Un lievissimo jazz proveniente da un grammofono –mai
oggetto sarebbe stato più stonato in quella
stanza, in quell’appartamento,
in quel palazzo- risuonava lungo le
pareti dell’enorme sala, mentre le luci fuori dalla finestra andavano via
via dissolvendosi; la melodia era così bassa
che ogni tanto un leggero blob dell’acqua ne copriva qualche nota.
La donna sorrideva; avvicinandosi al bordo della vasca con
le punte dei piedi nudi, osservò la superficie. Non appena il
quantitativo di bolle fu soddisfacente per i suoi gusti (vivere con un
miliardario alle volte aveva i suoi
lati positivi), mormorò un qualche comando che fece fermare il getto
d’acqua e di sapone; fatto questo, si sgranchì la schiena, si
stiracchiò un po’, si avvolse i capelli carota in una crocchia, si
levò l’accappatoio… e via.
«Signorina Potts?»
Lei annuì leggermente mentre affiorava dalla densa
coperta di bolle.
«Aumento un po’ la musica, o la temperatura
dell’acqua? Scurisco i vetri per non farle arrivare il riflesso del
sole?» chiese la voce metallica.
«No, Jarvis, va tutto
benissimo così –è stata una giornata terribile, sai.»
Oh, sì. Virginia Potts non
desiderava assolutamente altro che un leggero jazz e un bagno caldo, dopo una
giornata così…
Ordinary.
La mattina era iniziata come da qualche tempo a quella
parte: cielo newyorkese particolarmente cupo, il suo tailleur preferito
drammaticamente macchiato mentre si versava del caffè, il rossetto
lievemente sbiadito a causa delle sue labbra troppo secche… e la segretaria
del Presidente degli Stati Uniti d’America al telefono.
«Stark Industries?» aveva esordito la signora.
Virginia Potts aveva
professionalmente levato gli occhi al cielo.
«Sì, certo. Mi dica, in cosa potremmo
essere…?»
«Lo sappiamo tutti in cosa potreste essere utili… lei, io e tutti gli
americani.» sibilò l’altra, iraconda, saltando qualsiasi
formalità. «Abbiamo bisogno di quel nuovo prototipo di armatura
che il signor Anthony Stark…»
«…Non vuole assolutamente concedervi, né
ora né mai. Signora, ha perfettamente centrato il punto nodale della
situazione, come mai io sarei stata
capace.» concluse affabilmente Pepper, passando
la cornetta del telefono da un orecchio all’altro, mentre firmava qualche
foglio qui e là con una verosimilissima grafia
del signor Stark.
La segretaria incassò il duro colpo, come ogni volta;
prima che potesse berciare qualcos’altro riguardo al poco senso
patriottico dei supereroi moderni e alla galera che il signor Stark avrebbe finalmente
conosciuto, la signorina Potts mormorò un
gentile ma fermo commiato e riattaccò.
Nelle due ore successive ebbe addirittura il tempo di
partecipare alla riunione del giorno senza che il suo cellulare hi-tech
squillasse nemmeno una volta. Tuttavia, tornata al suo studio non fece a tempo
a pensare alla noia del solito tram-tram quotidiano che il suo telefonino
squillò: ne uscì l’immagine di un James Rhodes
non particolarmente sorridente.
«Pepper, ma dove diavolo
è Tony? Dovevamo vederci per una partita e sono due ore che lo aspetto e
mi sono decisamente rotto e…»
«Rhodey, sai meglio di me
che per una volta che è qui al suo posto non lo faccio muovere per nessun motivo» rispose lei allo
schermo. «Mea culpa. Gli ho sequestrato il cellulare
come a un quindicenne, ma almeno sta facendo lui ciò che faccio sempre
io… volevo godermi un po’ di vacanza.»
Jim era fin troppo buono per avercela con lei; ammiccò
di risposta.
«Nessun problema se per una volta fa il suo dovere,
anzi… credo che nessuno prima del robot Pepper Potts ci sia mai riuscito, sai?»
Cosa che lei non stentava assolutamente a credere. Si
salutarono, lei si stiracchiò leggermente, si abbarbicò sulla sua
poltrona di pelle… ma qualcuno, come da agenda, bussò alla porta.
