Pansy/Blaise
A forza di essere Pansy
"We
never change, do we?
We never learn, do we?
So I wanna live in a wooden house
And making more friends would be easy.
Oh and I don't have a soul to save
Yes,
and I sin every single day".
(We
never change, Coldplay)
Hogwarts, Dicembre 1994
L'Apoteosi di Harry Potter
Caro Diario,
oggi è stata una giornata calda. Siamo a Dicembre, e tutto
questo calore mi sembra inutile. Voglio dire, sommato al caos che
c'è qui per il Torneo Tremaghi, non è altro che
una pozione fermentata male o il puzzo dei piedi di Goyle.
Ma devo dirti che per una volta l'ho usato a mio vantaggio. Mi
è sembrato quasi un difetto di ordine chiedere a Draco di
uscire con me per fare una passeggiata, ma è stato
così soddisfacente, che forse il mondo parallelo al suo in
cui credevo di vivere è scoppiato in meno di un secondo.
Ho usato una scusa banale: gli ho detto che avevano schiantato Potter e
che lui aveva perso i sensi.
Lui ha pensato di potergli attaccare una spilla 'Potter puzza'
mentre era semi cosciente.
Poi ha continuato a bofonchiare qualche insulto verso la sua
cicatrice e ha preso la sua bacchetta.
L'ho trascinato fuori dalla Sala Comune, e per la felicità -
che a dirti la verità
ho stentato a nascondere - ho anche salutato
la Granger che rientrava con Paciock dal Parco. Mi hanno fulminato con lo
sguardo.
A parte questo incidente di percorso, per il quale Draco mi ha chiesto
se stessi bene, ho sentito proprio in fondo alla pancia un
aggrovigliarsi di sensazioni strane, proprio come se tutto mi stesse
sfuggendo, ma continuassi ad averlo in pugno.
In quel momento ho capito che avrei dovuto avere tutto sotto
controllo. O, forse, quel po' di persone che riesco a tenere sotto
controllo, perché Draco mi sfugge come sabbia tra le dita o
come il boccino a Potter quando non indossa gli occhiali.
Comunque, quella era
l'altra Pansy, che perde la cognizione del tempo e dello spazio quando
guarda Draco, che si esprime male e che non ha portamento.
Che poi io non è che ci tenga di fatto ad avere portamento.
Mi sembra un mezzo falso e banale per arrivare a Draco.
Abbiamo camminato a lungo, in silenzio. Sono abituata a
non parlare, con lui. Draco ama il silenzio, e poi io avevo timore solo
a sputare una lettera. Voglio dire, non capita tutti i giorni stare da
sola con lui senza che Tiger e Goyle ci seguano a trotto o si
nascondano nei cespugli pur di stare con noi.
Quanto a loro, li ho tenuti a bada con una montagna di dolci che
stanotte ho rubato nelle cucine.
Probabilmente si staranno ancora rimpinzando di Rospi alla Menta (che amo).
Quando mi ha chiesto che fine avesse fatto Potter, gli ho detto che
probabilmente era già in infermeria sotto stato shock. Mi ha
creduto. Ancora adesso tiro un sospiro di sollievo: so che non
chiederà dello Sfregiato, semplicemente perché si
fida della mia parola, o perché è convinto che
gli altri potrebbero portargli Cioccocalderoni per sospirare al suo
cospetto e ringraziare Merlino che sia ancora vivo.
Io la chiamo Apoteosi di
Harry Potter.
In ogni caso, è stato lui ad invitarmi al Ballo del Ceppo, e
se non l'avesse fatto, gliel'avrei chiesto io, con quel po' di coraggio
e orgoglio che mi rimane quando sto con lui.
Mi sono meravigliata.
Non sapevo come comportarmi, voglio dire: non ci tengo ad apparire come
la copia di Lavanda Brown o il suo gruppo di oche giulive.
Il fatto è
che io sono stufa di dover inventare farse pur di essere quella che non
sono per pochi minuti.
Devo finire un tema sulle Maledizioni senza Perdono per Moody, anche se
preferirei usarne una sulla Mezzosangue Granger e Pel di Carota. Si
vede che Weasley è cotto della Granger, ma non capisco come.
Quella è da
ricovero al San Mungo.
