Note
iniziali: Hákon è il nome che uso per Ladonia,
considerandolo parte della famiglia Sufinnica (che stiano insieme o
meno nel momento in cui si svolge la storia) a tutti gli effetti.
Siete liberissimi di usarlo a vostra volta, ma c'è tutta una
storia dietro questa scelta, quindi preferirei lo usaste soltanto
quando il personaggio è parte integrante della famiglia
nordica.
Buona
lettura!
«Dovremmo
fare un gioco!» Esclamò il finlandese, in imbarazzo,
dopo quasi venti minuti di silenzio spesi alla luce di una candela.
Lukas
alzò la testa, mettendolo immediatamente a disagio e ci mancò
poco a che si facesse sfuggire un gridolino soffocato.
In
realtà non era il suo sguardo a renderlo nervoso, non quanto
l'ansia di fare qualche stupidaggine. In una situazione normale, la
nazione finlandese, infatti, avrebbe riempito l'aria di parole, anche
a caso, ma era fin troppo imbarazzato dal silenzio di Norvegia per
farlo.
A
ragione: Lukas sembrava aver deciso di essere sentimentalmente
interessato a lui e, poche settimane prima, la sua confessione
l'aveva sconvolto per il suo pragmatismo.
Ovviamente,
la sua confessione non era stata fatta con la solita faccia da poker,
anzi, Tino aveva potuto ammirare una buona quindicina di gradazioni
di rosso sulle sue guance, mentre a fatica era riuscito a comprendere
quel suo essere sentimentalmente interessato.
Testuali parole.
Ed
era altrettanto naturale che la sua reazione fosse stata un lungo
grido d'incomprensione, strozzato in fondo alla gola.
Tornando
indietro con la mente, il finlandese si era reso conto che i segnali
c'erano tutti, ma che, come sempre, era stato troppo ottuso per
riconoscerli. Le sue visite frequenti, anche senza parlare troppo, in
cui si era accontentato di guardarlo parlare, il consumo di zuccheri
decisamente più alto della norma, la malinconia del suo
viso... Ma Tino l'aveva preso per uno scherzo e Lukas era uscito dal
suo appartamento con lo stesso sguardo di un cucciolo abbandonato in
autostrada.
E
la situazione era andata peggiorando, il finlandese aveva trascorso
notti insonni a preoccuparsi di non averlo perso e, nonostante la
propria natura non proprio osservatrice, continuando a pensare a
quello che poteva aver perso, si era reso conto che Lukas non era
soltanto la compagnia silenziosa che l'aveva tenuto occupato durante
i lunghi mesi invernali.
Per
tutte queste ragioni si trovava seduto al tavolo della propria
cucina, incapace di riempire il silenzio con parole, il televisore
muto per un black out, il norvegese intento a fissarlo senza aiutare
neppure un po'.
«Un
gioco?» Chiese, appena interessato, riuscendo a mandare il
finnico nel panico. Ma cosa... Cosa si stava proponendo?! Che figura
ci poteva fare?! Non erano bambini!
Prese
un respiro profondo, alzando lo sguardo verso di lui, composto sulla
sedia, ma che sembrava essere rimasto in attesa, genuinamente
interessato. «Uhm...» Iniziò il minore, alzandosi
per prendere dei fogli dal fax e una penna, prima di tornare al
tavolo.
Armeggiò
un momento con il cellulare, cercando il cronometro e poi lo posò
tra di loro. Erano seduti ai due opposti del tavolo e non sarebbero
riusciti a giocare, così. Fece uno sforzo immenso ad andargli
vicino, porgendogli la penna.
«Disegna
la parola, io cerco di indovinare!» Esclamò, entusiasta
nonostante tutto. Era nella propria natura allegra, quello ed era
anche la prima volta che si ritrovava in quel tipo di situazione con
il norvegese.
Norvegese
che prese la penna e cominciò a segnare il foglio di tratti
bombati, fino a delineare quello che era a tutti gli effetti un
coniglietto obeso.
Ridacchiò,
trovando l'adorabile e Lukas esitò un momento, con la penna
accanto, come se stesse decidendo se potesse o meno tirarci una riga
sopra.