La solita fila di scienziati più o meno disadattati
richiedeva sempre più spesso appuntamento per mostrare al cuore
dell’industria americana –leggasi, le Stark Industries-
i beni del proprio intelletto; quel giorno erano in programma due piccoli
spettacolini. Il primo, un quindicenne dagli occhi persi nel vuoto, propose
l’idea di diventare il personale collaboratore di Iron
Man contro il male, indossando un’armatura rosso e verde oliva (e
consigliando caldamente come nome un inspiegabile Irobin Man); il secondo offriva invece un nuovo tipo di vernice rivoluzionaria
per l’armatura del signor Anthony: avrebbe incrementato la protezione da
attacchi esterni del quaranta per cento, sarebbe stata immune a bruciature,
scalfitture e ghiaccio… e avrebbe avuto perfino la fashionissima nuance di rosa
fosforescente. Liquidati entrambi con un sorriso sulle labbra e un velatissimo
“ma guarda te cosa mi tocca fare”
negli occhi, fu la volta dei beneamati giornalisti. L’inviato del Wall Street Journal volle sapere da lei, in
veste di amministratore delegato, quale sarebbero state le prossime mosse delle
industrie Stark in materia di economia; quello del New York Times
cosa avrebbe fatto Iron Man di fronte
all’ennesima richiesta del senatore Stern di vendere la propria
tecnologia al governo americano; e infine la solita, invadente, maliziosa
inviata del People le chiese senza
alcun problema che nome avrebbe dato al bambino.
«Bambino?» borbottò Pepper,
colta per una volta alla sprovvista.
«Oh, sì! Sa, quello suo e del signor Stark… tutti i giornali ne –»
«Davvero?» ribatté l’altra, livida.
«Grazie per il pensiero, non
sapevo proprio di essere incinta. Provvederò a dirlo al diretto
interessato, a meno che anche lui non
lo sappia già.»
Infine, fu la volta di una lunga litigata al telefono con
un’azienda di automobili che il signor Stark
aveva denunciato poiché aveva usato il marchio e la presenza di Iron Man senza il rispetto dei dovuti diritti di immagine e
di copyright. Naturalmente anche in questo caso l’abilità di Pepper nel firmare nello stesso modo del proprio capo (o
socio che dir si voglia) aveva avuto i suoi vantaggi, dal momento che il suddetto
capo ignorava il nome di qualsiasi azienda di automobili al di fuori di Lamborghini e Ferrari.
Fu perciò quasi con letizia che sbocconcellò
al volo un panino al tonno davanti a Nick Fury.
«Ma, esattamente, il suo capo
dov’è?» chiese quest’ultimo, squadrandola con
l’unico occhio rimastogli. «E’ da stamattina che tento di
contattarlo…»
Lei ammiccò professionalmente, sebbene una briciola
di pane le fosse rimasta incastrata fra i denti; maledicendo mentalmente il suo
fidanzato, si coprì la bocca in modo molto educato e rispose:
«E’ il mio socio, non più capo, e… E’
in Siberia per importanti impegni di lavoro… probabilmente il suo
cellulare non è raggiungibile perché lo stacca, se impegnato, e
lì sicuramente non è in vacanza… Provvederò io ad
avvertirlo di qualsiasi cosa.»
L’altro alzò un sopracciglio scuro, quasi
sorrise (ok, forse a questo qui l’affabile CEO Potts
non l’avrebbe data a bere così facilmente come a quei giornalisti
idioti), ma non disse nulla. Sbuffò.
«Bene, allora mi faccia chiamare non appena si libera
dai suoi impegni di lavoro. Non sia mai che lo Shield lo disturbi, ma Steve Rogers avrebbe un paio di domande da fargli circa la
scomparsa del dottor Banner… e Capitan America non sa aspettare, lo sa
meglio di me.»
Pepper lo sapeva: d’altra
parte, Tony parlava male di Rogers più o meno
una volta al giorno. Ma naturalmente non lasciò trasparire niente; si
concesse un affabile sorriso (aveva rimosso la dannatissima crosta dai denti),
prese la sua agenda e scribacchiò qualcosa.
«Ne sono certa. Dirò al signor Stark di richiamarla al più presto, non appena si
sarà liberato dai suoi impegni.».
E così Fury se ne
andò, dopo aver parlottato fra sé e sé di quei dannati
Vendicatori che si comportavano come ragazzini; la sua uscita concesse alla
donna di mangiarsi un altro piccolo panino, finalmente incurante del numero di
briciole che le ricadeva sul suo finissimo tailleur o che s’incastrava
fra denti e rossetto… quando il suo cellulare squillò ancora, e
all’altro capo della cornetta apparve la voce della persona probabilmente
più strana della giornata e
con le più assurde richieste da svariati giorni a quella parte.
Sua madre, che le chiedeva semplicemente come stesse.
*°*
Nulla, nulla, in
casa Stark era normale, nemmeno le vasche da bagno: un
enorme cubicolo di dieci metri per quattro era scavato nell’esatto centro
di un’enorme area pavimentata di marmo bianco; si entrava
nell’apposita vasca tramite delle piccole scale, aiutati da un passamano
dorato. Il tutto era circondato da un’enorme vetrata che affacciava
direttamente sui grattacieli di New York, godendosi una vista mozzafiato a
più di cento metri d’altezza.
