Le sabbie del tempo
Angolo di benvenuto: questa storia è scritta
senza alcuna
pretesa se non quella di lasciar sfogare la mia fantasia. I personaggi
sono degli OC, e sarà ambientata in un'ipotetica Guerra
Sacra
del 1500 circa. Ciò perché volevo utilizzare
personaggi
nuovi senza rovinare la continuity di Kurumada. Ci saranno anche dei pg
come Sage, Hakurei... questi qui, insomma u.u
Altri dettagli alla fine del capitolo :=)
p.s. La storia è stata riscritta, verissimo, ma
già il
primo capitolo è molto diverso dall'altro, inoltre anche la
trama è stata rivista. Ho solo mantenuto il titolo (che no,
non
sapevo giungesse da Prince of Persia lol), i pg anche se ho cambiato il
nome al mio Gold del Leone che da Alexandros è diventato
Stafanas per evitare rassomiglianze con la protagonista.
Per il logo grazie alla grande Aresian u.u
Chapter 1 - Arriva il futuro
La maschera dorata era bagnata ma la sacerdotessa non ci badava
affatto: erano due giorni che ormai pioveva e lei era seduta sui
gradini della sua Casa da almeno un'ora. Si stava annoiando
all'interno, e un po' d'acqua sembrava una distrazione interessante.
Alexandra era la prima donna in assoluto a indossare un'armatura d'oro:
dai tempi del Mito non si aveva notizie di fanciulle in grado di
ricoprire un ruolo tanto delicato, soprattutto a causa della forte
convinzione che solo gli uomini potessero riuscire ad ambire all'onore
più alto.
Ma anche se premiata dalla Dea con vestigia tanto preziose, Alexandra
non era considerata la più potente tra i dodici cavalieri
d'oro:
la sua dimora era la dodicesima, l'ultima da attraversare prima di
giungere alla residenza del Gran Sacerdote e della Pallade Athena.
Nonostante questo, Alexandra era semplicemente considerata un piccolo
ostacolo molto semplice da abbattere.
Alexandra era nata sull'isola di Creta quindici anni prima, ma l'aveva
abbandonata molto presto a causa di un'epidemia che aveva sterminato la
sua gente. A soli quattro anni si era ritrovata da sola sull'isola,
abbandonata dai genitori periti nel tentativo di fuggire: Alexandra non
aveva neppure pianto perché non era capace di comprendere
ciò che significava la morte e la paura. Un uomo vestito di
bianco l'aveva presa in braccio portandola con sé, e la
piccola
non aveva neppure fiatato: lo sconosciuto si era presentato come Gordon
e l'aveva portata in uno strano posto chiamato Santuario. Alexandra
aveva scoperto la verità solo alcuni anni dopo, sentendo una
conversazione tra Gordon - che era il Gran Sacerdote del posto - e una
ragazza che non conosceva: non vi era stata alcuna epidemia su Creta,
così avevano detto, bensì era stata lei a
uccidere tutti
senza saperlo. E per colpa del suo sangue che era stato contaminato.
Alexandra era rimasta titubante per un po' di tempo ma dal momento che
quelle due persone non erano preoccupate, decise di lasciarsi tutto
alle spalle: l'addestramento cominciò a dieci anni, dopo
aver
personalmente domandato al Sacerdote qualcosa da fare. Alexandra odiava
sentirsi in trappola e secondo lei era giunto il momento di cominciare
a capire cosa fare della sua vita; venne così mandata in un
altro luogo della Grecia, sotto la guida di un vecchio cavaliere dal
pessimo carattere e dai modi di un barbaro.
Cinque anni dopo la ragazza era di ritorno al Santuario, dove le venne
consegnata l'armatura d'oro dei Pesci: Alexandra si era inchinata alla
giovanissima Athena, ricevendone la benedizione dopo averle giurato
fedeltà. Ad Alexandra piaceva l'idea di essere riuscita a
conquistare un ruolo importante all'interno del Santuario, di cui
condivideva le leggi e appoggiava gli ideali.
Tuttavia la sua convinzione di essere diventata qualcuno
svanì
rapidamente: ben presto le giunsero voci spiacevoli, che sostenevano
che un vero guerriero non avrebbe dovuto limitarsi a giocare
con le rose, e neppure essere costretto a portare una maschera sul
volto. Alexandra non si era mai posta il problema, ma all'improvviso
cominciò a sentirsi inadeguata, soprattutto sentendo le lodi
che
ricevevano i suoi compagni.
