sul pettorale
colpito mentre Tom scattava in piedi con un ghigno divertito.
Non si vedano da mesi e gli era mancato, eppure ora aveva solo voglia
di riempirlo di pugni.
«È
così
che si salutano gli amici?» brontolò ancora
guardandolo
torvo, ma Tom continuò a sorridere.
«Avresti
preferito un bacio, darling?»
scherzò avvicinandosi alla testiera del letto e poggiandosi
con entrambe le mani.
Chris
sbuffò rimettendosi a sedere. «Sarebbe stato
sicuramente meglio di un pugno, darling!»
Poi si tirò in piedi continuando a tenersi una mano sul
petto. «Mi hai fatto un male cane!»
«Addirittura?!
Dove hai lasciato il tuo spirito da Dio del Tuono?»
«È
rimasto a Los
Angeles, insieme alle persone che mi vogliono
bene...»
borbottò fintamente offeso dirigendosi verso il
frigo bar.
Stavolta le sue minacce non erano state affatto vuote.
Tom si
voltò e si
sedette sul letto con le gambe che penzolavano al di fuori e
guardò sorridente Chris che tracannava senza troppa grazia
una
bottiglietta d’acqua.
«Smettila
di ridere come
un idiota.» Lo canzonò quest’ultimo
pulendosi le
labbra con il dorso della mano prima di lasciare la bottiglia sul frigo
e dirigersi nuovamente verso il letto. Ma di tutta
risposta, Tom rise più forte lasciandosi cadere con la
schiena sul
materasso. «Questa
è la mia
stanza e questo è il mio letto, perciò
sparisci!»
borbottò l’australiano sedendosi accanto a lui e
strattonandogli con poca gentilezza una spalla. Tom chiuse gli occhi
fingendosi indifferente alle sue richieste, almeno finché
non
cessarono e lui non si trovò qualcosa sulla faccia.
«Chris!»
urlò mettendosi a sedere quando capì che quella
che
stringeva fra le mani era la maglia sudaticcia che Chris aveva
indossato per le sue dodici ore di viaggio.
«Ecco,
bravo»
sospirò soddisfatto l’australiano trovando ancora
più gradevole le lenzuola fredde contro la sua schiena nuda
mentre si stendeva incurante dei richiami di Tom su quanto fosse poco
educato buttargli in piena faccia i suoi indumenti sporchi.
«Sei
un vero
troglodita!» Fu l’ultimo insulto prima che la
maglia
volasse di nuovo, stavolta in direzione del viso del suo
proprietario. Ma Chris la scostò senza troppi problemi
incrociando le braccia dietro alla testa e godendosi divertito Tom che
scuoteva la testa con le sue adorabili sopracciglia ballerine che
facevano a gara a chi si alzasse di più.
«Siamo
pari?» Le sopracciglia di Tom smisero di ballare.
«Ok,
siamo pari»
brontolò poco convinto l’inglese avvicinandosi al
letto e
stendendosi al fianco del collega. Si sistemò il cuscino ed
affondò con tutta la sua testa riccioluta.
«Questo
non voleva dire
che potevi restare qui.» L’azzardo gli
costò una
gomitata su una costola scoperta che incassò con un grugnito
doloroso. «Quanto sei diventato violento, Tom...»
«Sta’
zitto!»
Si
voltò con la testa
verso il collega scoprendolo ancora adirato. Non riuscì a
non
ridacchiare divertito. Tom sapeva essere davvero infantile alle volte,
forse più di lui. Si dovette beccare un’altra
gomitata ed
un pizzicotto pericolosamente vicino al suo capezzolo sinistro, che
riuscì ad evitare solo coprendosi la zona con una mano.
«Adesso
basta però! Arriverò sul set pieno di
lividi.»
«Allora
piantala di istigarmi!»
Chris si
tirò a sedere.
«Ma chi ti sta istigando? Sei tu che hai una vena sadomaso
che
non conoscevo!» Ridacchiò proteggendosi ancora le
zone
più delicate con le mani mentre l’inglese
continuava a
colpirlo con pugni e pizzicotti più o meno dolorosi. Nella
sua
strenua difesa, però, Chris non aveva considerato che Tom
avrebbe
afferrato la sua bella coda bionda e l’avrebbe tirata
così
forte da farlo urlare per il dolore. «Solo le donne si tirano
i
capelli nella lotta, codardo!» Si vendicò con le
parole, e
quando Tom si fermò ad osservarlo ed abbassò la
guardia,
lui ne approfittò per afferrargli una ciocca di capelli
castani
e tirarla con forza fino a farlo gemere contrariato. I capelli di Tom
erano corti, ma non abbastanza da impedirgli di affondarci le dita, e
lui li strinse senza intenzione di lasciarli.
«Dio,
che male!»
annaspò ancora l'inglese stringendo i denti.
