2_ Monster
Edward si sentiva
un mostro.
Piegato su sé
stesso, dolorante, con il fiato corto, lui si sentiva un mostro.
Camminare, e
muoversi in generale, era diventata una fatica bestiale già da alcune settimane
per lui, ma quando Roy, la sera prima, gli aveva detto che c’era una cosa
importante di cui dovevano parlare, lui aveva capito subito che avrebbe dovuto
affrontare lo sforzo.
E così quel giorno,
quella mattina fredda persino nelle tonalità dei colori del cielo, era uscito,
sostenuto dal suo compagno e avvolto nel suo mantello più pesante e ampio, che
cancellava quasi del tutto la forma del suo corpo; era salito in macchina, dove
li aspettava Riza per accompagnarli al Quartier Generale, e si era persino
fatto le scale, passo dopo passo, con i denti stretti per la fatica ed il
dolore, come se avesse dovuto scalare una montagna.
Ed si era sentito
un mostro tante volte, per via dei suoi automail così aggressivi e
appariscenti, per i quali la gente lo aveva sempre guardato, additato,
commiserato. E in certi momenti, persino il suo impietoso gemello riflesso in
uno specchio lo aveva fatto sentire un mostro.
Anche adesso tutti
quanti lo guardavano, e non c’erano dubbi sul fatto che, appena voltate le
spalle, non esitassero a discutere, e a rimproverare, ad indicare con quelle
loro dita gelide e giudici.
Edward riusciva a
non darci troppo peso, in fondo era sempre stato abituato a sentirsi un mostro.
Però quel bambino,
quel piccino che si muoveva di tanto in tanto dandogli le vertigini e i conati
di vomito, lui non era un mostro, lui non aveva chiesto niente a nessuno, e
Edward aveva giurato a sé stesso che lo avrebbe difeso con tutte le sue forze
dagli sguardi della gente, e dalle etichette, dai nomi terribili che in molti
avrebbero cercato di incollargli addosso.
I piani alti
dell’esercito, c’erano tutti. Come spettatori riuniti ad assistere ad un
grottesco spettacolo, e allo stesso tempo chiamati a giudicare sul talento
degli attori, sulla solidità della messinscena, sul trucco, le luci, su tutto.
- Prendiamo atto di
ciò che avete fatto. – scandì in modo tremendamente severo il membro più
anziano della commissione, riunita per deliberare sulla richiesta di congedo
temporaneo di Edward. Un militare di quelli vecchi nel senso più ampio del
termine, intrappolato nella sua uniforme e nelle sue medaglie e ben deciso a
restare arroccato nella sua posizione.
La faccenda della
malattia come giustificazione per la sua prolungata assenza aveva funzionato
per un certo periodo, ma a Edward l’idea di chiamare in quel modo il loro
piccolo dava la nausea, e anche Roy aveva cominciato ad ammettere con se stesso
che così non si poteva andare avanti. C’era di che stupirsi che fosse stato
proprio lui a tirare fuori l’argomento e ad ammettere che preferiva di gran lunga
che i vecchi burocrati sapessero come stavano le cose, piuttosto che tirare
avanti altri tre mesi inventando nomi altisonanti ed improbabili che finissero
in –ite, e poi fingendo di meravigliarsi di un bambino piovuto giù dal cielo,
chissà come e chissà perché. Forse era un modo per cominciare a sentirsi un po’
padre, in fondo.
- La richiesta è
evidentemente accolta. –
In quelle parole
dal sapore formale, nell’”evidentemente”, soprattutto, c’era il retrogusto
amaro del ribrezzo. Edward si sentì decine di dita puntate contro, e sguardi
schifati e fin troppo onesti nell’ammettere che se la passavano liscia era
soltanto perché l’Alchimista d’Acciaio e l’Alchimista di Fuoco non si potevano
toccare. Nomi troppo famosi, troppo importanti.