Gli
fermò la mano d'istinto, scuotendo la testa anche quando si
sentì esplodere l'imbarazzo. «È un coniglietto
dolcissimo.» Spiegò, con un sorriso timido.
Lukas
annuì soltanto, porgendogli la penna e spostando appena il
foglio. Il finlandese esitò un momento, prima di tentare di
disegnare una renna.
I
suoi tratti non erano precisi come quelli del collega dell'ovest, ma
era abbastanza bravo da distrarre Peter e Hákon nei lunghi
viaggi in auto, doveva pur valere qualcosa, no?
Apparentemente
no, perché Norvegia continuava a fissare il foglio senza dar
segno di aver capito. Cominciò a sospettare di essersi illuso
riguardo alle proprie capacità.
Il
cronometro arrivò a zero e Tino guardò l'altro uomo,
confuso ed imbarazzato.
«È
una renna, non si capisce?» chiese, a disagio. Quello sembrò
esitare, poi abbassò lo sguardo.
«Sì,
ma quale renna?»
Come
quale? Si ritrovò
a pensare il finlandese, spalancando gli occhi. Scosse la
testa,confuso. «Una renna.»
«Non
ha un nome?»
Ebbe
la spiacevole sensazione di essere un perfetto idiota, soprattutto
perché era il maledetto Babbo natale ed era solo logico che
potesse disegnare una di quelle renne, quelle che trainavano la sua
slitta magica. Lukas ci aveva pensato, lui no. Si sentì
avvampare, per l'imbarazzo ed una sensazione più piacevole.
«Diamogli
un nome!» esclamò, gesticolando in modo eccessivo. «Che
te ne pare di Neve Pazza?»
propose, perché dare nomi era un po' la sua specialità.
Vide
un sorriso formarsi sulle labbra del norvegese, che nascose la bocca
dietro la mano, cambiando così tanto dal suo solito da fargli
dimenticare la genialità di nomi come Sanguinario
Mago Biologico e Freccia
Spaziale Subatomica.
«Renna
andrà bene.» sussurrò, lanciando un'occhiata al
cagnolino di casa che dormiva nella propria cuccia ed emettendo una
sorta di sbuffo che il finlandese riconobbe come l'inizio di una
risata.
Non
riuscì a protestare, perché l'altro prese la penna
dalle sue dita e ricominciò a disegnare qualcosa di
incredibilmente paffuto e carino.
Trascorsero
una mezz'ora tra animali a rischio diabete -che, però, erano
decisamente troppo carini per fare una dieta- e tutta una serie di
parole a caso che evitarono al finlandese di circondare di cuori ogni
creatura.
La
luce tornò ed il norvegese alzò gli occhi verso
l'orologio. Si era fatto tardi, erano rimasti al buio quasi due ore.
Tino esitò un po', prima di sospirare ed allungarsi verso le
candele per spegnerle, ma l'altro lo fermò, allungando un
braccio verso il suo petto ed alzandosi per andare a spegnere le
luci.
«Continuiamo
a giocare.» sussurrò semplicemente, prendendogli la
penna dalle mani. Il finlandese fu rapido a lasciarla andare, per
ricoprire la mano con la propria. Era calda, più piccola di
quella di Berwald, che era abituato a stringere e gli stava
provocando un batticuore diverso.
Un
batticuore capace di farlo sorridere ed avvicinare ancora la sedia.
Non
gli chiese se sarebbe rimasto per la notte, non ce ne fu bisogno. Si
alzò a propria volta per fare il caffè e, tornando al
tavolo con due tazze fumanti, gli riprese la mano.
Sì,
era decisamente diverso da un passatempo, quello. Il calore nel
petto, il batticuore, la sensazione di stare bene così, senza
bisogno di altro.
Si
stava lentamente ed inesorabilmente innamorando di Lukas.
Tino
sorrise e gli strinse la mano.
Angolino
dell'autrice:
Questa
storia è stata scritta durante il mio primo hiatus e mi sono
dimenticata di pubblicarla. Trovandola carina, ho deciso di metterla
qui su EFP, anche se la coppia non è proprio conosciutissima.
Nondimeno spero che vi sia piaciuta almeno un po'.
Fatemi
sapere se volete altre inedite, ne ho un paio ancora da pubblicare.
:3
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