Heavy in your arms
I was a heavy heart to carry
My beloved was weighed down
My arms around his neck
My fingers laced to crown.
Caterina chiuse gli occhi: li sentiva
improvvisamente pesanti, pesanti come la testa che non smetteva di pensare e il
cuore che nonostante tutto continuava a battere. Perché un cuore batte anche se
è solo. Aveva preferito al solido appiglio di quelle braccia amiche, la vacua
illusione della sua Corona: solitudine era tutto ciò che aveva guadagnato,
accompagnata dall’amara consapevolezza di essere l’artefice della propria
infelicità.
Riportò l’attenzione sul cucito e per
la terza volta nella giornata sfasciò completamente il lavoro, sotto lo sguardo
preoccupato delle sue dame più fidate, sentendosi quasi come Penelope, che
tesseva all’infinito per ingannare l’attesa, ma la differenza era che il suo
Ulisse nemmeno ancora partiva.
Eppure l’avrebbe fatto, e a Itaca non
sarebbe più tornato.
I was a heavy heart to carry
My feet dragged across ground
And he took me to the river
Where he slowly let me drown…
Ricominciò il cucito ancora, con una
lentezza quasi esasperante, mentre ad ogni piccolo movimento della mano cercava
di rievocare la conversazione tenuta il giorno precedente con l’ambasciatore nella
sua stanza privata, sognando ad occhi aperti il modo per cambiare ogni volta un
dettaglio diverso dell’incontro.
Tesseva ricordi, tesseva speranze,
tesseva illusioni.
Il legame tra i loro cuori era già
stato tessuto e con una stoffa pesante. Era un amore troppo pesante, il cui
peso avrebbe finito per schiacciarli.
Ecco perché lui se ne stava andando.
Ecco perché lei lo aveva mandato via.
And is it worth the wait
All this killing time?
Are you strong enough to stand
Protecting both your heart and mine?
“Dovete portare pazienza” disse l’ambasciatore
in un sospiro come unico commento alla tacita sofferenza della donna che aveva
di fronte.
La Regina lo fissò per un attimo incredula,
poi scosse la testa non riuscendo a mascherare un ironico sorriso. Pazienza per
che cosa? Cosa doveva aspettare? Un appoggio del Papa, un concreto intervento
dell’imperatore, la fine della follia di Enrico…
Inigo le lanciò un nuovo sguardo e Caterina capì che
intendeva un’altra attesa.
“Io vi starò vicino qualunque sia la vostra
decisione…” proseguì l’uomo allungando lentamente una mano sul tavolo che li
divideva per raggiungere la sua.
“Quale decisione?” ebbe il coraggio di
chiedere lei in un sussurro, colpita come ogni volta da quel contatto così
carico di significato.
Il prendersi per mano, i sorrisi, le lacrime,
gli abbracci spontanei quando erano da soli e il mancato bacio che si
verificava ogni volta che erano da soli…. Sapevano benissimo entrambi che
quella situazione non poteva continuare in quello stato.
Doveva finire o qualcosa di più doveva
iniziare.
Who is the betrayer?
Who's the killer in the crowd?
The one who creeps in corridors
And doesn't make a sound…
Caterina allontanò bruscamente la sua mano in
uno scatto e un lampo di freddezza le attraversò lo sguardo.
“Dovete parlare chiaro, ambasciatore” lo
esortò, sforzandosi di mantenere il contatto visivo.
Mendoza annuì semplicemente e curvò le labbra
in una malcelata espressione di dolore.
La decisione l’aveva presa, anche se non era
quella che lui voleva.
A dire il vero non era quella che neppure lei
voleva.
La Regina distolse lo sguardo finalmente,
incontrando la sua stessa immagine nello specchio appeso alla parete di fronte.
E vide qualcosa che le fece paura, vide la sua nemica riflessa lì dentro: era
lei stessa la sua rivale, traditrice delle sue speranze, spia segreta delle sue
più intime emozioni, assassina della sua felicità.
This will be my last confession
I love you never felt like any blessing
Whispering like it's a secret
Only to condemn the one who hears it
With a heavy heart
Inigo si alzò in piedi e fu in un attimo in
ginocchio accanto a lei, con le mani nuovamente strette tra quelle sue.
“Io vi amo” sussurrò senza staccarle gli occhi
di dosso, in un ultimo disperato tentativo per non permetterle di rinnegare il
legame che avevano creato in tutto quel tempo. Un legame che avrebbe potuto
salvarli, entrambi.
Ma Caterina non voleva essere salvata in
questa vita e ciò che aveva sentito era una terribile condanna nella sua anima.
Non poteva permettersi di essere amata, perché avrebbe significato amare a sua
volta.
“Sono indignata” proclamò a fatica, con uno
sguardo perfino più vitreo di quello nello specchio.
L’ambasciatore sospirò nuovamente, poi abbassò
il capo deluso e profondamente ferito, ritrovandosi nuovamente in piedi.
“Vi chiedo perdono per il mio essere stato
inopportuno… Lascerò presto servizio e farò ritorno in Spagna” disse
semplicemente cercando di dominare il turbamento mentre con un ultimo inchino,
salutava inevitabilmente lei e l’Inghilterra intera.
Caterina rimase sola, immobile, ma restava
aggrappata alla sua decisione, non piangeva, non crollava.
Una lacrima solitaria tradiva il suo dolore.
My love has concrete feet
My love's an iron ball
Wrapped around your ankles
Over the waterfall
…I'm so heavy, heavy
Heavy in your arms…
La lacrima silenziosa scivolava ancora
adesso al solo ricordo. Un rumore alla porta la riportò al presente,
l’apparizione del nuovo arrivato nuovamente al passato. Sobbalzò dalla sorpresa
e il cucito si distrusse per la quarta volta.
C’era ancora tempo per tessere un
nuovo ricordo, chissà forse più d’uno.
“Chiedetemi di restare” disse l’uomo
senza preamboli, fermo sullo stipite della porta.
Caterina si alzò in piedi e si
avvicinò lentamente; restò a guardarlo per un po’, restia nel non voler
renderlo partecipe e complice di quella distruzione e al contempo incapace di
lasciarlo davvero andare.
“Ve lo ordino” sentenziò infine,
lasciandosi andare ad un sorriso.
E fu ancora tra le sue braccia.
I was a heavy heart to carry
But he never let me down
When he had me in his arms
My feet never touched the ground