Soldi, status,
potere, a Edward non era mai importato niente di tutto ciò. E nemmeno a Roy,
almeno per quanto riguardava i primi due punti. Un brivido freddo si impadronì
del suo braccio buono: fino a quel momento nessuno aveva osato rivolgersi
direttamente a Roy, ma Ed non potè fare a meno di chiedersi quante e quali
rinunce avrebbe comportato tutto questo per lui. Roy aveva accettato di sua
spontanea volontà di correre il rischio, e lui, egoisticamente, non si era mai
fermato ad interrogarsi su cosa questo avrebbe comportato.
Si impose di non
pensarci. Adesso era ufficialmente in congedo temporaneo, sollevato da ogni
incarico e responsabile soltanto per sé stesso e per il suo addome deformato.
Chinò la testa di quanto bastava per un saluto formale e si girò, sforzandosi
di ignorare la selva di dita immaginarie che sentiva ancora inesorabilmente
tese verso di lui.
Anche Roy le sentì.
Fulminò i presenti con un’occhiata furiosa, e come se il suo gesto potesse
assumere per tutti quanti un valore superiore, si affrettò ad avvolgere le
spalle di Edward con il suo braccio, e a coprirlo da ulteriori sguardi. In quel
momento, stava sfidando tutto ciò in cui aveva sempre creduto, e molto
probabilmente stava mettendo a repentaglio i risultati di anni di sforzi e di
sofferenze, e lo stava facendo per lui. Edward si sentì piccino, di fronte
all’uomo formidabile che aveva accanto.
- Andiamo, Ed,
vieni. Torniamo a casa. –
Il ticchettio
indeciso delle stampelle di Edward, accompagnato dai passi regolari e sordi di
Roy, rimbombò nella grande stanza, e poi ancora nel corridoio deserto dei piani
alti, fino a spegnersi gradualmente nell’aria, nel silenzio generale.
* * *
La loro casa,
ormai, era diventata un ambulatorio. Edward aveva bisogno di cure costanti, e
di moltissimo riposo. Non era in grado di sostenere il peso di un bambino, il
suo era un corpo maschile, per Dio, c’erano le questioni del baricentro, dello
sforzo innaturale a cui era sottoposto, del continuo, estenuante monitoraggio
perché il procedimento alchemico a cui era stato sottoposto non si alterasse.
Non voleva nemmeno sapere come funzionasse esattamente il tutto, in che misura
l’alchimia avesse trasformato i suoi organi interni per adattarli ad una
funzione che non apparteneva loro. Gli era stato garantito che dopo la nascita
del bambino si sarebbe potuto rimettere tutto a posto, e tanto gli era bastato.
Doveva prendere le
stampelle anche solo per fare un passo, e come se non bastasse c’era la
costante minaccia di rigetto, e l’impianto dell’automail della gamba creava dei
problemi non indifferenti; Winry si era dovuta precipitare da lui fin dal
secondo mese, e imprecando a più non posso, quasi piangendo, aveva dovuto
installare delle componenti provvisorie ed allentare parecchi bulloni, perché
un groviglio di metallo conficcato troppo vicino al basso ventre decisamente
non andava bene.
- Come ti senti? –
Roy glielo chiedeva
ogni minuto, ed ogni volta le sue risposte non gli bastavano mai. Arrivò dalla
cucina armato di una tazza di tisana fumante che emanava un buon profumo di
fiori, e gli si sedette vicino, sul divano.
Edward accettò la
tazza e gli regalò un sorriso mesto e dolcissimo, che non aveva nulla di quei
sorrisi vitali, antipatici e esplosivi a cui Roy era abituato.
Quel sorriso, in
quel momento era di una tristezza avvolgente, come una benda che si stringeva
con morbidezza e calore, sì, ma attorno ad una ferita che faceva male, male da
morire.
