Kris Cross

di Starfantasy
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Prologo




 

Mezz’ora. Mezz’ora intera ad aspettare su un umido muro di pietra e cemento, nell’aria fredda e autunnale. Sospirò ancora una volta, e ancora una volta l’umidità che le attraversò la gola fu tale da farle credere di aver bevuto un sorso d’acqua. Il posto era a dir poco singolare, soprattutto per un incontro del genere. All’aperto, neanche troppo isolato e con costante passaggio di gente, sebbene sembrasse gente che si faceva i fatti suoi. In ogni caso, questa Mrs. Prue sembrava sapere il fatto suo, ed Kris non si azzardò a valutarla diversamente fino a prova contraria.

Di tanto in tanto si sentiva il rumore stridente di una segheria non lontano, segheria a cui tutta la struttura che le stava intorno apparteneva. Un grande capannone, che era stato raggiunto, in quei trentadue minuti di attesa, da tre o quattro furgoni, tutti ugualmente malmessi, sporchi di fango e segatura e con la vernice graffiata e scolorita dal sole, guidati da uomini vestiti con abiti semplici e dallo sguardo sospettoso. Nessuno di loro si era fatto problemi a fissarla con sospetto, nel tragitto tra il veicolo e la porta del magazzino. Lei aveva preferito rispondere con un cenno del capo, senza muoversi dal muretto a cui si era appoggiata. Certo, non poteva biasimarli. Una donna sola, vestita da uomo, in un posto come quello, senza avere apparentemente nulla di urgente da fare. E, soprattutto, con un fucile in spalla.

Kris aveva imparato ad ignorarle, quelle occhiate. Per un certo periodo della sua vita ne aveva avuto paura, ma era passato da tempo, quel periodo. Ormai le capitava sempre più spesso di non notare nemmeno di essere osservata dalla gente di cui non si curava. In fondo, aveva una lunga lista di ottimi motivi per essere la persona che era, e non aveva intenzione di render conto ad altri. Era stata anche in prigione per qualche mese, ma questo la maggior parte delle persone nemmeno lo sapeva, e poi era piuttosto comune finire in prigione. Regnava incontrastata una sottospecie di anarchia per cui tutti facevano quello che volevano, ma chi stava in alto – e non aveva nemmeno ben presente chi ci fosse, in alto – faceva sembrare che fosse tutto organizzato. O forse non se ne curava nemmeno. Il punto era che anche la legge faceva quello che voleva, e quindi se non finivi al fresco per aver tentato di rapinare un convoglio ci finivi perché non avevi accettato le proposte galanti del capo della polizia locale in cambio di libertà. Libertà.

Dopo quasi quaranta minuti, arrivò un’auto. Una vera auto, nera, lunga e lucente. Roba da ricchi. Scese una donna dai sedili posteriori. Indossava un abito stretto e lungo di un rosa tenue, i cui lembi toccavano in terreno fangoso, rimanendo irrimediabilmente rovinati. La signora, tuttavia, non sembrò curarsene, e intraprese una lunga camminata verso di lei. Non riusciva a distinguere alcun lineamento a causa di un largo cappello viola, ma non doveva essere giovanissima.

“Kristine Lane?” chiese una voce austera e decisa una volta che la figura fu abbastanza vicina. Kris poté constatare di non essersi sbagliata: era una donna di mezza età, che conservava un fisico longilineo e un portamento fiero, insieme ad un’invidiabile gradazione di scuro per quanto riguardava i capelli. Gli occhi erano neri, piccoli, ma per qualche motivo non la misero particolarmente in soggezione, anche se forse avrebbero dovuto.

“Al suo servizio.”

La donna annuì semplicemente, tornando verso l’auto. Kris sapeva di doverla seguire, anche se non aveva esattamente idea di cosa sarebbe successo dopo. Mrs. Prue entrò nell’auto, questa volta al sedile del passeggero davanti, facendole appena cenno con una mano di salire lei stessa.





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