Potter lo lascio a Draco.
Hogwarts, 25 Dicembre
1994
Il Ballo del Ceppo
Caro Diario,
stavolta il titolo della pagina è banale, lo
so, ma non ne ho trovato uno migliore.
Mezzanotte è passata da un pezzo e io sono
appena tornata dal Ballo.
Prima di andarci, ho pensato a cosa sarebbe potuto accadere, (come se
poi non fosse il mio pensiero fisso da più di una settimana)
e sono giunta ad una semplice soluzione: non far pentire Draco del suo
invito ed evitare di muovermi come Hagrid quando ci tiene quella
degenerazione patologica, che lui chiama lezione di Cura delle Creature Magiche.
Mi sono guardata allo specchio e ho quasi indietreggiato, ma devo dire
di aver visto di peggio. Non sono un mostro, non sono brutta, ma non
sono nemmeno bellissima. Non amo molto osservare la mia
immagine riflessa.
Non ci vedo nulla di particolare.
Mi piace il Quidditch, e forse sono la ragazza meno adatta a danzare.
Tralasciando la mia descrizione fisica e omettendone subito una
sentimentale, anche Hermione Granger stasera era bella. Dovrei
crucciarmi mille volte per averlo detto, ma è la
verità. Ovviamente, continuo a mal sopportarla: Mezzosangue
è feccia, e non sarà una bella acconciatura o un
sorriso da copertina a farmi cambiare idea.
Resta comunque irrisolvibile come lei abbia fatto ad andare al Ballo
con Victor Krum, che non è nemmeno bello.
Molto meglio Draco, che per inciso, nel suo vestito da sera
è stato il cavaliere perfetto.
A dirti la verità, non è stato proprio perfetto:
mi ha pestato i piedi, ogni tanto, chiedendomi scusa con un sussurro a
malapena udibile. Ma, in compenso, si è riscattato
portandomi da bere e ordinando i miei cibi preferiti.
(E io che ho rovinato le
mie giornate con tutte le paranoie sul balletto!)
Credo che invitarmi al ballo per lui abbia significato comportarsi come
un gentiluomo, e non ha tutti i torti, perché i Serpeverde
dovrebbero in ogni situazione farsi ammirare per la propria eleganza e
per il proprio portamento. Tralasciando
Tiger e Goyle, ovviamente.
Draco si è divertito, e per una volta, non ha passato la
sera a parlare di Mezzosangue, di Babbani o del Ministero della Magia,
sui abituali argomenti di discussione. Solo quando ha visto la Granger
è restato a bocca aperta, perché forse non ha
trovato un insulto adatto da rifilarle. E su questo sono d'accordo,
voglio dire, sarebbe stato un po' da ipocriti.
Millicent mi ha convinta ad indossare l'abito che mi ha spedito mia
madre, solo perché mi calzava a pennello e costava quanto
una collana di diamanti o lì intorno. È un
vestito rosa pallido, lungo e sontuoso: è bello, ma non
è per me.
È finito nel mio armadio, e lì farà le
ragnatele. Bene. Niente di più e niente di meno.
Ma non è questa la bella notizia, o comunque, il "successo", come
ammette Millicent: Draco mi ha baciata.
Dopo le Sorelle Stravagarie siamo usciti nel Parco di Hogwarts a fare
una passeggiata. Faceva davvero freddo, e pensa, lui mi ha prestato la
sua giacca. So che è patetico, ma mi ha resa felice.
È la solita solfa che si legge sul Teen Witch e che io ho
sempre preso in giro. Ma io mi sono trovata in una questione vitale,
quasi con le mani congelate e i piedi così lisci per il
freddo che se ne uscivano dalle scarpette.
Quando siamo rientrati, prima di lasciarmi fuori dal dormitorio, si
è avvicinato lentamente e ha poggiato le sue labbra sulle
mie, prima dolcemente, poi premendo così tanto che ho dovuto
appoggiare le mani sulle sue spalle.
"Che strappo alla regola",
direbbe Blaise.
Per la prima volta mi sono sentita presa in considerazione, ed
è stato diverso dal condividere per forza le sue idee o
perdonare i suoi sbagli.
Non ci credo ancora.
Sono felice.