Edward stava
continuamente male, ma non c’era nulla che si potesse fare per sistemare le
cose; soltanto fidarsi della sua forza e aspettare. Mangiava poco, dormiva
ancora di meno, e ogni tanto andava soggetto a violente crisi di vertigini, a
dolori un po’ dappertutto, a cefalee lancinanti e quant’ altro. Ma nonostante
tutto si sforzava sempre di fargli un piccolo sorriso, chissà se per
rassicurarlo o per ribadire la sua scelta.
Il campanello suonò
brevemente.
All’improvviso,
spezzando il silenzio familiare e ombroso della casa. Roy sospirò e si alzò dal
divano controvoglia, per andare ad aprire. Ed doveva muoversi il minimo
indispensabile, e ciò significava nella fattispecie il tragitto compreso fra
camera da letto, bagno e salotto, perciò figurarsi l’andare alla porta. Si
sentiva un rimorchio inerte quando vedeva Roy affaccendarsi in tutte quelle
cose che normalmente si erano sempre spartiti equamente, e menomato, incapace
di compiere persino le azioni più ovvie. E dire che gli aveva promesso decine e
decine di volte che non sarebbe stato in alcun modo di peso per lui.
- Ciao. – disse una
voce che Ed conosceva bene.
Deglutì persino,
non si aspettava proprio una visita di Al.
Nonostante Al fosse
stato al suo fianco fin da subito ed avesse appoggiato la sua decisione con
fraterno affetto, pur con una certa riluttanza, lui cercava in ogni modo di
evitare di vederlo, e da qualche settimana a questa parte soprattutto. La
pancia ormai si vedeva fin troppo, persino il mantello serviva appena, e il
fatto era che Ed si chiedeva sempre più insistentemente che cosa ne pensasse Al
di suo fratello. Se lo ritenesse un pazzo, un egoista, un disgustoso nemico
della scienza, o cos’altro.
Si vergognava.
E si vergognava di
vergognarsi.
- Che ci fate voi
qui? –
Ed corrugò le
sopracciglia e si sforzò di voltarsi per inquadrare l’ingresso.
Voi?
- Come sta il mio
nipotino? –
La voce di Winry lo
sorprese e quasi lo spaventò.
E poi.
- Hey, spegni
immediatamente quella sigaretta, razza di disgraziato! – tuonò Roy.
- Io gliel’avevo
detto di non accendersela. – precisò Hawkeye, professionale come sempre.
- Avanti Roy, non
farci restare sulla porta, non è carino, no? -
Un secondo dopo, il
salotto era animato dalle voci allegre di tutte le persone che Edward aveva da
sempre considerato una parte consistente della sua vita. C’erano Al e Winry, i
due simboli più cari del suo passato, e c’erano Hawkeye, Huges e Havoc, persone
con cui aveva condiviso anni, uffici, e casini di ogni genere da alcuni anni a
quella parte. La loro presenza chiassosa lo confondeva e lo rincuorava allo
stesso tempo, mentre Roy sembrava più che altro scocciato dall’idea di dover
lasciare di nuovo il divano per andare a fare del caffè.
Con il passare
delle settimane era diventato una specie di orso protettivo, sempre scorbutico
con tutti per necessità. Aveva la faccia segnata dalla stanchezza e dalla
preoccupazione, ma nonostante tutto non aveva voluto mollare il lavoro, per
poter tenere sotto controllo la situazione al Quartier Generale anche dopo il
suo congedo. Gli era presa la strana fissazione che qualcuno avrebbe potuto
cercare di fare del male al suo Edward, e per l’amor del cielo, anche al loro
piccino. Era ossessionato, o forse soltanto spaventato, dall’idea che qualcuno
potesse cercare di approfittare di quel loro momento di vulnerabilità.
- Prendi. –
proclamò Maes, tendendo con aria solenne una scatoletta di cartone colorato.
Roy se la girò fra
le mani fino a trovare il pomposo nome inciso sul fronte. – Sono integratori? –
domandò, scettico.
