La Casa dei
Doganieri
Vetro. Trasparente. Insapore. Inodore. Freddo. Tintinna.
La campana che protegge quel dono, tanto gelosamente, tanto malinconico.
Un lampo squaciò il silenzio oltre la finestra, lasciando una
riminescenza di bagliore nel blu della notte.
Seduto osservava quel piccolo tesoro che custodiva in mansarda, sotto
chiave. Si sollevò e a piccoli passi raggiunse la campana per
osservarne meglio ciò che vi era custodito all'interno. Non appena gli
occhi si posarono su quella conchiglia argentea un fremito gli percorse
la schiena, le labbra si dischiusero appena.
Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla
scogliera:
desolata t’attende dalla sera
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi
pensieri
e vi sostò irrequieto.
« Il mare, con questa leggera brezza, è allo stato che più preferisco »
mellifluo la raggiunse, seduttore la osservò. La giovane girò il capo
un po' sorpresa, spaventata. Arrossì d'ingenuità. Nonostante il corpo
da donna, gli occhi tradivano la giovane età: una sedicenne, o poco
più. Bionda, capelli raccolti in uno chignon formato da due trecce, ma
nonostante l'impeccabile preparazione di quella acconciatura alcune
ciocche sfuggivano ribelli alla presa dei ferrettini. Sollevò la
manina, non per salutarlo, ma per tenersi il cappello di paglia a
visiera circolare, impedendogli così di diventare vittima di quel
flebile vento. Gli occhi spauriti da cerbiatta erano spalancati e
mostravano sincera curiosità, i tratti delicati del volto si
delinearono in un sorriso che trasudava vivacità e abbandonza. Quelle
labbra piene e rosse le desiderò, ma cercò di tenere a bada l'impeto
d'amore che scalciava nel petto da giovane uomo.
« Signore, mi sta dicendo che apprezza il mare inquieto? » domandò con
semplicità la giovane ragazza, aprì e chiuse gli occhi in uno
sfarfallio di ciglia chiare.
« Signorina, vuole dirmi che anche per lei non è così? » il giovane
uomo le rispose inclinando leggermente la testa di lato, mostrandole un
sorriso spavaldo.
« Non dovrebbe, almeno per una ragazza per bene e a modo. » per la
prima volta nascose lo sguardo. Ah! Come arrivava il suo animo vivace,
i suoi pensieri da bambina, a toccargli le corde più dure del cuore.
Giovane fanciulla dai sogni lieti, mente matura da donna emancipata.
Ad interrompere quella loda inconscia arrivò una goccia fredda e
solitaria a depositarsi sulle labbra. Il giovane alzò il volto al cielo
e presto una gemella lo colpì dritto in viso.
« Una ragazza per bene e a modo non dovrebbe nemmeno rischiare di
prendersi uno di quei pestiferi malanni » sollevò una mano e la porse
alla sedicenne. Indecisa, accolse l'invito ed iniziarono a camminare.
« Non vedo un posto dove ripararsi dalla pioggia. » comunicò il proprio
timore e si guardò intorno. L'uomo rise deliziosamente e con un cenno
del capo le indicò la scogliera scoscesa.
« Si è dimenticata della casa dei doganieri, forse? Eppure qui a
Monterosso ha passato numerose estati. » le ricordò. La giovane arrossì
e seguì il suo momentaneo compagno verso la casa del doganiere.
Entrarvici fu semplice, rimanerci all'interno complicato.
Libeccio sferza da anni le vecchie
mura
e il suono del tuo riso non è più
lieto:
la bussola va impazzita all’avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.
« Il rumore del vento è spettrale, Annetta. » cercò di rompere il
silenzio come poteva, inebriandosi i polmoni con le lettere di quel
nome che esprimeva la delicatezza della ragazza lì presente.
« Ma rende tutto molto più avvincente, non crede? » domandò esplorando
con gli occhi il luogo circostante. Troppo inesperta per rendersi conto
dell'equivoco che avrebbero potuto creare quelle parole. Il vento
Libeccio continuava a fischiare tra le fessure dei grandi mattoni in
pietra grigia.