Shing, il cavaliere di Aries, era stato allievo del Sacerdote ed era
riuscito a sgominare parecchi nemici: si vociferava che fosse
addirittura il più forte tra tutti e dodici. Poi c'era
Bertram
del Toro, un vero e proprio colosso, che assieme a Dorian di Gemini e
Robert di Scorpio aveva combattuto due anni prima contro i seguaci di
Ares quando il sanguinario Dio aveva tentato di impadronirsi del
Santuario.
Poi seguiva Florian di Libra, a cui era affidato un compito strano a
Goro-Ho, Mike di Cancer che riscuoteva molto successo tra le donne del
Santuario, fossero queste ancelle oppure apprendiste o anche schiave, e
che pareva essere molto forte. Il cavaliere della Vergine, tale Shiva,
era considerato molto strano dato che trascorreva quasi tutto il suo
tempo nel giardino della sua Casa, ma allo stesso tempo era considerato
il più vicino alla Dea e al Sacerdote per i suoi modi saggi
ed
esperti; poi c'era Pedro del Capricorno e suo fratello Pablo di
Sagitter, considerati i maggiori esperti del combattimento, anche se
sembrava che Fjodor di Aquarius fosse riuscito a sconfiggerli entrambi
un un duello che lo vedeva in svantaggio numerico.
"Ehi, Xan! Hai un minuto?"
Alexandra chiuse gli occhi nel tentativo di mantenere la calma:
detestava quella voce sempre allegra, e soprattutto quel nomignolo
assurdo con cui lui la chiamava. Non aveva bisogno di indovinare chi
fosse perché la guerriera già lo sapeva:
riaprì le
palpebre, sentendo il corpo rigido per l'irritazione. Stafanas di Leo
stava salendo l'ultima rampa di scale che conduceva proprio alla sua
dimora, e come sempre aveva un sorriso stampato sul volto.
La ragazza non riusciva proprio a farsi piacere il cavaliere della
quinta Casa, e quando si trovavano vicini, per qualche assurda ragione
riuscivano sempre a litigare: Alexandra riusciva sempre a essere
gentile con tutti, persino con chi non l'approvava, ma quando si
trattava di lui non c'era niente da fare. Era più forte di
lei, doveva contraddirlo.
Stafanas aveva tre anni più di lei e si erano conosciuti
circa
dieci anni prima, quando ancora lei non aveva iniziato l'addestramento:
lo aveva visto fare a pezzi una roccia e le era sembrato molto
simpatico, almeno finché non si era accorto di lei e
ritenendo
di essere divertente, le aveva lanciato addosso qualche frammento di
roccia. Alexandra non aveva ovviamente gradito, e dopo avergli mollato
un ceffone, se ne era andata con aria altera.
Da allora i dispetti erano stati all'ordine del giorno e la ragazza
aveva tirato un sospiro di sollievo quando il suo addestramento l'aveva
condotta lontano da lui, al punto che scoprire di nuovo la sua
esistenza
al suo ritorno le aveva sminuito la gioia per il ruolo ottenuto.
E non solo: Stafanas sembrava essere amato da tutti, tanto che si
vociferava che le ancelle facessero a gara per essere invitate nella
sua dimora. Alexandra più volte si era chiesta come mai il
Sacerdote non proibisse ai suoi cavalieri di comportarsi a quel modo,
ma ben presto aveva scoperto che solo le donne erano obbligate a
seguire la legge sulla maschera, e che agli uomini era concesso tutto,
purché non gettassero disonore sul Santuario.
"Che cosa c'è?"
Alexandra era sulla difensiva: non era dell'umore giusto per litigare,
inoltre sapeva che non era conveniente attirarsi le ire di un suo
superiore. Infatti aveva sentito dire che Stafanas di recente aveva
aiutato Shiva di Virgo nella preparazione di strategie difensive,
pertanto era praticamente uno dei loro capi, con suo grande dispiacere.
Il cavaliere ricordò solo dopo che alla guerriera non
piaceva
essere chiamata a quel modo, ma ormai era tardi per rimediare; si
affrettò a raggiungere la ragazza, assicurandosi di non
prendere
più pioggia del dovuto. Stafanas notò che la
giovane
non aveva accennato a muoversi, come se stesse bene sotto l'acqua: il
ragazzo osservò i lunghi capelli neri di Alexandra che
pendevano
bagnati sull'armatura, chiedendosi se non fosse successo qualcosa.