«E… signorina Potts,
se mi permette… cosa
c’è di terribile, in questa giornata? La fatica, lo stress, gli
impegni…?»
Pepper si massaggiò
lievemente il collo con abbondante sapone, mentre il sole spariva
definitivamente dietro i grattacieli di New York, oscurando l’enorme
vetrata che ricopriva la Stark Tower.
Un raffinatissimo sistema di luci si attivò gradualmente, in modo che
ogni mattonella della vasca (o, per meglio dire, della piscina) risplendesse di
una debole luce propria e non lasciasse l’occupante completamente al
buio, assicurandogli al tempo stesso un magnifico spettacolo di colori e riverberi.
«Ma no, Jarvis, no!» ribattè lei, come se parlare con una voce metallica
della propria terribile giornata fosse una cosa perfettamente normale.
«Mi sono completamente annoiata. Ma non capisci? La mia vita è
così banale, così monotona…
non so, faccio sempre le stesse quattro cose, ma a me la monotonia dopo un
po’ uccide, sai? Altro che stress…»
Il jazz pervadeva la sala, lievissimo, rilassante.
«Certo, posso capirlo. Se posso, consiglierei un
qualche fermento lattico nel suo caffè la mattina, per combattere il
senso di torpore e di noia che la attanaglia… Oppure, consiglierei un
programma di cromoterapia che ho appena scaricato da Internet e che ha ricevuto
ottime recensioni…»
«…O magari, un cheeseburger con il supereoe più figo degli
ultimi anni, mentre ci facciamo un giro sulla Muraglia Cinese?»
mormorò un’altra voce, ben più profonda, ben più
attraente.
Pepper aprì gli occhi; Tony
Stark in persona la stava guardando dall’alto
in basso. La donna lo studiò, ridendo suo malgrado.
«Tony, non puoi entrare nel bagno con le scarpe,
è poco igienico, e…. Cheesburger sulla
Muraglia Cinese, eh?» mormorò.
Lui si piegò sulle ginocchia, appoggiandosi ai
talloni, e dandole un leggero bacio sulla fronte. Lei nemmeno si curò di
coprirsi: il velo di bolle di sapone era così spesso e denso che
sembrava una coperta.
«Sì, probabilmente hai ragione, ma sai
già che non lo farò, e… sì, allora, ti alletta
l’idea per combattere la terribile
noia in cui ti ho fatto sprofondare? Ho parcheggiato l’armatura qui
fuori, un’oretta e siamo a Pechino.»
«Ma lo abbiamo già fatto, due volte, il mese scorso. Sta diventando alquanto noioso, Signor Stark.» ribatté lei, strofinandosi un braccio
lentigginoso e lasciando cadere abbondante acqua sulla faccia.
Il diretto interessato incassò il colpo fin troppo
bene.
«Ok, ok… allora, passeggiata fra le
Piramidi… no, cena a lume di candele sulla Senn–
No, no, NO! Venezia! Venezia! Gondolata sul Canal Grande e in serata…»
«Venezia, Venezia, sempre Venezia! Lo vedi, Tony? Sei
come tutti gli uomini: sei diventato noioso. All’inizio prometti, fai,
proponi cose nuove… e ora… sei banale.»
…Non che la Muraglia Cinese o il Canal Grande non la
allettassero, naturalmente: ma far cadere il geniale, miliardario, (ex) playboy, filantropo Tony Stark dal suo tanto amato piedistallo era il gioco
più bello del mondo… gioco che non tutti avevano l’ardore o
il privilegio di poter giocare, ma a cui Virginia Potts
era ammessa al di là di ogni ragionevole dubbio.
Perché Tony Stark, Iron Man, o in qualsiasi modo lo si volesse chiamare, era
il suo personale socio, capo, uomo, e
per lui, solo ed esclusivamente per lui, Pepper Potts aveva fatto qualsiasi tipo di cambiamento nella vita.
Dalla scrupolosa e puntigliosa Virginia che aveva paura di un qualsiasi evento
fuori dalla normalità (o di un banalissimo giro a cento chilometri orari
aggrappata a un’armatura rosso smaltata di titanio, zinco e acciaio), con
il suo perfetto tailleur e con la sua meticolosa memoria per scadenze, codici
fiscali, password o impegni ai quattro angoli della Terra, era divenuta una
donna in carriera con tailleur non più così impeccabili e che
considerava banale e noioso dover trattare con petulanti
segretarie del Presidente degli Stati Uniti o discutere con capi di
organizzazioni di supereroi che combattevano contro alieni di un’altra
dimensione… ma tutto questo altro non era che la diretta conseguenza
dell’avere un tipo del calibro di Anthony Stark
come fidanzato. Ma, per una qualche strana ragione, le andava benissimo così.