Ma domani
tornerò ad essere l'altra Pansy, quella tutti gridolini e
smancerie, quella che deve sottostare alle sue scelte, quella che deve
sfoderare il suo orgoglio solo per difendersi.
Sono sicura che la
prossima volta sarà più
entusiasmante...perché ci sarà una seconda volta,
vero?
Alla prossima, se ci
sarà anche quella.
Hogwarts, Giugno 1996
A forza di essere Pansy
Caro Diario,
la mia famiglia mi ha sempre odiata, ne sono certa, e non mi ha mai
permesso di fare - anche
solo per una volta - quello che desideravo. Hanno sempre
guardato con occhi attenti tutte le mie ambizioni, e hanno maciullato
lentamente ogni aspettativa futura che riuscissero a cavare dai pochi
segnali che trasmettevo. I parenti serpenti, nemmeno a farlo apposta, e
la pressione che porto sulle spalle da quando frequento Hogwarts hanno
raggiunto livelli che non avrei mai creduto di sopportare
così facilmente.
Gli anni stanno
trascorrendo lentamente, e le ferite, invece di richiudersi e fare
spazio ad uno strato di pelle nuovo, si stanno aprendo e stanno
bruciando, di nuovo, e non c'è più nessuno a
medicarle, se non il ricordo di un anno fa, così patetico da
farmi ridere su queste pagine come se fosse una battuta o un ridolino
nervoso.
Ogni tanto si apre un varco tra noi, e riusciamo ad occuparlo solo
quando Hogwarts diventa troppo stretta, e le promesse fatte in momenti
di pura gioia si infrangono lentamente fra le pieghe di un'amicizia che
ha vacillato e che vacilla ancora tra due orizzonti opposti.
Perché non è amicizia, è sempre stato
qualcosa di più, e gli anni non hanno fatto altro che
calcare la sostanziale differenza che ancora oggi vedo solamente io.
Siamo sempre stati noi,
così vicini, ma così lontani.
E fa male.
Oggi ha trasfigurato la sua piuma in una viola del
pensiero, così, "tanto
per esercitarmi", ha detto. Stasera l'ho trovata tra le
pagine del mio libro, ancora fresca e un po' spiegazzata. Non l'avrei
mai immaginato, e ancora faccio fatica a guardarla, perché
mi sembra così irreale da portarmi a strofinare gli occhi.
Ogni gesto più semplice e abituale, da parte sua,
è come quegli aventi che puoi gustarti poche volte all'anno
e in occasioni speciali. Quando quel momento si esaurisce, ti sembra di
aver perso qualcosa, forse la parte più importante.
Rilasciare per un po' la presa e riprenderla come se fossero passati
pochi secondi, o semplicemente fingere dove non c'è niente
da nascondere, ma ci si vergogna troppo a mostrare la migliore parte di
sé.
La viola
seccherà nel mio libro col passare del tempo, proprio come
la ragazza che mi sforzo di essere.
Ecco, a forza di essere
un'altra, quella che della viola del pensiero non ha nulla, se non il
bisogno di esserlo.
Lascio che si secchi e
diventi gialla, che ogni segno del mio passaggio si condensi in una
sola pagina, oppure che si congeli per sempre in un'immagine allo
specchio. Facile.
Novembre 1999
La terra sotto i miei piedi è piena di pallottole
Pansy Parkinson non aveva più scritto una sola pagina di
diario negli ultimi due anni a Hogwarts. Durante il sesto aveva
scoperto cose che non avrebbe mai immaginato nelle più
terrificanti delle aspettative, e non si era poco meravigliata,
perché non le pareva umano restare con le mani in mano.
Guardava tanta gente e
pensava ininterrottamente, quasi assente. Viveva nel mondo degli altri
e aveva lasciato una casa vuota nel suo, abbandonando tutto quello che
l'aveva fatta stare bene.
Pansy Parkinson era stata completamente risucchiata in un vortice di
sentimenti a cui nemmeno lei dava una risposta, e non avrebbe
potuto nemmeno cancellare nulla di quello che aveva fatto finta di non
vedere in pochi mesi. Aveva vissuto al fianco di Draco e non si era
premurata di insistere più a fondo: si era preoccupata solo
di stringergli la mano e di camminarci insieme nei corridoi, come se
quella mano potesse convincerla a ottenere qualcosa di più.