« Ho letto di recente un romanzo. Drammatico, un po' malinconico. Mi
sembra di essere stato trasportato in quelle pagine ingiallite » cambiò
discorso, desiderando di attirare la sua attenzione.
« Come s'intitolava? » domandò ridestando la sua vivacità e il suo
interesse.
« Non ricordo. » rispose tristemente il giovane uomo avvicinandosi alla
ragazza. Si tolse la giacca un po' logora, da giovane ragazzo
squattrinato, ma di buon gusto. « Tenga. Avrà freddo. »
« Grazie » arrossì. « Mi dica almeno di che parlava. » si smascherò da
sola: cercò di celare l'imbarazzo con quella domanda.
« Parlava di due ragazzi che avevano conosciuto l'amore, ma erano
impossibilitati da poterlo vivere » raccontò, recitando una finta
tristezza.
« Non è quel che si dice un "buon augurio" » s'imbronciò con quel fare
da fanciulla. Forse non era a conoscenza di quale effetto facesse
quando era vestita di ingenuità, la giovane Annetta.
« L'atmosfera cupa mi ricorda quel racconto. » il cuore gli sussultò.
Che il dardo del Cupido avesse colpito direttamente il cuore?
Il desiderio divenne insopportabile, la lucidità venne meno, le
inibizioni scomparvero.
Un bacio, un bacio pieno di speranza, di romanticismo, di tensione.
Peccato che avesse il bacio di un addio.
Ne tengo ancora un capo; ma
s’allontana
la casa e in cima al tetto la
banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell’oscurità.
Il respiro si fece debole, volse le spalle a quella campana di vetro.
Ormai era vecchio, non poteva far altro che ricordare quell'incontro
con dolcezza e malinconia. Tentava di tenerlo ben stretto, come poteva,
ricordandolo ogni volta che potesse o fosse solo in casa. Era una
catena, a quell'anello tanto dolce e delicato era legato indissolubile
un ricordo successivo, straziante. La giovane partì qualche giorno
dopo, sul calar dell'estate. Seguirono lettere piene di confidenze e di
amore innocentemente espresso, fino all'ultima.
Le pietra grigia e massiccia di quelle mura vi era ancora, ma sporca di
terra.
Lettere spartane rilucevano flebili un nome, due date separate da
sedici anni di distanza.
Anna degli Uberti. Spenta
silenziosamente come una fiamma sotto la pioggia.
Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il
frangente
ancora sulla balza che scoscende ...)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi
resta.
Il tempo passa, il dolore rimane. Chi rimane in quella casa tanto buia?
Ah! Non si ripetè più il tiro fortunato che ci fece incontrare!
Chi ha tradito? Il giovane divenuto anziano, segnato da rughe di altre
esperienze o la giovane che spirò con quell'ultimo ricordo di dolcezza
negli occhi?
Angolo dell'Autrice ~
Salve a tutti, ho scritto questa piccola
Oneshot in venti minuti, spero che il risultato sia apprezzabile.
La professoressa di Letteratura, inconsapevole dell'effetto che questa
poesia potesse infliggermi, mi ha assegnato per domani la parafrasi di
questa grandissima opera di Montale, uno dei miei poeti preferiti in
assoluto. Mentre studiavo ho immaginato nei dettagli questa scena, e vi
dirò, mi sono anche commossa davanti allo straziante dolore che ho
percepito. Ci tengo a precisare che i pezzi in corsivo OVVIAMENTE non
appartengono a me, ma compongono la poesia "La Casa dei Doganieri" di
quel grande genio di Eugenio Montale. Il resto è stato tutto un brutto
gioco della mia fantasia. Spero di non aver infranto alcuna legge/di
non aver turbato nessuno. Che dire, può darsi che riempirò queste
pagine anche con altre poesie, ma non ne sono sicura, vedremo. Il libro
a cui il protagonista fa riferimento è "Cime Tempestose", il mio libro
preferito.
Che altro dire? Spero che vi abbia emozionato quanto questa poesia ha
emozionato la sottoscritta. Qualche recensione fa sempre piacere, ma
sono a conoscenza della poca notorietà e del poco interesse che sa
suscitare questo genere. :')
|