"Per arrivare brevemente al dunque, devi affiancarmi in una missione:
andremo io, te e Goran della Lepre a scovare uno spectre che si
nasconde a Sparta. La fonte è certa e ho totale
libertà
d'azione da parte del Sacerdote."
Alexandra chiuse di nuovo gli occhi, irritata: perché non
poteva
portare con sé qualcun altro? Chiunque! Non aveva alcun
bisogno
della sua presenza, ma lui era venuto ugualmente a disturbarla; la
guerriera si alzò e strizzò i capelli
completamente
fradici. Avrebbe voluto farlo sugli stivali dorati del cavaliere di
Leo, ma non era ancora giunta a una provocazione tanto smaccata.
"Purché facciamo in fretta", rispose Alexandra in fretta,
desiderando che fosse già finita la missione.
***
"Non avresti dovuto portare proprio Alexandra, sapevi che c'era questo
rischio! Abbiamo sprecato la nostra occasione di ottenere delle
informazioni!"
Le parole del Sacerdote rimbombavano nella testa di Stafanas,
facendogliela sentire molto pesante; la missione era stata un disastro
sotto tutti i fronti e ormai l'alba stava giungendo. Il ragazzo
appoggiò il telo con cui si era asciugato sullo schienale di
legno della sedia, ma era distratto.
Sì, sapeva che era un rischio portare con sé
qualcuno con
del sangue velenoso nel corpo, ma a lui era sembrata una buona idea:
Alexandra era una novizia in fatto di missioni e stava a lui
coinvolgerla per renderla più esperta, più sicura
di
sé. L'idea di farle fare esperienza era stata buona, ma
neppure
lui aveva previsto un fallimento del genere.
Per prima cosa a Sparta si erano scontrati con l'improvvisa comparsa di
alcuni superstiti guerrieri di Ares: evidentemente erano rimasti vivi e
si nascondevano ancora in quella città, compiendo crimini
minori. Inoltre era risultato subito evidente che lo spectre li
utilizzava per coprire i propri movimenti, e prima che gli potessero
mettere le mani addosso, se l'era svignata in fretta: Stafanas aveva
ancora il braccio che doleva e anche il pensiero di essersela cavata
non gli sorrideva, soprattutto pensando all'avventatezza di Goran. Il
loro compagno aveva avuto la pessima idea di camminare sul letto di
rose rosse steso da Alexandra per sbarazzarsi velocemente dei loro
avversari, così non erano riusciti a salvarlo.
Era morto praticamente all'istante, e neppure essere stato recuperato
dalla ragazza gli aveva consentito di sopravvivere alle loro cure;
Alexandra gli aveva coperto il volto con la propria maschera dorata
mentre lo riportava vicino a lui, ma anche quello non era stato utile.
Il cavaliere andò a sedersi sulla sua sedia più
scomoda,
cercando di scacciare una sensazione spiacevole: aveva avuto solo una
fugace visione del volto della guerriera, prima di girarsi per non
essere indiscreto, ma ora che si trovava nel silenzio della sua dimora,
doveva ammettere che si sarebbe sentito meglio se avesse potuto vedere
bene quel volto costantemente celato.
Più volte aveva cercato di immaginare chi ci fosse sotto
quella
protezione dorata, che volto avesse la sua più accanita
tormentatrice: era solo curioso, non ambiva come altri a disonorare
l'onore delle fanciulle osservandole, anche se sapeva che sarebbe
accaduto. Però doveva riconoscere che era frustrante parlare
con
qualcuno che era sempre costretto a nascondere la faccia; tuttavia da
una parte era un bene che non fosse riuscito a guardarla, che avesse
preferito voltarsi per mantenere inalterato l'onore di entrambi.
Probabilmente si trattava comunque di una bella ragazza dato che la
leggenda voleva che i guerrieri della costellazione dei Pesci fossero i
più avvenenti tra tutti, anche se a lui non interessava
nulla
dell'estetica: il problema ora era che Alexandra aveva senza volere
mandato a morire un loro compagno, e che la colpa sarebbe ricaduta
sulle sue spalle nonostante le avesse detto lui di spargere delle rose
velenose a terra. Calciò con rabbia un'altra sedia prima di
decidere: sarebbe tornato dal Sacerdote a discutere della questione,
non aveva senso che venissero presi provvedimenti contro di lei quando
aveva solo fatto che che le era stato ordinato.