«Avanti,
molla!» ordinò facendo pressione con le mani su
quella che
Chris si ostinava a tenere piantata sulla sua testa. «Chris,
mi
fai male!»
«Anche
tu mi hai fatto male.» Si giustificò lui dandogli
un’altra tirata.
«Ahi!»
Tom
tentò di assestargli un altro pugno che
però
Chris riuscì a bloccare con la mano libera. Tutto
ciò
però gli impedì di proteggere ancora il suo
prezioso
capezzolo che finì crudelmente stritolato fra
l’indice ed
il pollice di Tom.
«HOLY SHIT!»
ringhiò lasciando immediatamente i sui capelli e
contorcendosi
sul letto in preda ad un lancinante dolore. «Maledetto
bastardo
inglese!»
«Uhm,
i miei capelli...
» Dall’altra parte Tom si passava le dita sulla
testa con
un’espressione dolente sul viso.
«I
tuoi capelli? Tom, mi
hai staccato un capezzolo!» Chris continuò a
stringersi la
mano sulla zona dolorante mentre arrivava alla conclusione che era
meglio finirla lì con quel gioco pericoloso. Il suo
capezzolo
era decisamente d'accordo.
Era
riuscito a chiudere gli
occhi per appena mezzo minuto quando Tom brontolò:
«Devi
farti una doccia.» Chris gli lanciò
un’occhiataccia
spazientita allungandosi ancora sul suo letto in modo da lasciargli
solo un misero angolo. «Non puoi dormire in queste
condizioni,
Chris.» Rompiscatole!
L’australiano
allungò un braccio per rubargli altro spazio e Tom fu
costretto
a rimanere in bilico su una sponda del letto.
«Se
non vuoi sentire il mio odore di uomo, sei libero di
andartene» borbottò.
«Questo
non è
odore di uomo, questo è sudore e dodici ore di
viaggio.»
Sul viso di Tom si allungò un lieve sorriso che Chris si
sforzò di non ricambiare voltando la testa
dall’altra
parte ed affondando ancora di più sul cuscino. Aveva
dannatamente ragione, aveva bisogno di una doccia ed anche alla svelta,
ma non poteva dargliela vinta, il suo capezzolo ancora dolorante non
glielo avrebbe perdonato. E poi era stanco e alzarsi, andare in bagno,
aprire l’acqua, svestirsi... Sarebbe stato solo
più
stancante. No, Chris voleva dormire.
«Sono
libero di puzzare
se voglio. Ed ora vai a spargere consigli altrove, perché io
ed
il mio odore vogliamo riposare.» Una risata si
sollevò
nell’aria e Chris ghignò grato che
l’altro non
potesse vederlo.
«Mi
spiace, ma gli amici
non si abbandonano nel momento del bisogno.» Sentì
sospirare alle sue spalle e si violentò per non voltarsi e
vedere l’espressione sulla faccia di Tom. «Quando
sverrai a
causa del tuo “odore da uomo”, ti
servirà qualcuno
che ti rianimi.»
Era per
questo che lo adorava: sapeva essere tremendamente divertente.
«No,
grazie. So già che mi rianimeresti a pugni e calci. Non ci
tengo.» Lo
sentì ridere ancora e poi avvertì qualcosa
sfiorargli la schiena. «Smettila!»
ordinò riconoscendo le dita di Tom che salivano e scendevano
sulla sua pelle. «Piantala, Tom!» Diede uno
strattone con
le spalle per convincerlo a desistere, ma ebbe come unico risultato
solo
un’altra bassa risatina divertita.
«Dai,
non fare
l’arrabbiato. Lo sappiamo tutti e due che è una
farsa.» Ed era miseramente vero, e come aveva detto lo stesso
Tom, lo sapevano benissimo entrambi.
«Non
è una farsa!» mentì,
«Ed ora togli quella mano e
lasciami dormire.» Ma la suddetta
mano
non voleva smetterla di passeggiare dolcemente sulla sua pelle sudata
lasciando una scia di brividi dove si posava. Era così
piacevole, che Chris era più che sicuro che continuando
ancora
si sarebbe addormentato senza neanche rendersene conto.
«Chris...»
Piccoli cerchi all’altezza della spalla destra.
«Tom,
mi spiace, ma non
ho mai creduto nel sesso rappacificatore.» Una calda risata
si
levò nella stanza e stavolta Chris non poté
impedire alla
sua schiena di tradire il suo ridere sommesso.
«Non
pensavo di arrivare a tanto, ma grazie per
l’informazione.»
«Non
c’è di
che.»
Forse era giunto il momento di finire anche quel secondo gioco ma,
purtroppo per Chris, di dormire, sembrava non se ne parlasse.
>>>
NdA. Ci leggiamo nel
SECONDO TEMPO.
|