E adesso tu
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E adesso tu
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Merda che giornata! Chi usa dire che se l'inizio
è difficoltoso poi il resto è tutto in discesa,
sicuramente non ha mai lavorato in un obitorio.
Garrett mi butta giù dal letto alle 4:00 di una
gelida e piovosa mattina di Dicembre, dopo che un giovane di colore era
rimasto ucciso in una rapina a mano armata in uno dei numerosi
Seven-Eleven che giacciono lungo la I-95. Quel povero ragazzo si era
fermato pochi minuti per comprare delle sigarette, quando un uomo dal
volto coperto era entrato e aveva sparato. Non aveva alcuna colpa, si
era solo trovato del posto sbagliato al momento sbagliato. E aveva
perso la vita.
Termino l'autopsia poco prima delle 8:00 - non ho ancora visto la luce
del sole - per scoprire che nella cripta sono arrivati altri due corpi:
un'anziana donna e un barbone. Dopo qualche ora attribuisco l'infarto
della donna a cause naturali; aveva ottantasei anni e soffriva di cuore
da sette. L'uomo invece è morto assiderato.
A questo punto non mi reggo più in piedi, perciò
approfitto del divano nell'ufficio di Garrett per un sonnellino. Non so
quanto dormo, ma al mio risveglio mi attendono i cadaveri di due
gemelline di appena dieci anni. Le due piccole Jane Doe presentano
ferite plurime da arma da taglio, i loro corpicini martoriati giacciono
sui tavoli anatomici ispirando pietà e chiedendo giustizia
con quei pallidi volti angelici.
Purtroppo non posso dedicarmi a loro come vorrei: terminata l'autopsia
- e non ce 'avrei fatta senza l'aiuto di Bug - do a Lily i referti
autoptici e le chiedo, appena Nigel avrà finito di
analizzare alcune possibili prove, di consegnare tutto al Detective
Seely.
Per quanto non sopporti quello sbarbatello, preferirei portarglieli
personalmente per due ragioni: primo, quel tipo ci prova con Lily e non
posso permettere che la mia amica finisca con un ragazzino immaturo;
secondo, se seguissi con lui le indagini sulle bambine non
dovrei andare con Woody nella prigione di stato.
Passare ore a prelevare campioni di DNA ai detenuti non è la
massima aspirazione di un'anatomopatologa. Il caso di un omicidio
avvenuto tra quelle mura era stato assegnato a Woody, che era quindi
venuto a prendermi in qualità di medico legale.
Dall'episodio del suo ferimento non siamo più affiatati come
un tempo; non fa più battute che mi facciano ridere, non mi
abbraccia più, evita qualunque contatto. Come se non avessi
preso abbastanza freddo per oggi, il suo sguardo è una
secchiata d'acqua gelida nelle vene. Se voglio smettere di soffrire
dovrò ammettere a me stessa di aver perso il mio migliore
amico. Non so come sia successo, dopo tutto quello che c'è
stato fra di noi, tutto quello che abbiamo passato insieme, ma
quest'uomo mi odia.
Se possibile il pomeriggio mi lascia ancora più stanca,
sfinita. Prima il tragitto i macchina con Woody, il cui silenzio era
esasperante, quindi devo trascorrere quasi cinque ore tra violenti
criminali che non vedono una donna da anni. Sopporto tutti questi
sguardi affamati, ignoro i loro gesti e urli osceni. Devo fare appello
a tutte le forze residue per mantenermi calma e professionalmente
distaccata a contatto con uomini che desiderano soltanto annusare
l'odore della paura che ti mettono addosso.
Quando il Detective Hoyt - a questo punto mi converrà
chiamarlo così - mi riaccompagna a casa sono ormai le 10:00
di sera, sono esausta e ho i nervi a pezzi.
Indosso il pigiama combattendo contro la forza di gravità
che mi attira verso il letto... o il pavimento. A questo punto
è indifferente.
Dlin! Dlon!
IL CAMPANELLO?!? No, ti prego. Decido di ignorarlo, ma poi ricordo di
quella volta che la vicina mi ha cercato per praticare con urgenza la
manovra di Heimlich al figlio che stava soffocando. I vantaggi di avere
un medico alla porta accanto. Apro la porta. Non è la
vicina, ma un uomo, anche molto alto. Ci metto qualche secondo a
metterlo a fuoco. Pollack?! Ci mancava solo lui.
"Ehi. Che ci fai qui?" Non è mia la voce impastata che
biascica quelle parole, vero? Con nonchalance l'australiano mi mostra
una bottiglia di vino dall'aria importante.
"Avevo voglia di vederti"
Io invece non voglio vedere nessuno!
"Bel pigiama, sono pecore?"
Ecco appunto. "Caprette in realtà, ma..." ...a quest'ore chi
la riconosce più la differenza?
"Posso entrare?" E' gentile, educato, ma ho troppo sonno.
"Veramente le caprette significano che sto andando a letto"
"Vengo con te!" Stai scherzando vero?!
"A dormire" Non voglio essere cattiva con te; sei un bravo ragazzo, ma
ora vattene.
"Brutta giornata Cavanaugh? Magari posso allietarti la serata"
"Già, sarebbe davvero un lieto fine se mi lasciassi dormire.
Altrimenti potrebbe perfino sembrare che tu ci stia provando con me!"
Ok, speriamo che ora sloggi.
"Come vuoi tu. Allora ti lascio il vino..." mi ritrovo le mani
impegnate con la bottiglia, mentre le sue si fanno strada sulle mia
spalle; ma cosa..?! "... e il bacio della buona notte" Prima che possa
anche solo realizzare cosa sta succedendo, mi trovo stretta a lui con
le sue labbra gentilmente premute sulle mie. E' delicato, e in
qualunque momento potrei sottrarmi ala sua presa. Dovrei, ma non lo
faccio; è lui che dopo un attimo si allontana, saluta e fa
per andarsene.
"Pollack" Sento già che non riuscirò a dormire se
non lui non sarà accanto a me. Non so cosa si aspetti, se
sia solo una questione di sesso o se provi qualcosa di più
nei miei confronti. In ogni caso non voglio farci l'amore - non ancora
almeno - semplicemente non voglio addormentarmi sola, non questa notte.
Si volta sorridente: "Sì?"
I miei zigomi avvampano inevitabilmente.. Meglio dirglielo i fretta: se
dovessi ripensarci non potrei perdonarmelo.
"Ti andrebbe, ehm... di fermarti qui?" Mentre lo dico arrossisco
violentemente; è sorprendente con quanta
intensità desidero che risponda di sì, ci
conosciamo appena.
"Con piacere"
Fa piacere anche a me... tanto.
"Ma ti avverto Cavanaugh, rimango solo a dormire. Non tentare trucchi,
o potrebbe perfino sembrare che tu ci stia provando con me!".
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