Perché quella era una delle cose che aveva perso e che la
facevano vacillare e poi stare bene nell'illusione di una semplice
realtà.
«Dovresti
uscire di più, hai una pelle troppo pallida.»
«Sono sempre
stato pallido.» aveva replicato Draco convinto «E
poi sto benissimo, non preoccuparti per me, Pansy.»
«Vieni con me
al solito posto.» tossicchiò lei
«No, mi
dispiace. Io...io devo andare.» aveva sussurrato sbrigativo,
con un sorriso sincero sulle labbra.
Pansy era sicura che li riservasse sempre e solo a lei. Avrebbe solo
voluto chiedergli di fermarsi un attimo e di dedicarle qualche minuto,
oppure di incollare i piedi al pavimento e di non scappare
più dalla realtà; e ogni volta si malediva,
perché era lei, solo lei, a non conoscere la
realtà. Sentiva un formicolio leggero che le saliva su per
le gambe e la schiena, e poi diventava rossa, perché si
vergognava del rifiuto.
Gli occhi di Draco erano ancora più scuri, e la pelle, che
prima era decisamente bianca, stava assumendo qualche sfumatura grigia;
gli occhi erano infossati e le gote così magre che lei
avrebbe solo voluto accarezzarle e asciugare le lacrime che le
attraversavano. Ma come sempre, era lei a restare con le gambe bloccate
e il fiato corto.
Il settimo anno e la Seconda Guerra Magica avevano scavato a fondo,
staccando di nuovo i lembi di pelle che lentamente si erano
riavvicinati, e creando ferite ancor più profonde delle
cicatrici rimaste.
Lei e Draco erano come
due campi opposti o le due facce della medaglia che cercavano invano di
darsi la mano.
E lei non desiderava
nemmeno più essere amata. Da lui.
O forse da nessuno.
Nel suo cuore aveva iniziato a prendere posto l'odio, quello che una
ragazzina inizia a provare quando si sente rifiutata dal ragazzo di cui
è innamorata.
O quello che si inizia a provare quando non si prova nemmeno
più compassione.
Ci si sente pieni, incurabili, proprio come quando ti
sembra di avere mille pallottole nel cranio.
25 Dicembre 1999
La vita è un biscotto, ma se piove si scioglie
Strano riprendere a scrivere questo diario proprio oggi.
Buon Natale a te, Pansy.
Buon Natale.
Una delle mie qualità è stata sempre
ripresentarmi - come se nulla fosse - nei momenti meno opportuni,
oppure, semplicemente fare finta di niente. Sembra che io non c'entri
niente con tutti questi momenti felici, che inesorabilmente esplodono
in tutta la loro potenza ai miei piedi e sotto il mio naso, proprio
mentre io mi sento la disadattata della situazione.
In verità lo
sono, di fatto e per scelta.
Stamattina gli elfi stavano intonando una canto Natalizio e mi sono
fermata nel corridoio ad ascoltarlo, poi mi sono appoggiata alla parete
fredda del muro e improvvisamente ho vomitato nel vaso preferito di
nonna.
Sarebbe la prima volta che io non mi sia rifugiata nel bagno, oppure
che non mi sia ficcata due dita in gola per cacciare tutto. Tutto quel
cibo che mi propinano è diventato incombente e troppo
pesante.
Spero solo non se ne accorga, dato che non ho avuto l'accortezza di
cancellare nulla.
Quelle note mi
ricordavano Hogwarts e Draco, poi ancora Hogwarts, il Natale, il vero
Natale, e il calore. Qui fa freddo, fa troppo freddo, nonostante porti
addosso tre maglioni più grandi di due taglie.
Cosa vedrà mio marito quando mi sposerà? Carne
flaccida e appesa e cicatrici invisibili, ma che lui vedrà,
ne sono sicura.
È successo qualcosa tra me e Draco. Abbiamo
smesso di incontrarci dopo la fine della Guerra e la mia famiglia ha
dovuto finalmente lasciare la presa. Tutto si è dissolto
sulle mie spalle e non ho più dovuto fingere con nessuno.
