Bob Singer aveva visto cose molto
strane nel corso della sua
vita.
Aveva visto fantasmi attaccare
bambini innocenti, aveva
visto demoni prendere il corpo di belle donne suadenti e aveva visto
Dean
morire e presentarsi quattro mesi dopo alla porta di casa sua.
Certo non si immaginava di vederlo
varcare nuovamente la
soglia di casa in quelle condizioni.
Era a lavorare nel suo ufficio in una
calda giornata d’estate
quando aveva sentito la porta di casa aprirsi e rivelare un preoccupato
Sam
Winchester.
Niente Dean,
notò
subito Bob.
Stava per chiedere se avesse avuto
successo con quelle
iscrizioni celtiche e se ne avesse scoperto l’autore, quando
la porta si aprì
completamente rivelando un bambino.
Non poteva avere più di
quattro anni e se ne stava zitto a
fissare Sam come fosse un gigante, troppo impaurito per toccarlo, ma
troppo
curioso per distogliere lo sguardo.
Ancora silenzio.
Bob stava per chiedere chi diamine
fosse quel bimbo quando
il suo schiarirsi la gola attirò lo sguardo del bambino e lo
vide: quello era
il piccolo Dean.
°*°*°*°*°*°*°*°*°*
“Ho bisogno di una mano
Bobby,” ripeté per l’ennesima volta
Sam.
“Questo l’ho
capito, ma come diamine facciamo col piccolo?”
chiese Bobby controllando che Dean fosse ancora sdraiato per terra a
disegnare “la
grande macchina nera che fa vroooooooom”.
I due uomini si guardarono cercando
una soluzione. Alla fine
Sam buttò l’aria fuori dal naso e ammise:
“Non ne ho idea.”
“Non possiamo portarlo con
noi per affrontare una strega, ma
non possiamo nemmeno lasciarlo qui da solo: sarebbe pericoloso di
normale,
figurati con tutte le cose che ho in casa.” Sam
annuì comprensivo.
Rimase altri cinque minuti in
silenzio a fissare il muro
alla ricerca di una soluzione fin quando Sam scattò in piedi
e disse “Castiel”
*°*°*°*°*°*°*
“Non sono sicuro di aver
capito cosa volete che faccia.”
Sam era esasperato, voleva
disperatamente andare a cercare
quella strega e Castiel non era d’aiuto guardandolo
perplesso, come se non
capisse nemmeno cosa ci facesse lui lì.
“Ascolta, “ si
intromise esasperato Bob, “mettiamola così,
stai solo attento che Dean non si faccia male e, se dovessimo fare
troppo tardi, chiama
questo numero e chiedi di una pizza a
questo indirizzo.”
Castiel sembrò capire
questo, ma improvvisamente il volto
tranquillo si trasformò in una maschera di preoccupazione:
“devo indugiare in
atti carnali con l’uomo della pizza?”
Sam avrebbe davvero voluto non
scoppiare a ridere, ma Bob
era paonazzo e Castiel sembrava sinceramente preoccupato dalla cosa.
*°*°*°*°*°*°*°*°*
“Chi sei tu? Dove
è andato il ragazzo gigante e il nonno
brontolone?” Ogni parole suonava diversa detta dai bambini,
sembrava quasi uno
straniero con una strana pronuncia arrotondata, come se la lingua fosse
troppo
grande per la sua bocca.
Castiel non aveva mai avuto veramente
a che fare con i
bambini. Li aveva osservati, ma era sempre stato refrattario
all’idea di
interagire con loro.
“Sono Castiel,
Dean.” Il bambino storse il naso.
“Castle?”
ripeté il bambino.
“Castiel!” disse
nuovamente scandendo meglio le parole.
“Catiel”
provò ancora il bimbo.
Castiel corrugò le
sopracciglia, era davvero così complesso
per quel bambino ripetere il suo nome.
Dean, pensò,
questo bambino è Dean.
“Cas è
ok?” Chiese rassegnato il bambino. Castiel si
sentì sorridere
contro la sua volontà.
*°*°*°*°*°*°*°*
I bambini, aveva scoperto Castiel,
erano esseri rumorosi.
Quando il signore delle pizze
portò la cena, fortunatamente reclamando
solo del denaro, Dean si tuffò sul cibo sporcandosi
completamente e sporcando
anche tutto ciò che lo circondava, Castiel compreso.
Il piccolo si era finalmente calmato
e Castiel si era seduto
sul divano a ripensare a ciò che aveva appreso sui bambini
umani. Si riscosse
dai propri pensieri quando sentì strattonare la manica
dell’impermeabile.
“Cas, l’orologio
è così,” e imitò le lancette
con le dita. “devo
fare nanna.”
Cas sentì qualcosa di
strano nel petto. Che il corpo umano
che indossava avesse dei problemi?
“Cas,” lo
richiamo sempre strattonando un po’ la manica che
ancora non aveva mai lasciato, “mi scappa pipi e ho
sonno.”