Poco importava che fosse molto tardi, si sarebbe fatto ricevere.
***
Due giorni ininterrotti di pioggia avevano lasciato il segno: ora
l'aria era fredda e l'estate era completamente dimenticata. Alexandra
non era però uscita dalla sua dimora, preferendo rimanere
sotto
al pergolato che si trovava nel giardino di rose della sua Casa.
In pochi mesi erano fiorite, ricoprendo tutto il giardino e anche parte
della dimora: ce n'erano di tutti i colori, e non solo le tre che amava
utilizzare in battaglia: era un piacere per gli occhi, rilassava
chiunque ci mettesse piede anche se Alexandra di rado riceveva ospiti.
Preferiva tenere solo per sé quell'angolo di paradiso, era
molto
gelosa dei propri spazi; in quel momento però avrebbe
desiderato
sparire, magari inghiottita dalle piante che tanto amava. Aveva un
dolore cocente lungo tutto il corpo, ma aveva rifiutato di farsi
trasportare da Stafanas nel tragitto di ritorno.
Era tutta colpa sua, eppure la ragazza sapeva che il Sacerdote aveva
sgridato lei: non era
stata una buona idea cospargere di rose l'area di
battaglia, anzi era una mossa da stupidi. Quella parole le
bruciavano
ancora nella testa, ferendola più dei fendenti di fuoco
degli
avversari che avevano incontrato. E l'idea era stata di Stafanas, che
aveva avuto l'ardire di non pronunciare neppure parola per prendersi la
responsabilità: che codardo.
La guerriera si alzò e tornò all'interno della
propria
dimora, cercando rifugio nella stanza dove dormiva: era spoglia, con
solo alcune rose a ricordare chi fosse il padrone di quella Casa.
Alexandra si gettò sul letto dopo aver lasciato l'armatura
poco
distante, e chiuse gli occhi sperando di non svegliarsi più.
C'era qualcosa di consolante nei sogni e sperava di poter trovare la
pace almeno lì.
A destarla fu un rumore, anche se Alexandra non reagì
subito:
preferiva restare sotto le coperte calde, non voleva uscire dal letto.
Aveva percepito una sensazione strana, ma dal momento che era
piacevole, era rimasta lì rannicchiata sotto le lenzuola,
finchè non sentì chiaramente un tocco sulla
guancia.
Si mosse quasi in automatico, chiedendosi se non fosse parte del sogno:
di fianco a lei c'era chiaramente il cavaliere d'oro del leone, lo
riconosceva per via
dei capelli castani e degli occhi azzurri che la stavano fissando. Per
un momento la ragazza non capì nulla, ma poi
ricordò
dov'era - ovvero nella sua stanza - e che quella specie di principe era
niente meno che il suo nemico. Era assurdo.
"Scusami per averti svegliata, Alexandra. Avrei atteso che lo facessi
da te, ma..."
La frase non venne terminata: la voce del cavaliere - che indossava la
sua Gold Cloth con mantello annesso - sembrava molto più
matura
di quella che era abituata a conoscere, e Alexandra cominciò
a
domandarsi se non fosse un sogno quello che faceva. Da quando la
chiamava per nome? Lui utilizzava quel nomignolo stupido, per
infastidirla, mentre quello che aveva davanti sembrava soprattutto
preoccupato di averla disturbata.
Si limitò a fissarlo, imbambolata, e poi ricordò:
non aveva la maschera.
Il panico la avvolse: era sempre molto attenta a indossarla, e di
solito nessuno entrava nella sua stanza. Come si era permesso lui di
farlo? E la osservava come se non fosse accaduto nulla.
"Ma sei impazzito?! Non ricordo di averti dato il permesso di entrare
qui, sparisci prima che ti dia un calcio!"
Ma la sfuriata della ragazza non provocò alcuna reazione
aggressiva: il cavaliere non rispose, limitandosi a porgerle quella
maschera che aveva tenuto in mano fino a poco prima, lasciando
sconvolta Alexandra.
"Hai ragione, ma non hai nulla da temere: il tuo volto mi era
già noto, ma dovevo accertarmi che fossi davvero tu e non un
impostore... Sto per dirti una cosa che ti sembrerà assurda,
ma
ti prego di credermi e seguirmi senza farmi domande..."