- Li prendeva la
mia Glacier quando era incinta di Elicia. E hanno funzionato alla grande, hai
visto che angelo di bambina è venuta fuori? –
- Non credo che
sia… -
Roy stava per
metterci l’anima per smontare Maes e le sue trovate folli, ma gli bastò
incrociare il mezzo sorriso di Edward per convincersi a desistere. Sembrava un
viaggiatore approdato in una piccola oasi dove dissetarsi e riposarsi un
momento, prima di riprendere il suo tremendo viaggio.
- E va bene. – si
rassegnò. – Vedremo se queste pillolette sono miracolose come dici. -
* * *
Se ne andarono
tutti poco prima dell’ora di cena. Edward si scusò mille volte di non potersi
alzare per accompagnarli. E, per un momento, era stato tentato di chiedere loro
di fermarsi a mangiare da loro. Era stato bene con loro, circondato dal calore
fraterno e dalla rassicurante consapevolezza di essere capito.
Riza gli aveva persino
chiesto di potergli toccare l’addome. Ci aveva messo sopra la mano con
prudenza, e quando aveva avvertito un movimento ovattato sotto la superficie si
era irrigidita, intenerita ed imbarazzata. Al si era lagnato a morte di non
poter fare la stessa cosa, guadagnandosi per l’ennesima volta la stessa,
vecchia promessa da parte di suo fratello, che prima o poi sarebbero riusciti a
riavere indietro i loro corpi.
Ad essere sinceri,
Ed aveva sperato di incappare in qualche notizia utile, durante le estenuanti
ricerche per il piccolo. Ma aveva scoperto presto che creare una nuova vita era
ben diverso dal riprendersi indietro qualcosa che era già esistito, e che ora
non c’era più.
Quando Roy
raggiunse nuovamente Edward, dopo aver fatto le veci del perfetto padrone di
casa, lo trovò ad accarezzarsi debolmente l’addome, aggrappato con la mano di
metallo allo schienale del divano.
- Tutto bene? –
Edward insinuò un
sorrisetto amaro.
- Sto cercando di
pentirmi di ciò che ho fatto. – confessò sottovoce. – Sto cercando di
vergognarmi di questo. –
Il “questo” venne
sfiorato da un’ennesima carezza. Roy si inginocchiò pigramente davanti al suo
compagno, e aggiunse anche la sua mano sul loro “questo”. Guardava dritto
davanti a sé, niente in particolare, scorreva con il palmo sulla circonferenza
rigida e regolare, e la sua mano era meravigliosamente ampia, rispetto a quella
di Ed.
- Ma non ci
riuscirai, vero? -
- No, credo di no.
Sono ancora certo che potrei sopportare tutto questo per sempre. E tu invece? -
- Nemmeno io. – Roy
sottolineò le sue parole con un sorriso. – A me basta che non ti succeda nulla,
lo sai. –
Sì, Ed lo sapeva.
Anche se la consapevolezza di essere il centro assoluto delle attenzioni e
delle priorità di Roy Mustang aveva ancora il potere di farlo arrossire.
- Sei un uomo
straordinario. Scusa se non te lo dico mai. – sussurrò.
Roy si accorse che
aveva socchiuso leggermente le palpebre, lasciandosi andare ad un piacevole
rilassamento. Pareva strano persino a lui ammettere una cosa del genere, però
in quel momento Edward era bello. Bellissimo, pur nella contraddizione
fisiologica del suo stato, come una scultura immobile nella sua serenità
eterna.
- Non c’è niente di
straordinario in me. Sono solo un uomo che farebbe qualsiasi cosa per rendere
felice la persona che ama. E che crede fermamente di lottare per qualcosa di
giusto. Per il resto, sto ancora cercando di capacitarmi che presto avremo un
bambino. –
ANGOLINO!
Doveroso angolino
per rispondere a tutte le vostre recensioni, che sono state tante e tutte
imbarazzantemente piene di complimenti e di incoraggiamenti.