Non mi entra più nulla dei miei
vestiti e sono contentissima, come non lo sono mai stata. Sto misurando
il contorno di un biscotto e non dovrebbe pesare più di tre
grammi: già lo immagino sbriciolato nel mio stomaco,
rotondeggiante e fiero. Vorrei versarci un bicchiere d'acqua sopra, ma,
essendo l'unica cosa che mando giù circa da ieri sera,
potrei anche risparmiarmelo.
Non so che fare al
pranzo di Natale.
Non riesco ad
ingurgitare più nulla e ci sarà anche lui,
Maledetto.
Draco è stato promesso ad Astoria Greengrass, e suppongo che
stasera ci sarà anche lei. Che bellissima rimpatriata,
proprio come i vecchi tempi! La verità è che
vorrei morti entrambi, vorrei seppellirli con le mie mani, e poi, dopo
aver commesso l'omicidio che covo dentro da giorni, affondare nel lago
sotto la mia finestra.
Probabilmente, se mi legassi un sasso alla vita, affonderei
più velocemente di qualsiasi altra persona per quanto sono
magra. Il principio fisico è lo stesso per tutti, ma io sono
Pansy Parkinson, ecco.
Ovviamente, non commetterò nessun omicidio: era sarcasmo.
Però se
Astoria rimanesse accidentalmente uccisa potrei ritenermi responsabile,
o no?
Alla
prossima. (sempre se
non sarò ad Azkaban)
Ora che ci penso non evoco un Patronus da anni.
7 Ottobre 2000
Pillole di felicità (apparente)
Per me era un amico. Lui è sempre stato solo un amico.
Inevitabile, suppongo, controllare il destino. Ogni singolo evento
è concatenato, ogni attimo, ogni minuto, e no, non dipende
da noi.
Sono maledettamente debole. Non riesco a reagire.
Mi sto abbandonando lentamente alle sue braccia.
Forse non è poi così tanto difficile imparare di
nuovo ad amare.
Voglio una semplice
casa, voglio tornare a mangiare, voglio tornare ad essere Pansy, o
Pans, o la Parkinson.
Tutte le Pansy del mondo, esclusa quella che sono.
Io e lui, io e Blaise.
Mi ha aiutato quando
tutto sembrava perduto, e mi ha raccolto con la stessa delicatezza che
avrebbe usato con un fiore delicato. Mi ha sorriso è mi ha
detto che ci sarebbe stato lui per me, da quel momento.
Che non ero
più sola, e che ero troppo magra.
Che mi aveva sempre
voluto bene.
Che dovevo provare ad
amarlo.
Ci sto provando.
25 Luglio 2002
Dentro e fuori dall'acqua
Caro Diario,
io e Blaise ci siamo trasferiti in un attico a Diagon Alley.
Lo so: apparteniamo a due famiglie aristocratiche. E me la sono cavata
minacciando la mia famiglia, minacciandoli di declinare al matrimonio e
di farmi prendere per pazza.
Di gridare al Mondo
Magico quello che mi era accaduto, facendo credere loro di odiare
Blaise.
Così tutti avrebbero creduto che la mia famiglia mi avesse
spinto, come se fossi stata una
facile, tra le braccia di uno sconosciuto, subito dopo la
cronaca di un fidanzamento sepolto: quello con Draco.
Che la mia famiglia fosse avida di danaro ed eredità, che
avesse la necessità di sistemare per bene la figlia.
Non ho mai sbandierato al mondo intero la mia amicizia con Blaise:
nemmeno ai miei. Ed ho fatto bene.
Ho capito di non desiderare più una villa, una tenuta o un
castello. Quella che mi serve è la semplicità, e
ho spinto Blaise in questo vortice, anche se ho impiegato un anno per
convincerlo.
Adoro l'attico, perché è solo nostro, e ho potuto
infilarci quello che volevo. Lascio le persiane aperte, la luce entra a
nastri dalle finestre, e io sorrido, perché sono felice con
lui.
Oggi abbiamo sistemato alcuni libri, e lui ha insistito per ordinare
anche quelli di scuola. Ci è capitato sotto mano il manuale
di Trasfigurazione e ci siamo messi a sfogliarlo, ridendo a crepapelle
per le note e le battute dell'epoca a piè di pagina.