«Io,
banale?» bisbigliò lui, quasi fosse una profondissima offesa
personale. Si portò indietro i capelli lunghi e si grattò la
barba scura, pronto a ribattere qualcosa per tenere alto il suo onore.
«Senti, Pep… Ho combattuto contro un coso
verde tutto il giorno e non voglio altro che un po’ di relax… dimmi
cosa vuoi e io provvedo subito, senza bisogno che litighiamo o
altro…»
Pepper non potè
fare a meno di ridere; d’altra parte, se la sua giornata era stata
noiosa, non altrettanto si poteva dire di quella di lui. Ultimamente Tony aveva
infatti l’abitudine di incontrarsi sempre di più con il dottor Banner
per un qualche consiglio di carattere prettamente scientifico… ma con tutta evidenza qualcosa doveva essere
andato storto nelle loro riunioni, perché proprio quella mattina Bruce
era diventato un esserino verde chiamato Hulk. E quindi Iron Man era dovuto intervenire, decidendo misteriosamente
di mantenere lo Shield e Nick Fury
all’oscuro di tutto: e, se Pepper lo conosceva
tanto bene quanto in effetti lo conosceva, Tony era sicuramente colpevole
dell’accaduto.
Ma stranamente decise di non indagare: anzi, in maniera del tutto
casuale, sollevò un polpaccio che iniziò a insaponare. Tony non
rimase insensibile a quella vista… anzi, le sfiorò la pelle
morbida con un lieve gesto delle dita, e arrivato al ginocchio girò il
volto verso di lei.
Sollevò un sopracciglio, sorridendo come se avesse
davanti a sé lo spettacolo più bello del mondo… e
ammiccò, maliziosamente divertito.
«Oppure, signor Stark…
potremmo anche rimanere a New York, una volta tanto, e fare qualcosa di
più… originale, non so
se capisce.» mormorò lei, tornando tranquillamente alla seria,
distaccata, meticolosa Virginia.
«Mmm, sì, sì,
direi di sì.» concesse l’altro, arrendevole come sempre lo
era con lei.
In effetti, Pepper Potts era cambiata davvero tanto, così tanto da
stufarsi ben presto di cose che la gente comune chiamava come straordinarie o fuori dal normale… ma di Tony Stark,
mai, mai si sarebbe stufata, tutto
questo era certo; e la sua vita non sarebbe mai stata davvero banale con un
certo Iron Man accanto a sè.
«…Jarvis, puoi
spegnere le luci, sì?»
**************
Tre e
ventiquattro del mattino, e domani ho lezione all’universitàààà
*lalalala* <3
MA NON
IMPORTA! Perché è da quando ho visto IronMan
3 –di cui non parlerò nel caso in cui voi non l’abbiate
visto- che mi sto sfregando le mani, visto che muoio dalla volontà di scrivere qualcosa, qualsiasi cosa di loro.
E
così, eccola qui! Spero di aver reso anche solo in minima parte quanto
io ami il Pepperony (MAI NOME FU Più FIGO!).
E’ la primissima volta che non scrivo di maghi o di ninja perciò
non so come mi sono mossa XD vedere scritte cose così
“normali” sullo schermo del pc mi ha
sorpreso parecchio!
Quattro
piccole note:
1. i
giornali citati sono veri giornali americani: il primo di economia, il secondo
è più generale, il terzo è una rivista di gossip.
2. (spoiler IM3) “L’incidente”
avvenuto con Bruce Banner è dovuto al suo supporto
“psicologico” presente nel terzo film nei confronti di Tony…
che *evidentemente* gli ha rotto un po’ troppo le balle, tanto da farlo
arrabbiare e farlo diventare Hulk X°D
Per questo motivo né Fury né Rhodes lo trovano, ma Pepper
naturalmente copre tutto per non farlo sputtanare (immagino abbia capito tutto
sulle fughe di Tony e Banner, ah ehm);
3. Venezia
è nominata da Tony nel 2° IronMan come un
luogo in cui Tony va molto spesso;
4. Irobin Man è un orribile gioco di
parole creato da me XD Volevo citare la casa rivale della Marvel, la DC, in
quanto l’aiutante di Batman è appunto Robin, e farlo entrare come
aiutante di Iron Man, cosa che naturalmente Pepper non può sapere perché in questo
universo Batman non esiste…
…Commentino?
<3
Clahp