Grazie, grazie,
grazie, sono veramente commossa!
Fra l’altro, le
recensioni di alcune di voi mi hanno aperto gli occhi circa una cosa di cui non
mi ero assolutamente resa conto. Ma davvero non esistono mpreg di FMA in
italiano? O__O
Ely: doveroso
iniziare da te. Ok, finiremo con il picchiarci per decidere chi deve
ringraziare chi, ma ad ogni modo è anche un po’ merito tuo, lo sai. Quanto al
mare di emozioni, beh, quando sono al lavoro su questa storia mi ritrovo spesso
a dirmi “meno male che esistono”.
Bad Girl:
semplicemente… grazie! Sono felicissima di essere addirittura fra i tuoi
preferiti, spero di continuare a meritarmelo!
Nacchan: grazie
mille, sono più che felice che questo Ed ti piaccia!
Inuyasha94: Eh, Ed
non è proprio un mago in fatto di tempistiche. Comunque spero che il proseguio
ti piacerà!
Ale2: wow, una
doppia Ale! ^_^ Grazie a tutte e due allora, mi auguro di non deludervi!
Chibimayu: ecco, la
tua è una di quelle recensioni! Ma pensa, ci sono solo in inglese? E dire che
io non ne ho mai letta una. Comunque grazie mille per tutti i complimenti, sono
davvero lusingata! E giuro solennemente che il mio scopo non è farti piangere…
Ma non garantisco nulla!
Steelrose
Alchemist: Eccone un’altra! Ma insomma, qui bisogna rimediare, le mpreg ci
vogliono in questo fandom! >///< Diamoci da fare. Roy, Edward, a
rapporto! Avete una missione moooolto importante da compiere!
Ed92: addirittura,
ma graaazie! Hihih, anche io adoro le descrizioni mortali, quelle che ti
raccontano del granello di polvere sullo scaffale! E comunque, sempre in tema
mpreg, adesso ci mettiamo a tradurne un po!
Envuccia: hihi,
qualcuno che si interessa anche al punto di vista di Roy, eh? Benissimo,
contenta che ti piaccia, spero di non deluderti con quello che verrà!
Setsuka: me si
inchina a te, grazie di tutto cuore! Le metafore e le descrizioni sono la mia
passione, non so cosa farei per entrare totalmente in sintonia con la
situazione ed i personaggi. E uff, non sai che bel sospiro mi hai fatto tirare,
ero terrorizzata dal rischio di scadere nel ridicolo!
Chiara: ma… ma…
Ecco, io mi commuovo, per recensioni come queste. Che dire, grazie, grazie e
ancora grazie, l’idea di “imponenza” di Roy era quella che mi premea in
particolare rendere, e sviluppare in questo altro capitolo. Perciò,
contentissima di essere riuscita nell’intento, e ancora grazie!
Roy Mustang sei uno
gnocco: ma guarda un po’ che nick! ^^ Guarda che se Ed te lo scopre poi sei nei
guai, sai com’è, è un tantino geloso! Scherzi a parte, ti ringrazio tanto,
spero che il seguito ti piacerà!
Yumi: Volevo che il
titolo contenesse un po’ tutto il senso più profondo della storia, e mi fa
moltissimo piacere sapere che ti ha colpita, significa che l’ho scelto bene!
The dark side:
l’idea mi frullava in testa da un po’, in realtà! Già, né Ed né Roy sono dèi,
ma chi lo dice che per questo non potranno almeno tentare di trovare la loro
felicità? Anche se, c’è da scommetterlo, i problemi non saranno pochi.
Dark: waaa,
darkina! Eh sì, vedrai che la vicenda è ben diversa da quella del nostro James,
ma l’amore di due genitori è pur sempre amore! *__*
E con questo ho
finito. Spero che anche questo capitolo vi abbia emozionati, aspetto i vostri
pareri e le vostre impressioni!