La voce pareva sofferente e Alexandra ne fu colpita, anche se le
sembrava di sentire un mucchio di sciocchezze: quando mai aveva visto
il suo volto? Non era sempre lui che per fingere di minacciarla, le
prospettava mille modi diversi per togliergliela? Eppure sembrava
più credibile del solito: Alexandra rimise in fretta la
maschera
e gli fu se non altro grata che si fosse allontanato dal letto.
"Allora? Che cosa vuoi? Non ti basta avermi messo nei guai oggi?"
Il cavaliere sembrava praticamente sordo a ogni provocazione, anche se
il suo volto continuava a restare teso e sofferente.
"Purtroppo temo di dover esigere da te ancora qualcosa, proprio come
questa notte. Prendi la mia mano, per favore, e seguimi nel futuro: io
arrivo da li."
Alexandra rimase immobile per qualche istante, fissando la corazza
dorata del Leone. Doveva aver sentito male, sicuramente.
"Che stai dicendo? Futuro? Sapevo che eri strano... ma arrivare a
tanto... Forse sei posseduto da qualcosa..." Alexandra
chiuse gli occhi nel tentativo di mantenere la calma: il guerriero che
aveva di fronte non aveva proferito altre parole, ma aveva
un'espressione tesa e angosciata. Aveva previsto una reazione simile e
doveva risolverla in fretta: anzi, era del tutto normale che fosse
diffidente, soprattutto considerando il momento delicato in cui era
capitato.
Forse era ancora in tempo per cambiare idea... Lo pensò per
alcuni istanti ma poi ricordò ciò che l'aveva
spinto fin
lì, e quanto fosse fondamentale l'aiuto di Alexandra. Non
poteva
tirarsi indietro, non ora che era lì.
"Immagino che ti sia difficile credermi... ti spiegherò cosa
succede ma non posso farlo qui, è troppo rischioso. Ora
vieni,
stiamo perdendo troppo tempo." E senza aspettare una risposta
afferrò il braccio della guerriera, trascinandola
letteralmente
con sè.
Alexandra rimase senza parole: quello non
poteva essere il Gold del Leone, era troppo forte! L'aveva
letteralmente presa per un braccio e costretta a muoversi: solo poche
ore prima aveva chiaramente fatto capire di non avere alcuna intenzione
neppure di sfiorarla per via del sangue velenoso - non che lei ambisse
a un contatto con lui, tutt'altro - ed ora aveva persino la forza
fisica di piegarla al suo volere.
Decisamente c'era qualcosa che non andava.
Così come all'esterno: Alexandra ricordava un cielo ormai
privo
di nuvole, invece quell'alba tinta di rosso e arancio aveva qualcosa di
grottesco. Sembrava che il mondo fosse cambiato radicalmente nel giro
di poche ore; la ragazza fece per protestare ma non appena messo piede
nel cerchio di sabbia che circondava la casa dei Pesci, fu come essere
risucchiata in un vortice. Le sabbie si erano mosse, imprigionandola in
una tempesta non aggressiva.
Aveva lasciato il sole sul punto di nascere e ora lo trovava al
tramonto, solo con un cielo meno tempestoso e più incline al
rasserenamento. Alexandra si alzò in piedi e
cercò di
mettere a fuoco l'ambiente che la circondava: erano sicuramente sul
lungomare ateniese - riconosceva il luogo, poco distante da Capo
Sounion - e non c'era nessuno oltre a loro.
Non ci stava capendo più nulla.
Nota Autrice:
Beh, un buongiorno a tutti :=) Avrei effettivamente altre storie da
continuare, ma questa è già stata scritta
perciò
non mi costa molto controllarla e postarvela xddd Spero l'inizio vi
possa piacere^^
Questa storia l'ho sognata, almeno in gran parte, i dettagli sono stati
limati mentre la scrivevo u.u e spero vi piaccia Alexandra. Per lei ho
scelto la costellazione dei Pesci per via della
particolarità
del sangue velenoso, ero incerta con Aquarius che si sarebbe adattato
comunque molto bene. Teoricamente sappiamo che solo Albafica era
velenoso, ma sono dell'idea che anche il buon Aphro lo fosse u.u
E poi c'è Stafanas: lui l'ho plasmato un po' per come penso
io
Aiolia. E come vedete i due non vanno troppo d'accordo XDDDD Ora vi
lascio con la domanda finale su cosa accadrà u.u se avete
tempo
e voglia, gradirò con piacere i vostri pareri sulla storia^^
Un
bacio a tutti**
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