Che
strano, non trovi?
Il
calore che mi hai lasciato per brevi istanti, trama contro di te,
diventa gelo.
Che
strano questo calore.
Così
irrazionale,
così
imperante,
così
avvolgente.
L’ammetto,
mi fa paura il potere che la tua presenza ha su di me.
Eppure...
Eppure...
Grazie
al gran marionettista, che tutto controlla,
il
mio sangue freddo non si è fatto riscaldare.
La
tua presenza non è riuscita ad eliminare del tutto
quell’ostico cinismo che
tanto mi caratterizza.
Le
tue parole mi colpiscono, ma sempre suonano vane.
La
tua voce tremante... d’emozione?
Quell’emozione
che tanto dicevi di provare, credo che sia stata creata da letture
troppo
appassionate, di libri troppo descrittivi.
Credo
che ti sia illuso.
Ma
nel mio tremendo egoismo, quella che si sente illusa sono io.
Ho
confidato molto in te, sai?
Sei
stato il protagonista di due gloriosissimi giorni.
Ma,
come si suol dire, l’ospite è come il pesce: dopo tre giorni puzza.
E non
sto accusando il tuo deodorante, solo la tua imprudenza nel sussurrare
parole
ardenti ad un cuore affamato di queste, senza curati
dell’effetto che queste
potevano avere.
Il
più grande peccato non è dare.
È
dare e poi togliere.
Lascia
che t’illustri la situazione, così che tu possa
renderti conto del dispiacere
che hai arrecato.
Io,
semplice marionetta, sempre sono stata scostante, fredda, saccente.
Il
mio cuore era bisbetico, nessuno meritava le mie grazie. Avevo troppo
da fare,
per potermi dedicare ad un campo che richiedeva attenzione e cura
costante.
A che
pro cercare piaceri leggeri, che sottili dolori lasciano?
No,
meglio evitare a quel sentimento chiamato attrazione, evitando una
visione
generale, soffermandosi nei punti.
Ma
tu... subdolamente e goffamente, mi hai
preso in contro piede.
Oh,
adesso capisco quella dolce sensazione di semplicità provata
un poco prima
d’incontrarti! Non era allegria, erano le me difese che si
abbassavano,
stanche.
E
mi ha fregato.
Sei
sgusciato detro il mio cuore, e sembri proprio non voler essere
dimenticato.
Ma!
Ma...
Io non
dimentico.
Ed ad
un appunto quale “ma non ci starai pensando
troppo?” io rispondo:
Forse
che quella voce tremante non era
per convincermi?
Forse
che quei silenzi non erano per
compiacermi?
Forse
che quelle parole non erano per
aiutarmi?
Vorrei
che tu rispondessi.
Oh!
Oh!
Forse
ho capito, a che tipo d’amore tu ti riferivi: quello tra
amici.
Ma mi
hai confuso, parlandomi d’amor profano...
Intendo
dunque, che l’amor cortese era da te il decantato.
Ay
de mí! M’illusi con il mio stesso desierio.
La
mia pena è dunque quella di non capire?
Ma
di chi è la colpa?
Il
giullare cantò d’amore, non riferendosi al suo
scopo.
Cantò
d’amore e d’amicizia, ma si dimenticò di
specificare a quale dei due si
riferisse con le sue ardenti parole.
Chiariscimi,
ordunque, la portata di cotal sentimento, giacchè il mio
cuore, freddo oramai,
è comunque incuriosito dalla portata della pazzia
dell’illusionista.
In
poche parole: che è quello che provi per
me?
.....
Giusto perchè
J. non è stato protagonista di “due soli
gloriosissimi giorni” ma anche dei
poco gloriosi mesi successivi. Un incontro casuale, un invito al cinema
a
bruciapelo, il resto è storia.
“Vuoi
il mio cuore? Tutto nuovo, poco usato. E per
quello che l’ho usato, mi ha fatto paura.” Secondo voi perchè
avrei scritto una frase simile
su msn a LadyV., se non per colpa sua?
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