Castiel era sinceramente perplesso,
se desiderava orinare
perché non andava al bagno?
Si rese presto conto che forse era un
problema di statura,
ma come fare? Non gli risultava che Bob avesse dei servizi delle
dimensioni
adatte ad un bambino.
*°*°*°*°*°*°*
“Non sarebbe meglio se tu
mantenessi una posizione seduta
col mio supporto?” Chiese Castiel.
Il bambino non sembrava aver capito
esattamente, ma comunque
abbastanza da imbronciarsi e puntare i piedi.
“Ho paura che
cado!” disse puntando con un ditino il water.
Cas sospirò ma fece come aveva proposto il bambino. Lo
aiutò a tenere sollevata
l’enorme maglia degli ACDC che doveva essere ciò
che Dean indossava al momento
della trasformazione, poi lo prese sotto le ascelle sollevandolo
all’altezza
giusta.
La cosa non andò a finire
come sperato.
*°*°*°*°*°*°*°*
“Non voglio farlo il
bagno!” Castiel esalò un lungo sospiro.
“Sto esaurendo la pazienza
Dean Winchester,” cominciò in
tono decisamente troppo cupo per un bambino, ma come poteva saperlo lui.
“Cas,” disse il
bambino finalmente nell’acqua immobile come
in attesa di qualcosa, Castiel non capiva cosa.
“mi devi lavare!”
Castiel non era sicuro di cosa
pensare dei bambini.
*°*°*°*°*°*°*°*
Dean era nuovamente avvolto da una
maglietta. Non era stato
facile trovare la maglia adatta, a quanto pare i bambini non amano i
teschi. Ne
aveva trovata una bianca alla fine, ma sospettava come fosse di Sam.
Come con la maglia degli ACDC anche
questa lo copriva come
un vestito e anche con questa una delle spalle del bambino rimaneva
scoperta. Insistette
per indossare le mutande. Era ridicolo con quei boxer che gli coprivano
quasi
tutte le gambe. Per farli rimanere su Castiel aveva dovuto fare un
grosso nodo
sul fianco destro del bambino, ma lui sembrava solo eccitato
all’idea di
portare le mutande “dei grandi”.
*°*°*°*°*°*°*
“Cas,
dov’è il mio babbo?”
Castiel non sapeva davvero cosa
rispondere, si limitò a
sedersi sul bordo del divano dove il piccolo era sdraiato. Non aveva
visto
coperte e il suo impermeabile era l’unica cosa che avesse
trovato.
“E Sammy, sta bene Sammy,
vero?” Castiel questa volta annuì,
non era una bugia, Sam stava bene.
“Cas, tu credi agli
angeli?” Castiel lo fissò sgranando gli
occhi. I bambini erano davvero complicati.
“La mia mamma è
volata in cielo, insieme agli angeli.”
Castiel sapeva come gli uomini immaginassero gli angeli e sorride ad
immaginare
la mamma di Dean camminare per un mondo di soffici nuvole con
celestiali essere
alati in pace col mondo, non dei guerrieri la cui voce è
come un grido
disperato per gli umani.
“Babbo ha detto che anche
quando lui non c’è lei mi guarda
da lassù.” Sorrise il bimbo ormai praticamente
addormentato.
Castiel non sapeva quando si fossero
avvicinati, ma ormai la
testa di Dean era sulle due gambe e la sua mano destra era chiusa in un
pugno
mentre l’altra stringeva un dito di Castiel.
Castiel accarezzò a lungo
i capelli di Dean. I bambini umani
erano davvero belli.
*°*°*°*°*°*°*°*
Era tarda notte quando Castiel
sentì qualcosa muoversi sulle
sue gambe. In pochi istanti il corpicino addormentato si
illuminò, quando la
luce andò via Dean Winchester dormiva ancora sulle due
gambe, solo che ora non
era più un bambino. Castiel avrebbe dovuto tentare di
andarsene o svegliarlo
immediatamente, ma preferì continuare ad accarezzargli i
capelli.
*°*°*°*°*°*°*°
Il sole era appena sorto quando Sam e
Bobby ritornarono
dalla caccia stanchi e soddisfatti.
Passarono accanto al divano, felici
di vedere Dean
finalmente adulto ed ignorarono sia il cappotto appoggiato sulle sue
spalle,
sia la mano dell’angelo sulla fronte. Andarono a dormire col
sorriso sulle
labbra per una volta.
*°*°*°*°*°*°*°*°*
Il sole era alto nel cielo quando
Dean si svegliò. Una mano
era appoggiata sulla sua fronte in maniera confortante e la sua testa
era
appoggiata su qualcosa di morbido, ma decisamente non un cuscino. La
sua mano
sinistra era chiusa intorno ad un dito.
Aprì gli occhi sentendosi
come se avesse dormito tre giorni
e, guardando in alto, vide il solito volto stralunato di Cas. Stava per
fare
una battuta quando realizzò in che posizione si trovava.
“CAS, MA CHE
CAZ…”
Fine
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