Sotto questo cielo,sotto queste stelle ci siamo noi.

di annamariia
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“Ma perché? Perché questi capelli non vogliono collaborare?
Un ciuffo di là, uno di qua.. vada per una semplice coda di cavallo!”

Ore 7:20 del mattino..
Paola sarebbe arrivata fra poco, e Francesca non era ancora pronta, proprio come tutte le mattine.
Solito jeans attillato,camicetta blu cardigan grigio. Una coda di capelli neri partiva dal centro della sua testa e le arrivava fino a metà schiena.
Era bellissima, vestita dell’innocenza dei suoi 16 anni e delle sue maledette paraonoie adolescenziali.
Quella mattina alzarsi fu letteralmente faticoso. Ogni notte sempre la stessa storia…

INIZIO FLASHBACK!

12 Agosto 2012.
Era lì, proprio lì davanti a lei.
E quella scena la rendeva totalmente inorridita.
Una bellissima storia d’amore durata un’anno e mezzo quasi…
Il ragazzo che amava e alla quale aveva donato tutta sé stessa era lì a pochi passi da lei baciando un’altra ragazza.
Francesca stava combattendo lo stimolo di andare lì e spaccargli la faccia.
Non poteva finire così. Un’anno e mezzo cavolo…
Il ragazzo con cui aveva condiviso tutto,che gli aveva regalato emozioni che fino a quel tempo, non credeva potessero esistere…
Le lacrime gli salirono agli occhi,come la voglia di non essersi voluta trovare lì in quel momento.
Il desiderio di diventare invisibile.
Cosa non era andato? Cosa aveva sbagliato? Perché non lei? Cos’aveva quella ragazza che non avesse lei?
Ma poi capì. In lei non c’era nulla di sbagliato. Non aveva sbagliato un bel niente, anzi, l’unico errore era averci messo tutta sé stessa in quella relazione. Ogni piccola parte del suo corpo era stata succube di quello spietato amore.
E poi le lacrime furono interrotte dalla rabbia. Ma non una rabbia normale,una di quelle forti…che ti porta a fare pazzie. E dopo un nanosecondo si ritrova di fronte a quel mostro che gli aveva colmato il cuore prima d’amore e poi di rabbia.
- Non è come sembra,posso spiegarti tutto!-
Solita frase, solita beffa. A quel punto Francesca si sentì anche presa in giro. Cosa c’era da spiegare? Con quale altra stupidaggine avrebbe potuto cacciare da quella bocca?
Ma,giustamente, la ragazza non volle sentire altro e…BAM!
Rabbia,rabbia e rabbia ancora la inondavano. E si ritrovava a picchiarlo, riempirlo di botte usufruendo di tutta la forza che aveva in corpo.
-Sei uno stronzo! E lei una puttana! Vattene a fanculo,devi morire!-
Piangeva,urlava.
Continuava a riempirlo di botte,mentre il ragazzo tentava di fermarla… poi arrivarono gli amici che li separarono. Per sempre.


FINE FLASHBACK!
 
…Sempre la stessa scena.
Il dolore che aveva provato poi nei mesi che vennero.
Si rese conto che da quando aveva lasciato Giovanni, così si chiamava il bastardo, lei non aveva più riso.
E avvertì un senso di delusione…insomma aveva solo sedici anni e si sentiva morta dentro.
Morta di sentimenti.
Morta di emozioni.
Doveva ricominciare si, ma come? E soprattutto da dove?
Ricominciare a ridere, ad uscire con gli amici e con le amiche e non pensare più soltanto allo studio.
Camera sua oramai era diventata una prigione. E il suo letto la sua cella.
Passava giornate intere a piangere, sotto le coperte… eppure erano passati già 2 mesi e qualche giorno…da quel bruttissimo ricordo.
Ai ragazzi oramai non ci si avvicinava nemmeno. Ad ogni approccio di questi faceva conoscere l’acidità del suo carattere.
Nessun ragazzo si sarebbe innamorato di lei. Era chiusa,fredda. Come se  le bastasse solo sé stessa per riuscir ad andar avanti. Eppure tutte quelle notti insonni a piangere le nascondeva benissimo.
L’unica persona di cui non poteva fare a meno era proprio Paola.
La sua migliore amica fin dall’infanzia,quella sorella che non aveva mai avuto.
Si, lei non l’avrebbe mai abbandonata.
Ed era forse una delle poche ragioni che riuscivano a farla andare avanti.
Si guardava nello specchio, e gli scappò un sorriso di compiacimento.
E se poi…
-Fra’ c’è Paola che ti aspetta, muoviti o arriverai in ritardo, caspita sei sempre la solita!-
-Arrivo mamma,sono pronta!-
I suoi pensieri furono interrotti,prese la giacca, la borsa, scese le scale; Il tempo di salutare i suoi genitori, che si ritrovò già in macchina pronta per un nuovo giorno di scuola.




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