Il panico.
Lei è riaffiorata, quella viola secca, a pagina venticinque,
nemmeno fosse destino. Blasie ha sorriso e mi ha baciata stringendomi
le braccia e accarezzandomi i capelli.
Mentre mi spingeva verso il pavimento ho stritolato la viola secca, che
è quasi diventata polvere.
Non permetterò mai più a Draco di entrare nei
miei pensieri ora come ora, mentre tutto sta cambiando.
Sto bene, stiamo bene, io lo amo.
Amo Blaise e lui ama me, ne sono certa.
"Forse il problema di quando
scegli il tuo pianeta è che poi non riesci più a
togliertelo dalla testa".
Un sorriso è affiorato sulle mie labbra.
No, non cambieremo mai.
Poserò
la testa sulla tua spalla
e
farò
un sogno di mare
e
domani un fuoco di legna
perché
l'aria azzurra diventi
casa.
Chi
sarà a raccontare,
chi
sarà
sarà chi rimane
io
seguirò questo migrare
seguirò
questa
corrente di ali.
(A forza di essere vento, Fabrizio de André)
Note dell'autrice:
Io credo di aver falciato la mia dignità, con
questa storia. Non prendetela in senso letterario, ma io davvero la
trovo controversa.
Solo che avrebbe fatto un anno di archivio, e sono stata tormentata dal
terminarla per tutto il tempo.
E niente, ne è venuto fuori un triangolo che nemmeno io
avrei mai immaginato: io sono per Draco, ma stavolta, davvero, non me
la sono sentita.
Stranamente, però, ci tengo tantissimo.
Ho sempre rielaborato il personaggio di Blaise a modo mio:
intelligente, gentile, riservato e ironico. Ho una sorta di linea di
vita dei miei personaggi, e Blaise ho voluto modellarlo un po' a mio
piacimento, dato che la Rowling non ci parla di lui.
Tra Serpeverde ci si rispetta, e credo che quella Casa sia stata sempre
caratterizzata dall'unità, cosa che non traspare moltissimo.
Ho immaginato un'amicizia profonda tra Blaise e Pansy. Ovviamente non
è evidenziato dagli sclices of life, perché Pansy
era completamente risucchiata da Draco.
Ora, il fatto che dopo la delusione di Draco sia uscito fuori lui, non
lo considerò affatto una sorta di "cliché". Mi
spiego meglio:
Inizialmente Pansy ha un rifiuto verso Blaise, nonostante fossero stati
amici da sempre. Ancora vive in sé in ricordo di Draco, e il
fatto che Blaise sia piombato così, all'improvviso, nella
sua vita, per lei è stato stravolgente.
Piano piano, lentamente, hanno imparato ad amarsi. E devo ammetterlo:
non ho mai scritto qualcosa di così fluff.
Spero che le amanti di Draco e di Pansy non mi ammazzino. Ho
già fallito una volta con Pansy, o almeno è
quello che credo.
I titoli dati ai vari anni trascorsi ad Hogwarts e non, tranne "Dentro e fuori dall'acqua"
(La Solitudine dei Numeri
Primi - Paolo Giordano) e "La vita è un
biscotto, ma se piove si scioglie" (Una settimana da Dio),
sono inventati da me.
"We never change"
è, invece, dei miei amati Coldplay.
"Forse il problema di quando
scegli il tuo pianeta è che poi non riesci più a
togliertelo dalla testa". (Il Piccolo Principe)
"A forza di essere vento",
a cui è ispirato il titolo della fanfiction, è di
Fabrizio de André. In lingua originale,
romanes-khorakhané, che si trova sempre nel testo di De
André, ovviamente, è così (anche se
non capirete nulla, questo è il testo originale della parte
finale, e merita di essere riportato, avendo De André
dedicato questa canzone ai Korakhanè ):
"Čvava
sero po tute
i
kerava
jek
sano ot mori
i
taha jek jak kon kašta
vašu
ti baro nebo
avi
ker.
kon
ovla so mutavla
kon
ovla
ovla
kon aščovi
me
ğava palan ladi
me
ğava
palan
bura ot croiuti."
Tutto qui.
Come
sempre, vi lancio un salutone.
Stateless
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